Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-03-29, n. 202102637
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Pubblicato il 29/03/2021
N. 02637/2021REG.PROV.COLL.
N. 09116/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9116 del 2014, proposto da
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino S.p.A. - SIOT, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato prof. M C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 32;
nei confronti
Ezit - Ente Zona Industriale di Trieste, Società Acegas - Aps Spa, Sviluppo Italia Aree Produttive Spa, Comune di Muggia, Comune di Trieste, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia, Provincia di Trieste, Comune di San Dorligo della Valle non costituiti in giudizio;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia, sez. I, n. 00183/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio recante appello incidentale della Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino S.p.A. - SIOT;
Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Francesco De Luca nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021 svoltasi ai sensi dell'art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso l'utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams";
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha appellato la sentenza n. 183 del 2014, con cui il TAR Friuli Venezia Giulia ha parzialmente accolto i ricorsi di primo grado proposti dalla società Italiana per l’Oleodotto Transalpino spa (SIOT) – gestore, insieme ad altri operatori economici, dell’oleodotto transalpino fra Trieste, la Germania e l’Austria – avverso gli atti amministrativi, assunti dall’odierno appellante principale, in relazione a due zone distinte, concernenti sia il sito di interesse nazionale SIN di Trieste, all’interno del quale la società SIOT disponeva di aree di proprietà, di aree in concessione e di servitù di passaggio, sia il parco serbatoi di proprietà della ricorrente.
In particolare, il Ministero appellante, nell’illustrazione dei fatti di causa, da un lato, ha premesso che la ricorrente in prime cure, adendo la sede giurisdizionale, aveva censurato gli atti ministeriali di definizione dell’estensione del sito di interesse nazionale - fino a ricomprendere il parco serbatoi-, le richieste di caratterizzazione delle aree di proprietà e in concessione interessate dal passaggio delle tubazioni per il trasporto del greggio, nonché le prescrizioni adottate ai fini della messa in sicurezza d’emergenza;dall’altro, ha rilevato che il Tar aveva accolto i ricorsi limitatamente alle richieste di messa in sicurezza d’emergenza sul presupposto dell’impossibilità di ritenere la ricorrente responsabile dell’inquinamento esistente nel sito di interesse nazionale, nelle parti di cui aveva la proprietà o la gestione ovvero esercitava una servitù di passaggio.
Ciò premesso e rilevato, il Ministero ha censurato l’erroneità della sentenza di prime cure con l’articolazione di due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo è stata dedotta la “ insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione su una questione controversa e decisiva ”.
In particolare, secondo quanto allegato dall’Amministrazione statale, dai verbali impugnati in prime cure emergeva la responsabilità dell’inquinamento in capo alla SIOT, tenuto conto che:
- le sostanze rinvenute nelle matrici ambientali (suolo e falde, quindi, rispettivamente suolo insaturo e saturo) erano identiche a quelle trattate dalla società;
- la contaminazione rinvenuta in falda era identica a quella rilevata sul suolo, a conferma di una costante trasmigrazione di contaminanti da una matrice ad un’altra;
- la SIOT occupava da tempo anteriore alla perimetrazione del sito di interesse nazionale le aree per cui è controversia;
- in virtù del criterio della internalizzazione dei costi, dovrebbero imputarsi in capo all’impresa (tra i "costi" di produzione) anche i costi legati alla tutela e, nel caso di specie, alla riduzione in pristino dell'ambiente.
Con il secondo motivo di appello è stata censurata la “ violazione e/o falsa applicazione degli articoli 240, 242, 244, 245, 252, 253, 257 del d. lgs. n. 152/2006, e dell’art. 2051 c.c., nonché contraddittoria motivazione ”, tenuto conto che:
- il Tar avrebbe errato nel negare la sussistenza dei presupposti per disporre l’adozione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza ex art. 240, comma 1, lett. m), D. Lgs. n. 152 del 2006, cui dovrebbe essere ricondotto ogni intervento immediato atto a contenere la diffusione della contaminazione ed impedirne il contatto con altre matrici presenti;trattandosi di intervento di natura cautelare, avrebbe potuto essere disposto a prescindere dal presupposto accertamento della responsabilità da inquinamento del sito;come, peraltro, ritenuto dallo stesso primo giudice nel rigettare altre censure svolte dalla ricorrente;
- i provvedimenti di cui al titolo IV della parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 potrebbero essere adottati anche nei confronti del proprietario che, pur non avendo concorso materialmente alla causazione della contaminazione, quale titolare di un bene che a sua volta inquina, non si attiva per confinare, arrestare, quindi, limitare quella contaminazione;
- il Tar avrebbe errato nell’escludere l'applicabilità della responsabilità del custode, di cui all'art. 2051 c.c.;
-trattandosi di bonifica, e non di abbandono di rifiuti, non rileverebbero gli stati soggettivi (dolo e colpa);
- la messa in sicurezza d'emergenza così come le misure di prevenzione potrebbero essere richieste o realizzate sia dal proprietario "incolpevole" sia dal "responsabile", mentre solo l'assunzione del relativo onere finanziario della bonifica potrebbe essere richiesta ' all'effettivo "responsabile" della contaminazione.
2. La ricorrente in prime cure ha parimenti impugnato la sentenza pronunciata dal Tar, mediante atto di costituzione in giudizio recante appello incidentale, con riproposizione dei motivi di ricorso assorbiti in primo grado.
In particolare, la società, ricostruiti i fatti di causa, ha appellato in via incidentale la pronuncia di prime cure con l’articolazione di due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo è censurato il capo decisorio con cui il Tar ha ritenuto la legittimità della messa in sicurezza di emergenza e delle prescrizioni dettate in occasione degli interventi di scavo effettuati da SIOT, ritenuto erroneo per “ violazione dei principi generali in materia di conferenza dei servizi in relazione al mancato inserimento all’ordine del giorno delle delibere assunte;eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di contraddittorio e illogicità manifesta;violazione dei principi in tema di partecipazione;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 240, comma 1, lett. m) e t) del d.lgs. n. 153/2006, degli art. 183, 186, 239, 242, 243, 245, 250, 252 e 253 del d.lgs. n. 152/06;eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti, per irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità e per difetto di istruttoria ”.
Secondo quanto dedotto dall’appellante:
- i provvedimenti impositivi, con riferimento agli scavi, della messa in sicurezza di emergenza e di determinate prescrizioni all’uopo da osservare si sarebbero tradotti in una caratterizzazione, insuscettibile di essere richiesta al soggetto non responsabile dell’inquinamento, quale doveva ritenersi l’appellante incidentale, come accertato in sentenza;
- l’Amministrazione, parimenti, non avrebbe potuto imporre al soggetto incolpevole dell’inquinamento interventi di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza, il che, peraltro, sarebbe nella specie avvenuto in mancanza di previa istruttoria;
- né avrebbe potuto argomentarsi diversamente sulla base del criterio dell’urgenza, non idoneo a derogare al principio “chi inquina paga” e alla necessità di individuare il soggetto colpevole dell’inquinamento, ai fini della legittimità dei provvedimenti impositivi in materia ambientale;
- i provvedimenti impugnati non avrebbero potuto qualificarsi come misure di prevenzione, essendo volti alla bonifica e al ripristino ambientale, circostanza che li avrebbe attratti nell’ambito di applicazione del principio “chi inquina paga”;
- la condotta amministrativa sarebbe stata inficiata da un’istruttoria inadeguata e da una motivazione insufficiente;
- la riqualificazione delle misure di messa in sicurezza di emergenza avrebbe dovuto condurre all’annullamento dei provvedimenti impugnati;
- il Tar non avrebbe neanche pronunciato sul motivo di ricorso incentrato sulla “ Violazione dei principi generali in materia di conferenza dei servizi in relazione al mancato inserimento all’ordine del giorno delle delibere assunte. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di contraddittorio e illogicità manifesta. Violazione dei principi in tema di partecipazione ”, dunque, riproposto nell’ambito del primo motivo di appello.
Con il secondo motivo di appello è censurata “ In via precauzionale, erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dato atto della sopravvenuta carenza di interesse, con riferimento alla caratterizzazione relativa alle aree interessate dalla servitù di passaggio, e comunque illegittimità di quest’ultima alla luce del principio “chi inquina paga ”.
In particolare, vengono contestate le statuizioni con cui il Tar fa riferimento “ all’obbligo per la ditta ricorrente di presentare un piano di caratterizzazione delle aree a terra, in proprietà ovvero in concessione e nella fascia attraversata dall’oleodotto ”: tale capo decisorio, secondo la prospettazione dell’appellante incidentale, nella parte in cui reca il riferimento alla lettera “e”, presenterebbe un refuso;argomentando diversamente, il medesimo capo di sentenza dovrebbe ritenersi erroneo, in quanto i provvedimenti successivi adottati dal Ministero si riferivano alle sole aree di competenza (proprietà e/o concessione), così come lo stesso Ministero, nel prendere atto della volontà della società di aderire al piano di caratterizzazione predisposto dall’EZIT, aveva precisato con nota del 19.6.2012 che le aree di competenza di SIOT ai fini della caratterizzazione avrebbero dovuto individuarsi soltanto nelle aree proprietà e in concessione, interessate dal passaggio delle tubazioni per il trasporto del greggio dal terminal marino.
L’appellante incidentale ha, altresì, riproposto i motivi di ricorso assorbiti “ in relazione alle prescrizioni del Ministero dell’ambiente relative agli interventi di messa in sicurezza di emergenza dei suoli e delle acque di falda: incompetenza e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 240, 242, 244, 245, 250 e 252 del d.lgs. n. 152/06 nonché del principio “chi inquina paga”;eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, contraddittorietà, sviamento di potere e perplessità del dispositivo. Illegittimità derivata ”.
Secondo la prospettazione dell’appellante, non potrebbe ravvisarsi la competenza ministeriale ad adottare le misure di messa in sicurezza;inoltre, l’Amministrazione non avrebbe accertato la presenza di legami dell’inquinamento con eventi “repentini” riguardanti l’oleodotto, con conseguente carenza dei presupposti giustificativi dell’azione delle relative misure.
L’appellante, infine, ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello ministeriale, riservandosi una più compiuta disamina nella memoria difensiva in vista dell’udienza di merito.
3. Con atto congiunto depositato in data 10.2.2021 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino hanno rinunciato, rispettivamente, all’appello principale e a quello incidentale proposti avverso la sentenza n. 183 del 2014 pronunciata dal Tar Friuli Venezia Giulia, con compensazione delle spese di lite.
4. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 25 marzo 2021.
5. L’appello principale e l’appello incidentale devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
Il processo amministrativo, connotato dalla natura soggettiva della giurisdizione esercitata, risponde al principio dispositivo, risultando nella disponibilità della parte l’introduzione del giudizio, così come la sua prosecuzione.
Ai sensi dell’art. 84, commi 3 e 4, c.p.a., infatti, “ 3. La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell'udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue.