Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-04, n. 201401013

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-04, n. 201401013
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401013
Data del deposito : 4 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06073/2013 REG.RIC.

N. 01013/2014REG.PROV.COLL.

N. 06073/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 6073 del 2013, proposto da
G C e C F, rappresentati e difesi dagli avv.ti C C, I d M e M C L, ed elettivamente domiciliati presso quest’ultima in Roma, via Emanuele Gianturco n. 1, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Pellezzano, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F A, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. F T in Roma, largo Messico n. 7, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

nei confronti di

Coop. ed. Eden Park Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Fortunato, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso l’avv. Guido Lenza in Roma, via XX settembre n. 98, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, n. 8 del 7 gennaio 2013, redatta in forma semplificata, resa tra le parti e concernente il permesso di costruire rilasciato alla controinteressata.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pellezzano e di Coop. ed. Eden Park Sud;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Lenoci, Gentile e Marone (entrambi su delega di Fortunato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 6073 del 2013, G C e C F propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, n. 8 del 7 gennaio 2013, redatta in forma semplificata, con la quale è stato dichiarato irricevibile il ricorso proposto contro il Comune di Pellezzano e la Coop. Ed. Eden Park Sud per l'annullamento: 1.- del provvedimento prot. n.13500 del 22 ottobre 2011 del responsabile dell'area pianificazione urbanistica ed edilizia privata del comune di Pellezzano contenente la proroga di tre anni al termine di ultimazione dei lavori del permesso a costruire n.54/2007 e successive variazioni;
2.- del permesso di costruire n. 54 dell’11 dicembre 2007, come variato con P.a.C. n. 6 del 1° marzo 2010 e SCIA n. 42 del 7 luglio 2011;
3.- del richiamato programma integrato di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale (area Fonditori Salerno), adottato con deliberazione del Consiglio comunale di Pellezzano n. 16 del 26 aprile 2004 ed approvato con decreto assessorile della giunta regionale della Campania n. 574 del 16 novembre 2005, ove lesivo;
4.- della richiamata variante al Programma Integrato di Riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale (area Fonditori di Salerno), approvata con delibera di giunta comunale n. 25 del 12 febbraio 2009, ove e per quanto lesiva;
5.- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente ove e per quanto lesivo dei diritti ed interessi dei ricorrenti.

Il giudice di prime cure ha ritenuto irricevibile il ricorso per tardività sulla base, da un lato, della circostanza che l’opera edilizia oggetto della controversia rientra nel progetto di riqualificazione dell’area cd. “ex Fonditori di Salerno”, progetto nel suo complesso conosciuto dai ricorrenti, come dimostrato dal ricorso R.G. n. 195/2012, proposto dinanzi allo stesso T.A.R. con cui sono stati contestati i titoli edilizi rilasciati dal Comune di Pellezzano alla Finprogit s.r.l. per la riqualificazione di una parte dell’area in questione;
e, dall’altro, dal fatto che i ricorrenti, in data 26 settembre 2011, avevano presentato richiesta di accesso con la quale hanno chiesto di prendere visione e di estrarre copia di tutti gli atti in base ai quali sarebbero stati assentiti i lavori di cui al fondo confinante con quello proprio, ritirando la documentazione in data 15 novembre 2011.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.

Nel giudizio di appello, si sono costituiti il Comune di Pellezzano e la Coop. Ed. Eden Park Sud, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 10 settembre 2013, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto, seguendo tuttavia un percorso motivazionale diverso da quello adottato dal T.A.R..

2. - In via preliminare, deve cogliersi l’esatto limite delle questioni prospettate dall’impugnativa in prime cure, al fine di vagliare la correttezza e la portata della pronuncia di irricevibilità data dal T.A.R..

Gli originari ricorrenti risultano aver proposto due diverse domande di accesso (oltre che una terza relativa ad un diverso ricorso giurisdizionale): la prima, proposta in data 26 settembre 2011, con ritiro della documentazione in data 15 novembre 2011;
la seconda, proposta in data 16 aprile 2012, con ritiro della documentazione in data 2 luglio 2012. In relazione alla circostanza che il ricorso è stato poi effettivamente depositato in data 13 novembre e che nell’ultima istanza di accesso le parti citavano espressamente il permesso n. 54 del 22 dicembre 2007, poi gravato, deve effettivamente riconoscersi la correttezza della pronuncia di irricevibilità data dal primo giudice, limitatamente agli atti correlati a tale conoscenza, e quindi rispetto a tutti quelli gravati, ad eccezione del provvedimento prot. n.13500 del 22 ottobre 2011 del responsabile dell'area pianificazione urbanistica ed edilizia privata del comune di Pellezzano contenente la proroga di tre anni al termine di ultimazione dei lavori del permesso a costruire n.54/2007 e successive variazioni. In questo caso, si tratta di provvedimenti effettivamente conosciuti o conoscibili con l’ordinaria diligenza, per cui il ricorso si presenta effettivamente tardivo.

Diverso discorso va svolto a proposito della citata concessione della proroga del permesso di costruire. Riguardo a tale ultimo provvedimento, occorre notare come invece sia del tutto corretta l’affermazione della parte appellante in merito alla sua conoscenza solo al momento del ritiro della documentazione in relazione alla seconda istanza d’accesso, evento avutosi in data 2 luglio 2012, con consequenziale presentazione tempestiva del ricorso.

A favore dell’insussistenza della circostanza ritenuta dirimente dal T.A.R., ossia che la data di tale provvedimento fosse effettivamente quella del 22 ottobre 2011 (e quindi conoscibile anche con il primo accesso dove il ritiro della documentazione è avvenuta in data 15 novembre 2011), militano tre osservazioni in senso contrario: in primo luogo, la copia del provvedimento prodotta in giudizio dallo stesso Comune reca la diversa data del 22 dicembre 2011;
in secondo luogo, la nota di trasmissione alle parti richiedenti, con cui si comunica il rilascio della proroga in data odierna, reca la data del 23 dicembre 2011;
e infine la richiesta di proroga (ma ivi si legge “rinnovo”) era stata proposta dalle parti in data 24 novembre 2011. Deve quindi ritenersi che la data apposta sul documento in possesso delle parti sia erronea (e d’altronde, la parte appellata non si gioverebbe neppure di una anticipazione di data, che porterebbe a consumare inutilmente del tempo necessario alla realizzazione dell’opera) e non frutto di una intenzione diversa (tant’è che il Comune ha correttamente esibito un documento con data esatta), rendendo inutile altri accertamenti sulla sua esatta collocazione cronologica.

Tuttavia, assodato che il provvedimento è stato effettivamente emesso in data 22 dicembre 2011, l’affermazione del primo giudice sulla conoscenza da parte degli attuali appellanti già in data 15 novembre 2011 non può più essere sostenuta e va annullata, facendo così superare la fase rescindente dell’appello in relazione alla dedotta irricevibilità del ricorso in prime cure, in relazione unicamente alla concessa proroga del permesso di costruire e non agli altri atti, di cui si è già evidenziata la pregressa conoscenza.

3. - Il passaggio del vaglio rescindente non consente tuttavia di accogliere anche la domanda di annullamento della detta proroga, formulata dalle parti appellanti con il secondo motivo di diritto, con cui si lamenta violazione dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001 per inesistenza dei presupposti normativi. In concreto, il Comune aveva aderito alla richiesta di proroga facendo proprie le ragioni della parte, che aveva evidenziato come i lavori poteva avere effettivo inizio solo dopo “la definizione del tracciato della Lungolmo da parte dell’Amministrazione di Pellezzano e quindi solo dopo il rilascio della conseguente variante al permesso di costruire … e relativa denuncia al Genio civile”. Le parti appellanti evidenziano invece come l’amministrazione non abbia compiuto alcuna istruttoria sul detto profilo, come la detta variante abbia inciso in maniera irrilevante sul progetto e come la stessa richiedente fosse a conoscenza del ritardo inescusabile, tanto da chiedere un rinnovo e non una proroga del permesso rilasciato.

3.1. - Le censure non possono essere condivise.

In merito al primo profilo, occorre evidenziare come i dati che l’amministrazione avrebbe dovuto acquisire, giacché fondanti la richiesta di proroga, erano tutti già in suo possesso, consistendo fondamentalmente dei tempi e nei contenuti di rilascio della variante al permesso di costruire n. 06/08 del giorno 1 marzo 2008, ossia in atti del Comune stesso.

Non è quindi dato capire quale altro elemento istruttorio si sarebbe dovuto ottenere e quindi in cosa consista la detta mancanza nell’azione amministrativa.

In secondo luogo, la disciplina dell’art. 15 “Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire” del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” mette in luce l’esistenza di un diverso regime che distingue, da un lato, il provvedimento di decadenza da quello di proroga e, all’interno delle tipologie di proroga, quella determinata dal sopravvenire di un fatto esterno da quella determinata da profili ontologici dell’opera.

La prima diade si basa sulla distanza esistente tra un provvedimento legato ai soli presupposti di legge e uno caratterizzato dalla scelta discrezionale. Infatti, la pronunzia di decadenza del permesso di costruire è connotata da un carattere strettamente vincolato, dovuto all'accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l'inerzia del titolare a darvi attuazione. Pertanto, un tale provvedimento ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi ex se, in via diretta, con l'infruttuoso decorso del termine prefissato con conseguente decorrenza ex tunc (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4206;
id., 7 settembre 2011, n. 5028). Al contrario, la proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha la natura giuridica di provvedimento di secondo grado, in quanto modifica, ancorché parzialmente, il complesso degli effetti giuridici delineati dall'atto originario (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4498). Nell’ambito della materia edilizia, la differente qualificazione tra provvedimenti di rinnovo della concessione edilizia e di proroga dei termini di ultimazione dei lavori è riscontrabile nel senso che, mentre il rinnovo della concessione presuppone la sopravvenuta inefficacia dell'originario titolo concessorio e costituisce, a tutti gli effetti, una nuova concessione, la proroga è atto sfornito di propria autonomia che accede all'originaria concessione ed opera semplicemente uno spostamento in avanti del suo termine finale di efficacia. La proroga è quindi disposta con provvedimento motivato sulla scorta di una valutazione discrezionale, che in termini tecnici si traduce nella verifica delle condizioni oggettive che la giustificano, tenendo presente che, proprio perché il risultato è quello di consentire una deroga alla disciplina generale in tema di edificazione, i presupposti che fondano la richiesta di proroga sono espressamente indicati in norma e sono di stretta interpretazione.

La seconda diade evidenzia come la proroga possa aver luogo per factum principis, ossia, come afferma la norma, “per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso” o per ragioni collegate alla natura dell’opera, ossia “esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari”.

Nel caso in esame, non può disconoscersi che la parte appellata abbia effettivamente presentato al Comune una istanza di variante al permesso di costruire n. 06/08 del giorno 1 marzo 2008, rimettendo così ad un altro soggetto le determinazioni in merito al modo di concreta realizzazione dell’attività edilizia. L’esistenza di un variante ad un permesso di costruire, ossia un tipo di intervento che comporta un iter procedimentale di modifica del pregresso titolo rilasciato e che presuppone l’inutilizzabilità del meccanismo semplificato di cui all’art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001, appare incompatibile con la valutazione di irrilevanza in concreto sostenuta dalle parti appellanti, proprio in relazione alla tipologia di mutamenti rispetto al titolo originario che presuppone.

Anche il secondo profilo di censura appare quindi non fondato.

Infine, in relazione all’ultimo aspetto, quello della conoscenza del tipo di atto richiesto al Comune, stante l’espresso rinvio alla nozione di rinnovo contenuta nell’istanza proposta in data 24 novembre 2011, va rilevato come, vista che il mero nomen iuris utilizzato non è fatto sufficiente a permettere la qualificazione dell’istituto, gli elementi sostanziali (proposizione dell’istanza in pendenza del termine triennale di esecuzione, richiesta di un nuovo termine con riferimento alla norma dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001, esistenza di un fatto di terzo impeditivo dell’inizio dei lavori) confermano come nel caso di specie la domanda prodotta fosse effettivamente di proroga, e non di rinnovo del titolo.

4. - L’appello va quindi respinto con diversa motivazione. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

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