Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-08-16, n. 202307777

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-08-16, n. 202307777
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307777
Data del deposito : 16 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/08/2023

N. 07777/2023REG.PROV.COLL.

N. 02540/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2540 del 2023, proposto da
I Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati F P e V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F P, in Roma, via di San Nicola da Tolentino n. 67;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Wind Tre S.p.A. con Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Giuseppe Guizzi e Ilaria Pagni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Postepay S.p.A., Federconsumatori Aps, Fastweb S.p.A., Windtre S.p.A., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 17720/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e di Wind Tre S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023 il Cons. M P e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso iscritto al n. 10570/2021, I Italia S.p.A. impugnava innanzi al T Lazio la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito Autorità) n. 86/21/CIR, pubblicata il 27 luglio 2021, recante « Modifiche e integrazioni della procedura di portabilità del numero mobile, di cui alla delibera n. 147/11/CIR, e connesse misure finalizzate ad aumentare la sicurezza nei casi di sostituzione della SIM (SIM Swap) » limitatamente all'art. 1, commi 1 e 4, all'art. 2, comma 2, all'art. 5, comma 2 e, ove occorrer possa, agli artt. 4 e 7.

Con successivi motivi aggiunti, impugnava il documento recante « Esiti del Tavolo tecnico relativo all'implementazione delle misure contenute nella Delibera n. 86/21/CIR », pubblicato sul sito www.agcom.it in data 29 aprile 2022.

I sosteneva (in sintesi):

1. l’illegittimità della previsione di cui all’art. 1, comma 1, della delibera ove prevede che « la richiesta di cambio della SIM, inclusi i casi di richiesta di Mobile Number Portability (MNP), di furto o smarrimento, o altre fattispecie di modifica virtuale (eSIM) può essere effettuata esclusivamente dal titolare della SIM » e non anche dal reale utilizzatore della stessa senza prevedere « specifiche misure per allineare le anagrafiche di database MNP [Mobile Portability Number, ndr] con i titolari delle SIM »;

2. l’illegittimità del comma 4 dell’art. 1 ai sensi del quale « i fornitori di servizi mobili gestiscono il cambio del titolare del contratto utilizzando sistemi d sicurezza analoghi a quelli di cui alla presente delibera » lamentando l’anticoncorrenzialità delle previste modalità di subentro nella titolarità della SIM;

3. l’illegittimità dell’art. 2, comma 2, laddove prevede che « il fornitore dei servizi mobili acquisisce dl titolare della SIM copia fotostatica chiara e leggibile: i) del documento d’identità del soggetto richiedente e di un documento attestante il Codice Fiscale;
ii) della vecchia SIM
»;

4. l’incompetenza dell’Autorità « ad adottare norme in materia di identificazione personale degli utenti »;

5. l’illegittimità dell’art. 5, comma 2, ove prevede l’obbligo di informare l’utente sulle varie fasi della procedura di MNP « tramite SMS o tramite una chiamata ».

Il T respingeva il ricorso con sentenza n. 17720 del 28 dicembre 2022 ritenendo, in estrema sintesi, che le misure in questione fossero ragionevoli e proporzionate in relazione alle prospettate esigenze di sicurezza e prevenzione e che non presentassero profili di contrarietà con i principi di libera concorrenza né limitazioni alla libertà di iniziativa economica.

I impugnava la sentenza con appello depositato il 17 marzo 2023 decuocendo sostanzialmente i profili di censura già dedotti in primo grado che il T avrebbe erroneamente disatteso.

In data 31 marzo 2023 si costituiva l’Autorità che, illustrate le finalità dell’iniziativa provvedimentale censurata e il quadro normativo di riferimento, confutava nel merito le avverse censure sostenendo la legittimità del proprio operato.

Wind Tre S.p.A., già interveniente ad opponendum in primo grado, si costituiva formalmente in giudizio il 21 marzo 2023 sviluppando le proprie difese con memoria del 31 marzo successivo con la quale eccepiva in via pregiudiziale la parziale inammissibilità dell’appello ex art. 104 c.p.a. nella parte in cui é dedotta (si afferma, per la prima volta) l’illegittimità della delibera impugnata per mancata applicazione diretta dell’art. 106 della direttiva n. 2018/1972 in luogo dell’allora vigente art. 80 del D. Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche, di seguito Codice) e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.

All’esito della camera di consiglio del 4 aprile 2023, veniva accolta l’istanza cautelare ai soli fini della fissazione della discussione di merito.

Wind e I rassegnavano le rispettive conclusioni con memorie del 27 giugno 2023.

Le parti replicavano alle avverse difese con memorie depositate il 30 giugno (Wind) e 1 luglio (I e Autorità).

All’esito della pubblica udienza del 13 luglio 2023, la causa veniva decisa.

La delibera oggetto di contestazione veniva adottata a seguito di un registrato incremento di episodi di sostituzione di SIM, per passaggio ad altro operatore o per presunto furto o deterioramento, all’insaputa del titolare della stessa che, nel vigore della precedente disciplina, si trovava esposto al rischio, in molti casi concretizzatosi, che dette operazioni potessero essere autorizzate in favore di terzi malintenzionati che in tal modo entravano in possesso di dati riservati del titolare utilizzabili per portare a compimento truffe informatiche.

Ciò determinava la necessità di un rafforzamento dei controlli, in particolare in fase di MNP, tesi all’accertamento dell’effettivo coinvolgimento nel processo del cliente titolare.

Sulla base di tali premesse veniva adottato, previo esperimento di una procedura di consultazione pubblica avviata con la citata delibera n. 334/20/CIR, il provvedimento impugnato in primo grado la cui finalità veniva espressamente individuata nella necessità di contrastare il fenomeno fraudolento noto come « SIM swap » consistente nella sostituzione della SIM da parte di un soggetto terzo non autorizzato e che non ha il possesso della SIM fisica, che avviene, come riconosciuto dalla stessa appellante, mediante richiesta di « portabilità della numerazione di telefonia mobile da un operatore c.d. donating ad un altro operatore c.d. recipient ... in luogo del titolare/legittimo utilizzatore » o « utilizzando i dati del titolare/legittimo utilizzatore, effettua procedure di cambio SIM - inclusa la sostituzione per furto, smarrimento o deterioramento - allo scopo di entrare in possesso del numero telefonico collegato alla SIM del titolare/legittimo utilizzatore ed utilizzarlo per porre in essere condotte illecite e fraudolente di vario genere a danno dell’effettivo titolare/legittimo utilizzatore, ad esempio per eludere le procedure di sicurezza nei servizi di home banking, oppure per effettuare scambi di identità ».

I che espressamente non contesta le finalità e il complessivo impianto della Delibera 86/21/CIR, deduce, prospettando un danno alla propria posizione concorrenziale, l’illegittimità delle specifiche misure introdotte nel procedimento di riconoscimento del cliente, in special modo quelle inerenti l’obbligo di effettuare le richieste di cambio della SIM (anche per i casi di MNP, furto o smarrimento) solamente su richiesta del titolare della scheda senza tenere conto del necessario allineamento tra le anagrafiche dei titolari presenti sui database degli operatori e gli utenti c.d. reali utilizzatori.

In particolare ritiene che le prescrizioni in questione eccedano quanto imposto dalle finalità perseguite dal regolatore poiché, si afferma in ricorso, « impediscono ingiustificatamente ad un ampio novero di utenti di esercitare il diritto - sancito dal legislatore - di cambiare operatore di telefonia mobile mantenendo il proprio numero con procedure semplici ed efficienti ».

A sostegno della pretesa illegittimità dei provvedimenti gravati, nonché, della dedotta erroneità della sentenza che respingeva il ricorso di primo grado, I allega (fornendo dati registrati successivamente alla decisione del T) che dall’entrata in vigore della nuova disciplina sarebbe diminuito del 25% il numero di richieste di procedure MNP e sarebbero per contro aumentati, con riguardo alle richieste di passaggio ai propri servizi, il numero di trasferimenti negati (esiti di c.d. KO ) e di recesso nei 14 giorni successivi alla sottoscrizione nella richiesta, rispettivamente, del + 56% e + 211%.

Ai fini di un corretto inquadramento della presente controversia, e nei limiti di quanto a tali fini necessario, con priorità sullo scrutinio delle censure di merito, si richiamano le già illustrate disposizioni di nuova introduzione oggetto di specifica contestazione, come precisato da I nelle premesse dell’atto di appello (pag. 2).

L’art. 1 innova i processi di cambio SIM, per quanto riguarda il « soggetto che può richiedere il cambio SIM » prevedendo che:

- « la richiesta di cambio della SIM, inclusi i casi di Mobiler Number Portability (MNP), di furto o smarrimento, o altre fattispecie di modifica virtuale (eSIM) può essere effettuata esclusivamente dal titolare della SIM » e non più dall’utilizzatore della stessa (comma 1);

- « i fornitori di servizi mobili gestiscono il cambio del titolare del contratto [c.d. subentro, ndr] utilizzando sistemi di sicurezza analoghi a quelli di cui alla delibera 86/21/CIR » (comma 4).

L’art. 2, disciplinante le procedure di « identificazione del soggetto richiedente il cambio SIM », dispone che a detti fini, « il fornitore di servizi mobili acquisisce dal titolare della SIM copia fotostatica chiara e leggibile: i) del documento d’identità del soggetto richiedente e di un documento attestante il Codice Fiscale;
ii) della vecchia SIM;
iii) nel caso di furto o di smarrimento della SIM, della relativa denuncia
» (comma 2).

L’art. 5, disciplinante gli « obblighi informativi nei confronti degli utenti durante il processo di MNP » dispone che « le informazioni sono fornite tramite SMS o tramite una chiamata, anche automatica preregistrata, dal fornitore del servizio mobile. In caso di insuccesso della chiamata, l’informazione è trasmessa con SMS con conferma di ricezione » (comma 2).

« Ove occorrer possa » l’appellante censura, altresì, l’art. 4 recante « Integrazione al modello d’interazione di cui all’art. 5 dell’allegato 1 alla delibera n. 147/11/CIR) » (interazione fra recipient e donating in fase di procedura), nonché, l’art. 7 recante « Disposizioni finali » (al cui testo si rinvia).

Sempre per esigenze di corretto inquadramento della complessa controversia sottoposta all’attenzione del Collegio devono, altresì, essere richiamate le affermazioni del T oggetto di specifica censura, come sintetizzate dalla stessa I (pag. 8 dell’appello):

- « il divieto di MNP per i reali utilizzatori sarebbe coerente con la finalità di escludere dalle procedure di cambio SIM tutti i soggetti che non siano effettivi titolari della stessa SIM e risponderebbe ad esigenze di pubblica sicurezza »;

- « le norme impugnate non determinerebbero alcun pregiudizio alla concorrenza e rischi di attività illecite di c.d. retention da parte dell’operatore donating »;

- « la richiesta del codice fiscale e della vecchia SIM in sede di richiesta di MNP sarebbe ragionevole e coerente con le finalità di sicurezza »;

- « Agcom sarebbe competente ad intervenire sulla modifica delle procedure di identificazione personale, in base alle norme generali che ne dettano gli obiettivi e funzioni (art. 1 Legge n. 249 del 1997 e art. 7 D.lgs. 259/2003) ».

Ciò premesso può procedersi allo scrutino di merito dell’appello.

Con il primo ordine di censure l’appellante, premessa l’esposizione dei (ritenuti) « negativi effetti dell’applicazione del divieto di MPN per i relati utilizzatori » (capo I), afferma la « non proporzionalità e irragionevolezza del divieto di MPM da parte del reale utilizzatori, anche in relazione alla tutela degli obiettivi di sicurezza e prevenzione delle frodi » deducendo « ERROR IN IUDICANDO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 41 COST., DEGLI ARTT. 4, 6 E 98-OCTIESDECIES D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI CONCORRENZA, PROPORZIONALITÀ E NON CONTRADDIZIONE. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE FIGURE SINTOMATICHE E, IN PARTICOLARE, PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E SVIAMENTO DI POTERE » (Capo II).

Censura, in particolare, la sentenza nella parte in cui si sostiene che il divieto di richiesta di MNP da parte degli utilizzatori reali rafforzerebbe i livelli di sicurezza della procedura sul rilievo che « tale modifica non appare irragionevole ma anzi risulta di essere coerente con i principi generali – che identificano ordinariamente nella controparte contrattuale il soggetto legittimato a chiedere modifiche del servizio – oltre che con ragioni di sicurezza e identificabilità dell’utente, previste dalla disciplina di settore» e che «la modifica regolamentare viene infatti espressamente adottata al fine di evitare casi di MNP effettuate da soggetti che non erano gli effettivi titolari, con possibilità di successiva contestazione da parte dei titolari stessi ».

Le suesposte statuizioni sarebbero erronee poiché le esigenze di sicurezza invocate troverebbero piena soddisfazione nelle disposizioni estranee alle presenti contestazioni della stessa delibera n. 86/2021 che, con misure applicabili anche al mero utilizzatore della SIM, prevedono:

- la validazione preventiva della richiesta di MNP tramite comunicazione SMS/OTP a cura del recipient al numero interessato alla procedura che garantirebbe l’attivazione da parte dell’effettivo utilizzatore;

- l’identificazione del soggetto richiedente la MNP con modalità che prescindono dalla qualità di titolare o reale utilizzatore richiamate dall’art. 2, comma 1, della delibera;

- l’invio al numero oggetto di MNP di comunicazioni di completamento delle singole fasi della procedura;

- l’obbligo di sostituzione della SIM rubata o smarrita unicamente presso il proprio operatore e previa denunzia all’autorità competente (art. 3, comma 2, della delibera n. 86/21);

- l’obbligo di sostituzione della SIM guasta unicamente presso il proprio operatore e previa riconsegna della stessa.

L’applicabilità delle suesposte misure anche agli utilizzatori soddisferebbe di per sé le esigenze di sicurezza allegate dall’Autorità rendendo le ulteriori misure contestate ultronee e eccessive.

Il rispetto delle misure da ultimo illustrate, come anticipato non oggetto di contestazione, consentirebbe al soggetto qualificato come reale utilizzatore presso il donating di divenire titolare della SIM presso il recipient all’esito della procedura di MNP neutralizzando il rischio di condotte dannose in pregiudizio del precedente titolare.

Il divieto di MNP per i reali utilizzatori, invece, determinerebbe una pluralità di criticità.

In primis precluderebbe all’utilizzatore il diritto di cambiare operatore mantenendo il proprio numero di telefono non potendo, tale negativo effetto, essere neutralizzato, come sostiene il T, subentrando previamente nella titolarità del contratto atteso che, nel concreto, il titolare della SIM potrebbe non essere reperibile, essere deceduto o essere sconosciuto: circostanze che non consentono di assicurare « l’efficienza e la semplicità della procedura di passaggio per l’utente finale» (prescritta dall’art. 106, comma 2, della delibera n. 2018/1972) consentendo il passaggio al nuovo operatore «nel più breve tempo possibile» (come stabilito dall’art. art. 98 octiesdecies del D. Lgs. n. 259/2003).

Tali limitazioni non sarebbero rispettose dei principi ragionevolezza e proporzionalità poiché ostacolerebbero il passaggio ad altro operatore senza apprezzabili incrementi della sicurezza e smentirebbero l’affermazione del T per la quale al reale utilizzatore sarebbe sempre consentito effettuare la procedura MNP.

Le suesposte censure sono infondate.

Preliminarmente (e in disparte ogni considerazione circa la sussistenza di un concreto e diretto interesse di I a coltivare una censura fondata su una pretesa lesione patita da terzi, quali devono intendersi gli utilizzatori) devono disattendersi le suesposte allegazioni di parte appellante relative alle registrate flessioni delle richieste di MNP ed al parallelo incremento dei c.d. KO delle stesse indicati come effetti imputabili alle nuove disposizioni senza, tuttavia, prova certa del preteso rapporto di causalità.

A tacere del fatto che l’andamento illustrato nei grafici riportati in ricorso è riferito ad un arco temporale estremamente limitato e che la pretesa significatività del dato è frutto di un apprezzamento soggettivo opinabile della stessa parte, non può non rilevarsi come l’introduzione di una nuova disciplina determini fisiologicamente profili di incertezza applicativa suscettibili di determinare nell’immediato un rallentamento delle richieste ed una maggior probabilità di incorrere in errori procedurali incidenti sul dato statistico delle procedure non andate a buon fine.

Deve ulteriormente rilevarsi che il dato riferito ai c.d. KO è fornito in maniera aggregata senza specificazione delle effettive ragioni per le quali si determinavano e, per tale ragione, non è possibile stabilire con buon margine di approssimazione l’imputabilità dell’incremento lamentato alle modifiche procedurali di nuova introduzione.

Non irrilevante ai presenti fini è, inoltre, il progressivo livellamento delle offerte tariffarie di settore fra operatori che vantano una diversa (in termini temporali) presenza sul mercato che è ragionevole supporre giustifichi, quanto meno in parte, il trend evidenziato.

Con secondo capo di impugnazione (capo III) l’appellante deduce « ERROR IN IUDICANDO.VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 41COST., DEGLI ARTT. 4, 6, 98-

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