Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-12-23, n. 202410331
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 23/12/2024
N. 10331/2024REG.PROV.COLL.
N. 07872/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7872 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Bruno, Renata Pepe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Beatrice Dell'Isola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Poli 29;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di AL (Sezione Prima) n. 273/2023, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2024 il Cons. Diana Caminiti e udito per la Regione l’avv. Panariello, in sostituzione dell'avvocato Dell'Isola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.L’appellante in epigrafe indicata con il ricorso di prime cure premetteva che l’Ufficio di Collocamento Provinciale di AL in data 15.01.2019 l’aveva iscritta nella lista di Collocamento mirato, di cui all’art. 18 della L. n. 68/99, perché figlia di “Vittima del dovere” (ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.P.R. 333/2000 e dell’art. 34, comma 1, della legge n.3/2003).
Tuttavia la Regione Campania con delibera giuntale prot. n.-OMISSIS- disponeva la cancellazione in autotutela dell’iscrizione.
1.1. Pertanto la sig.ra -OMISSIS- impugnava detta delibera presso il Tar Campania, sez. distaccata di AL, articolando due motivi di ricorso.
1.2. Con il primo motivo lamentava il difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela, e, con il secondo motivo, l’erronea interpretazione della legge posta a fondamento dell’esercizio dell’autotutela.
2. Il Tar Campania, AL, sez. I, con sentenza 3 febbraio 2023, n. 273, ha disatteso entrambi i motivi di ricorso.
Quanto al primo motivo, ha affermato che la fattispecie de qua rientrerebbe in una di quelle ipotesi per le quali, sulla base della giurisprudenza in materia, l’interesse pubblico andrebbe ravvisato in re ipsa.
Quanto al secondo motivo, con cui la ricorrente lamentava l’erronea cancellazione dal collocamento mirato, al quale EL avrebbe pieno diritto di iscriversi ai sensi dell’art 18, comma 2, L. 68/99, in quanto figlia di “Vittima del dovere”, non essendo necessario alcun altro requisito, ha evidenziato come il provvedimento gravato si fondasse su un’esatta interpretazione della normativa in materia, avuto riguardo a quanto prescritto dal combinato disposto dell’art. 1, comma 2, secondo e terzo periodo, d.p.r. 10 ottobre 2000 n. 333 e dell’art. 34 l. 16.1.2003 n. 3, posto che la madre della ricorrente, Vittima del Dovere, non risultava affetta da invalidità permanente, dato questo non contestato dalla ricorrente.
3. Avverso la sentenza di prime cure, con il presente atto di appello, la sig.ra -OMISSIS- ha articolato i seguenti due motivi:
1) Error in iudicando . Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. n. 241/90; Violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/90; Violazione e falsa applicazione art. 34 della l. n. 3/2003; Violazione e falsa applicazione dell’art. 82, l. n. 388/2000; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, della l. 23 novembre 1998, n. 407; Eccesso di potere; Sviamento.
In tesi di parte appellante la sentenza di prime cure sarebbe errata nel punto in cui ha disatteso il primo motivo di ricorso, ritenendo che l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela nel caso di specie fosse in re ipsa.
Ciò in quanto, in tesi attorea, il provvedimento di autotutela si era basato solo ed esclusivamente sulla diversa interpretazione data alla normativa in materia di “Vittime del Dovere” dal Ministero del Lavoro, che esclude l’iscrizione in detto elenco per i familiari delle vittime del dovere, per cui non si trattava di un atto vincolato.
Pertanto, in assenza di uno specifico interesse pubblico da tutelare, l’annullamento di un provvedimento amministrativo - (ampliativo della sfera giuridica del destinatario, che, tra l’altro aveva riverberato i suoi effetti giuridici nella sfera giuridica del destinatario) – dovrebbe intendersi illegittimo in quanto violativo della prescrizione dell’art. 21 nonies l. 241/90.
In tesi attorea pertanto del tutto inconferente era la giurisprudenza invocata dal primo giudice con riferimento ai provvedimenti di revoca di erogazione di somme di denaro, che nulla hanno a che vedere con quello oggetto di causa, vale a dire l’iscrizione nella lista di collocamento disposta dall’amministrazione, sulla scorta di una interpretazione della normativa ormai consolidata nel tempo in relazione alla quale i destinatari avevano fatto legittimo affidamento; iscrizione poi, a distanza di un lungo lasso di tempo, immotivatamente negata (attraverso la revoca; rectius annullamento d’ufficio);
2) Error in iudicando ; Violazione e falsa applicazione art. 34 della Legge n. 3/2003; Violazione e falsa applicazione dell’art. 82, Legge n. 388/2000; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407.
In tesi di parte appellante la sentenza sarebbe del pari erronea nella parte in cui aveva ritenuto che la ricorrente non avesse contestato l’allegazione fattuale contenuta nel provvedimento e cioè la inidoneità permanente della Vittima del Dovere. Ciò in quanto oggetto della contestazione era la circostanza che l’interpretazione della normativa (come da prassi consolidata), diversamente da quanto di recente