Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-07-23, n. 201204204

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-07-23, n. 201204204
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204204
Data del deposito : 23 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01499/2004 REG.RIC.

N. 04204/2012REG.PROV.COLL.

N. 01499/2004 REG.RIC.

N. 01500/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1499 del 2004, proposto da:
U C, rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso Guido Romanelli in Roma, via Pacuvio, 34;

contro

Provincia di Pesaro Urbino non costituitosi in giudizio;
Comune di Gabicce Mare, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. M. I T, con domicilio eletto presso Antonia Studio De Angelis in Roma, via Portuense, 104;



sul ricorso numero di registro generale 1500 del 2004, proposto da:
U C, rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso Guido Romanelli in Roma, via Pacuvio, 34;

contro

Provincia di Pesaro Urbino non costituitasi in giudizio;
Comune di Gabicce Mare, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. M. I T, con domicilio eletto presso Antonia Studio De Angelis in Roma, via Portuense, 104;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1499 del 2004:

della sentenza del T.a.r. delle Marche –Sede di Ancona -n. 01319/2003, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE DI OPERE ABUSIVE

quanto al ricorso n. 1500 del 2004:

della sentenza del T.a.r. delle Marche –Sede di Ancona- n. 01279/2003, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE DI OPERE ABUSIVE


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Giovanni Bonaccio su delega di A V e M. I T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Ricorso n. 1499/2004 avverso la sentenza n. 1319/2003;

Con il ricorso di primo grado corredato da motivi aggiunti l’odierno appellante sig. U C aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza n.70 del 28/8/2001 del Responsabile del 6° Settore del Comune di Gabicce Mare, con la quale gli era stato ingiunto (in qualità di affittuario) di provvedere alla demolizione, entro 90 giorni, delle opere abusive concernenti la “costruzione di un piazzale con pavimentazione drenante in stabilizzato su sottofondo di ciotolame per deposito inerti di superficie di circa mq.6000 e installazione di macchine, silos e tramoggia per preconfezionamento conglomerati cementizi” nell’area sita in via dell’Erba e distinta al Catasto al foglio 6 di Gabicce Mare, mappale n.439 (ex 24 parte), con l’obbligo del ripristino dello stato dei luoghi ante abuso e con l’avvertenza che, in difetto, si sarebbe proceduto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale;
ed era stato disposto altresì il pagamento della sanzione dovuta per danno ambientale nella misura di L.2.085.000;

della determinazione del responsabile del 6° settore del Comune di Gabicce Mare n.60016 del 5/6/2001, di diniego di concessione in sanatoria per le opere abusive sopradescritte (determinazione rettificata con atto 23.10.2001 n.60038 e lettera 25.10.2001, prot. n.17155);

nonché, ove potesse occorrere, della presupposta determinazione del Dirigente del Servizio n.

4.1 Urbanistica-Pianificazione Territoriale della Provincia di Pesaro e Urbino prot. n.34668/2000 n.350 del 13.3.2001, con la quale gli era stato denegato il nulla osta, ai fini paesaggistici, alla sanatoria delle opere abusive predette e di ogni altro atto collegato, presupposto o connesso, ivi compresa alla relazione dell’Ufficio prot. n.34668 del 2.3.2001.

Sostanzialmente l’odierno appellante si doleva del diniego di condono relativo alle suddette opere eseguite su un’area di terreno non fabbricabile estesa mq. 6000, censita al catasto terreni al foglio 6, particella 439, sita in Comune di Gabicce Mare della quale era affittuario.

Aveva dedotto numerose censure di violazione di legge ed eccesso di potere che il Tribunale amministrativo regionale delle Marche – sede di Ancona- ha partitamente esaminato, respingendole, facendo presente che con ulteriore ricorso, rubricato al n. 407 /2001, del pari chiamato in decisione alla identica udienza pubblica, erano stati gravati, (oltre che, in parte, gli stessi atti surrichiamati) anche gli atti amministrativi antecedentemente emessi e ad essi sottesi.

In particolare, il primo giudice ha affermato la legittimità e correttezza del provvedimento con cui la Provincia di Pesaro-Urbino, competente a rilasciare il nulla osta paesaggistico nel corso del procedimento per conseguire la sanatoria delle opere abusive ex art.32 L. 28 febbraio 1985, n.47, lo aveva denegato ( determinazione n.350, assunta dal Dirigente del Servizio n.1 Urbanistica-Pianificazione Territoriale in data 13.3.2001) in quanto la motivazione che sorreggeva il diniego di nulla osta appariva logica, coerente e completa, fondandosi sul parere sfavorevole espresso in merito dall’Ufficio Beni Paesistico-Architettonici dello stesso Servizio di Urbanistica e Pianificazione Territoriale laddove era stata evidenziata l’incompatibilità di tale trasformazione urbanistico-edilizia con il territorio circostante, in quanto interessante una vasta zona agricola “pressoché integra compresa tra la linea ferroviaria ed un corso d’acqua pubblica quale il torrente Taviolo”.

L’opera abusiva, peraltro, insisteva su un’area contigua al Parco Regionale San Bartolo ed aveva spiegato un notevole impatto paesaggistico.

Era evidente l’improprietà dell’opera, soprattutto dalla visuale panoramica del vicino Colle di Gradara vincolato dal D.M. 31 luglio 1985.

Sotto altro profilo, non rispondeva al vero che l’intervento sarebbe stato realizzato prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico in quanto alla richiesta di concessione edilizia in sanatoria presentata il 25-28 febbraio 1995 il sig. C U aveva allegato la prescritta dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio ex art.4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15, nella quale, sotto la sua personale responsabilità, aveva indicato, quale epoca di realizzazione dell’abuso, il periodo dal 16 marzo 1985 al 31.12.1993 (peraltro che tale fosse il periodo di realizzazione dell’immobile risultava da altri documenti della pratica).

Posto che il vincolo paesaggistico era stato introdotto con decreto ministeriale del 31.7.1985, appariva evidente, ad avviso del primo giudice, che le opere risalissero ad epoca pressoché tutta successiva al vincolo stesso.

In ogni caso, se anche il vincolo fosse stato impresso sull’area successivamente alla esecuzione delle opere abusive, non sarebbe venuto meno l’obbligo di acquisire ex post il parere dell’Autorità preposta alla tutela stessa ai fini del rilascio della concessione in sanatoria.

Per altro verso, non sussisteva alcun obbligo da parte del Servizio Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Provincia di Pesaro di portare a conoscenza della ditta Uguccioni - prima di assumere la determinazione conclusiva in ordine al rilascio o meno del nulla osta paesaggistico- il parere formulato dall’Ufficio Beni Paesistico-Architettonici, appartenente allo stesso servizio, trattandosi di atto istruttorio interno.

Il primo giudice ha poi disatteso il quarto motivo di censura con il quale l’appellante aveva denunciato il vizio per cui l’ordine di demolizione era stato indirizzato ad una ditta omonima ( la quale invece non esisteva o comunque non era interessata alla problematica) evidenziando che la censura era, per un verso, improcedibile nella parte in cui attingeva il provvedimento comunale prot. n.60016 del 5.6.2001 di diniego della concessione in sanatoria, in quanto trattavasi di ininfluente errore materiale già rettificato dal responsabile del Servizio.

Per altro verso, nella parte in cui il dedotto vizio era riferito all’ordinanza di demolizione n.70 del 28.8.2001, il motivo era infondato posto che il detto atto conteneva una esatta ed analitica indicazione di tutti gli altri elementi idonei ad individuare il soggetto effettivamente interessato e nei cui confronti il provvedimento era rivolto.

Il primo giudice ha quindi dichiarato inammissibile, perché tardivo, il quinto motivo che, seppur formalmente diretto all’ordinanza comunale di demolizione emessa il 28.8.2001, non riguardava tale atto in ultimo citato, ma il precedente diniego di nulla osta paesaggistico promanante dalla Provincia di Pesaro e Urbino e risalente al 13.3.2001.

Con la detta censura, infatti, si era sostenuto che il diniego della Provincia di Pesaro e Urbino, intervenuto in data 13.3.2001, era stato espresso tardivamente, dopo che si era consolidato il silenzio-assenso ex art.32, comma secondo della legge n.47/1985.

Senonchè, la deduzione di tale vizio di legittimità era avvenuta per la prima volta con atto notificato il 13.11.2001 ed era pertanto largamente intempestiva, in considerazione della circostanza che diniego di nulla osta paesaggistico espresso dalla Provincia di P.U. il 13.3.2001 era stato comunicato con atto del 14.3.2001 e ricevuto dal ricorrente prima del 10.5.2001.

E la tardività riguardava anche il segmento impugnatorio attingente il conseguente diniego di concessione in sanatoria delle opere abusive disposto dal Comune di Gabicce con il provvedimento dirigenziale n.60016 del 5.6.2001, notificato al sig. U C il 7.6.2001 (ammesso che si potesse dedurre in sede di impugnativa dell’atto consequenziale un vizio in realtà relativo all’atto presupposto).

Il Tribunale amministrativo ha infine disatteso la sesta e la settima censura in quanto infondate.

Con il sesto motivo, infatti, da un canto si contestava che le opere fossero state eseguite in totale difformità dalla concessione;
dall’altro, si assumeva che le stesse sarebbero state del tutto prive di rilevanza urbanistica e quindi non abbisognevoli di preventiva concessione anche se insistenti in zona vincolata.

Il primo giudice ha in proposito rilevato che le opere stesse erano state eseguite ( non in difformità dalla concessione, ma) in assenza di concessione di sorta, mai richiesta e mai rilasciata per cui non rilevava discutere su una difformità totale o parziale;
tali manufatti, peraltro, certamente necessitavano della concessione in quanto comportanti una trasformazione del territorio preesistente, che rilevava sia sul piano fisico (riduzione a piazzale pavimentato di un’area verde) sia in senso urbanistico (il piazzale era attrezzato e veniva utilizzato e movimentato per il deposito di materiali e per la loro trasformazione).

Della circostanza che le opere abbisognassero di concessione, peraltro, era stato ben consapevole lo stesso appellante che, non avendola richiesta anteriormente alla loro realizzazione, la aveva chiesta successivamente in via di condono ai sensi dell’art.39, comma 4° della legge n.724 del 23.12.1994.

Il settimo motivo, infine, era infondato in punto di fatto, posto che prima di instaurare il procedimento concluso con l’ ordine di demolizione, il Comune di Gabicce Mare aveva inviato al sig. U C la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n.241/1990 ( nota prot. n.9871 del 6.6.2001) assegnando all’interessato dieci giorni di tempo per consentirgli di interloquire e di fare le proprie osservazioni.

Soltanto decorso detto intervallo di tempo, in carenza di alcuna deduzione da parte dell’appellante, era stato dato corso alla procedura ed infine adottata l’ordinanza di demolizione n.70 del 28.8.2001.

L’appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe sotto tutti i versanti motivazionali suindicati chiedendo la riforma dell’appellata decisione, ribadendo tutte le censure già articolate in primo grado, ed accuratamente ripercorrendo la cronologia degli accadimenti sottesi al contenzioso in oggetto.

L’appellata amministrazione comunale ha depositato una articolata memoria di replica chiedendo la reiezione del gravame perché certamente infondato.

Con memoria di replica ritualmente depositata l’appellante ha ribadito le proprie doglianze facendo presente che permaneva il proprio interesse alla decisione del ricorso, rievocando in punto di fatto le vicende relative all’area per cui è causa (asseritamente adibita a deposito di inerti sin dal 1981) e ribadendo che la statuizione demolitoria ( e la precedente reiezione del richiesto condono) era motivata unicamente facendo ricorso a formule di stile, mentre si sarebbe dovuto tenere conto della circostanza che la Cec aveva reso parere favorevole al rilascio della concessione in sanatoria ( e quantomeno si sarebbe dovuto procedere ad annullare in autotutela detto atto);
anche il secondo motivo di censura doveva essere accolto, in quanto l’affermazione per cui le opere abusive risalivano ad epoca pressoché tutta successiva alla imposizione del vicolo costituiva affermazione apodittica priva di riscontro processuale, e non era intellegibile in che modo il primo giudice avesse potuto esternare simile convincimento.

L’appellante non era stato posto in grado di contraddire in via infraprocedimentale;
appariva errata la improcedibilità delle censure avversanti la inesatta determinazione del contravventore, ed egli aveva tempestivamente dedotto che si era formato il silenzio-assenso.

Posto che trattavasi di un semplice piazzale, privo di costruzioni, non appariva condivisibile la reiezione della censura incentrata sulla considerazione che ci si trovava al cospetto di opere non necessitanti il rilascio di concessione: del pari l’omesso inoltro del preavviso di rigetto aveva leso il diritto di difesa infraprocedimentale dell’appellante ed erroneamente era stata esclusa la portata viziante di tale omissione.

All’adunanza camerale del 6 Aprile 2004 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività della impugnata decisione incidente cautelare la Sezione ha respinto l’appello cautelare “considerato che la decisione appellata appare coerente con i principi che regolano la materia controversa;”.

Alla odierna pubblica udienza del 5 giugno 2012 la causa è stata posta in decisione.


Ricorso n. 1500/2004 avverso la sentenza n. 1279/2003;

Con il ricorso di primo grado corredato da motivi aggiunti l’odierno appellante sig. U C aveva chiesto l’annullamento della determinazione del Dirigente del Servizio n.

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