Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-03-31, n. 201401542

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-03-31, n. 201401542
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401542
Data del deposito : 31 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06286/2013 REG.RIC.

N. 01542/2014REG.PROV.COLL.

N. 06286/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6286 del 2013, proposto da:
P B, M N e C N, rappresentati e difesi dagli avvocati M B, A L, P M, con domicilio eletto presso P M in Roma, piazza dell'Orologio 7;

contro

Comune di Udine, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati G M, C M e N P, con domicilio eletto presso Nicolò Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini 34;

nei confronti di

P P, A I, A C, A M, A V, C G, E P, C D T, C S, P S, E S A E F H, M L B, C G, C F, E M, M P, rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Paviotti, con domicilio eletto presso Roberto Paviotti in Roma, via Canina, 6;
Regione Friuli - Venezia Giulia;
U.T.G. - Prefettura di Udine, in persona del Prefetto in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura di Stato (avv. dello Stato Tito Varrone), domiciliataria per legge, con ufficio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, Sezione I n. 387/2013, resa tra le parti, concernente proclamazione degli eletti per il rinnovo del consiglio comunale - consultazione elettorale del 22 - 23 aprile 2013


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Udine, dell’U.T.G. - Prefettura di Udine e dei signori A M, A V, C G, E P, C D T, C S, P S, E S A E F H, M L B, C G, C F, E M e M P;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il Consigliere D D;

Uditi per le parti gli avvocati M B, G M, Paola Ramadori su delega dell'avv. Roberto Paviotti e l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Il 22 e il 23 aprile 2013 si svolgevano le consultazioni elettorali per l’elezione del sindaco e per il rinnovo del consiglio comunale di Udine.

Alla consultazione, tra le altre liste partecipava la lista del Partito Democratico collegata con il candidato sindaco Furio Honsell, che risultava vincitore in sede di ballottaggio.

2.- Con ricorso depositato in data 30 maggio 2013 e notificato il successivo 5 giugno, P P, A I, A C, A M, A V, C G, E P, C D T, C S, P S, E S A E F H, M L B, C G, C F, E M, M P, candidati nella lista “Per Udine Ioan Sindaco” e “Identità civica Ioan Sindaco” impugnavano la decisione della Commissione elettorale circondariale di Udine del 25 marzo 2013 nella parte in cui era stata disposta l’ammissione alla consultazione elettorale della candidatura alla carica di Sindaco di H F collegato con la lista dei candidati alla carica di consiglieri comunali sottoscritta da n. 248 elettori composta da 40 candidati e contraddistinta dal contrassegno PD (Partito Democratico);
l’atto con cui era stato ammesso al ballottaggio il candidato sindaco H F e l’atto di proclamazione degli eletti del 7 maggio 2013, nella parte in cui veniva proclamato eletto il Sindaco H F ed i consiglieri comunali della lista del PD M A, A V, C G, E P, C D T, C S, P S, H e S A E F, M L B, C G, A C, C F, E M e M P.

Essi ricorrenti lamentavano che la Commissione Elettorale era incorsa nella violazione degli articoli 28, 29, 30, 32 e 33 del d.p.r. n. 570 del 1960 e dell’art. 21 del d.p.r. n. 445 del 2000, avendo ammesso alla consultazione elettorale la lista dei candidati alla carica di consiglieri comunali contraddistinta dal contrassegno PD (Partito Democratico), composta da 40 candidati, collegata alla candidatura alla carica di Sindaco di H F, malgrado l’invalidità dell’autenticazione delle dichiarazioni di accettazione della candidatura di 33 candidati, risultando una data di sottoscrizione della candidatura a consigliere comunale di cinque giorni anteriore rispetto a quella apposta nella autenticazione.

Tale invalidità avrebbe invalidato in via derivata l’atto di proclamazione degli eletti e l’elezione del sindaco collegato alla suddetta lista.

3.- Il TAR respingeva il ricorso rilevando che l’autenticazione delle firme risultava sostanzialmente corretta e che l’unica irregolarità riguardava la successiva apposizione del timbro non disponibile al momento della sottoscrizione.

Aggiungeva che in effetti l’autenticazione, effettuata dal pubblico ufficiale mediante attestazione che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza previo accertamento dell’identità dei candidati con il documento identificativo, risultava essersi perfezionata in ogni suo elemento “ l’unica discrasia essendosi verificata tra la data della sottoscrizione e dell’autentica e la data successiva di redazione del relativo verbale” che tuttavia costituiva un aspetto non essenziale tant’è che non risultavano contestate né la paternità della firma né la volontà dei sottoscrittori di candidarsi alle elezioni.

4.- Con l’atto di appello in esame, P B, M N e C N chiedono l’annullamento o la riforma della suddetta sentenza, di cui deducono l’erroneità sotto molteplici profili.

In sintesi, essi assumono che erroneamente in sentenza si afferma che:

a) il valore dell’autenticazione nella legge n. 445 del 2000 è quello di certificare la verità e autenticità della firma apposta alla presenza del pubblico ufficiale nella data indicata nell’autentica medesima, che non viene affatto certificata l’esattezza della data apposta accanto alla firma di accettazione della candidatura, atteso che la discrasia di date rileverebbe come incompletezza dell’autenticazione con conseguente nullità o inesistenza dell’autenticazione;

b) “ le discrasie e le mere irregolarità non rientrano tra gli elementi sindacabili dalla Sottocommissione elettorale circondariale, atteso che la commissione elettorale è tenuta ad escludere dalla competizione le accettazioni di candidatura non autenticate o la cui autenticazione sia incompleta ;

c) erroneamente si fa riferimento all’archiviazione disposta in sede penale, atteso che le carenze dell’atto di accettazione della candidatura avrebbero rilevanza amministrativa e non penale;

d) erroneamente si è ritenuto che la mancata apposizione del timbro contestualmente alla apposizione della firma alla dichiarazione di accettazione costituisca mera irregolarità, essendo, invece, la timbratura formalità essenziale dell’autenticazione;

e) erroneamente si afferma che la discrasia tra la data della sottoscrizione e dell’autenticazione costituirebbe un aspetto non essenziale, mentre sarebbe essenziale, essendo ad essa attribuita dalla legge una particolare efficacia probatoria.

Si sono costituiti in giudizio la Prefettura Ufficio territoriale del Governo di Udine e la Commissione elettorale circondariale di Udine, il Comune di Udine e i consiglieri comunali eletti nella predetta lista che hanno chiesto il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 16 gennaio 2014, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- L’appello è infondato e va respinto.

La controversia attiene alla regolarità dell’ammissione alla competizione elettorale di candidature, la cui autenticazione è stata formalizzata in data successiva a quella di accettazione della candidatura, avvenuta comunque mediante la sottoscrizione apposta alla presenza del pubblico ufficiale che ha compiuto tutte le operazioni relative alla identificazione del candidato.

Dalla documentazione allegata alla lista contrassegnata con il simbolo PD, collegata al candidato sindaco vittorioso, risultava che 33 dichiarazioni su 40 di accettazione della candidatura a consigliere comunale presentavano una data di sottoscrizione di cinque giorni anteriore a quella di autenticazione della firma.

Era accaduto, come spiegato dai delegati alla Commissione elettorale che aveva chiesto chiarimenti, che le dichiarazioni di accettazione delle candidature erano state raccolte all’esito di una riunione di partito tenutasi il 16 marzo 2013 dal consigliere comunale Carlo Giacomelli che, in funzione di pubblico ufficiale a ciò autorizzato, aveva provveduto a tutti gli adempimenti per l’autenticazione delle suddette dichiarazioni.

La difformità delle date tra quella di sottoscrizione e quella di autentica era dovuta al fatto che per perfezionare l’autenticazione era necessaria la disponibilità del timbro, ottenuta successivamente.

6.- La questione da esaminare attiene alla natura giuridica dell’autenticazione e alla valenza della contestualità tra la data dell’autenticazione e quella della sottoscrizione cui si riferisce l’autenticazione.

Secondo gli appellanti la discrasia temporale tra la sottoscrizione e la identificazione del dichiarante e l’autenticazione renderebbe nulla e inesistente l’autenticazione, costituendo la contestualità, l’essenza stessa dell’autenticazione.

Tale prospettazione non può essere condivisa.

L’art. 2703 del codice civile definisce l’autenticazione quale “ ..attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare l’identità della persona che sottoscrive ”.

L’autenticazione consiste, quindi, in una dichiarazione di scienza con effetti costitutivi, con la quale il pubblico ufficiale attesta la provenienza della sottoscrizione al fine di dare certezza dell’effettiva provenienza della sottoscrizione, in quanto la firma è apposta in presenza del pubblico ufficiale, che identifica il dichiarante.

L’autenticazione fa prova fino a querela di falso della provenienza della dichiarazione dal sottoscrittore, poiché ai sensi del combinato disposto degli artt. 2702 e 2703, si ha per riconosciuta la sottoscrizione autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Sostanzialmente identica è la previsione dell’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445/2000, che si sofferma sul procedimento di autenticazione “… l'autenticazione è redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco;
in tale ultimo caso, l'autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio
”.

Come si desume dalla lettura dell’art. 21 del d.p.r. n. 445/2000, il pubblico ufficiale deve indicare tutte le formalità, tra cui la data e il luogo di autenticazione.

E’ incontestato che nel caso in esame, tutte le formalità previste dall’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445 del 2000 risultano rispettate, sicché vi è certezza sulla identità dei sottoscrittori e sulla data e luogo dell’autenticazione e del fatto che siano state rese a soggetto autorizzato a ricevere e ad autenticare le sottoscrizioni.

In tale contesto perde rilevanza la circostanza che l’autenticazione sia avvenuta a distanza di tempo dal compimento delle operazioni preordinate all’autenticazione, in quanto la discrasia temporale non inficia la valenza giuridica dell’autenticazione.

Infatti, la circostanza che, di norma, l’autenticazione segua immediatamente la sottoscrizione del dichiarante non implica che la contestualità temporale sia un elemento essenziale dell’autenticazione, sicché la mancanza della contestualità ne comporti l’inesistenza.

Invero, nella fattispecie negoziale l’elemento essenziale deve essere previsto in maniera esplicita, attesa la gravità della sanzione per la mancanza dell’elemento.

Una tale previsione non è contenuta nella disposizione dell’art. 21 del citato d.p.r. n. 445/2000, sicché la mancanza della contestualità non può comportare l’asserita nullità o inesistenza dell’autenticazione o incompletezza dell’autenticazione.

Tanto meno una tale prescrizione è contenuta nella norma del codice civile.

Quanto alla prescrizione dell’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445 del 2000, secondo cui l’autenticazione va redatta di seguito alla sottoscrizione, essa si riferisce alla continuità spaziale, onde evitare aggiunte nello spazio tra la dichiarazione e l’autenticazione e non implica invece anche l’immediatezza temporale della dichiarazione di autentica.

D’altra parte, essendo l’autenticazione atto materialmente distinto dalla sottoscrizione, la discrasia temporale tra la sottoscrizione e l’autenticazione è ammissibile dal punto di vista strettamente giuridico e non inficia la validità dell’autenticazione e l’effetto legale che la legge (art. 2703 cod. civ.) le riconosce, atteso che non rientra tra le formalità prescritte tassativamente dal citato art. 21 del d.p.r. n. 445 del 2000.

Peraltro, come rilevato dal giudice di primo grado, il valore dell’autenticazione nella legge n. 445 del 2000 è quella di certificare la verità e autenticità della firma apposta alla presenza del pubblico ufficiale nella data indicata nell’autentica medesima, mentre non viene affatto certificata l’esattezza della data apposta accanto alla firma che risulterebbe pertanto irrilevante.

Quanto alla giurisprudenza richiamata dagli appellanti, secondo la quale le invalidità che riguardano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura non assumono un rilievo meramente formale poiché le minute regole mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni, non è pertinente, atteso che nel caso, tutte le formalità sono state rispettate.

7.- Assumono gli appellanti che la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che “ le discrasie e mere irregolarità non rientrano tra gli elementi sindacabili dalla Sottocommissione elettorale circondariale, elencati in via tassativa dall’art. 30 del d.p.r. n. 570 del 1960 ”.

La decisione del TAR, contrariamente a quanto assumono i ricorrenti, va condivisa.

L’art. 30 del d.p.r. n. 570 del 1960, nell’indicare le operazioni della commissione elettorale, alla lettera c) prescrive che “.. elimina i nomi dei candidati a carico dei quali viene accertata la sussistenza di alcuna delle condizioni previste dal comma 1 dell'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, o per i quali manca ovvero è incompleta la dichiarazione di accettazione di cui al sesto comma dell'art. 28, o manca il certificato di iscrizione nelle liste elettorali ;

La discrasia temporale tra la data della sottoscrizione dei candidati e quella dell’autenticazione, non integrando per quanto detto sopra invalidità dell’autenticazione o incompletezza dell’autenticazione, non poteva comportare l’eliminazione delle singole dichiarazioni di accettazione e, quindi, la non ammissione della lista alla competizione elettorale per carenza delle sottoscrizioni.

8.- Assumono i ricorrenti che il TAR avrebbe erroneamente richiamato in sentenza la parallela vicenda penale sfociata con l’archiviazione, trattandosi, nel caso, di fatto non rilevante quale reato, ma solamente nell’ambito amministrativo, quale inidoneità alla partecipazione alla competizione elettorale.

Sennonché la esistenza e la regolarità dell’autenticazione seppure formalizzata in data successiva al ricevimento della sottoscrizione non solo non è rilevante penalmente, non sussistendo alcun fatto delittuoso, ma non ricade nemmeno in fattispecie sanzionata nell’ambito del diritto amministrativo in genere e in quello elettorale in particolare, atteso che la norma sostanziale, che disciplina il procedimento per la presentazione delle liste, ovvero gli articoli 28 e 30 del d.p.r. n. 570 del 1960 che prevedono la eliminazione delle sottoscrizioni non rese secondo la specifica disciplina in materia, non comprendono la fattispecie in esame che, come detto, non integra nemmeno incompletezza dell’autenticazione (tutte le formalità necessarie ad individuare esattamente le generalità dei sottoscrittori e l’autenticità delle loro dichiarazioni, il luogo e la data dell’autenticazione sono state rispettate).

9.- In ordine all’asserita contraddittorietà della sentenza - nella parte in cui si afferma che l’autenticazione è risultata sostanzialmente corretta e che l’unica irregolarità concernerebbe l’apposizione del timbro non disponibile al momento della sottoscrizione – tale contraddittorietà non appare sussistente.

Non vi è alcuna affermazione in sentenza sulla rilevanza della timbratura nell’autenticazione quale disciplinata dal d.p.r. n. 445 del 2000, ma solo la constatazione di un fatto, la mancanza della disponibilità del timbro, per cui l’autenticazione si è perfezionata successivamente alle operazioni preordinate all’autenticazione.

In conclusione va ribadito che:

le firme sul modello di accettazione delle candidature a cariche elettive devono essere autenticate nel rispetto previsto a pena di nullità delle formalità stabilite dall’art. 21, del d.p.r. n. 445 del 2000, che sono formalità essenziali in quanto assicurano la genuinità delle firme dei presentatori di lista, impedendo abusi e contraffazioni;

la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione, atteso che l’autenticazione, seppure distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale non integrabile aliunde e non un semplice elemento di prova (per tutte, Cons. Stato, sezione quinta, 11 febbraio 2013, n. 789;
29 ottobre 2012, n. 5504;
1°marzo 2011, n. 1272);

fra i vari elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione si annoverano l’apposizione del timbro nonché l’indicazione del luogo e della data di sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente;

luogo e data sono due elementi essenziali dell’atto pubblico ex art. 2699 c.c., il luogo in relazione ai limiti spaziali del potere di attestazione del pubblico ufficiale, la data in quanto l’atto pubblico è una narrazione di un fatto storico, collocato nel tempo oltre che nello spazio;

la certezza legale, in quanto preclusiva di ogni diverso accertamento, deve consentire una verifica di cui data e luogo sono elementi fattuali indefettibili (Cons. Stato, sezione quinta, 11 febbraio 2013, n. 773);

poiché l’autenticazione della firma certifica l’apposizione della stessa innanzi al pubblico ufficiale in un dato momento storico, se diverso rispetto a quello della redazione delle formalità, deve venire esattamente individuato nella formulazione dell’autenticazione.

Nel caso è indubbio che in calce a ciascuna delle dichiarazioni di accettazione della candidatura esiste l’autentica della stessa effettuata da pubblico ufficiale secondo le formalità previste dall’art. 21 del d.p.r. n. 445 del 2000, con indicazione della data e del luogo dell’autenticazione.

La circostanza che l’autenticazione non è intervenuta contestualmente all’apposizione della firma non toglie valore in alcun modo all’autenticazione e alla circostanza che detta formalità sia intervenuta e tanto basta a rendere ammissibili le candidature.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

Attesa la natura della controversia, le spese di giudizio vanno equamente compensate tra le parti in causa.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi