Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-02-26, n. 202101661
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Pubblicato il 26/02/2021
N. 01661/2021REG.PROV.COLL.
N. 06303/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6303 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Ministero della difesa e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale il ricorso n. -OMISSIS-reg. ric. e il successivo atto di motivi aggiunti sono stati respinti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2021, il cons. Giuseppe Rotondo e nessuno presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Parte appellante impugna la sentenza n.-OMISSIS-, emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, con la quale il ricorso n. -OMISSIS-reg. ric. ed il successivo atto di motivi aggiunti sono stati respinti. Chiede l’annullamento o la riforma della sentenza appellata con conseguente accoglimento del ricorso in primo grado e del successivo atto di motivi aggiunti e annullamento degli atti ivi impugnati.
Riferisce di essere un graduato dell’Esercito Italiano;di avere partecipato alla missione internazionale di pace (prima denominata “ Constant Guard ” e successivamente “ Constant Forge ”) in Bosnia Herzegovina dal 30 giugno 1998 al 18 novembre 1998 ed alla missione “ Joint Guardian ” in Albania dal 30 agosto 1999 al 16 febbraio 2000;di essersi spostato, durante i suddetti periodi, in territori devastati da bombardamenti (Sarajevo, Tirana, Durazzo) senza essere munito di alcun mezzo di protezione (tute, mascherine e guanti) in relazione all’ambiente altamente inquinato da esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche, fra le quali si annoverano quelle con utilizzo di uranio impoverito (anche definito “depleto” dalla definizione in lingua inglese “ Depleted Uranium ”, ovvero con la sigla “DU”) per i bersagli corazzati e, in genere, quelli molto protetti come le fabbriche di prodotti chimici;di essersi alimentato con cibarie approvvigionate in loco e di avere bevuto, nonché utilizzato per l’igiene personale, acqua del posto;di essere alloggiato in condizioni precarie, in particolare in Sarajevo presso la Caserma “-OMISSIS-” notoriamente oggetto di azioni belliche con utilizzo di munizionamento all’uranio impoverito;continuamente assoggettato alle emanazioni elettromagnetiche delle antenne radio presenti in prossimità delle installazioni militari dove era impiegato in turni di guardia sia diurni che notturni;per la pulizia delle armi ha utilizzato, anche al chiuso, solventi anche a base di benzene;è stato sottoposto a massicce somministrazioni vaccinali;di avere partecipato per alcuni mesi ad un campo d’arma presso il poligono di tiro di Capo Teulada, sede del poligono di addestramento, dove è stato utilizzato munizionamento pesante anche all’uranio impoverito;di avere richiesto, nel dicembre 2013, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio nonché l’attribuzione del corrispondente equo indennizzo;che la C.M.O. del D.M.M.L. di Padova, ha redatto il giudizio diagnostico “ -OMISSIS- ” ritenendo non stabilizzata l’infermità;che il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, con parere nr. 16537/2015, si è espresso sulla richiesta di parere pervenuta dal Ministero della Difesa, relativa alla valutazione della sussistenza della dipendenza dell’infermità riscontrata all’appellante, nel senso che l’infermità in questione non poteva riconoscersi dipendente da fatti di servizio “ trattandosi di patologia -OMISSIS-nel cui sviluppo sembrano rivestire un ruolo importante fattori sia ambientali che individuali, pertanto, non sussistendo nel servizio prestato specifiche noxae potenzialmente idonee ad assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti, la forma in questione non può attribuirsi allo stesso, pur considerando tutti i suoi aspetti descritti agli atti ”;che il Ministero della Difesa, in data14 gennaio 2016, senza fornire all’interessato alcuna comunicazione circa il negativo parere suddetto, ha emesso il decreto nr. 133/N – Pos. 682135/A mediante il quale è stata respinta la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata dall’appellante nonché quella connessa di concessione dell’equo indennizzo;di avere impugnato il predetto diniego e gli atti presupposti innanzi al T.A.R. Emilia Romagna - Bologna (R.G. -OMISSIS-);che, successivamente alla proposizione del ricorso, l’Amministrazione ha richiesto il riesame del parere n. 16537/2015 del 24 settembre 2015 sul quale il Comitato di Verifica, mediante parere n. 72552/2016, si è espresso nuovamente in senso negativo ai sensi del DPR n. 243/2006 (nonostante la domanda del ricorrente fosse relativa al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e non per il riconoscimento dello status di equiparato alle vittime del dovere ex DPR 2n. 43/2006);che, con ulteriore nota n. M_D/GPREV/REG2017/0021377, in data 15 febbraio 2017, l’Amministrazione ha chiesto il riesame dei pareri n. 16537/2015 del 24 settembre 2015 e n. 72552/2016 del 23 novembre 2016 in esito al quale il Comitato si è espresso negativamente, ritenendo che l’infermità in questione non potesse riconoscersi dipendente da fatti di servizio;che il Ministero ha emanato il decreto nr. 14/N – Pos. 682135/A con il quale è stata respinta la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata dall’appellante nonché quella connessa di concessione dell’equo indennizzo.
Gli atti in parola sono stati impugnati con ricorso principale e motivi aggiunti dinanzi al Tar, dove si è costituito anche il Ministero, contestandosi (a) le conclusioni del Comitato di Verifica per non aver tenuto conto dei numerosi studi condotti sulle conseguenze per i militari dell’esposizione ai fattori ambientali che erano presenti nelle zone dove si sono svolte le missioni internazionali cui hanno partecipato;(b) la violazione delle garanzie partecipative di cui all’art. 10 bis L. n. 241/1990;(c) la mancanza di una valutazione da parte del Comitato delle condizioni in cui aveva operato all’estero e degli studi disposti sul problema tra cui la Relazione finale della Commissione Parlamentare d’inchiesta.
2. Il Tar ha respinto il ricorso, con compensazione delle spese, sulla base delle seguenti motivazioni.
I. L’Amministrazione ha richiesto per ben due volte un nuovo parere al Comitato dal quale l’Amministrazione potrebbe discostarsi solo ove avesse ravvisato una evidente carenza istruttoria ovvero un palese travisamento dei fatti o una illogicità manifesta in cui fosse incorso il predetto organo tecnico;ragion per cui, stante la natura parzialmente vincolata del suddetto parere, il contenuto del provvedimento finale, all’esito dei due pareri, non avrebbe potuto in alcun modo essere diverso da quello effettivamente adottato, anche nel caso in cui l’interessato avesse ricevuto il preavviso di rigetto.
II. L’attività specifica svolta dal ricorrente nel corso delle missioni è consistita in vigilanza e controllo del territorio, mentre ordinariamente ha operato come telescriventista/operatore informatico e anche in Italia quando ha operato nei poligoni;la stessa relazione della Commissione ispettiva del Senato nel 2004 dà atto che analizzando i militari che hanno partecipato alle missioni in Bosnia non sono state ritrovate tracce di uranio impoverito, né un aumento percentuale dei tumori rispetto al campione di riferimento di coloro che non erano stati in Bosnia;non privo di significato è il fatto che l’infermità denunciata è stata diagnosticata dopo oltre dieci anni dall’effettuazione delle missioni e che quanto all’asserito eccesso di vaccinazioni, nonostante numerosi studi in tema nessuno di essi ha credibilmente considerato le vaccinazioni come possibile causa della patologia sofferta dal ricorrente;la questione è stata in più occasioni affrontata anche dal Tribunale che, in un caso analogo a quello in esame, fece effettuare una complessa verificazione all’esito della quale respinse il ricorso (sentenza n.-OMISSIS-TAR Emilia-Romagna): la verificazione, molto approfondita, esaminò tutti gli studi epidemiologici esistenti in materia e concluse in senso negativo circa l’aumento dell’insorgere della malattia in coorti di popolazione che siano state impegnate in missioni militari come quella del ricorrente;anche il Tar Campania, dopo aver affidato un’accurata perizia, nella sentenza n. 128/2016 è pervenuto alle medesime conclusioni;secondo un ormai pacifico orientamento giurisprudenziale per poter mettere in discussione, sotto il profilo della legittimità le conclusioni di un organo tecnico sanitario è necessario poter ricostruire evidenti e dimostrabili profili di incoerenza e/o illogicità, tali da inficiare in modo certo il processo valutativo, anche dal punto di vista della mancata valutazione di elementi documentali acquisiti: solo ove tale esame ab externo del processo logico valutativo confermi, su basi documentate e dimostrabili, tali carenze logiche, è possibile configurare un vizio di legittimità riconducibile alla vasta tipologia della carenza della motivazione o dell'eccesso di potere per erroneità dei presupposti.
3. Nel gravarsi avverso la decisione di primo grado, parte appellante ne contesta la motivazione in quanto:
a ) apparente, generica, carente, tautologica e analogica, laddove si limita a respingere il ricorso ed i motivi aggiunti presentati dal ricorrente richiamando un’altra sentenza non conferente alla fattispecie;
b ) frutto di un non approfondito esame della questione specifica, siccome basata sul mero rinvio a verificazioni e decisioni (sentenza Tar Campania) non pertinenti al caso di specie;
c ) di adesione acritica alle conclusioni rassegnate dalla Commissione di indagine nel lontano 2004, senza considerare le ultime acquisizioni scientifiche e, in particolare, gli studi effettuati dal CISAM – Organo del Ministero della Difesa, riferiti alla Commissione d’indagine sull’uranio impoverito nella seduta del 9 novembre 2016, la Relazione intermedia della medesima Commissione di Indagine –