Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-17, n. 202007146

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-17, n. 202007146
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007146
Data del deposito : 17 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/11/2020

N. 07146/2020REG.PROV.COLL.

N. 02188/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2188 del 2020, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e dall’Ufficio Territoriale del Governo di Como, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati L G e M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giorgio Fraccastoro, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Giorgio Fraccastoro in Roma, via Piemonte, n. 39;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. -OMISSIS- del 22 maggio/30 luglio 2019, resa tra le parti, concernente l’informativa antimafia adottata dalla Prefettura di Como in data 14 dicembre 2018 nei confronti di -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e tenuto conto che gli Avvocati delle parti, Tito Varrone per le Amministrazioni appellanti, Giorgio Fraccastoro e Antonio Pugliese per la -OMISSIS-, L G e M S per -OMISSIS-, hanno chiesto di avvalersi di quanto previsto dai punti 2 e 3 del protocollo d’intesa sullo svolgimento delle udienze, ovvero di inviare in decisione la causa senza discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La -OMISSIS-, fondata -OMISSIS-, è una start-up innovativa ex art. 25 e ss. del D.L. n. 179/2012 convertito dalla L. n. 221/2012, operante nel settore tecnologico (progetti di risparmio energetico e fonti di energia rinnovabile ).

Tra i propri soci fondatori annovera la -OMISSIS-, società attiva da -OMISSIS- nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi e servizi legati all’energia, la quale detiene il 41% del suo capitale sociale.

2. - Nel 2016, la Prefettura di Como, a seguito di richiesta avanzata dalla -OMISSIS- – -OMISSIS-, in relazione alla erogazione di incentivi per l’energia prodotta da fonte rinnovabile di valore superiore a 150.000 euro, adottava nei confronti della -OMISSIS- una informativa antimafia ritenendo il pericolo di condizionamento per le comprovate frequentazioni e comunanza di interessi con soggetti legati a consorterie di stampo mafioso - condannati nell’ambito del processo penale originato dall’operazione “-OMISSIS-”, cfr. sentenza GIP di Milano -OMISSIS- del 26.5.2015 - dell’amministratore e socio -OMISSIS- (al contempo “ componente dell’asset direzionale ed esecutivo della -OMISSIS- .”) che a costoro si era rivolto per il recupero di un credito d’impresa.

3. - In data 14 dicembre 2018, la Prefettura, su richiesta di --OMISSIS- a seguito di domanda di incentivi analoga a quella già avanzata da -OMISSIS-, adottava l’informativa impugnata nei confronti della società partecipata -OMISSIS-, motivandola con il rischio derivante dallo “status di socio maggioritario della -OMISSIS-”, come già detto interdetta nel 2016 per le richiamate vicende relative ai comprovati rapporti di contiguità/familiarità del -OMISSIS- con appartenenti alla criminalità organizzata, e per la ragionevole probabilità che gli indirizzi e le scelte aziendali siano fortemente influenzate dal socio maggioritario.

In aggiunta a ciò, la Prefettura faceva riferimento ad ulteriori elementi istruttori acquisti: i rapporti contrattuali intrattenuti dalla -OMISSIS- nel 2015 con la società -OMISSIS- destinataria di diniego di iscrizione in White List da parte della Prefettura di Caserta per la ritenuta sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa;
la presenza nella composizione societaria della “fiduciaria “ -OMISSIS-” cui spetta il 9% del monte totale, nell’ambito della quale sconoscesi l’identità del fiduciante” , ritenuto altro fattore di criticità.

4. - Con ricorso al TAR per la Lombardia, -OMISSIS- impugnava l’informativa prefettizia e gli atti presupposti e connessi, unitamente alla nota di -OMISSIS- -OMISSIS- in data 22.1.2019 con la quale era stata comunicata la risoluzione di diritto della convenzione -OMISSIS-, nonché la “ revoca del provvedimento prot. -OMISSIS- del 05/09/16 di accoglimento della -OMISSIS- dalla data di adozione dell’informativa antimafia e con riserva di ripetizione dei titoli o delle somme eventualmente indebitamente percepite ”.

5. - La ricorrente denunciava il difetto d’istruttoria e di motivazione e l’eccesso di potere dovuto a carenza dei presupposti, contraddittorietà intrinseca, illogicità e sviamento.

In particolare, lamentava, oltre alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, la carenza di elementi attuali sintomatici della sussistenza del pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nella compagine dell’impresa, poiché la Prefettura nel 2018 riprendeva quasi alla lettera quanto esposto nella informativa assunta nei confronti della Società -OMISSIS- nel 2016 e l’accadimento di cui era stato protagonista nel 2014 l’amministratore -OMISSIS-(peraltro, mai indagato, tanto meno imputato e condannato), tempestivamente estromesso dalla compagine societaria, e non teneva conto dei successivi mutamenti societari posti in essere dalla -OMISSIS- e noti all’Amministrazione, per avere formato oggetto di istanza di aggiornamento nel marzo del 2017.

Difatti, la -OMISSIS- aveva posto in essere una serie di drastiche misure di self cleaning. fra le quali: a)dimissioni da ogni incarico sociale e operativo del Sig. -OMISSIS- e contestuale nomina quale nuovo Presidente del C.d.A. della Sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-;
b)dismissione delle partecipazioni societarie possedute da parte del Sig. -OMISSIS- che dalla fine del 2016 aveva persino -OMISSIS-;
c) dimissioni in data 11/11/16 dell’intero C.d.A. e nomina quale Presidente del fondatore -OMISSIS- -OMISSIS- e quale consigliere dell’-OMISSIS-, poi divenuto Amministratore;
d)conferimento di apposito incarico a consulenti legali, per rafforzare il modello organizzativo esistente ed implementare un codice di condotta antimafia;
e) revisione del Modello di organizzazione e controllo ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, estendendone l’applicazione anche ai reati di criminalità organizzata, e rendendo collegiale l’Organismo di Vigilanza;
f) adozione del Codice di Condotta Antimafia pubblicato sul sito della società.

Il ricorso si incentrava sulla illegittimità della informativa “a cascata”, adottata nonostante l’istanza di aggiornamento presentata dalla -OMISSIS-, peraltro rimasta inevasa, e nell’assenza, dunque, di un pericolo attuale di infiltrazione, nonché in violazione del principio di proporzionalità, trattandosi di misura di cui non è affatto dimostrata la necessità e che comporta un sacrificio e un pregiudizio del tutto incongrui e superflui a carico della ricorrente.

6. - La sentenza in epigrafe ha accolto il ricorso in quanto il provvedimento non si fonda su elementi espressivi, secondo la logica del “più probabile che non”, di un attuale pericolo di infiltrazione mafiosa ai danni di -OMISSIS-.

In primo luogo, l’interdittiva non si basa su attività o comportamenti direttamente riferibili all’impresa o alla sua compagine gestionale e direttiva;
nulla viene evidenziato, nel provvedimento impugnato, in relazione all’attività imprenditoriale della ricorrente che possa essere ricondotta ad una sua attuale contiguità con la criminalità organizzata di matrice mafiosa;
il quadro indiziario si riduce ad un solo elemento, oggettivo e diretto, riferibile alla ricorrente, consistente nella partecipazione al suo capitale sociale, per il 41%, di -OMISSIS-, già destinataria di interdittiva antimafia.

Non sarebbe rilevante l’episodio riferito a -OMISSIS- -OMISSIS-, che non è più socio della predetta -OMISSIS- a seguito delle modifiche societarie adottate dopo l’informativa del 2016, né riveste più alcuna carica o incarico all’interno di essa.

7. - Con l’appello in esame le Amministrazioni denunciano l’erroneità e ingiustizia della sentenza, di cui chiedono la riforma.

8. - Si è costituito in giudizio il -OMISSIS-, chiedendo l’accoglimento dell’appello.

9. - L’appellata -OMISSIS- insiste per la dichiarazione di inammissibilità e infondatezza dell’appello, depositando anche memoria in vista dell’udienza.

10. - Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2020, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello merita accoglimento.

2.- Le Amministrazioni appellanti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 84 e 91 del D.lgs. 159/2011, l’insufficiente ed erronea motivazione della sentenza impugnata.

Erroneamente il primo giudice avrebbe ritenuto circostanza non bastevole che la socia -OMISSIS- -OMISSIS- sia stata colpita da interdittiva e, inoltre, l’informativa nei confronti della -OMISSIS- si fonda non solo sull’episodio riguardante l’amministratore -OMISSIS- -OMISSIS-, ma anche su alcuni rapporti contrattuali intrattenuti nel 2015 dalla -OMISSIS- con soggetti contigui alla mafia.

Tutto ciò vale a dimostrare la permeabilità della predetta società agli interessi della criminalità e, indirettamente, la permeabilità della società appellante, da quella partecipata.

L’estromissione di -OMISSIS-dalla compagine societaria della -OMISSIS- è solo apparente, tanto che la misura preventiva è stata confermata anche successivamente.

3. - L’appellata -OMISSIS- eccepisce l’inammissibilità dei motivi di appello, nuovi e diversi rispetto a quelli posti a base dell’interdittiva impugnata e annullata dal TAR, con violazione del divieto di nova in appello (l’appello si fonda su atti istruttori formati in seguito alla adozione del provvedimento e mai considerati) ed eccepisce altresì la violazione del divieto di integrazione giudiziale della motivazione dell’atto.

Ripropone, quindi, i motivi assorbiti in primo grado ed in particolare:

I) Violazione del principio del giusto procedimento amministrativo. Violazione (per mancata applicazione) dell’art. 7 L. 241/1990. Violazione dell’art. 93, commi 4 e 7, D.Lgs. 159/11. Violazione dei principi di trasparenza e buon andamento (art. 97 Cost e art. 1 L. 241/1990). Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà e perplessità.

Nella fattispecie non vi sarebbero le ragioni di urgenza che consentono l’eccezione alla regola della partecipazione procedimentale (l’istruttoria è durata circa un anno e mezzo).

II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 85, 91, 94, 95 e 96 D.lgs. 159/11. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione degli artt. 3, 24, 41, 42 e 97 Cost. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità. Sviamento.

Nonostante sia stato accolto il motivo, il TAR non ha considerato la totale carenza di istruttoria e motivazione dell’interdittiva a proposito delle svariate e sostanziali misure di self cleaning adottate dalla -OMISSIS- all’indomani dell’adozione nei suoi confronti dell’interdittiva del 2016 e, dunque, delle mutate condizioni rispetto a quelle iniziali.

Di conseguenza, manca la motivazione nel provvedimento impugnato in ordine alle circostanze da cui la Prefettura deduce la permeabilità agli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso della ricorrente -OMISSIS-, al di là del suo essere partecipata dalla -OMISSIS-, e manca l’attualità del rischio al momento della valutazione.

III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 85, comma 2, lett. b), 91, 94, 95 e 96 D.lgs. 159/11. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione degli artt. 3, 24, 41, 42 e 97 Cost. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità. Sviamento. Violazione del principio di proporzionalità.

Il Tar ha omesso di pronunciarsi solamente sulla prima parte del motivo, con cui era stata contestata la radicale inammissibilità dell’interdittiva “a cascata”, considerato che nella -OMISSIS- vi sono più di quattro soci e, ai sensi dell’art. 85, comma 2, lett. c, D.Lgs. 159/11, la presenza di un socio eventualmente attinto da interdittiva antimafia non ha alcun rilievo, laddove il numero dei soci sia superiore a quattro. In ogni caso, non è dimostrato quali sarebbero i fattori oggettivi di condizionamento criminale “ non della impresa controindicata rispetto a quella in valutazione, ma da parte delle medesime organizzazioni criminali che hanno compromesso la posizione della prima ”.

IV) Illegittimità derivata dei provvedimenti del -OMISSIS- che trovano la loro unica giustificazione nell’adozione a carico della società della contestata interdittiva antimafia.

Con memoria depositata il 4 settembre 2020, l’appellata insiste per il rigetto dell’appello, sottolineando che il provvedimento impugnato è sostanzialmente identico all’interdittiva del 2016 a carico della -OMISSIS-, che la Prefettura non ha minimamente considerato tutte le sopravvenute vicende riguardanti la -OMISSIS- e che con sentenza del TAR Lombardia del 20.12.2019 -OMISSIS- è stato annullato il provvedimento di conferma dell’interdittiva (pende l’appello proposto dal Ministero nr. -OMISSIS-). Inoltre, l’interdittiva continua a menzionare (quale unico elemento rilevante) la figura di -OMISSIS- -OMISSIS-, che dal 2016, non solo ha cessato ogni incarico presso la -OMISSIS-, ma ha dismesso tutte le sue partecipazioni, allontanandosi dalla -OMISSIS- (cfr. TAR Lombardia -OMISSIS- cit.).

4. - Il Collegio, preliminarmente, disattende l’eccezione sollevata dalla Società appellata concernente la violazione del divieto di introdurre un nuovo thema decidendum in appello.

Le questioni sottoposte al Collegio non esulano dai limiti di giudizio individuati dal ricorso introduttivo in primo grado.

Le Amministrazioni contestano la correttezza della decisione nella parte in cui ha ritenuto non sufficientemente e correttamente motivata la valutazione di pericolo di infiltrazione contenuta nell’atto impugnato, per il solo fatto che la società -OMISSIS-, socia della -OMISSIS-, fosse stata raggiunta da informativa antimafia, elemento questo di “massima valenza indiziaria”.

Il TAR si sarebbe cioè palesemente discostato dai principi affermati da codesto Consiglio a proposito delle c.d. “informative a cascata”: è questo il tema decidendum del giudizio di appello.

In tale tema rientrano anche le ulteriori critiche rivolte alla sentenza impugnata sotto il profilo della ritenuta non attualità del pericolo di infiltrazione, giacché le Amministrazioni contestano l’idoneità delle iniziative di rigenerazione assunte dalla -OMISSIS- e l’effettivo superamento della situazione che aveva indotto il giudizio prognostico negativo nei suoi confronti nel 2016, trattandosi di iniziative attraverso le quali solo formalmente il -OMISSIS-, sospetto veicolo del condizionamento dell’impresa, aveva perso il ruolo fondamentale che svolgeva nel contesto della predetta Società.

4.1. - L’appello non integra la motivazione del provvedimento.

L'Amministrazione non ha mutato la propria linea rispetto alla fase ante causam .

L'integrazione inammissibile in sede giudiziale della motivazione dell'atto si riscontra ogni qualvolta venga mutata la motivazione dell'atto impugnato;
mentre la giurisprudenza ritiene ammissibile l’integrazione effettuata mediante gli atti del procedimento, nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta che non risultino espressamente dall’atto (da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 28;
ma si confrontino anche Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1629Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984).

L’Amministrazione insiste in giudizio, in realtà, sul profilo della sufficienza, ai fini dell’informativa adottata, della partecipazione societaria della -OMISSIS- (41%) e sul fatto che questa risultava attinta da interdittiva prefettizia.

L’appello richiama testualmente, altresì, la motivazione del provvedimento, da cui si desume che in aggiunta all’episodio di cui è stato protagonista l’amministratore -OMISSIS- -OMISSIS-, l’istruttoria esperita aveva consentito di “ appurare che la --OMISSIS- nel 2015 aveva avuto rapporti contrattuali per la fornitura di gasolio per un importo pari ad € 250.000,00 =IV esclusa con la -OMISSIS- destinataria di diniego d’iscrizione nelle c.d. “White List” della Prefettura di Caserta”.

Vero è che le Amministrazioni appellanti fanno anche riferimento ad altro elemento istruttorio, non citato nella motivazione del provvedimento impugnato;
tuttavia, si tratta di elemento risultante dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia di Milano, acquisita ai fini dell’adozione del provvedimento, che segnalava come nel 2015 la -OMISSIS- avesse effettuato anche una fornitura di gasolio del valore di € 160.000,00 ad altra Società segnalata alla competente Prefettura per elementi d’interesse sotto il profilo antimafia (la -OMISSIS- con sede in -OMISSIS-).

Dunque, si tratta di elemento indiziante legittimamente richiamato in giudizio, perché acquisito con istruttoria precedente al provvedimento impugnato.

L’appello sottolinea poi che tutto ciò “ già vale a incrinare irrimediabilmente la motivazione della sentenza appellata” e aggiunge che “va qui ribadito che gli elementi emersi nel corso delle indagini da cui era, poi, scaturita l’operazione denominata -OMISSIS- dimostravano in tutta evidenza il fatto che l’allora amministratore della --OMISSIS- era entrato in contatto con esponenti di vertice di sodalizio criminale di stampo mafioso. Infatti, per quanto si era trattato di iniziativa non perfezionatasi (ragione per la quale il -OMISSIS- non è stato nemmeno indagato), le indagini sfociate nell’operazione di cui sopra avevano consentito di appurare che, sfruttando l’intermediazione di tal -OMISSIS-, il predetto si era rivolto a -OMISSIS- di cui sopra (tutti arrestati e condannati nel processo scaturito dall’operazione denominata “-OMISSIS-”) al fine di recuperare un credito di notevole consistenza. Nella sentenza appellata il predetto accadimento a torto è stato alquanto sminuito a dispetto di quanto puntualmente riferito nella sentenza del G.I.P. del Tribunale di Milano, che al predetto accadimento dedica più di venti pagine di motivazione nella parte in cui si sofferma sugli atti intimidatori posti in essere dal sodalizio criminale di cui facevano parte i tre personaggi di cui sopra che non erano stati oggetto di contestazione nell’ambito del giudizio definito con la predetta sentenza .”

In conclusione, il Collegio ritiene che l’appello non si avvale di elementi estranei all’istruttoria che lo ha preceduto.

Le informazioni di cui al rapporto del 18 febbraio 2019 del Comando Provinciale dei Carabinieri e al rapporto del 19 febbraio 2019 del Nucleo P.E.F. della Guardia di Finanza di Como, successivamente assunte, vengono citate dalle Amministrazioni al solo fine di confermare la fondatezza delle valutazioni della Prefettura “a posteriori”, al solo al fine di meglio argomentare i motivi di impugnazione e non come integrazione o sostituzione della motivazione del provvedimento.

L’appello, pertanto, è ammissibile.

5. - Non sussiste l’eccepita violazione delle norme partecipative procedimentali.

Va ribadito, conformemente alla giurisprudenza di questa Sezione, che la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 della l. n. 241/1990 e del preavviso di rigetto, di cui all'art. 10-bis della stessa legge, sono adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia, in cui il contraddittorio procedimentale ha natura meramente eventuale, ai sensi dell'art. 93, comma 7, del D.lgs. n. 159 del 2011 (C.d.S., Sez. III, 24 luglio 2015, n. 3653;
21.1.2020, n. 820;
03/03/2020, n. 1576;
6.5.2020, n. 2854).

E’ noto che sulla questione concernente le garanzie della partecipazione procedimentale in favore del soggetto nei cui confronti il Prefetto si propone di rilasciare una informazione antimafia si è pronunciata la Corte di Giustizia UE, Sezione IX, con ordinanza del 28 maggio 2020, che ha dichiarato irricevibile il ricorso perché non dimostrata l’esistenza di un criterio di collegamento tra il diritto dell’Unione e l’informazione antimafia adottata.

La Corte ha tuttavia precisato, per inciso, che “il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che trova applicazione quando l’amministrazione intende adottare nei confronti di una persona un atto che le arrechi pregiudizio” e che in forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione”.

Nel caso in esame, il Collegio, consapevole della rilevanza che assumono i diritti di difesa dell’interessato nel corso del procedimento amministrativo, intende ribadire le considerazioni già svolte dai richiamati precedenti della Sezione secondo cui i procedimenti in materia di tutela antimafia sono tipicamente connessi ad attività di indagine giudiziaria e caratterizzati da ragioni di urgenza e da finalità di tutela, destinatari e presupposti incompatibili con le ordinarie procedure partecipative, pur non essendo obliterata la tutela del diritto di difesa, ma resa eventuale dal Legislatore e rimessa alla discrezionalità dell’Autorità procedente.

La Sezione ha ritenuto, inoltre, che “l'assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in questa materia non costituisce un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come la stessa Corte UE ha affermato, il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che "queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti" (sentenza della Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2017, in C-298/16, § 35 e giurisprudenza ivi citata).

Inoltre, in riferimento alla normativa italiana in materia antimafia, la stessa Corte UE, seppure ad altri fini (la compatibilità della disciplina italiana del subappalto con il diritto eurounitario), ha di recente ribadito che "il contrasto al fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici" (C.d.S., Sez. III, n. 5196 del 30 luglio/25 agosto 2020, n. 820 del 21.1.2020;
Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37).

Dunque, in aderenza a tali considerazioni, deve ritenersi la legittimità dell’operato della Prefettura di Como.

6. - Il Collegio osserva che è fondato il motivo di appello con cui si lamenta che la sentenza impugnata si è discostata dai principi affermati da questo Consiglio in materia di c.d. “informative a cascata”.

Uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa - di per sé sufficiente a giustificare l'emanazione di una interdittiva antimafia - è stato identificato nella instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un'impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale (cfr. ex multis C.d.S., Sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232).

La ratio di tale regola dev'essere, in particolare, rinvenuta nella valenza sintomatica (del rischio di collusioni illecite con organizzazioni mafiose) attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti tra un'impresa certamente gravata da controindicazioni antimafia e un'altra che fa affari con essa.

Perché possa presumersi il 'contagio' alla seconda impresa della 'mafiosità' della prima è, ovviamente, necessario che la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici.

Là dove, in particolare, l'analisi dei rapporti tra le due imprese manifesti una plausibile condivisione di verosimile permeabilità o assoggettamento (anche sotto forma di pressioni illecite) agli interessi criminali di organizzazioni mafiose, quali desumibili, ad esempio, dalla stabilità, dalla persistenza e dalla intensità dei vincoli associativi o delle relazioni commerciali, può presumersi l'esistenza di un sodalizio criminoso tra i due operatori.

Il fatto che si sia instaurato un vincolo stabile e qualificato come quello societario accentua la presunzione che l’impresa non attinta da interdittiva condivida interessi inquinati e illeciti già ravvisati nella gestione della prima, ovvero, è altamente probabile, secondo l’id quod plerumque accidit, che ciò avvenga (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232;
22.6.2016, n. 2774;
27 giugno 2019, n.4421).

6.1. Nella fattispecie, la -OMISSIS- è socio di maggioranza relativa di -OMISSIS-, visto che ne detiene il 41% delle quote e in tale veste certamente è in grado di orientarne le scelte imprenditoriali.

Dall’informativa risulta che -OMISSIS- -OMISSIS-, amministratore e socio della -OMISSIS-, all’apoca della informativa adottata a carico di tale società, nel 2016, era anche “ componente dell’asset direzionale ed esecutivo della -OMISSIS- .”.

Come già detto, l’interdittiva nei confronti della socia -OMISSIS- si fondava non solo sull’episodio di cui era stato protagonista -OMISSIS-poiché, come rammentato anche nell’informativa assunta nei confronti della -OMISSIS-, in aggiunta a quell’episodio veniva contestato alla --OMISSIS- di aver avuto nel 2015 rapporti contrattuali per la fornitura di gasolio per un importo pari ad € 250.000 con la -OMISSIS-, destinataria di diniego d’iscrizione nelle c.d. “White List” della Prefettura di Caserta, e (sebbene non risulti dal provvedimento impugnato) di avere effettuato una fornitura di gasolio del valore di € 160.000,00 ad altra Società d’interesse sotto il profilo antimafia (la -OMISSIS- con sede in -OMISSIS-).

Nel corso delle indagini era anche emerso che l’allora amministratore della -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, si era avvalso della intermediazione di -OMISSIS-, conterraneo di esponenti di vertice di sodalizio criminale di stampo mafioso (tutti arrestati e condannati nell’ambito dell’operazione denominata “-OMISSIS-) al fine di recuperare un ingente credito e che il -OMISSIS- non era risultato imputato nel procedimento penale atteso che la condotta criminosa era rimasta a livello programmatico, ma era stata adombrata in detto contesto, la possibilità di assumere il mafioso -OMISSIS- alle dipendenze della “-OMISSIS-” come fattorino incaricato della riscossione dei crediti”.

A causa di tali contatti e della prospettiva della instaurazione di rapporto di lavoro con uno di essi, -OMISSIS- era divenuto esposto a possibili pressioni.

Di conseguenza, legittimamente si era ritenuto plausibile il rischio di interferenze della criminalità mafiosa tramite la socia -OMISSIS-.

6.2 .- Il Collegio ritiene fondate anche le doglianze dell’Amministrazione concernenti il profilo controverso della attualità del pericolo di infiltrazione mafiosa ai danni di -OMISSIS-, nonostante la stessa avesse adottato una serie di misure di rigenerazione societaria e nel 2018 -OMISSIS- fosse ormai estraneo alla struttura societaria.

Di tali misure rigenerative l’Amministrazione, secondo l’appellata, avrebbe dovuto tenere conto, poiché ne era a conoscenza, tramite l’istanza di aggiornamento della informativa del 2016, presentata dalla -OMISSIS- nel 2017.

Tuttavia, va rilevato che all’epoca dell’adozione del provvedimento qui impugnato (dicembre 2018) la predetta istanza di aggiornamento era stata disattesa con provvedimento dell’11.10.2018 e l’impugnativa dell’informativa del 2016 era ancora pendente.

Inoltre, come deduce l’Amministrazione, tali misure di self cleaning non hanno comportato l’effettivo superamento della situazione che aveva indotto il giudizio prognostico negativo.

Difatti, solo formalmente -OMISSIS- risulta estromesso dalla Società: a soli due mesi dall’informativa egli aveva sì ceduto le quote di cui era titolare, ma gratuitamente a -OMISSIS-, coi quali ha mantenuto, dunque, uno strettissimo rapporto.

La carica di amministratore è stata assunta dal Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, fondatore della società, e, successivamente -OMISSIS-, da -OMISSIS-, già socio della -OMISSIS- e titolare del 10% delle sue quote.

Essendo ancora, nel dicembre 2018, caratterizzata da sospetti consistenti di permeabilità la posizione della socia -OMISSIS- (colpita anche da diniego di aggiornamento del provvedimento interdittivo), non sembra irragionevole che la Prefettura abbia considerato attuale il rischio di permeabilità della ricorrente -OMISSIS-.

7. - Non ha fondamento l’eccezione dell’appellata secondo cui l’informativa si porrebbe in contrasto con l’art.85 del codice antimafia, in quanto i soci della -OMISSIS- sono -OMISSIS-.

La norma concerne i soggetti cui deve riferirsi la documentazione antimafia nel caso di imprese individuali e nel caso di associazioni, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese.

Nel caso di associazioni, oltre al titolare e al direttore tecnico, l’informativa deve riguardare anche chi ne ha la legale rappresentanza;
per le societa' di capitali, anche gli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione;
per le societa' di capitali con un numero di soci pari o inferiore a quattro, anche il socio di maggioranza (art. 85, comma 2 lett.c).

Va considerato che, nella fattispecie, l’interdittiva fa riferimento alla società che detiene il 41% del capitale, non perché si tratti del socio di maggioranza (rispetto al quale vi è un dovere di fornire anche le informazioni antimafia), ma perchè la preesistente interdittiva nei confronti del socio è elemento indiziante della permeabilità della stessa -OMISSIS-.

8. - Infine, vale la pena ricordare che la legittimità dell’informativa del 27 aprile 2016 -OMISSIS- nei confronti della -OMISSIS- è stata dichiarata definitivamente con sentenza di questa Sezione -OMISSIS- ottobre 2020.

Per inciso, il successivo provvedimento della Prefettura di Como, -OMISSIS- dell’11/03/2019, che ha confermato la precedente interdittiva, è stato annullato dalla sentenza del Tar Lombardia, Milano, Sez. I, -OMISSIS-2019, oggetto di appello pendente, proposto dall’Amministrazione.

9. - In conclusione, l’appello va accolto.

10.- Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.

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