Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-09, n. 202200943

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-09, n. 202200943
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200943
Data del deposito : 9 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2022

N. 00943/2022REG.PROV.COLL.

N. 06339/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6339 del 2021, proposto da Concessioni Autostradali Lombarde s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato L R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L R P, BonelliErede, in Roma, via Vittoria Colonna, n. 39;

contro

i signori E S, E S, in proprio e quale titolare della Soc. Agr. Cattaneo Fiorinda ss, rappresentati e difesi dagli avvocati L S e M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio degli avvocati L S e M R in Milano, via Carlo Pisacane, n. 1;

nei confronti

del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in persona del Ministro pro tempore , con sede in Roma, in piazzale Porta Pia, n. 1, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
di Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Merani e C M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei predetti avvocati in Torino, Galleria Enzo Tortora, n. 21;
della Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Fiorillo in Roma, viale Mazzini, n. 134,
del Ministero dell’economia e delle finanze, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Comitato interministeriale per la programmazione e il coordinamento della politica economica, di ANAS s.p.a, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sede di Milano (Sezione Terza), n. 1210/2021, resa tra le parti, pronunciata nel giudizio di primo grado sul ricorso n.r.g. 458 del 2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori E S ed E S, della Soc. Agr. Cattaneo Fiorinda Ss, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Regione Lombardia;

Visto il ricorso incidentale della Regione Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2022 il Cons. C T e uditi per le parti gli avvocati F M su delega dell’avvocato L P, M R, A B su delega dell’avvocato P P, e C M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in appello, Concessioni Autostradali Lombarde s.p.a. ( breviter, CAL), contro i signori E S, E S, in proprio e quale titolare della Soc. Agr. Cattaneo Fiorinda Ss, e nei confronti del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Ministero dell’economia e delle finanze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato Interministeriale per la programmazione e il coordinamento della politica economica, di ANAS s.p.a., della Regione Lombardia, di Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a. ( breviter, APL) chiede l’annullamento e la riforma, previa sospensione dell’efficacia, della sentenza del T.A.R. Lombardia, Sez. III, n. 1210/2021, resa nel giudizio n.r.g. 458 del 2021.

La sentenza impugnata ha parzialmente accolto il ricorso presentato dagli odierni appellati avverso il provvedimento del 15 gennaio 2021, adottato dall’odierno appellante CAL, relativo alla proroga della dichiarazione di pubblica utilità concernente – tra le altre – l’area degli appellati, ricompresa nella tratta “D” della realizzanda autostrada denominata “Pedemontana”.

Con il ricorso al T.A.R., gli odierni appellati avevano infatti chiesto l’annullamento del provvedimento del 15 gennaio 2021, avente ad oggetto “Collegamento autostradale Dalmine, Como, Varese, Valico del Gaggiolo e opere connesse (autostrada Pedemontana Lombarda). Proroga della dichiarazione di pubblica utilità. (CUP F11B06000270007)”, nella parte in cui prevede un'ulteriore proroga della dichiarazione di pubblica utilità relativamente all'area di cui è causa, ricompresa nella c.d. “Tratta D” del progetto di realizzazione dell'opera autostradale “Pedemontana”, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi o consequenziali;
avevano insieme chiesto l’accertamento della decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e, pertanto, del vincolo preordinato all'esproprio gravante sull'area di proprietà.

Il ricorso in primo grado si basava sui seguenti motivi:

- violazione della prescrizione impartita dal C.I.P.E. con la delibera n. 1 del 17 gennaio 2019, in quanto tale delibera, che aveva disposto la proroga di due anni del termine previsto per l’adozione dei decreti di esproprio di cui alla dichiarazione di pubblica utilità delle aree interessate, con ulteriore prescrizione di completare gli atti relativi agli espropri entro la nuova scadenza prevista per il 2021, non sarebbe stata sul punto rispettata, quanto meno con riferimento ai ricorrenti;

- intervenuta abrogazione della disposizione applicata per la proroga, per effetto dell’entrata in vigore del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il quale non prevede analogo potere di proroga;

- violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990, in quanto l’avvio del procedimento concluso con il provvedimento impugnato sarebbe stato pubblicizzato in modo erroneo, e comunque con riferimento ad altro provvedimento connesso e non all’atto di proroga;

- violazione, ove ritenuto applicabile, dell’art. 166, comma 4- bis , del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo cui la proroga della dichiarazione di pubblica utilità “può essere disposta prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo che non supera i due anni”, mentre nel caso di specie tale limite temporale sarebbe stato largamente disatteso a mezzo di numerose proroghe;

- violazione degli articoli 41 e 42 della Costituzione e dell’articolo 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 39 del d.lgs. n. 327/2001, con possibile illegittimità costituzionale dell’art. 166, comma 4- bis , del d.lgs. n. 163/2006, consistente nella reiterata “conculcazione”, in ultima analisi perpetrata dalla proroga impugnata, del diritto di proprietà dei ricorrenti;

- insussistenza dei “casi di forza maggiore” o di “altre giustificate ragioni” previsti dalla normativa che consentirebbero, a dire del soggetto procedente, la disposta proroga della dichiarazione di pubblica utilità;

- difetto di motivazione, consistente nell’avere disposto la proroga impugnata senza alcuna valutazione realistica circa le effettive possibilità di completamento dell’autostrada in questione, per lo meno con riferimento alla Tratta “D”, i cui relativi contratti di finanziamento potranno essere stipulati solo a condizione che vengano effettivamente realizzate le tratte B2 e C.

La sentenza del T.A.R. impugnata ha annullato il provvedimento limitatamente a due profili: la carenza della motivazione, non riferibile ai ricorrenti, secondo quanto sarebbe stato invece richiesto dall’art. 166, comma 4- bis , del decreto legislativo n. 163 del 2006;
la mancata comunicazione di avvio del procedimento ai ricorrenti.

3. Con il ricorso in esame, l’appellante rappresenta che l’Autostrada Pedemontana Lombarda, sistema viabilistico con uno sviluppo complessivo di circa 157 km., di cui 67 km. di autostrada, 20 km. di tangenziali e 70 km. di viabilità locale, costituisce un intervento complesso, sia a livello ingegneristico che ambientale, per il notevole sviluppo del tracciato, l’importanza delle infrastrutture collegate e la tipologia di territorio attraversato.

L’opera veniva approvata quale infrastruttura strategica di interesse nazionale ai sensi della c.d. “legge obiettivo” (legge 21 dicembre 2001, n. 443) e del conseguente decreto di attuazione (d. lgs. 20 agosto 2002, n. 190) e inserita nel primo programma delle opere strategiche dal CIPE con la delibera n. 121 del 21 dicembre 2001. In séguito veniva approvata la progettazione definitiva e il termine di pubblica utilità veniva a scadenza il 19 gennaio 2017, per essere poi prorogato al 19 gennaio 2019, prima, e al 19 gennaio 2021, poi. Da ultimo, con il provvedimento impugnato, CAL, in virtù delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76/2020, come convertito, ha approvato la proroga della dichiarazione di pubblica utilità sino al 2023. L’art. 42 del d.lgs. n. 76/2020, integrando l’art. 216 del codice dei contratti pubblici, ha infatti stabilito che le proroghe della dichiarazione di pubblica utilità e del vincolo preordinato all'esproprio in scadenza su progetti già approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in base al previgente decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono approvate direttamente dal soggetto aggiudicatore.

Secondo la sentenza impugnata, la «riapprovazione del progetto a distanza di molti anni dalla prima approvazione di esso deve essere più che adeguatamente motivata, con un onere che si potrebbe dire “rinforzato”», onere cui il provvedimento non assolverebbe. La sentenza riterrebbe quindi che la disciplina della proroga comprenda anche la previsione di cui all’art. 166, comma 4- bis (ovvero il suo contenuto dispositivo), sicché sarebbe spettato a CAL di motivare in ordine alla ricorrenza di «casi di forza maggiore» o «altre giustificate ragioni» quali presupposti ivi previsti per la proroga. Inoltre agli appellati, ancora non coinvolti da atti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, non potrebbero essere riferiti i motivi relativi alla conservazione dei procedimenti in essere (occupazioni ovvero accordi bonari);
quanto alla ritardata approvazione dell’Atto aggiuntivo n. 2 e al confronto con gli enti locali, invocati da CAL, non si tratterebbe di giustificazioni adeguate perché si tratta comunque di vicende che non potrebbero essere qualificate come nuove ragioni eccezionali.

3. Il ricorso in appello si basa sui seguenti motivi.

3.1. In primo luogo, sono dedotti error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli articoli 27, comma 1- bis e 214 del codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50;
d. lgs. 16 luglio 2020, n. 76, art. 42, art. 166 d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per difetto e contraddittorietà della motivazione. La disposizione introdotta nel codice dei contratti pubblici dal decreto-legge n. 76/2020, come convertito, affidando direttamente al soggetto aggiudicatore le proroghe della dichiarazione di pubblica utilità e del vincolo preordinato all’esproprio in scadenza su progetti già approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in base al previgente codice, non conterrebbe alcun richiamo né all’art. 27 dello stesso d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, né all’art. 166 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per cui la proroga non deve soggiacere ai termini e alle condizioni stabiliti da tali disposizioni. Sarebbe quindi errata l’affermazione contenuta in sentenza, per la quale la proroga della dichiarazione di pubblica utilità «deve essere motivata da cause di forza maggiore o da altre giustificate ragioni, in virtù della previsione di cui all’art. 166, comma 4- bis , del decreto legislativo n. 163 del 2006, disposizione ratione temporis applicabile al caso di specie, “ai sensi del combinato disposto costituito dall’art. 214, comma 11, e dai commi 1, 1- bis e 27 del d.lgs. n. 50/2016».

Anche ad ammettere che la proroga possa essere disposta solo – come vorrebbe la sentenza – per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni, tali condizioni sarebbero ampiamente presenti nel caso di specie, in relazione alla avvenuta risoluzione del contratto già concluso tra la società aggiudicatrice e la società appaltatrice, all’approvazione del secondo atto aggiuntivo e alla sua registrazione da parte della Corte dei conti, alla pandemia da Covid in corso.

3.2. In secondo luogo è dedotto error in iudicando per violazione dell’art. 21- octies della legge 7 agosto 1990, n. 241. La censura per il mancato avviso di avvio del procedimento ai destinatari non considererebbe che l’art. 21- octies della legge n. 241/1990 espressamente prevede che il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. L’appellante precisa che tale conclusione vale per il caso di specie solo che si considerino: le spese sostenute e la parziale realizzazione dell’opera;
gli atti posti in essere, tra cui l’autorizzazione della Giunta regionale a sottoscrivere l’incremento del capitale sociale di Milano Serravalle per favorire la capitalizzazione della società Autostrada Pedemontana Lombarda;
le dimensioni dell’investimento complessivo;
le opportunità offerte dal piano di defiscalizzazione previsto dal CIPE.

Inoltre, gli appellati avrebbero ricevuto ampie informazioni e notizie, in diversi modi, in merito al procedimento che interessa le proprie aree e, in ogni caso, analoghe a quelle che avrebbero ottenuto mediante la comunicazione di avvio del procedimento. Errerebbe pertanto la sentenza impugnata, laddove rappresenta la omissione degli oneri informativi minimi, dal momento che la pubblicazione su quotidiani nazionali e regionali, oltre che sui siti istituzionali, avrebbe assolto a tali oneri.

3.3. Il ricorso motiva poi l’istanza cautelare.

4. Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (15 luglio 2021), Autostrada pedemontana lombarda s.p.a. (29 luglio 2021) e gli appellati (4 agosto 2021), questi ultimi depositando propria memoria con cui, nella ipotesi in cui l’appello dovesse essere accolto, chiedono di annullare comunque il provvedimento di proroga del 15 gennaio 2021, alla luce delle censure dedotte in primo grado e dichiarate assorbite o non esaminate dal T.A.R. Lombardia e riproposte ai sensi dell’art. 101 c.p.a.

5. Con ordinanza n. 4954/2021, decisa nella camera di consiglio del 9 settembre 2021, la Sezione ha accolto l'istanza cautelare proposta con l’appello e, per l'effetto, ha sospeso l'esecutività della sentenza impugnata, fissando per la trattazione del merito della causa l’udienza pubblica del 13 gennaio 2022.

6. La Regione Lombardia ha depositato ricorso incidentale con cui peraltro si limita esclusivamente a chiedere l’accoglimento del ricorso in appello, oltre che della istanza cautelare.

7. L’appellata ha depositato propria memoria del 7 settembre 2021.

La Regione Lombardia ha depositato propria memoria del 23 dicembre 2021.

APL, l’appellata e l’appellante hanno depositato ulteriori memorie (28 dicembre 2021) e memorie di replica (APL il 30 dicembre 2021;
l’appellata e l’appellante il 31 dicembre 2021).

DIRITTO

8. I riferimenti legislativi rilevanti nella fattispecie in esame sono costituiti dall’art. 42 (Semplificazioni dell'attività del Comitato interministeriale per la programmazione economica) del decreto-legge n. 76/2020, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 120/2020 e dall’art. 166 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

L’art. 42, al comma 3, ha aggiunto il comma 27- octies all’articolo 216 (disposizioni transitorie e di coordinamento) del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in base al quale le proroghe della dichiarazione di pubblica utilità e del vincolo preordinato all'esproprio in scadenza su progetti già approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in base al previgente decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono approvate direttamente dal soggetto aggiudicatore.

La disciplina cui viene fatto rinvio era infatti contenuta nell’art. 166 del d. lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il cui comma 4- bis stabiliva che: il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di sette anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace la delibera del CIPE che approva il progetto definitivo dell'opera, salvo che nella medesima deliberazione non sia previsto un termine diverso;
b) il CIPE può disporre la proroga dei termini per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni.

La disposizione introdotta nel 2020 è chiaramente diretta, come si deduce dalla rubrica dell’articolo oltre che dai contenuti complessivi del decreto-legge, a soddisfare un’esigenza di semplificazione nelle procedure e, nello specifico, di quelle relative alla proroga della dichiarazione di pubblica utilità di opere di carattere strategico ovverosia di quelle già fatte oggetto di delibere del CIPE. A questo fine, la competenza a deliberare la proroga della dichiarazione di pubblica utilità dei progetti già approvati dal CIPE è stata trasferita in capo al soggetto aggiudicatore.

Il trasferimento della competenza non ha inciso sugli oneri di motivazione che debbono accompagnare anche i provvedimenti di proroga, secondo il modello delineato dal legislatore.

9. Nel caso di specie, va tuttavia riconosciuta la fondatezza del primo motivo dedotto dall’appellante, laddove sostiene la sussistenza delle giustificate ragioni a sostegno della proroga. Ne consegue che, come questa Sezione ha già stabilito su una fattispecie simile a quella odierna relativa alla medesima autostrada (v. Cons. St., Sez. IV, n. 601/2022), la lettura offerta dal primo giudice dell’art. 166, comma 4-bis, del d.lgs. n. 163/2006 è riduttiva.

Il riferimento legislativo ai “casi di forza maggiore” o alle “altre giustificate ragioni” va riferito a qualsiasi circostanza sopravvenuta e non può essere circoscritta nella misura determinata dalla sentenza impugnata.

La Sezione ritiene invece che la proroga sia stata adeguatamente motivata.

Anche ad ammettere che una parte della motivazione di CAL, relativa alla finalità di preservare la legittimità delle occupazioni in essere e di non pregiudicare la quasi totalità degli accordi bonari già sottoscritti, non sia sufficiente rispetto ai ricorrenti, che non sarebbero stati mai coinvolti direttamente da nessuno degli atti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, tuttavia altra parte della motivazione riguarda la “ritardata efficacia dell’atto aggiuntivo n. 2 alla Convenzione unica”. In disparte le valutazioni sulla maggiore o minore efficienza nella gestione degli oneri complessivi, cui fa cenno la sentenza impugnata, tale profilo è senza dubbio rilevante ai fini della motivazione, se non altro perché, non solo la complessità del procedimento espropriativo può dipendere da molti fattori e le proroghe possono essere anche plurime, purché non si superino i limiti temporali stabiliti dalla legge, ma anche per una ragione prevalente che investe la consistenza dell’opera in questione: nel caso in esame, come ampiamente rappresentato anche nell’appello, si tratta di un’autostrada lunga circa 77 km che attraversa il territorio di quattro province e 77 Comuni, che consentono le relazioni con la fitta rete viaria stradale e provinciale esistente, oltre a 48 km di opere connesse.

E’ del tutto logico e comprensibile che, rispetto a un’opera di tali dimensioni e concernente un numero notevolissimo di soggetti espropriati, l’emanazione degli atti amministrativi sia stata scaglionata nel tempo, con la necessità di disporre la proroga degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità.

L’Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. aveva infatti indicato nel giudizio di primo grado una serie di fattori che avevano condotto alla decisione di proroga, ma nella sentenza appellata non è stata ravvisata la loro riconducibilità al dettato normativo, sulla base delle considerazioni sopra esposte.

Il concorso dei predetti fattori, già indicati in premessa nel provvedimento di proroga impugnato in primo grado, costituisce invece un’adeguata base motivazionale per un’opera di tali proporzioni.

A rafforzare tale conclusione si aggiungono i fattori ulteriormente specificati nel corso del giudizio (procedure di risoluzione del contratto già concluso tra la società aggiudicatrice e la società appaltatrice e tempi richiesti, oltre che per la conclusione, per la registrazione del secondo atto aggiuntivo da parte della Corte dei conti, il tutto in un contesto nel quale la pandemia da Covid svolge un ruolo di cui tenere conto).

Né si può sottovalutare un ulteriore elemento: in presenza di un’opera autostradale, la parziale realizzazione dell’opera o la conclusione del procedimento espropriativo per altre aree – eventualmente relative a tratti diversi della medesima opera in questione - risultano essere di per sé ragioni sufficienti per giustificare la proroga. Altrimenti opinando, si dovrebbe ammettere che il procedimento debba essere riavviato per potere concludere l’opera. Ciò tuttavia sarebbe incompatibile con la natura stessa dell’atto di proroga, volto a consentire la conclusione del procedimento già attivato.

Ne consegue che il primo motivo del ricorso è fondato.

10. La Sezione ritiene che anche il secondo motivo sia fondato, circa l’applicabilità al caso di specie dell’art. 21- octies della legge n. 241/1990. Gli appellati non hanno addotto elementi utili, atti a suffragare la tesi che il provvedimento sarebbe stato diverso. Al contrario, l’appellante ha dimostrato che gli apporti partecipativi degli appellati non avrebbero sortito esito diverso, né si può trascurare il fatto che la possibilità di tali apporti non è stata pretermessa in quanto ampia pubblicità era stata data agli intendimenti dell’amministrazione, con pubblicazione su quotidiani (Corriere della Sera e Il Giornale del 29 luglio 2020) della comunicazione di avvio del procedimento.

In ogni caso, non sono emersi elementi per ritenere che l’omessa comunicazione ad personam sia in grado di incidere negativamente sulla validità dei successivi atti della procedura ablativa.

11. Circa i motivi prospettati in primo grado e riproposti con atto di costituzione dall’appellata, nessuno di essi risulta fondato.

E infatti, rispetto rispettivamente al primo, quarto, quinto e settimo motivo del ricorso in primo grado:

1) la prescrizione impartita dal C.I.P.E. con la delibera n. 1 del 17 gennaio 2019 presenta carattere interno e meramente ottativo;

2) la reiterazione della proroga non solo non risulta espressamente vietata dalle disposizioni di legge ma è da rapportare alla consistenza delle opere da realizzare. Anche di recente questa Sezione (v. Cons. St., Sez. IV, n. 7492/2021), con riguardo alla disciplina della proroga da parte del CIPE – ma le conclusioni non possono che essere le stesse anche per la proroga disposta dal soggetto aggiudicatore - ha sottolineato che “Siamo dunque fuori dal campo delle reiterazioni automatiche del vincolo e delle proroghe prive di termine finale, in quanto le proroghe in questione motivano specificamente sulle ragioni di pubblico interesse sottese alla realizzazione dell’opera pubblica e appongono un termine finale” (v. in termini analoghi anche Cons. St., Sez. IV, n. 3618/2016);

3) il rinnovo della proroga non risulta in grado di compromettere la possibilità per gli appellati di ottenere un’indennità, come confermato dalla dichiarata disponibilità manifestata da APL nella propria memoria. Per il resto, il motivo non costituisce questione attinente al provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e alla sua proroga, dal momento che le controversie relative alla determinazione dell’indennità di esproprio sono comprese nella giurisdizione del giudice ordinario;

4) lo stato di avanzamento dei lavori e la valutazione prognostica circa il tempestivo perfezionamento del procedimento espropriativo nei confronti degli appellati non sono attinenti agli asseriti vizi ex art. 3 della legge n. 241/1990.

12. In conclusione, l’appello va accolto e, con esso, il ricorso incidentale della Regione Lombardia, con cui è stato richiesto l’accoglimento del ricorso principale. Vanno invece respinti i motivi di primo grado riproposti in questa sede.

Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

13. La condanna al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

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