Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-07-29, n. 202004821

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-07-29, n. 202004821
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004821
Data del deposito : 29 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/07/2020

N. 04821/2020REG.PROV.COLL.

N. 07949/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7949 del 2010, proposto da
M F, rappresentato e difeso dall'avvocato G R, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Napolitano in Roma, via Girolamo Da Carpi, 6

contro

P C e A L, rappresentati e difesi dall'avvocato B D M, con domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;
Comune di Napoli in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, B C e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 5037/2009


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di P C, di A L e del Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2020 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27) gli avvocati delle parti costituite in appello


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sez. IV, 21 settembre 2009, n. 5037 ha respinto il ricorso n. 70/2008 proposto da Ferrara M e dichiarato inammissibile il ricorso n. 1336/2009 proposto dai coniugi Lupo-Palermo per l’annullamento, rispettivamente, della disposizione n. 1002 del 2.10.2006 di demolizione opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi e della disposizione dirigenziale n. 557 del 24.11.2008 di correzione di concessione edilizia in sanatoria rilasciata con disposizione dirigenziale n. 90 del 23.4.2002.

Secondo il TAR, sinteticamente:

- si assume la piena corrispondenza delle due strutture – la originaria veranda condonata e la veranda ricostruita - in ordine sia alla superficie sia alla volumetria, ma tale assunto non trova riscontro ed è, anzi, smentito dalla documentazione in atti per quanto attiene in particolare alla volumetria dei due manufatti ed alle rispettive consistenze strutturali;

- dalla nota del servizio di Polizia locale, emessa sulla base del sopralluogo eseguito il 17.1.2007, risulta che “il manufatto “verandato” demolito è stato ricostruito con una diversa tipologia di materiali e con altezza che all’intradosso a fronte di pregressi mt 2,70 risulta allo stato essere di mt. 3” e tale circostanza trova conferma nello stesso provvedimento n. 90/2002 di concessione in sanatoria della originaria veranda;

- ne consegue che l’intervento de quo ha comportato un apprezzabile e non contestabile incremento volumetrico e occorre stabilire se e in che misura l’anzidetto incremento agisce nella fattispecie concreta, in particolare sulla qualificazione dell’illecito sanzionato;

- dall’inapplicabilità alla presente fattispecie della normativa sulla DIA, discende che il ricorrente, con l’abbattimento della originaria veranda abusivamente realizzata dal suo dante causa e dallo stesso condonata ex L. n. 724-1994, perde ogni possibilità di rapportare la nuova veranda realizzata alla preesistente veranda condonata;

- quest’ultima, con l’avvenuto suo abbattimento deve ritenersi caducata, per sopravvenuto mancanza del suo oggetto, con conseguente travolgimento, di riflesso, anche del provvedimento di rettifica della stessa concessione in sanatoria, impugnato con il ricorso n. 1366/2009 proposto dai coniugi Lupo –Palermo;

- con riferimento all’esigenza di acquisire, per la realizzazione della nuova veranda, anche il nulla osta paesaggistico, giova precisare che l’intervento nuovo ha comportato un incremento volumetrico che impone di qualificarlo come nuova costruzione e a ciò deve aggiungersi che la non sussumibilità dell’intervento eseguito dal ricorrente nella tipologia degli interventi di ristrutturazione edilizia comporta la necessità di separare la demolizione dalla ricostruzione e di intendere le due entità non già come momenti di una fattispecie unitaria (demolizione-ricostruzione), ma come attività distinte suscettibili di valutazioni autonome.

La parte appellante Ferrara M contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, i motivi del suo ricorso di primo grado n. 70/2008.

Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva il Comune appellato, chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto del giudizio è il provvedimento n. 1002 del 2.10.2006 di demolizione di una veranda in muratura realizzata in sostituzione di una preesistente veranda in ferro e vetro, a condonata, ex L. n. 724-1994, con concessione in sanatoria n. 90 del 23.4.2002, e provvedimento n. 557 del 24.11.2008 di rettifica di detta concessione in sanatoria nella parte relativa alla quota di altezza della preesistente veranda), eretta su un terrazzo a livello dell’ appartamento sito in Napoli alla via M. da Caravaggio, di proprietà dell’appellante Ferrara M.

Il manufatto in questione, come si rileva dalla relazione dell’11.1.2008 n. prot. 2916 del 14.1.2009, allegata alla nota dell’ufficio Progetto Condono edilizio n. prot 24077 del 26.2.2009, in atti in primo grado, è stato totalmente demolito e sostituito con un nuovo manufatto in muratura con sovrastante solaio piano in c.l.s. leggero.

I lavori sono stati sottoposti più volte a sequestro per la constatata prosecuzione e ultimazione nei successivi sopralluoghi di P.G., documentati con i verbali e le comunicazioni di avvio allegate al provvedimento impugnato e depositate negli atti di causa.

In particolare, si rileva che parte appellante aveva presentato, per le opere in questione, una DIA per opere di manutenzione straordinaria alla veranda, ma in data 17 ottobre 2006, su segnalazione dell’Unita antiabusivismo del Comune, l’Amministrazione è intervenuta per sequestrare i lavori e diffidarne la prosecuzione poiché realizzati in totale difformità dalla preesistente veranda e in assenza dei titoli necessari (permesso di costruire e autorizzazione dell’Autorità preposta la tutela del vincolo di zona).

Sulla base di tali pregressi atti istruttori il Comune di Napoli appellato ha adottato il provvedimento di demolizione impugnato nel presente giudizio.

2. L’appello è infondato, atteso che l’opera oggetto del provvedimento impugnato consiste nella realizzazione in zona vincolata di un manufatto risultante dalla demolizione di opere a suo tempo condonate e dalla nuova costruzione, senza titolo e senza autorizzazione della Soprintendenza, di una veranda in alcun modo riconducibile, per tipologia, materiali e dimensioni, alla veranda originaria, salva la sola estensione superficiaria.

L’intervento eseguito dalla parte appellante, oggetto della DIA in data 10-13.10.2006 non è, quindi, consistita nel mero smontaggio della vecchia veranda condonata (che per la sua vetustà e tipologia di materiali non garantiva più alcuna coibentazione) e nel montaggio di una nuova veranda, ma nella costruzione di una veranda completamente diversa per tipologia e materiali, oltre che per dimensioni.

Il Comune ha, infatti, contestato la realizzazione di opere di muratura in luogo della struttura in ferro e vetro e la costruzione di solaio piano in calcestruzzo leggero, in luogo di quello in lamiere ondulate inclinate.

Si tratta di opere che certamente non possono ricadere nel concetto di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo, concetti che presuppongono la corrispondenza delle due strutture – l’originaria veranda condonata e la veranda ricostruita, in ordine sia alla superficie sia alla volumetria.

Tale assunto, tuttavia, non trova alcun riscontro probatorio, nemmeno indiziario ed è, anzi, smentito dalla documentazione in atti per quanto attiene in particolare alla volumetria dei due manufatti ed alle rispettive consistenze strutturali.

Dalla nota del servizio di Polizia locale emessa sulla base del sopralluogo eseguito il 17.1.2007, infatti, emerge che “il manufatto “verandato” demolito è stato ricostruito con una diversa tipologia di materiali e con altezza che all’intradosso a fronte di pregressi mt 2,70 risulta allo stato essere di mt. 3”.

Tale circostanza trova conferma nello stesso provvedimento n. 90-2002 di concessione in sanatoria della originaria veranda cosi descritta: “Ampliamento dell’unità immobiliare riflettente tra l’altro un corpo verandato nel cui grafico risulta che il solaio della veranda originaria aveva un andamento inclinato che da m. 3,20 al colmo scendeva a m. 2,90 alla gronda mentre nel nuovo manufatto il solaio ha un andamento piano con altezza pari a quella al colmo”.

Pertanto, l’intervento de quo ha comportato un apprezzabile e incontestabile incremento volumetrico, confermando la non corrispondenza delle due strutture – l’originaria veranda condonata e la veranda ricostruita - in ordine sia all’altezza che alla volumetria.

In merito alla questione delle altezze, si deve rilevare che nei verbali dei tecnici comunali ci si limita a precisare che le quote di imposta del solaio della nuova copertura-veranda coincidono con quelle della vecchia veranda, ma ciò non incide sulla circostanza che il mutamento dell’andamento della copertura, che da inclinata è divenuta piana, determina un incremento volumetrico.

3. L’appellante contesta il carattere di totale difformità degli abusi realizzati.

Sul punto, deve rilevarsi che l’incremento volumetrico e la demolizione e ricostruzione effettuata senza titolo, con alterazione e modificazione dei materiali – da pannelli in metallo e vetro si passa alla muratura – e con modifica dell’inclinazione della falda, è stata realizzata in zona vincolata paesaggisticamente.

La sostituzione del manufatto con altro diverso in muratura e l’aumento dei volumi dovuti all’eliminazione della falda di copertura, già chiariscono la non riconducibilità del manufatto a quanto assentito con precedente disposizione dirigenziale n. 90-2002 di condono edilizio e nemmeno con la DIA.

Le opere realizzate ed illecitamente ultimate non afferiscono né a quelle indicate nella DIA né astrattamente a quelle assentibili per DIA, atteso che, si ribadisce, gli abusi contestati riguardano la realizzazione ex novo, previa demolizione della veranda preesistente, di un manufatto in muratura corrispondente solo per superficie al precedente manufatto, ma diverso per cubatura, struttura e materiali.

In ogni caso, anche se l’attuale appellante avesse inteso procedere alla demolizione e ricostruzione della medesima veranda già condonata avrebbe avuto bisogno di munirsi previamente del permesso di costruire, poiché la demolizione e la ricostruzione di una veranda non costituiscono lavori di manutenzione (ordinaria o straordinaria) e, come tali, sono soggette a concessione edilizia.

Tale necessità emerge, infatti, dal tipo di opere realizzate che in ogni caso non possono ascriversi al tipo di manutenzione straordinaria.

Infatti, gli interventi di manutenzione straordinaria che, ai sensi dell'art. 48, L. 5 agosto 1978, n. 457, erano realizzabili alla stregua di una autorizzazione resa dal Sindaco, in luogo della concessione richiesta dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10 (ed ora in virtù di D.I.A in luogo di permesso di costruire), non implicano modifiche tali da alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, né comportano una diversa destinazione d'uso;
è questa la linea di demarcazione tra manutenzione straordinaria e vera e propria ristrutturazione edilizia che, come risulta dal tenore letterale dell'art. 31 lett. d), L. 5 agosto 1978, n. 457, si risolve nella creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso da quello preesistente agli interventi di recupero posti in essere, richiedendo il rilascio di un titolo concessorio.

4. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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