Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-01-18, n. 201200161

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-01-18, n. 201200161
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200161
Data del deposito : 18 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05846/2007 REG.RIC.

N. 00161/2012REG.PROV.COLL.

N. 05846/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5846 del 2007, proposto dal signor Prayer-Galetti Tommaso, rappresentato e difeso dagli avvocati G F e L M, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

l’Università degli Studi di Padova, in persona del Rettore pro tempore , e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione esaminatrice presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Padova;

nei confronti di

signor F V, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicolò Paoletti e Giovanni Sala, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Barnaba Tortolini, 34;
signora Giannantoni Antonella, non costituita in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE I, n. 1026/2007, resa tra le parti, concernente VALUTAZIONE COMPARATIVA PER UN POSTO DI PROFESSORE DI SECONDA FASCIA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2011 il Cons. B L e uditi per le parti gli avvocati Fornasiero, Manzi, Paoletti e l’avvocato dello Stato Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia inerisce alla procedura di valutazione comparativa per un posto di professore di seconda fascia nel settore scientifico disciplinare MED 24 (urologia) presso l’Università degli Studi di Padova, indetta con decreto rettorale n. 774 del 30 marzo 2005 (pubblicato sulla G.U. n. 29 del 12 aprile 2005) e conclusa con decreto rettorale n. 736 del 13 marzo 2006, di approvazione degli atti della procedura selettiva, al cui esito il dott. F V e la dott.ssa Gianantoni Antonella avevano riportato il giudizio di “eccellente”, mentre l’odierno appellante dott. Prayer-Galletti Tommaso aveva conseguito il giudizio di “ottimo”. I menzionati candidati erano gli unici – tra i diciannove che avevano presentato domanda – ad aver partecipato alle prove valutative, sfociate nella chiamata del dott. Ficarra a ricoprire il posto messo a concorso.

2. Un primo ricorso (n. 1063 del 2006), proposto dall’odierno appellante ad impugnazione degli atti della procedura valutativa e del decreto rettorale di approvazione, era stato accolto dal T.a.r. per il Veneto con sentenza del 5 luglio 2006, n. 2035, con la quale era stato annullato il decreto rettorale n. 736 del 13 marzo 2006 sulla base del rilievo assorbente dell’omessa previa trasmissione degli atti al Consiglio Universitario Nazionale (C.U.N.) per il parere di legittimità di cui al combinato disposto degli artt. 14, comma 4, d.lgs. 6 aprile 2006, n. 164, e 2, comma 4, l. 16 gennaio 2006, n. 18, ritenuto applicabile alla procedura in esame in forza del principio tempus regit actum con esclusione dell’efficacia retroattiva della correlativa norma abrogativa contenuta nell’art. 23 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248.

3. In esecuzione di tale sentenza, l’Università richiedeva il parere al C.U.N., il quale con deliberazione del 13-20 settembre 2006 declinava la propria competenza, invocando la norma abrogativa di cui al citato art. 23 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, al che il rettore con decreto n. 2647 del 22 settembre 2006 approvava gli atti della procedura valutativa.

Detto decreto veniva impugnato dall’odierno appellante con il ricorso n. 2036 del 2006 (introduttivo del presente giudizio) dinanzi al T.a.r. per il Veneto, il quale con la sentenza in epigrafe respingeva il primo e il quinto motivo di ricorso – coi quali il deducente aveva censurato l’erronea mancata rinnovazione di tutti gli atti della procedura valutativa –, con assorbimento dei motivi residui, rilevando che:

(i) il ricorrente aveva omesso di impugnare il provvedimento del C.U.N. declinatorio della competenza ad emettere il parere di legittimità;

(ii) contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, con la sentenza n. 2035 del 5 luglio 2006 non erano stati annullati tutti gli atti della procedura, bensì i soli atti inerenti alla fase di approvazione e di controllo.

L’adito T.a.r. evidenziava inoltre che le censure già dedotte con il precedente ricorso n. 1063 del 2006 (di cui sopra sub 2.), qui riproposte in via subordinata, erano state dichiarate assorbite dalla pregressa sentenza n. 2035 del 2006, e che la dichiarazione di assorbimento poteva/doveva formare oggetto di appello da proporre avverso detta sentenza, esulando invece dal thema decidendum del presente giudizio. Il T.a.r. respingeva, infine, la proposta domanda risarcitoria per il mancato pregiudiziale annullamento degli atti asseritamente lesivi e compensava le spese di causa tra tutte le parti.

4. Avverso tale sentenza (n. 1026 del 2007) interponeva appello l’originario ricorrente, deducendo i seguenti motivi:

a) l’erronea delimitazione della statuizione di annullamento, contenuta nella sentenza n. 2035 del 2006, ai soli atti inerenti alla fase di approvazione e di controllo, anziché a tutti gli atti della procedura selettiva, nonché l’erronea affermazione dell’ultrattività del potere di controllo del C.U.N., a fronte della norma abrogativa dettata dall’art. 23 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248;

b) l’erronea applicazione dell’art. 5, commi 1 e 2, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, e l’erroneo omesso rilievo dell’illegittimità degli atti della procedura valutativa per l’assenza di qualsiasi controllo di legittimità sugli atti medesimi (non eseguito né dal C.U.N., né dal Rettore);

c) l’erroneo omesso rilievo della natura abnorme dell’impugnato decreto rettorale per il mancato esercizio del potere di controllo di legittimità prescritto dall’art. 5 d.P.R. n. 117 del 2000 e per la mancata dichiarazione dei nominativi degli idonei.

Per il resto, l’appellante riproponeva le censure dedotte in primo grado e dichiarate assorbite nell’impugnata sentenza, chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento del ricorso in primo grado.

5. Si costituivano le Amministrazioni appellate (Università degli Studi di Padova e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) e l’originario controinteressato prof. F V, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

6. All’udienza pubblica del 22 novembre 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

7. I motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono infondati.

7.1. In primo luogo, l’impugnata sentenza n. 1026 del 2007 si basa su una corretta interpretazione del contenuto precettivo e ordinatorio della sentenza n. 2035 del 2006 dello stesso T.a.r.

Premesso che i limiti oggettivi dell’efficacia e del giudicato della sentenza amministrativa di annullamento vanno individuati di regola nella sua motivazione, esaurendosi il dispositivo nella statuizione di annullamento dell’atto gravato per le ragioni sviluppate nella parte motiva, si osserva che l’unico motivo su cui si basa la citata sentenza è concentrato nel seguente passaggio testuale: “ è fondata ed assorbente la censura di violazione dell’art. 14, co. 4, del d.lgs. 164/06 e dell’art. 2, co. 4, L. 18/06 (applicabili secondo il principio tempus regit actum ad un procedimento ancora aperto) nel rilievo che l’Amministrazione avrebbe dovuto acquisire il parere di legittimità del C.U.N. sugli atti della commissione giudicatrice;
che l’abrogazione disposta dall’art. 23 D.L.

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