Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-10-13, n. 202308956
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Testo completo
Pubblicato il 13/10/2023
N. 08956/2023REG.PROV.COLL.
N. 08933/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8933 del 2021, proposto dal Brig. -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avv. A F T ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie d’Oro n. 266;
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda, del -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il Cons. F G e udito per la parte appellante l’avv. Pierpaolo De Vizio, per delega dell’avv. A F T;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. -OMISSIS- appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, sottoposto a procedimento penale per il reato di favoreggiamento personale conclusosi con sentenza, divenuta irrevocabile, di non doversi procedere nei suoi confronti per intervenuta prescrizione dei reati a lui ascritti, veniva assoggettato per i medesimi fatti a procedimento disciplinare, all’esito del quale gli veniva inflitta, con determinazione del 14 maggio 2005, la sanzione della perdita del grado per rimozione.
Essendo stata annullata la predetta determinazione a seguito di sentenza del Consiglio di Stato del -OMISSIS- l’Amministrazione provvedeva ad avviare nei suoi confronti un procedimento disciplinare di corpo - contestandogli l’inopportuna frequentazione con persona pregiudicata e la mancata collaborazione coi militari dell’Arma dei Carabinieri in occasione dell’episodio che lo aveva coinvolto – che si concludeva, in data 11 giugno 2010, con l’irrogazione della sanzione disciplinare di corpo di giorni cinque di consegna di rigore.
Il militare proponeva ricorso gerarchico contro la sanzione e, a seguito della reiezione dello stesso, ricorreva al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio impugnando il provvedimento sanzionatorio e la decisione assunta in sede gerarchica.
Il ricorso è stato respinto dal T.A.R. con sentenza del -OMISSIS-
Il sig. -OMISSIS- ha appellato la decisione di primo grado.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza ha resistito in giudizio con memoria difensiva.
Alla pubblica udienza del 26 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – L’appello investe, in primo luogo, il capo di sentenza con cui il giudice di primo grado ha respinto il motivo d’impugnazione basato sulla tardività con la quale l’Amministrazione avrebbe rinnovato il procedimento disciplinare a seguito dell’annullamento dell’iniziale provvedimento sanzionatorio (cfr. pagg. 6-15 dell’atto di appello).
L’appellante reitera inoltre l’assunto, già disatteso dal T.A.R., che la sanzione disciplinare sarebbe viziata anche da eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento dei fatti, illogicità e incongruità, perché la contestazione disciplinare della mancata collaborazione coi militari dell’Arma dei Carabinieri gli sarebbe stata mossa nonostante, a suo dire, risultasse evidente dalla documentazione acquisita al procedimento disciplinare che egli aveva fornito ogni possibile collaborazione alla luce di quanto nella sua effettiva conoscenza (cfr. pagg. 15-16 dell’appello).
2. – Ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 27 gennaio 1968, n. 37, sotto il cui vigore si sono svolti i fatti, “ Quando il provvedimento che infligge una sanzione disciplinare all’ufficiale o al sottufficiale in servizio permanente o al vicebrigadiere o militare di truppa in servizio continuativo dello Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, della Guardia di finanza e dei Corpi delle guardie di pubblica sicurezza e degli agenti di custodia, sia annullato in seguito ad accoglimento di ricorso giurisdizionale o straordinario e la decisione non escluda la facoltà dell’Amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento, il nuovo procedimento deve essere iniziato a partire dal primo degli atti annullati entro sessanta giorni dalla data in cui sia pervenuta al Ministero la comunicazione della decisione giurisdizionale ai sensi dell’articolo 87, comma primo, del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ovvero dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto che accoglie il ricorso straordinario ”.
Si tratta di termine perentorio a garanzia dell’inquisito, specificando espressamente il comma successivo che “ Decorso tale termine, il procedimento disciplinare non può essere rinnovato ”, perciò insuscettibile di proroga o dilazione alcuna.
3. – Nel caso in esame è pacifico che la comunicazione della sentenza da cui è conseguito l’annullamento del provvedimento disciplinare di stato sia avvenuta il giorno 8 marzo 2010.
4. – La questione controversa è se il predetto termine decadenziale di sessanta giorni, decorrente dalla data suddetta, sia stato rispettato con la notifica, in data 4 maggio 2010, del provvedimento con cui il Comandante Interregionale dell’Italia Centrale ha annullato gli atti dell’inchiesta formale relativa al procedimento di stato, a partire dal parere del Comandante Interregionale pro tempore del 15 ottobre 2004, facendo salvi gli atti di accertamento precedenti, e ha archiviato il procedimento stesso, con salvezza di ulteriori provvedimenti da assumere nell’ambito del regolamento di disciplina militare, dato che è soltanto il 22 maggio 2010 che si è proceduto alla contestazione formale nei confronti dell’odierno appellante dell’inopportuna frequentazione con una persona pregiudicata e della mancata collaborazione con i militari dell’Arma dei Carabinieri in occasione dell’intervento che lo aveva coinvolto.
5. – Alla questione il primo giudice ha fornito risposta positiva sostenendo che:
“ Nel caso di specie, il Comando Interregionale ha tempestivamente esercitato la propria facoltà, determinandosi alla riedizione del procedimento sanzionatorio disciplinare con il provvedimento del 3-4 maggio 2010, notificato nei termini decorrenti dalla comunicazione della sentenza di appello nr. -OMISSIS- del Consiglio di Stato, avvenuta l’8 marzo 2010, come dedotto dalla difesa dell’Amministrazione.
Non vale in contrario ritenere che il termine di cui al menzionato art. 5 sia osservato solo mediante la contestazione dell’addebito, dato che la norma presuppone (…) uno “spatium deliberandi” in favore dell’autorità, l’esercizio del quale va ricondotto alle norme di corpo che, nel caso di specie, sono contenute nella Circolare richiamata dalla difesa del Comando Generale (circolare 1/2006, del Comando Generale, punto 1.9.4 del Titolo Quarto), la quale prevede che il primo atto di procedura previsto a seguito dell’annullamento di un precedente provvedimento disciplinare, sia costituito dalla determinazione di procedere o meno ad una nuova contestazione di addebito ”.
6. – Tuttavia, poiché il procedimento disciplinare si instaura con la contestazione degli addebiti (cfr., all’epoca, l’art. 59 del D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545), la disposizione dell’art. 5 della l. n. 37/1968, secondo cui il nuovo procedimento doveva iniziarsi entro sessanta giorni dalla data in cui era pervenuta la comunicazione della decisione giurisdizionale, imponeva, per evitare la decadenza di cui al secondo comma dello stesso articolo, che entro quel termine si procedesse proprio alla contestazione degli addebiti.
Attesa la natura tassativa della previsione, un atto diverso non avrebbe potuto interrompere il decorso del termine.
7. – Pertanto, poiché la comunicazione della sentenza è dell’8 marzo 2010 e l’atto di contestazione degli addebiti è del 22 maggio 2010, cioè oltre sessanta giorni dopo, l’instaurazione del procedimento disciplinare risulta tardiva rispetto al termine di legge.
8. – Inammissibile, invece, è la censura rivolta dall’appellante al capo di sentenza relativo al secondo motivo del ricorso di primo grado, col quale aveva sostenuto l’erroneità, alla base della sanzione, dell’affermazione che non avrebbe collaborato con i militari dell’Arma.
Difatti, sebbene il T.A.R. abbia ritenuto la doglianza generica e la censura meramente assertiva a fronte delle puntuali e circostanziate valutazioni contenute negli atti impugnati, scaturite anche dalla motivazione della sentenza di questo Consiglio sul provvedimento disciplinare di stato (C.d.S., sez. IV, -OMISSIS- che ha lasciato espressamente impregiudicata la contestazione di un comportamento poco collaborativo con le forze di polizia operanti nella specifica circostanza e dell’inopportuna frequentazione con un soggetto risultato pluripregiudicato), l’appellante si è limitato a ripetere l’asserto, non circostanziato e puramente verbale, che dalla documentazione acquisita risulterebbe evidente che avrebbe fornito ogni possibile collaborazione alla luce di quanto nella sua effettiva conoscenza (cfr. pag. 15 s. del ricorso d’appello e pag. 13 s. del ricorso di primo grado).
9. – In conclusione, l’appello dev’essere accolto, attesa la riscontrata tardività del rinnovo del procedimento disciplinare.
Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado e annullata l’impugnata sanzione disciplinare di corpo.
10. – Le spese del doppio grado del giudizio possono essere compensate, in considerazione dei peculiari profili della vicenda esaminata.