Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-09-18, n. 201704374

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-09-18, n. 201704374
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704374
Data del deposito : 18 settembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/09/2017

N. 04374/2017REG.PROV.COLL.

N. 02421/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2421 del 2015, proposto dalla Azienda Ospedaliera - Pia Fondazione di culto e religione “Card. G. Panico”, con sede a Tricase (LE), in persona del Direttore generale, legale rappresentante pro tempore, Suor M.B., rappresentata e difesa dall'avvocato E S D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;

contro

La Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato S O D L e dall’avvocato M G, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, Via Barberini, n. 36;
L’Azienda Sanitaria Locale di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione di Lecce, Sez. II, n. 2072/2014, resa tra le parti, concernente l’accertamento del diritto dell’Ospedale “Card. G. Panico” ad ottenere la remunerazione di tutte le prestazioni sanitarie erogate nell’anno 2009, nonché la condanna della Regione Puglia a versare all’appellante la corrispondente somma.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2016 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti l’avv. Giulio Petruzzi, su delega dell’avv. E S D, e l’avv. S O D L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il Documento di Economia e Finanza- DIEF per il 2009 (approvato con la DGR n.1442/2009), la Regione Puglia assegnò all’Ospedale “Card. Panico” di Tricase (LE) l’importo complessivo di euro 73.064.000,00, quale tetto di remunerazione per le prestazioni sanitarie erogate a carico del SSR per l’anno 2009.

Successivamente. con determinazione del 30 dicembre 2010, n. 372, l’Ufficio Organizzazione ed Assistenza ospedaliera della Regione Puglia, riconoscendo nei confronti della struttura ospedaliera in questione l’intervenuto «splafonamento delle prestazioni tariffate e della somministrazione farmaci» per un importo complessivo di euro 2.700.000,00 circa, dette atto che, successivamente al c.d. «splafonamento», «il tetto di spesa deve ritenersi elevato» all’importo totale di euro 79.008.144,92;
quindi, nello stesso provvedimento, l’Ufficio Organizzazione calcolò che per l’anno 2009 alla struttura Ospedaliera (applicando i criteri di computo stabiliti dalla Legge Regione Puglia n. 14/2004, art. 17, commi 2 e 3) sarebbe spettata l’assegnazione di un importo complessivo di euro 77.808.144,92 (per le voci ricoveri in DRG e specialistica, mobilità extraregionale, farmaci ed emergenza), facendo presente, comunque, che il saldo definitivo derivante «dalla differenza tra l’elevato tetto di spesa e quanto erogato in precedenza e con la presente determinazione dovrà avvenire con altro successivo atto dirigenziale», in quanto la ASL LE non aveva ancora rendicontato e certificato le attività relative alle prestazioni di emergenza ed altre prestazioni non tariffate.

In conseguenza la suddetta determinazione dirigenziale n.732/2010 contestualmente disponeva a favore della struttura ospedaliera in questione l’erogazione di euro 2.722.122,47.

Vista la ricognizione di cui alla suddetta determinazione del dicembre 2010, la Pia Fondazione “Card. G. Panico” rappresentò alla Regione che, pur avendo rendicontato l’avvenuta erogazione di prestazioni per un importo complessivo di euro 87.739.521,21 al 31 dicembre 2009, tuttavia i competenti uffici non avevano provveduto a versarle la somma di euro 9.931.376,29, di cui euro 8.034.243,98 per prestazioni di ricovero ed ambulatoriali ed euro 1.897.132,31 per attività di pronto soccorso.

1.1. Quindi, rimaste senza esito le istanze per ottenere la remunerazione di tale differenza, la suddetta Pia Fondazione propose innanzi al TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, il ricorso R.G. 1608/2012 (notificato nell’ottobre 2012 alla Regione Puglia), per il riconoscimento del diritto alla remunerazione di tutte le prestazioni sanitarie erogate nel 2009, con la conseguente condanna della Regione medesima a corrispondere il relativo importo, nonché, ove necessario, per la disapplicazione o dichiarazione di nullità, della determinazione dirigenziale dell’Ufficio Organizzazione Assistenza ospedaliera della Regione Puglia n. 372/2010.

1.2. A fondamento della sua pretesa creditoria, la Pia Fondazione ha dedotto che, quanto al tetto annuo di remunerazione delle prestazioni erogate con onere a carico del SSR, le strutture sanitarie gestite da enti ecclesiastici godrebbero di un regime di sostanziale equiparazione rispetto alle strutture sanitarie pubbliche e che la Regione Puglia avrebbe dovuto remunerare tutte le prestazioni rese dall’Ospedale in applicazione della specifica convenzione stipulata nel 1978 tra le stesse parti e delle disposizioni di cui alla legge Regione Puglia n. 14/2004 e successive modificazioni.

1.3. Il giudice di primo grado, assorbita l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della determinazione regionale, che aveva approvato il DIEF per l’anno 2009 (sollevata dalla Regione Puglia), ha respinto il ricorso, rilevando che (in conformità all’orientamento del Consiglio di Stato, formatosi su controversie analoghe), a seguito delle modifiche del quadro normativo di riferimento, introdotte con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133, va esclusa la dedotta efficacia della convenzione stipulata il 21 giugno 1978 (nel rispetto dello schema tipo indicato dal D.M. Sanità 30 giugno 1975) tra la Regione Puglia e la Pia Fondazione “Card. G. Panico”, in quanto a partire dal 2009 anche le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture ‘equiparate’ con oneri a carico del SSR sono remunerate esclusivamente nei limiti degli inderogabili tetti di spesa annui preventivamente assegnati.

Pertanto - prosegue il giudice di primo grado - «l’osservanza del tetto di spesa rappresenta un vincolo ineludibile, in quanto misura delle prestazioni sanitarie che il servizio sanitario può erogare e permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato».

1.4. Avverso tale sentenza la Pia Fondazione di culto e religione “Card. G. Panico”, con sede a Tricase (LE), ha proposto l’appello in epigrafe, R.G.242572015, chiedendone la riforma con un unico articolato motivo, ma precisando, comunque, che, nelle more dell’impugnazione della sentenza del TAR, la Regione Puglia aveva liquidato a favore della Pia Fondazione anche l’importo di euro 1.897.132,31 (a titolo di remunerazione per l’attività di pronto soccorso svolta nel 2009), di cui nel ricorso di primo grado era stato chiesto il versamento.

1.5. In particolare l’appellante deduce che le modifiche apportate dal D.L. n. 112/2008 al quadro normativo preesistente non avrebbero comportato il disconoscimento della c.d. equiparazione tra gli ospedali classificati e le Aziende ospedaliere pubbliche nei termini assoluti esposti dalla sentenza impugnata.

Inoltre, nel caso di specie, la stessa Regione Puglia con la DGR n. 112/2001, nel riconoscere in capo all’Ospedale Cardinale Panico, ente ecclesiastico, i requisiti tecnici ed organizzativi, previsti dal D.LGS n. 502/1992 (art.4, comma 2) per essere inserito nel complesso delle strutture eroganti prestazioni sanitarie di interesse pubblico, avrebbe di fatto equiparato tale struttura sanitaria alle Aziende ospedaliere pubbliche, estendendo a questo Ospedale gli stessi criteri di spesa, le tariffe, gli obiettivi e gli Accordi generali approvati per le Aziende Ospedaliere.

Né tanto meno - asserisce l’appellante - le nuove disposizioni del D.L. n.112/2008 avrebbero determinato una sostanziale assimilazione degli ospedali classificati alle case di cura private, atteso che permarrebbe, comunque, la posizione di equiparazione dei primi alle strutture pubbliche ai fini della erogazione delle prestazioni senza le cogenti limitazioni di spesa previste, invece, per le case di cura accreditate.

1.6. Con memoria del 29 luglio 2016, l’Ospedale appellante ha insistito nelle conclusioni di riforma della sentenza, rappresentando che la mancata stipula dell’accordo tra l’Ospedale e la Regione comporterebbe, da un lato, la persistente efficacia della convenzione stipulata tra la Regione e la struttura sanitaria in questione nel giugno 1978 e, dall’altro, il diritto dell’appellante ad ottenere la remunerazione di tutte le prestazioni erogate in applicazione del regime convenzionale vigente, che non prevedeva tale genere di limiti.

Inoltre il giudice di primo grado - ad avviso dell’appellante - non avrebbe rilevato che nella Regione Puglia nel 2009 non vigeva un sistema di tetti di spesa invalicabili, introdotto solo dalla legge regionale n. 12/2010, art. 3, e che, comunque, la normativa regionale del 2010 non indicherebbe tra i destinatari dei tetti di spesa invalicabili né le strutture sanitarie pubbliche né quelle ad esse equiparate tra cui gli ospedali classificati, gestiti da enti ecclesiastici.

1.7. In data 16 maggio 2016 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, che ha chiesto il rigetto dell’appello.

Con successiva memoria del 27 luglio 2016, la Regione ha preliminarmente riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Ad avviso della Regione, poiché l’Ospedale non aveva impugnato il DIEF per il 2009, ne deriverebbe sia, come prima conseguenza, che il suddetto tetto di spesa assegnato si sarebbe consolidato, sia, come ulteriore conseguenza, che (in conformità all’orientamento dettato dalle pronunce del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 697/2013 e n. 2529/2013) sarebbe inammissibile la domanda per l’accertamento del diritto alla remunerazione delle prestazioni eccedenti il tetto di spesa prefissato.

1.7.1. Nel merito la Regione ha chiesto il rigetto dell’appello, richiamando la precedente sentenza n. 2591/2014, con cui questa Sezione Terza (pronunciandosi su analoga controversia insorta tra le stesse parti) ha respinto il ricorso R.G. 7492/2012, proposto innanzi allo stesso TAR Puglia, Sezione di Lecce, per l’accertamento del diritto dell’Ospedale “Card. G. Panico” alla remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate dallo stesso Ospedale nel 2010 in eccedenza al tetto prefissato dalla Giunta Regionale con il DIEF per il 2010

In particolare la Regione ha rappresentato che (in conformità a quanto ha statuito la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 735/2013) le modifiche introdotte dal D.L. n. 112/2008 comporterebbero che il corrispettivo, preventivato in sede di programmazione regionale e negli accordi, diventi di fatto un tetto di spesa invalicabile e, a sostegno di tale conclusione, rileva che il D.L. n. 112/2008, introducendo il comma 18 nell’art. 1 del D. LGS. n. 502/1992, ha altresì stabilito che «le attività e funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato articolo 4, comma 12, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’art 8 quinquies».

In punto di fatto, peraltro, la Regione appellata ha rilevato che i competenti uffici regionali, comunque, avevano provveduto a liquidare in parte (ai sensi della legge della Regione Puglia, n. 26/2006) le prestazioni erogate dall’Ospedale appellante oltre il tetto di spesa assegnato «in via residuale ed eccezionale», nella misura del 25%, quanto ai DGR, e nella misura del 30%, quanto alla specialistica ambulatoriale, mentre, per la somministrazione dei farmaci, la somma rendicontata risultava integralmente liquidata (vedi D.D. n. 372/2010).

1.8. Con memoria di replica del 8 settembre 2016, l’Ospedale appellante ha insistito sulla ‘centralità’ della circostanza che nel 2009 la Regione Puglia non le abbia sottoposto alcuna proposta di Accordo al fine di definire eventuali limiti nella erogazione delle prestazioni sanitarie al pubblico.

Da ciò - avviso dell’Ospedale - consegue che, da un lato, la determinazione che approvava il DIEF costituirebbe un atto endoprocedimentale, mentre, specularmente, a favore della struttura si sarebbe definito un vero e proprio diritto alla remunerazione integrale delle prestazioni erogate.

Infine - rileva l’appellante - la Regione avrebbe dovuto tener conto della circostanza che la specifica collocazione della struttura nei documenti programmatori e le numerose richieste di erogazione di prestazioni provenienti dalle strutture sanitarie pubbliche avevano ingenerato nella Pia Fondazione il legittimo affidamento sulla perdurante efficacia del regime fissato dalla convenzione del giugno 1978 per la remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate.

Alla pubblica udienza del 29 settembre 2016, uditi i difensori presenti per le parti e preso atto che l’appellante ha depositato copia dell’Accordo stipulato con la Regione Puglia per la remunerazione delle prestazioni per l’anno 2016, la causa è passata in decisione.

2. In diritto il Collegio ritiene opportuno premettere alcune osservazioni di carattere generale sulla categoria degli ospedali c.d. classificati, cioè delle strutture ospedaliere generalmente gestite da ordini religiosi, che, in applicazione dell’art. 20 della legge n. 132/1968, furono ‘classificati’, ove in possesso dei requisiti previsti ed a domanda, in una delle seguenti tipologie: ospedali generali (distinti in ospedali di zona, provinciali e regionale) e specializzati in corrispondenza alle caratteristiche organizzative ed ai requisiti tecnici,.

Tale procedimento di classificazione, quindi, determinò l’inserimento degli ospedali religiosi nella programmazione dell’assistenza ospedaliera, per cui i medesimi furono affiancati agli enti ospedalieri, che gestivano gli ospedali pubblici, e furono sottoposti alla vigilanza regionale e a quella ministeriale e, pertanto, nell’assetto complessivo del sistema ospedaliero, furono equiparati, quanto allo svolgimento dell’attività assistenziale, alle strutture sanitarie pubbliche.

Si tratta, comunque, di strutture che, nonostante l’evoluzione della normativa sull’assistenza sanitaria, hanno conservato sia la natura di enti di diritto privato, sia l’autonomia gestionale (anche in materia di personale), e che non furono assoggettati all’obbligo di adeguare il bilancio alle nuove regole dettate dalla riforma della contabilità pubblica, di cui alla legge n. 468/1978.

2.1. In seguito, istituito il SSN dalla legge n. 833/1978, la distinzione degli ospedali classificati dalla strutture sanitarie pubbliche fu confermata dall’art. 41 della stessa legge, che ha espressamente escluso qualsiasi innovazione per la disciplina degli ospedali classificati «per quanto concerne il regime giuridico –amministrativo degli istituti ed enti ecclesiastici che esercitano l’attività ospedaliera»;
né modifiche sul punto furono introdotte dal successivo D.LGS. n. 502/1992, che, all’art. 4, ha confermato la disciplina vigente per gli enti, che esercitano l’assistenza ospedaliera ai sensi dell’art 41 della legge n. 833/1978.

2.2. La distinzione tra le strutture sanitarie pubbliche e gli ospedali classificati equiparati è stata confermata anche di recente dal D.L. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008, il quale, all’art 79 (che ha modificato il comma 18 dell’art.1 del D.LGS. n. 502/1992), dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del SSN sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all’art. 8 quinquies del D.LGS. n. 502/1992.

Né la mancata completa assimilazione degli ospedali equiparati alle strutture ospedaliere pubbliche dà luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento, in quanto dal quadro normativo emerge che tali strutture, enti ecclesiastici, essendo soggetti di proprietà privata (il cui titolare ha piena autonomia di gestione), non hanno obblighi di rendicontazione e non sono soggetti all’osservanza delle previsioni di diritto pubblico nelle scelte aziendali, ma sono destinatari solo dei vincoli della programmazione pubblica, che si estrinsecano, principalmente, mediante l’assegnazione di finanziamenti agli investimenti e mediante la determinazione dei tetti di spesa.

2.3. Premesso quanto sopra in ordine alla categoria dei c.d. ospedali classificati equiparati, con riguardo alla vicenda all’esame, preliminarmente il Collegio rileva che l’Ospedale Cardinale Panico (come si desume anche dalla contestata determinazione dirigenziale regionale n. 372/2010) è una struttura ospedaliera religiosa, ente ecclesiastico gestito dalla omonima fondazione di culto e, pertanto, non può essere qualificata come «Azienda Ospedaliera Pubblica», mentre sia nel ricorso di primo grado sia nell’appello in epigrafe, comunque, viene indicata come «Azienda Ospedaliera».

A tale conclusione conduce anche l’esame della DGR Puglia n. 112/2001, che, infatti, si limita a stabilire la equiparazione dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase (LE) alle Aziende ospedaliere allo specifico fine della programmazione delle spese, delle tariffe e dei tetti di spesa della Regione, che per l’anno 2001 (in applicazione della L.R. n. 28/2001, art. 20) aveva stabilito di ridurre di cinque punti i tetti di remunerazione fissati per il 2000.

Né per smentire tale conclusione giova all’appellante richiamare il precedente di questa stessa Sezione (Cons. Stato, Sez. III, n. 735/2013), in cui su analoga controversia si è affermato che l’Ospedale in questione «è stato costituito in azienda ospedaliera giusta la DGR n. 112/2001»: infatti il richiamo della sentenza alla citata DGR (già sopra menzionata) non consente, in sede interpretativa, di attribuire alla equiparazione in questione una portata maggiore di quella esplicitamente definita dalla Giunta Regionale nel contesto deliberativo di riferimento.

2.3.1. D’altra parte la giurisprudenza del Consiglio di Stato più volte si è pronunciata sulla natura giuridica della Pia Fondazione “Card. G. Panico” di Tricase, affermandone la natura di struttura sanitaria privata, semplicemente equiparata alle strutture sanitarie pubbliche e questa Sezione ha confermato l’orientamento consolidato nella pronuncia con cui ha definito altra analoga controversia instaurata dalla stessa Pia Fondazione nei confronti della Regione Puglia in ordine alla remunerazione delle prestazioni erogate oltre il tetto di spesa regionale fissato per l’anno 2010 (vedi Cons. Stato, Sez. III, n. 2591/2014, la cui motivazione è stata riportata ampiamente nella stessa sentenza impugnata) .

2.3.2. Come espone la Pia Fondazione appellante, l’Ospedale “Card. G. Panico” nel 1968 fu classificato «Ospedale generale di zona», ai sensi della legge n. 132/1968, dal Medico Provinciale di Lecce con decreto 6 novembre 1968, n. 6696, e quindi, in conformità alla normativa dell’epoca, in data 21 giugno 1978 stipulò una convenzione con la Regione Puglia per l’esercizio dell’attività assistenziale;
in seguito fu riclassificato «Ospedale Provinciale Generale» con decreto del Presidente della Giunta della Regione Puglia 20 marzo 1981, n. 365.

Attualmente la Pia Fondazione di culto e religione “Card. G. Panico”, con sede a Tricase (LE), in qualità di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, gestisce una struttura ospedaliera, che, con una dotazione di oltre 400 posti letto, si colloca da vari decenni tra le principali strutture sanitarie, che provvedono alla copertura del fabbisogno assistenziale della provincia di Lecce, come si rileva anche dal suo inserimento nell’ambito del Piano di riordino della rete ospedaliera regionale, adottato dal commissario ad acta nominato per la gestione del Piano di Rientro dal disavanzo finanziario del SSR della Puglia.

2.4.Venendo all’esame della specifica questione in controversia, in via preliminare va trattata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, non esaminata dal giudice di primo grado e riproposta dalla Regione Puglia appellata nella memoria difensiva depositata in data 27 luglio 2016.

La Regione Puglia ha dedotto che «l’ente ricorrente non ha impugnato il DIEF, il quale disponeva l’assegnazione delle risorse da impegnare sul Fondo Sanitario regionale, così incorrendo nelle decadenze di rito».

Ritenendo che una pronuncia nel merito risponda meglio alle prioritarie esigenze di certezza nella interpretazione del quadro normativo in controversia, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame della suddetta eccezione di inammissibilità, in quanto l’appello è infondato nel merito, e, pertanto, va respinto.

2.4.1. Peraltro, ancora in via preliminare, l’appello, comunque, va dichiarato inammissibile ed improcedibile in parte qua per carenza di interesse in ordine alla remunerazione per l’anno 2009 di due specifiche tipologie di prestazioni, in quanto risulta che la Regione ha provveduto a liquidare i relativi crediti vantati dall’appellante (come di seguito si espone).

Infatti, in primo luogo, risulta integralmente liquidato (con D.D. n.231/2010) l’importo rendicontato per la voce “somministrazione farmaci” (euro 3.522.022,02), almeno secondo quanto riferisce nella memoria difensiva la Regione Puglia (sia in primo che in secondo grado), con una precisazione non contestata dall’appellante, e secondo quanto risulta dalla stessa determinazione dirigenziale citata n. 372/2010.

In secondo luogo, poi, la stessa difesa dell’Ospedale ha rappresentato che, nelle more della proposizione dell’appello, la Regione, comunque, ha liquidato a favore della struttura sanitaria l’importo di euro 1.897.132,31 a titolo di remunerazione per l’attività di pronto soccorso svolta nel 2009.

Peraltro dagli atti del giudizio risulta che tale importo corrisponde alla somma che la stessa Pia Fondazione ha indicato nel documento (a firma del Direttore Generale ) «Prospetto Finanziario 2009», al titolo «Credito verso la Regione Puglia 2009» , voce «ecc. funzioni emerg.».

2.5. Per la restante parte l’appello va respinto perché infondato nel merito.

In primo luogo, secondo la giurisprudenza consolidata (vedi ex multis Cons. Stato, Sez. III, n. 2591/2014 e 735/2013), la posizione degli ospedali privati c.d. classificati è equiparata a quella delle strutture sanitarie pubbliche limitatamente ad aspetti organizzativi ben definiti dal legislatore, quali i requisiti tecnici e funzionali, nonché la programmazione, il finanziamento degli investimenti e gli elementi costitutivi delle tariffe delle prestazioni erogate.

In secondo luogo va tenuto conto del fatto che, prima del 2009, il D.LGS. n. 502/1992, art 8 quinquies (nel testo modificato dal d.lg. n. 229/1999) prevedeva che le Regioni definissero attraverso ’Accordi’ con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulassero ‘contratti’ con quelle private le caratteristiche essenziali del servizio sanitario e delle prestazioni sanitarie con riguardo al volume massimo delle prestazioni che le strutture sanitarie si impegnano ad assicurare, ai requisiti del servizio ed al corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, da verificare a consuntivo secondo le indicazioni dettate dalla Regione in ordine alla remunerazione delle prestazioni eventualmente erogate in eccedenza rispetto al programma preventivo concordato.

2.6. Pertanto, come ha chiarito la giurisprudenza ormai consolidata (vedi anche Cons. Stato, Sez. III, n. 697/2013), prima del D.L. n.112/2008, sussisteva la possibilità che le prestazioni erogate oltre i volumi preventivamente concordati negli accordi fossero remunerate in qualche misura, cioè secondo i criteri stabiliti dalla Regione (in applicazione del D.LGS. n. 502/1992, art.8 quinquies, comma 1, lettera d).

2.6.1. Ma il D.L. n. 112/2008 modifica, tra l’altro, con effetto dal 2009, proprio la disciplina della remunerazione delle prestazioni erogate oltre il volume preventivamente concordato ed infatti introduce nel citato art 8 quinquies il comma 2 quater, che prevede in capo alle Regioni la competenza a stipulare ‘accordi’ anche con gli ospedali di cui all’art. 41 della legge n. 833/1978 (istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano assistenza ospedaliera).

Il citato comma 2 quater, mentre, per un verso, dispone che, in conformità a tali ‘Accordi’, l’attività assistenziale, attuata in coerenza con la programmazione sanitaria regionale, «sia finanziata a prestazione in base ai tetti di spesa ed ai volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale nel rispetto dei vincoli di bilancio», per altro verso, contestualmente, esclude che «il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate» sia sottoposto a verifica «a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte».

Inoltre, con espresso riferimento alle attività assistenziali delle strutture equiparate, lo stesso D.L. n. 112/2008, modificando anche l’art. 1, comma 18, del d.lg. n. 502/1992, ha stabilito altresì, che «le attività e funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato art. 4, comma 12, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’art.8 quinquies».

Pertanto, a fronte di questo nuovo quadro normativo, «conseguentemente il corrispettivo preventivato in sede di programmazione regionale e negli accordi contrattuali diventa, di fatto, un tetto di spesa invalicabile» (giurisprudenza consolidata, vedi ex multis Cons. Stato, Sez. III, n. 735/2013, citata).

2.7. Né tale regime normativo può essere derogato nel caso specifico, in quanto la Regione non avrebbe sottoposto all’Ospedale religioso appellante uno schema di accordo da sottoscrivere in materia di remunerazione di volumi massimi di prestazioni ai sensi della disposizione introdotta con il comma 2 quater dell’art.8 quinquies citato.

Al riguardo va disattesa l’argomentazione dell’appellante, secondo la quale, tra l’altro, il giudice di primo grado avrebbe acriticamente applicato alla controversia la normativa citata e richiamato la consolidata giurisprudenza formatasi in materia, che, invece, riguardava una fattispecie perfezionatasi nel 2010 cioè dopo l’entrata in vigore della legge regionale n. 12/2010, mentre avrebbe dovuto considerare la centralità della mancanza di un accordo tra la Regione e la struttura classificata che sostituisse la preesistente convenzione vigente dal giugno 1978, nonché la circostanza che solo con la legge regionale n. 12/2010, art. 3, la Regione Puglia ha previsto la non remunerabilità delle prestazioni sanitarie erogate oltre il tetto di spesa prefissato.

Infatti, a differenza di quanto deduce l’appellante, il giudice di primo grado ha esaminato il profilo della dedotta «sopravvivenza della convenzione» stipulata il 21 giugno 1978 tra la Regione e l’Ospedale Cardinale Panico, concludendo che la ultrattività della convenzione va esclusa, in quanto, come in controversia analoga ha affermato questo Consiglio (Sez. III, n. 2591/2014 citata), poiché l’osservanza del tetto di spesa preventivamente fissato rappresenta un vincolo ineludibile, la mancata sottoscrizione dell’accordo, per conseguenza, non fa venir meno il vincolo determinato dal tetto di spesa massimo assegnato e non consente, quindi, il superamento di tale tetto.

2.7.1. Quindi correttamente la sentenza impugnata afferma che la convenzione del 1978, di cui appellante invoca l’efficacia (in carenza della nuova disciplina convenzionale da stabilirsi con l’accordo), deve, invece, ritenersi inapplicabile alla remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate dall’Ospedale nel 2009, in quanto incompatibile con la normativa sopravvenuta .

In particolare la perdurante applicazione della convenzione del 1978 sarebbe in contrasto con i limiti introdotti dal D.L. n. 112/2008, art.79, che (aggiungendo il comma 2 quater all’art.8 quinquies citato) ha escluso che siano oggetto di revisione a consuntivo gli accordi stipulati tra la Regione e gli enti ed ospedali classificati (di cui alla legge n. 833/1978, art. 41) sui tetti di spesa e sui volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale (nel rispetto dei vincoli di bilancio).

2.7.2. Né tali conclusioni sono correttamente contestabili con l’argomento che, in effetti, l’ospedale, mancando la stipula dell’accordo con la Regione, non era in grado di attenersi alle regole più restrittive fissate dalla programmazione regionale in tema di non remunerazione di prestazioni erogate oltre il tetto di spesa prefissato.

Infatti, da un lato, il DIEF per il 2009 (approvato con DGR 4 agosto 2009, n. 442), con il quale la Regione aveva fissato le assegnazioni dirette alle Aziende USL ed «i tetti di remunerazione per gli enti ecclesiastici», è stato tempestivamente conosciuto dalla parte appellante, che non lo ha impugnato, mentre, dall’altro, non risulta che l’Ospedale appellante avesse tutelato le sue pretese, contestando con rimedi procedimentali o con rimedi giurisdizionali la ipotizzata inerzia della Regione in ordine alla mancata proposizione di uno schema di accordo per i tetti di spesa del 2009.

Per tale ragione, quindi, l’appellante non può invocare, come argomento a favore della persistente efficacia della convenzione del 1978, l’inerzia nel provvedere, cui ha fatto chiaramente acquiescenza.

2.7.3. Quindi (ai fini della pretesa alla remunerazione delle prestazioni erogate oltre il tetto di spesa fissato nella programmazione regionale) risulta ininfluente la circostanza che nella Regione Puglia solo la legge regionale n. 12/2010 (recante l’approvazione del Piano di rientro sanitario, trattandosi di regione in stato di disavanzo finanziario del SSR), all’art.3, abbia vietato l’erogazione e la remunerazione con oneri a carico del SSR di prestazioni effettuate al di fuori del tetto massimo e del volume di attività predeterminati annualmente, con espressa abrogazione della precedente normativa regionale (legge reg. n. 14/2004 e legge reg. n. 26/2006), che, invece, prevedeva i criteri per la parziale remunerazione delle prestazioni extra tetto.

2.8. Per tali ragioni, va ritenuta ininfluente anche l’ulteriore circostanza (riportata dall’appellante nella memoria) che la Regione Puglia nell’anno 2012 abbia riconosciuto tutte le prestazioni erogate dall’ospedale in questione (disponendo anche un versamento aggiuntivo) ed abbia sottoscritto un accordo con lo stesso appellante soltanto nel 2013.

Infatti la circostanza che la Regione «fino a tale data abbia rinunciato ad esercitare il relativo potere», nonostante il chiaro tenore della citata normativa statale del 2008, non rappresenta una idonea ragione a sostegno della fondatezza della pretesa dell’appellante, essendo evidente che eventuali anomalie amministrativo- contabili, a prescindere dai profili soggettivi di responsabilità patrimoniale, sotto il profilo oggettivo non possono essere richiamati a sostegno di analoghe pretese al riconoscimento di remunerazioni, che, in chiara difformità con gli obiettivi di contenimento del disavanzo finanziario del SSN, comportano oneri alla finanza pubblica ulteriori rispetto a quelli programmati.

2.8.1. Pur nella consapevolezza che fenomeni di inerzia da parte delle Regioni ad adeguarsi alla normativa statale sono frequenti, tuttavia il Collegio ritiene che tali situazioni non possano essere utilmente richiamate dalle strutture sanitarie interessate al perdurare di benefici, che, invece, sarebbero già stati eliminati, ove la Regione avesse tempestivamente provveduto per quanto di competenza.

2.9. D’altra parte, a differenza di quanto asserito dall’appellante, al DIEF per il 2009 (approvato con DGR n. 442/2009) non poteva essere attribuita (come eventualmente fino all’anno 2008) natura di atto endoprocedimentale, cui avrebbe fatto seguito (in applicazione dell’art 8 quinquies, comma 2, lettera d) l’accordo integrativo in cui il corrispettivo preventivato (a fronte delle attività concordate) era sottoposto dalla Regione a verifica a consuntivo in base ai risultati raggiunti dal soggetto erogatore.

Infatti, come ha evidenziato la Sezione nelle varie citate pronunce, la nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 112/2008 (che ha aggiunto il comma 2 quater all’art.8 quinquies citato) comporta che, essendo esclusi i suddetti accordi integrativi, il soggetto erogatore, ove contesti (come nel caso all’esame) la determinazione del tetto di spesa delle prestazioni a carico del SSR, deve tempestivamente impugnare i provvedimenti autoritativi, che fissano tali limiti, in quanto si tratta, all’evidenza, di determinazioni definitive cogenti nei confronti dei soggetti erogatori medesimi.

2.9.1. In conseguenza, in presenza di prestazioni erogate oltre il tetto di spesa assegnato, «lo scostamento del risultato di gestione rispetto alle previsioni o comunque un dato contabile negativo, quale che ne sia la causa, non può fondare una pretesa ad ottenere un intervento finanziario pubblico» (Cons. Stato, Sez. III, n. 697/2013, citata).

Peraltro, come rileva il giudice di primo grado, «appare certo che gli effetti cogenti della normativa sopravvenuta non potevano risultare condizionati dall’atteggiamento delle parti, anche se pubbliche».

Al riguardo questo Collegio aggiunge che, diversamente, sotto il profilo oggettivo, accadrebbe che il nuovo regime, previsto da norme di rango primario, avrebbe tempi di effettiva applicazione differenziati in corrispondenza al grado di diligenza delle amministrazioni regionali, con la conseguente non consentita disparità di trattamento tra i destinatari del nuovo regime.

3. Infine, quanto allo specifico ammontare del credito di cui la Fondazione chiede il riconoscimento alla Regione Puglia, va tenuto presente che (come già sopra accennato) la spesa per la somministrazione dei farmaci è stata integralmente liquidata fin dal 2010 (D.D. n. 231/2010) per complessivi euro 3.522.022,02 e che tale versamento risulta indicato sia nella memoria difensiva della Regione Puglia (non contestata dall’appellante), sia nella stessa D.D. n. 372/2010 (sul punto non contestata dall’appellante).

Inoltre, dalla citata memoria della Regione Puglia emerge, altresì, che, pur avendo l’Ospedale Cardinale Panico superato i tetti di spesa stabiliti nel 2009 per le voci «prestazioni di ricovero» e «specialistica ambulatoriale», tuttavia la Regione ha riconosciuto, comunque, gli importi di tali c.d. «splafonamenti» (in applicazione della legge regionale n. 26/2006, art.18, comma 2) e, quindi, li ha liquidati in parte qua a favore della struttura ospedaliera nelle percentuali fissate dalla legge regionale n. 14/2014, art 17 (cfr. la citata determinazione dirigenziale n. 372/2010).

Infine, va aggiunto che, secondo quanto espone la stessa Fondazione appellante, nelle more della proposizione dell’appello, la Regione ha liquidato, comunque, a favore della medesima anche l’importo di euro 1.897.132,31 corrispondente alla remunerazione del c.d. «splafonamento» per le attività di pronto soccorso erogate nel 2009 in eccedenza rispetto al tetto di spesa assegnato, pari ad euro 4.410.000,00.

4. In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, preliminarmente l’appello RG n. 2421/2015 va dichiarato inammissibile in parte qua per difetto di interesse con riguardo all’accertamento del diritto alla remunerazione corrispondente, rispettivamente, alla somministrazione dei farmaci ed alle prestazioni assistenziali di pronto soccorso, erogate in eccedenza sul tetto di spesa assegnato per l’anno 2009, con la conseguenza che il ricorso di primo grado va dichiarato in parte qua inammissibile ed improcedibile, mentre nel merito l’appello medesimo va respinto per la restante parte e, per l’effetto, va confermata, nei sensi e limiti sopra esposti, la impugnata sentenza del TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, n. 2072/2014.

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e, pertanto, sono liquidate in complessivi euro 4.000,00 oltre gli accessori di legge, a carico della Pia Fondazione di Culto e religione “Card. G. Panico”, con sede a Tricase (LE).

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