Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-10-20, n. 201007592
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N. 07592/2010 REG.SEN.
N. 05605/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5605 del 2006, proposto da:
Trend S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. A P, F V, con domicilio eletto presso A P in Roma, piazza S.Salvatore in Lauro, 10;
contro
Ministero delle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
Ispettorato Territoriale Veneto del Ministero Comunicazioni, Dir. Gen. Servizi Com. Elettr. e Radiodiffusione Min. Com., Dir. Gen. Pianif. e Gest. Spettro Radioelettrico Min. Com.;
nei confronti di
Rai Way S.p.A., Associazione Radio Maria, Freccia S.r.l.;R.A.I. - Radiotelevisione Italia S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Paolo Mantovan, Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per la riforma della sentenza del
T.A.R. VENETO – VENEZIA- SEZIONE III n. 01154/2006, resa tra le parti, concernente DISATTIVAZIONE IMPIANTI RADIO – RISARCIMENTO DEL DANNO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Comunicazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2010 il Consigliere F T e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Urbani Neri, e gli Avvocati Vaccaro e Mantovan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo per il Veneto ha delibato deciso (previa riunione) in ordine a quattro distinti e connessi ricorsi proposti dall’odierna appellante principale Trend s.r.l. ed in ordine ad un quinto ricorso (n. 1105/04) proposto da R.A.I. - Radiotelevisione Italiana s.p.a. e da R.A.I. Way s.p.a).
Il Tribunale amministrativo ha dapprima ripercorso le vicende che avevano dato luogo ad un protratto contenzioso promosso dall’odierna appellante, rammentando che, in punto di fatto, il presupposto causale riposava nella circostanza che le trasmissioni radiofoniche di R.A.I. - Radiotelevisione Italiana venivano tra l’altro irradiate sulla frequenza 91,100 MHz da Col Visentin, in provincia di Belluno e che da molti anni, la stessa R.A.I. lamentava che il suo segnale viene disturbato da quello emesso, su di una prossima frequenza, da “Radio Company”, di proprietà di Trend s.r.l., la quale trasmetteva, tra l’altro, da un impianto installato su Monte Barbaria, in comune di Valdobbiadene in provincia di Treviso (quest’ultima disponeva di regolare concessione, rilasciata dapprima nel marzo 1994 dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, quale impianto preesistente censito ex art. 32 l. n. 223 del1990, e, in seguito, con provvedimento 4 luglio 2003 del direttore generale del Ministero delle comunicazioni).
Essa ha fatto presente che erano già intervenute due decisioni del Tribunale amministrativo medesimo (la n. 3028/03 e la n. 3044/2003, impugnate e non sospese dal Consiglio di Stato).
Ha poi fatto presente di avere assunto l’ordinanza collegiale istruttoria 136/04 con la quale, ex art. 26, II comma, r.d. 17 agosto 1907, n. 642 aveva ordinato all’Ispettorato di svolgere un’ulteriore verificazione sull’adeguatezza del progetto di compatibilizzazione presentato da Trend nell’agosto 2004 e che la successiva relazione 27 dicembre 2004 era pervenuta alla conclusione che il nuovo progetto aveva apportato un miglioramento nettamente insufficiente per la risoluzione delle turbative (ragione per cui con l’ordinanza 38/05, rigettò la domanda cautelare).
Essa ha quindi respinto la richiesta di sospensione del giudizio di merito avanzata ex 295 Cod. proc. civ. dall’odierna appellante (sia con riguardo al profilo relativo alla asserita necessità di attendere il deposito dalla decisione di appello sul ricorso proposto avverso la sentenza n. 3028/03, sia con riguardo alla affermazione dell’appellante di avere effettuato una nuova, ulteriore proposta di compatibilizzazione tra il proprio impianto e quello R.A.I., secondo quanto stabilito nelle disposizioni contenute nell’atto intitolato “linee guida per la soluzione di problematiche interferenziali nel settore della radiodiffusione sonora”, congiuntamente sottoscritto da due dirigenti del Ministero dei trasporti e recanti la data del 24 giugno 2005): giova comunque precisare che nelle more dall’impugnata decisione questa Sezione del Consiglio di Stato ha respinto sia l’appello proposto avverso la decisione del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto n. 3028/03 ( sentenza n. 2644/06) che quello avverso la decisione n. 3044/03 (sentenza n. 121/2009).
Il giudice ha quindi preso in esame le doglianze contenute nei cinque riuniti ricorsi muovendo dall’esame delle censure proposte dalla odierna appellante nell’ambito del ricorso n. 2914/04.
Esse, infatti rivestivano portata assorbente: l’ordine di disattivazione, con esso impugnato, “superava” il precedente analogo provvedimento impugnato con l’ordine di disattivazione gravato con il ricorso 1635/04;a loro volta, gli atti impugnati con i ricorsi 977/04, e 1105/04 avevano avuto un’ efficacia meramente transitoria, in relazione alle verifiche sull’impianto R.A.I.;l’ultimo ricorso, infine, (n. 205/2005) riguardava un atto emesso nel corso della verificazione disposta dal Tribunale amministrativo ed aveva comunque cessato di produrre qualsiasi effetto.
La disamina delle censure contenute nel ricorso n. 2914/04 postulava, secondo la sentenza, la risoluzione del quesito relativo alla permanenza – o meno – della efficacia della ordinanza 19 novembre 2002, n. 347 (con cui l’Ispettorato veneto aveva ordinato la disattivazione temporanea dell’impianto) allorché l’Amministrazione ne dispose l’esecuzione con i provvedimenti oggetto del ricorso medesimo.
La predetta ordinanza n. 347/02 aveva disposto la disattivazione temporanea dell’impianto radioelettrico di Radio Company, posto in località Monte Barbaria, “sino alla soluzione dell’interferenza cui trattasi”, quella cioè arrecata, come risulta dal preambolo del provvedimento, che includeva anche una sinossi dei rilievi radioelettrici in precedenza compiuti, “al I MF R.A.I. (F0= 91,100 Mhz – Col Visentin - BL)” nonché “al I MF R.A.I. (F0= 90,800 Mhz – Bertinoro – FO)”: per conseguire tale obiettivo, sempre secondo l’ordinanza, Trend – Radio Company avrebbe potuto bensì “apportare modifiche alla funzionalità tecnico operativa del proprio impianto interferente”, purché tuttavia queste fossero “finalizzate alla soluzione delle descritte turbative”, previamente sottoposte all’Ispettorato ed accompagnate da idonei progetti tecnici.
Di tale provvedimento doveva affermarsi, secondo il Tribunale amministrativo, la permanente validità in quanto tratta vasi di ordinanza non espressamente ritirata dall’amministrazione, né privata di efficacia dal sopravvenire di disposizioni normative in materia.
Né poteva affermarsi che gli atti successivi (inviti alla compatibilizzazione) dell’amministrazione, e/o il provvedimento di sospensione da quest’ultima adottato potessero comportare un implicito ritiro della ordinanza medesima.
Secondo il Tribunale amministrativo, quindi, per ritenere superato l’ordine di disattivazione – e dunque illegittimi gli atti impugnati in primo grado - non aveva rilevanza un qualsiasi intervento sulla potenza e sulla posizione degli impianti, ovvero sulla frequenza da cui questi trasmettevano, ma soltanto le modificazioni che si conformassero alle prescrizioni testé compendiate, o perché effettivamente operate, ovvero almeno perché contenute in un idoneo progetto presentato all’Amministrazione.
Ciò non era in realtà avvenuto (già nell’ordinanza collegiale 136/04 il Tribunale amministrativo aveva rilevato come il principale thema decidendum della controversia fosse costituito dall’idoneità del progetto di compatibilizzazione, presentato nell’agosto 2004, a far cessare la situazione d’interferenza ed aveva disposto che l’Ispettorato effettuasse sul punto una verificazione ex art. 26 r.d. 17 agosto 1907, n. 642).
La verificazione, nel corso della quale erano anche stati effettuati sopralluoghi in contraddittorio tra le parti, era pervenuta alla conclusione per cui Trend aveva ottenuto, tramite la realizzazione del progetto di compatibilizzazione in esame, solo “un lieve miglioramento dei rapporti di protezione, rispetto alle precedenti campagne di misure”, “nettamente insufficiente per la risoluzione delle turbative lamentate dalla concessionaria pubblica R.A.I. nel Veneto e nell’Emilia-Romagna”.
Ne discendeva che la situazione, su cui si era fondata l’ordinanza n. 347/02, non poteva dirsi mutata, e che fosse dunque pienamente legittima la decisione dell’Amministrazione di darvi esecuzione con gli atti gravati in primo grado.
La circostanza che la verificazione si era svolta in contraddittorio consentiva altresì di superare la lamentata violazione d’interessi legittimi procedimentali, ex art. 32 della l. 6 agosto 1990, n. 223: il primo giudizio negativo sul progetto di compatibilizzazione, espresso dall’Ispettorato nel provvedimento 14 ottobre 2004, facendo proprie le conclusioni della R.A.I., aveva trovato conferma nella verificazione dovendosi quindi escludere che l’ipotetica (e comunque insussistente nel merito)violazione del ripetuto art. 32 si fosse riverberata sul provvedimento finale
Il Tribunale amministrativo ha poi dichiarato la inammissibilità delle doglianze di cui al predetto ricorso n. 2194/04, che negavano all’Amministrazione, in termini generali, il potere di disporre la disattivazione: gli atti impugnati erano diretti ad attuare la deliberazione n. 347/02, la quale già aveva disposto la disattivazione dell’impianto: il vizio riguardava semmai quest’ultima, ritenuta legittima da quel giudice con la sentenza 3028/03.
Analoghe ragioni inducevano alla reiezione della censura d’incompetenza dell’Ispettorato ad emettere gli atti gravati: ne discendeva la reiezione integrale del ricorso n. 2194/04 cui conseguiva l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse dei (comunque infondati) ricorsi n. 1635/04, 977/04 e 1105/04, proposti da Trend, e del pari improcedibile doveva ritenersi ricorso n.1105/04 proposto avverso lo stesso provvedimento da R.A.I. s.p.a. e da R.A.I. Way s.p.a. (che comunque si appalesava fondato laddove censurava il provvedimento perché questo, anziché limitarsi a consentire la sperimentazione in alternativa all’esecuzione all’ordine di disattivazione, permetteva che l’impianto Trend potesse operare con caratteristiche certamente non idonee a far cessare l’interferenza già accertata e sanzionata).
Il ricorso 205/05, con cui Trend aveva impugnato il messaggio 22 novembre 2004, n. ITV/3/7820/Cal-R-107, dell’Ispettorato territoriale veneto era invece palesemente inammissibile, in quanto detto atto non costituiva provvedimento amministrativo, diretto a modificare la situazione sostanziale e la sfera d’interessi riferibile a Trend, quanto piuttosto un atto con il quale l’Amministrazione aveva dato esecuzione all’ordinanza giurisdizionale 136/04.
La sentenza è stata appellata dalla originaria ricorrente Trend SRL, che ne ha chiesto l’annullamento in quanto viziata da errore ed illegittima ribadendo le prospettazioni già esposte nel corso del giudizio di primo grado e volte a sostenere in primo luogo la inesattezza della ricostruzione della vicenda in punto di fatto nei termini esposti dal Tribunale amministrativo e l’assenza di ragioni di connessione che giustificassero la riunione dei ricorsi n. 977/2004, 1635/2004 205/2005 e 2914/2004.
Nel merito, ha preso partitamente in esame i singoli capi di sentenza concernenti i riuniti ricorsi proposti, e ne ha affermato la erroneità sia in fatto (si confondeva la posizione di Rai WAY e quella della Rai;non si teneva conto della circostanza che le interferenze erano imputabili a Rai WAY e non alla odierna appellante;le compatibilizzazioni non avevano avuto esito a cagione del comportamento ostruzionistico di Rai WAY e della Rai) che sotto il profilo giuridico posto che i primi Giudici non avevano interpretato la ratio dell’art. 32 della legge n. 223 del 1990, che era quello della “convivenza mediante reciproci aggiustamenti” in ossequio alla esigenza di pluralismo nel sistema e non già quella della soppressione degli impianti.
Il gravame doveva essere accolto, e parte appellante doveva conseguire il risarcimento dei danni subiti (massime le spese approntate per la predisposizione delle due istanze di compatibilizzazione ingiustamente disattese).
Con una articolata memoria datata 13 settembre 2010 parte appellante ha puntualizzato e ribadito le suindicate censure.
Con ricorso in appello incidentale incidentale Rai s.p.a. e Rai WAY s.p.a. hanno chiesto la reiezione dell’appello principale.
Esse hanno ripercorso le vicende che – a far data dall’ordine di disattivazione del 18 novembre 2002 e, ancor prima, dal 1992 - avevano visto costantemente l’appellante , titolare di “Radio Company”, violare le prescrizioni impostegli;chiedere, ed ottenere, ingiustificati differimenti dell’esecuzuione del provvedimento;ipotizzare che fosse stata l’appellata Rai WAY s.p.a. a modificare illegittimamente la potenza del proprio impianto;proporre progetti di compatibilizzazione insufficienti e, anzi, aumentare illegittimamente la potenza dell’impianto che disturbava il segnale Rai allocandolo in postazioni non consentite.
Il provvedimento n. 3515/2004 aveva dichiarato inefficace il progetto di compatibilizzazione proposto dall’appellante il 7 luglio 2003 ed era stato specularmente accertato che il segnale Rai era irradiato in modo corretto.
La connessione tra i ricorsi riuniti con l’appellata decisione era evidente, trattandosi di impugnazioni avverso atti i quali costituivano - tutti- atti esecutivi della ordinanza di disattivazione precedentemente impugnata.
I motivi di censura avverso le statuizioni di inammissibilità od improcedibilità (cioè quelle che avevano attinto tutti i ricorsi di primo grado, eccetto quello proposto avverso il provvedimento n. 6374 del 10 ottobre 2004 declaratorio della inidoneità del progetto di compatibilizzazione presentato dall’appellante il 3 agosto 2004) non erano né puntuali né specifici, di guisa che ne conseguiva la inammissibilità.
Nel merito, la legittimità della ordinanza di disattivazione n. 347/2002 del 19 novembre 2002 (che a propria volta era conseguente alle misurazioni effettuate il 17 aprile 2002 ed alla
inottemperata nota del 29 agosto 2002 contenente l’ordine di eliminare i disturbi radioelettrici arrecati dall’impianto di propria pertinenza) era già stata confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 2644/2006;il provvedimento n. 3515/2004 aveva inoltre accertato che il segnale Rai era irradiato in modo corretto;la compatibilizzazione proposta da Trend era stata dichiarata insufficiente sinanco in sede di verificazione disposta dal Tar, avendo realizzato soltanto “lievi ed insufficienti miglioramenti”;di conseguenza era stato emesso in data 14 ottobre 2004 il provvedimento esecutivo dell’ordinanza di disattivazione n. 347/2002.
Le doglianze dell’appellante riproponevano questioni già oggetto di reiezione da parte del Consiglio di Stato con la decisione n. 2644/2006: la pretesa dell’appellante era poi vieppiù ingiustificata, laddove si consideri che con nota direttoriale n. 4334 del 20 luglio 2006 era stato accertato che la Rai non disponeva di segnali alternativi ricevibili con qualità soddisfacente, a differenza di parte appellante che disponeva di segnali alternativi di vari impianti ricevibili con qualità buona.
Dalla riproposizione da parte di Trend s.p.a. dei motivi del ricorso di primo grado n. 977/2004 nasceva l’esigenza di proporre in via incidentale subordinata i sei motivi di censura già proposti in primo grado nell’ambito del ricorso n. 1154/2004.
Rai s.p.a. e Rai WAY s.p.a. hanno puntualizzato e ribadito le suindicate censure con memoria conclusiva datata 15 settembre 2010 nel corpo della quale si rammentava che le interferenze arrecate dall’appellante dovevano considerarsi illecite ex art. 240 d.P.R. n. 156 del 1973 antevigente, art. 18 della legge n. 223 del 1990 in combinato con l’art. 3 della legge n. 110 del 1983, e art. 12 della legge n. 112 del 2004.
La difesa erariale dell’appellato Ministero ha depositato una sintetica memoria chiedendo che l’appello principale venga disatteso anche alla stregua delle affermazioni contenute nelle decisioni del Consiglio di Stato n. 2644/2006 e 121/2009.
Alla odierna pubblica udienza la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
L’appello è principale è infondato e deve essere respinto: dal che discende la improcedibilità del ricorso in appello incidentale.
Deve premettersi che la Sezione non ritiene accoglibile la richiesta ex art. 295 Cod. proc. civ. di sospensione dell’odierno giudizio, avanzata anche nel corso della discussione orale dalla difesa di parte appellante.
In disparte ogni considerazione in ordine alla genericità della richiesta ed alla carente dimostrazione del requisito della necessarietà, il Collegio non può che richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la sospensione necessaria del processo presuppone un nesso di stretta dipendenza e conseguenzialità logica tra due controversie per cui il merito dell'una non può essere esaminato prima che venga definita da altro organo giurisdizionale la questione pregiudiziale;pertanto il vincolo di pregiudizialità deve riguardare l'intera res litigiosa dedotta col ricorso, cioè deve investire l'intero rapporto in contestazione, mentre non è sufficiente a giustificare la sospensione del giudizio l'insorgere di una questione pregiudiziale, la cui soluzione non appaia indispensabile per il conclusivo accertamento, richiesto dalla parte privata, circa la legittimità o illegittimità del provvedimento impugnato.(Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 2004, n. 7536)
A ciò può aggiungersi che la peculiarità del giudizio in esame, in particolare la sussistenza di risalente e protratto contenzioso tra le parti sfociato in numerosi altri ricorsi (come meglio si chiarirà), taluni dei quali pendenti, impedisce di considerare positivamente la richiesta.
D’altro canto, differentemente argomentando, l’impugnazione di successivi provvedimenti o la presentazione da parte di un soggetto di successive “proposte” atte a “risolvere” il contenzioso, in tempi diversi, impedirebbe sempre e comunque il giudizio su distinti provvedimenti, inquadrabili temporalmente in epoca antecedente seppur aventi oggetto analogo a quelli successivamente impugnati.
In ultimo, quanto alla questione delle linee-guida, il Consiglio di Stato si è pronunciato mercè la decisione n. 4301/2010, di guisa che non appaiono sussistere impedimenti condizionanti negativamente la decisione di merito dell’odierna controversia.
Nel merito del ricorso in appello, la prima questione da risolvere è processuale e riguarda le doglianze dell’appellante avverso la deliberazione del Tribunale amministrativo per il Veneto di procedere alla riunione e trattazione congiunta dei ricorsi (in particolare si è lamentata la ontologica diversità tra gli atti impugnati con il ricorso n. 977/2004 e quelli oggetto dei ricorsi n. 2914/2004, 205/2005 e 1635/2004).
In proposito, non appare inopportuno rammentare che mercè il ricorso n. 2914/04 (in ordine al quale il Tribunale amministrativo entrò nel merito delle censure) era stato impugnato il provvedimento del 14 ottobre 2004 prot. ITV/3/06734/Cal R 107 del dirigente reggente l’Ispettorato territoriale veneto del Ministero delle comunicazioni, recante esecuzione dell’ordine di disattivazione temporanea n. 347/2002 del 19.11.2002 dell’impianto emissione radio Trend S.r.l. - Radio Company, sito in Monte Barbaria, frequenza 90.900 MHz, sino alla soluzione delle interferenze citate in quell’ordine ed al ripristino della frequenza in concessione, pari a 90.850 MHz, come indicato nella lettera 28 maggio 2004, prot. ITV/3/3513/Cal. R. 107.
Mercè i ricorsi n. 977/04 (proposto dalla odierna appellante e 1105/04, (proposto dall’appellata) si censuravano,ciascuno nei limiti del rispettivo interesse il provvedimento 20 gennaio 2004 prot. ITV/3/442/Cal-R-107, del dirigente l’Ispettorato territoriale veneto del Ministero delle comunicazioni e la diffida 11 febbraio 2004, n. ITV/3/00970/Cal-R-107, del dirigente l’Ispettorato territoriale veneto del Ministero delle comunicazioni.
Con il n. 1635/04, era stato impugnato l’atto 28 maggio 2004 prot. ITV/3/3513/Cal R 107 del dirigente reggente dell’Ispettorato territoriale veneto del Ministero delle comunicazioni, per l’esecuzione dell’ordine di disattivazione temporanea n. 347/2002 del 19.11.2002 dell’impianto dell’emittente Radio Company della Trend s.r.l., sito in Monte Barbaria trasmittente sulla frequenza 90.900 MHz. già fissata per il 19.12.2002, la comunicazione in pari data prot. ITV/3/3515/Cal R 107 - R 209 - R 524 del medesimo dirigente reggente dell’Ispettorato territoriale veneto e la comunicazione 3 giugno 2004, prot. ITV/CCER/Venezia/03622/BAC/R107-R209-R524 del direttore reggente, di convocazione per il 23 giugno 2004 per consentire l’accesso e l’esecuzione della disattivazione prevista negli atti precedentemente indicati del 28 maggio2004.
La censura ex art. 274 Cod. proc. civ. non appare fondata (e ciò, in disparte ogni considerazione – che già di per sé rivestirebbe rilievo troncante - sulla circostanza che l’appellante non dimostra quale danno le sarebbe disceso dalla riunione in oggetto, che sussiste, pieno, il rapporto di connessione soggettiva e che i fatti di causa trovano scaturigine causale in un medesimo fatto storico). Il Collegio, infatti non può sul punto che rammentare il tradizionale e consolidato orientamento secondo il quale ai sensi dell'art. 52 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, la riunione dei ricorsi giurisdizionali è rimessa alla potestà discrezionale e insindacabile del giudice (Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1988, n. 872).
La doglianza è quindi infondata e simile conclusione si raggiunge riguardo alla reiezione della istanza, articolata in primo grado, di sospensione del giudizio per pregiudizialità.
Ciò premesso, deve rilevarsi che numerose delle questioni devolute all’esame del Collegio mercè il ricorso in appello hanno trovato medio tempore soluzione, atteso che sono state depositate le decisioni rese da questo Consiglio di Stato sugli appelli proposti rispettivamente avverso la decisione del Tribunale amministrativo per il Veneto n. 3082/2003 e 3044/2003.
Il Consiglio di Stato infatti – come accennato sopra - con la decisione n. 2044/2006 ha respinto l’appello avverso la decisione n. 3082/2003 e, mercè la successiva decisione n. 121/2009, ha respinto le censure proposte avverso la decisione in forma semplificata n. 3044/2003.
La disamina delle statuizioni contenute nelle pronunce menzionate, consente di affermare, in particolare, che ha trovato soluzione la problematica sollevata dall’appellante con riguardo alla competenza degli organi periferici del Ministero a disporre la disattivazione dell’impianto.
Già la decisione n. 2044/2006, infatti, ha affermato che la competenza ad adottare provvedimenti di disattivazione degli impianti appartiene agli organi periferici. Perciò appare superfluo soffermarsi sulla attribuzione di competenza che in favore di detti organi era operata dallo stesso provvedimento concessorio: il quale faceva divieto di apportare modifiche alla funzionalità tecnica operativa degli impianti di radiodiffusione non preventivamente autorizzati e, per il caso di inosservanza di detta prescrizione, prevedeva espressamente che “gli organi periferici del Ministero P.T. competenti per territorio ordinavano la disattivazione dell’impianto fino al ripristino delle corrette modalità di esercizio.
Nella decisione n. 121/2009 si è affermato che “che anche l’art. 1, comma 5, della legge n. 122 del 1998, nello stabilire che il Ministero “attraverso i propri organi periferici” autorizza le modificazioni degli impianti sia ai fini della loro compatibilizzazione, sia dell’ottimizzazione e razionalizzazione delle aree servite dalle emittenti, conferma il riconoscimento in capo agli organi periferici della competenza in tema di disattivazione, perché il potere di autorizzare modifiche agli impianti comprende anche quello di irrogare le conseguenti misure sanzionatorie (similmente Cons. Stato, VI, n. 2644 del 2006 in fattispecie analoga).
Con riguardo invece alla questione della persistente della vigenza dell’ordinanza “madre” n. 347/2002 del 19 novembre 2002 e sulla conseguente legittimità dell’operato dell’amministrazione che detto provvedimento ha portato ad esecuzione, la decsione n. 121/2009 si esprime nei seguenti termini che di seguito si riportano: “la soc. Trend ha proceduto ad una modifica non autorizzata e i successivi interventi sulla potenza di irradiazione non hanno comunque eliminato le interferenze;pienamente giustificata è quindi la disattivazione temporanea fino all’eliminazione di quelle interferenze. Sul punto è utile la precisa ricostruzione dei fatti operata nelle premesse del provvedimento n. 347 del 2002, che ora la p.a. intende eseguire.
Né si può sostenere che la società andrebbe esente da critiche nell’asserito presupposto che le interferenze sarebbero attribuibili ad altre emittenti, perché vi è stata comunque da parte della Trend una modifica abusiva del proprio impianto con una diversa dislocazione senza alcuna autorizzazione da parte dell’organo competente. Né la società ha provato la propria estraneità alle denunciate interferenze con il servizio Rai.”
La decisione n. 2044/2006, a propria volta, era pervenuta a non dissimili affermazioni, allorché aveva statuito che, quanto all’esame del motivo di gravame con il quale la società appellante contestava la dichiarazione di inammissibilità delle censure che si appuntavano sul contenuto precettivo del provvedimento di disattivazione, “non si può che ribadire la conclusione cui è pervenuto il giudice di prime cure allorchè ha rilevato che il provvedimento impugnato (l’ordinanza n. 347/2002 NDR) è meramente sanzionatorio della inottemperanza all’ordine contenuto nel presupposto atto del 29 agosto 2002.
Nè può essere seguita la prospettazione dell’appellante secondo cui l’ordine di disattivazione, in quanto comportava una mera contestazione dei medesimi fatti già evidenziati nell’ordine di eliminazione delle interferenze, faceva sì che Trend fosse tenuta a contestarli a sua volta per evitare acquiescenza.
E’ infatti indiscutibile che il provvedimento di disattivazione si è limitato a prendere atto della mancata ottemperanza all’ordine impartito con l’atto del 29 agosto 2002 e a trarne le dovute conseguenze sanzionatorie.”.
Ancora, in punto di normativa applicabile, proprio la decisione n. 2644/2006 ha affermato che “stante l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 32 l. n. 223 del 1990 che individuava la competenza a disporre la disattivazione degli impianti per le violazioni dello stesso articolo in capo al Ministero, la norma regolatrice della competenza deve rinvenirsi – come ha correttamente statuito il giudice di prime cure – in disposizioni di carattere generale e segnatamente nell’art. 18, 3° comma, l. n. 223 del 1990, che richiama l’art. 2, secondo comma, l. n. 110 del1983, il quale conferisce all’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni il potere di procedere alla disattivazione d’ufficio degli impianti, qualora i titolari degli stessi non abbiano ottemperato all’ordine di “immediata eliminazione” delle interferenze.”
Sotto altro profilo, la ricostruzione della decisione n. 121/2009 ha sintetizzato i fatti (che sono i medesimi oggetto dell’odierna valutazione): “-dopo la sentenza che ora si impugna, la Trend s.r.l. in data 7 luglio 2003 ha presentato un primo progetto di compatibilizzazione (mantenendo la frequenza a 90,900 invece che a 90,850 MHz), che ha comportato la sospensione temporanea dell’ordine di disattivazione del 2002;-nel settembre 2003, la Rai ha modificato il proprio impianto, con conseguente contestazione della Trend a seguito della quale la p.a. ha avviato una verifica per accertare la fondatezza del reclamo autorizzando, nel frattempo, la società Trend ad operare provvisoriamente con le modalità del 1994 e con una potenza ridotta a 650 watt;
-nulla essendo stato fatto, la p.a. in data 20 gennaio 2004 ha disposto il ripristino dell’impianto della Trend (a 90.900 MHz) nella postazione originaria e con potenza di 2,5 Kw;
-in seguito, in data 28 maggio 2004, la p.a. ha accertato che “il segnale Rai viene irradiato in maniera corretta ed è quindi tutelabile”;
- proprio al fine di tutelare il segnale Rai, si è fissata la data per una nuova esecuzione dell’ordine di disattivazione n. 347 del 2002 (che riacquistava “vigore”, secondo la nota della p.a. in data 28 maggio 2004) dell’impianto della Trend, essendo stato accertato che il progetto di adeguamento della Trend era risultato inefficace e pertanto la frequenza doveva essere ripristinata a 90,850 MHz;
-in agosto 2004 la società Trend ha presentato un nuovo (il secondo) progetto di compatibilizzazione e la p.a. nuovamente ha sospeso provvisoriamente l’esecuzione della disattivazione;tutto ciò anche perché, con ordinanza istruttoria n. 136 del 2004, il Tribunale amministrativo del Veneto aveva intimato di effettuare una verifica sull’adeguatezza del progetto del 2004 e in quella occasione l’adeguamento era stato giudicato insufficiente per la risoluzione delle turbative;
-nel frattempo, con nota del 4 agosto 2006 il Ministero invitava l’Ispettorato territoriale del Veneto a revocare le ordinanze di disattivazione dell’impianto della Trend operante sulla frequenza 90,900 MHz del Monte Barbaria, essendo oggetto di riesame da parte della competente Direzione generale ministeriale l’“intera questione” relativa alle “problematiche interferenziali in atto esistenti tra l’emittente radiofonica locale Radio Company della Trend s.r.l. e la RAI s.p.a.”.
Sul punto, la medesima decisione passata in giudicato ha individuato l’origine della controversia, nella circostanza che la soc. Trend ha proceduto ad una modifica non autorizzata e i successivi interventi sulla potenza di irradiazione non hanno comunque eliminato le interferenze.
Per conseguenza, il Consiglio di Stato ne ha fatto discendere la conclusione per cui “pienamente giustificata è quindi la disattivazione temporanea fino all’eliminazione di quelle interferenze”.
Alla stregua di queste affermazioni, e nell’assenza di elementi contrastanti, l’appello si limita a reiterare le medesime valutazioni che hanno già formato oggetto di vaglio giurisdizionale, oltre che una serie di affermazioni collidenti sia con i dati di natura tecnica provenienti dall’amministrazione, che, con gli esiti della verificazione tecnica disposta dal Tribunale amministrativo (pag.31 della memoria depositata dall’appellante, secondo cui il miglioramento attuato da Trend derivante dall’attuazione dell’istanza 3 agosto 2004 “non era né è da ritenere lieve”) appaiono di portata apodittica.
Ciò perché costituisce accertamento la cui verità è stata processualmente accertata quello per cui:
a)l’impianto Rai era tutelabile (atto 28 maggio 2004);
b)esso era disturbato da interferenze;
c)queste ultime provenivano dall’impianto dell’appellante ed erano cagionate dalle modifiche apportate da Trend abusivamente;
d)l’attività di “compatibilizzazione non aveva condotto alla eliminazione delle interferenze che disturbavano il segnale Rai;
e)tale ultimo dato è stato sostanzialmente confermato dalla verificazione disposta dal Tribunale amministrativo ed in ordine al pieno contraddittorio garantito in tale ultima sede non può fondatamente dubitarsi.
Alla stregua di questi elementi appaiono non fondate le censure volte da avversare la impugnata sentenza in punto di declaratoria di improcedibilità dei ricorsi n. 205/2005, 977/2004 e 1105/2004 e 1635/2004.
Quanto al primo (205/2005), la sola circostanza che trattavasi di mera comunicazione, e per di più disposta in seno al procedimento di verificazione disposto dal Tribunale amministrativo regionale , rende inammissibile la domanda, tanto più se avanzato mercè autonomo ricorso in sede di legittimità;il quomodo dell’adempimento istruttorio, peraltro è atto a trasmodare sulla attendibilità dell’esito, perciò l’appellante avrebbe potuto contestare la risultanza del mezzo istruttorio disposto.
Quanto agli (specularmente proposti) ricorsi n. 977/2004 e 1105/2004 (ed in disparte la considerazione che il Tribunale amministrativo , ai fini della soccombenza virtuale, si è comunque pronunciato in ordine alla infondatezza del ricorso proposto dalla odierna appellante) va considerato che erano volti ad impugnare il provvedimento del Dirigente dell’Ispettorato Veneto del 20 gennaio 2004 e la successiva diffida dell’11 febbraio 2004.
Avuto riguardo al contenuto degli atti e alla loro causale (diretta a verificare la posizione della Rai e volta a consentire il ripristino temporaneo dell’impianto Trend secondo una antecedente proposta di compatibilizzazione da quest’ultima in passato avanzata) appare evidente che la natura transitoria dei medesimi, la particolarità della fase in cui furono emessi, e soprattutto la circostanza che in seguito fu avanzata una ulteriore proposta di compatibilizzazione, escludono la permanenza dell’interesse ad impugnare.
Che poi l’atto impugnato con il ricorso 1635/04 sia rivolto avverso l’atto datato 28 maggio 2004;che detto atto consista in un ordine di esecuzione del provvedimento 347/2002 di disattivazione;che pertanto non possa non risentire dell’assenza di vizi riscontrata quanto all’atto in ultimo citato;che comunque esso ha identica portata dispositiva del successivo atto del 14 ottobre 2004 impugnato con il ricorso n. 2914/2004, rende palese l’improcedibilità anche di tale ricorso (esattamente dichiarata dal primo giudice, che ai fini della soccombenza virtuale si è comunque pronunciato in ordine alla infondatezza del ricorso proposto dall’odierna appellante).
Sotto altro profilo, neppure appare invocabile in favore di parte appellante la recente decisione n. 4301/2010 (alla decisione di primo grado resa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto n. 808/2008, confermata dalla Sezione con la citata decisione, la difesa ha fatto riferimento nel corso della discussione orale), rinvenendovisi l’affermazione per cui “deve certamente escludersi che un concessionario possa appropriarsi di aree di servizio assegnate ad altri soggetti, in particolare alla concessionaria pubblica, mediante emissioni interferenti sugli impianti in esercizio a questi ultimi, occupandone le frequenze e peggiorandone la ricezione fino al livello di qualità minimo accettabile. Occorre, al contrario, che alla concessionaria pubblica l’Amministrazione assicuri sempre, anche in base agli obblighi assunti con il contratto di servizio, la piena disponibilità delle frequenze occorrenti all’espletamento del servizio ed alla copertura del territorio.”
Con riguardo ai provvedimenti impugnati nel presente giudizio, infatti, si era espressamente affermato che l’impianto Rai fosse tutelabile (atto n. 3515 del 28 maggio 2004), di guisa che detta decisione non spiega effetti favorevoli all’appellante nel presente giudizio.
Quanto alla questione relativa alla asserita abusività dell’impianto di RayWay s.p.a. (in disparte ogni considerazione sulla “novità” del relativo argomento, non veicolato, nei termini esposti nell’odierno appello in primo grado) è rimasto incontestato – pagg. 23 e 24 della memoria dell’appellata datata 15 settembre 2010 - il dato storico relativo ai provvedimenti ministeriali dell’11 novembre 1999 e del 26 aprile 2000, con i quali di fatto si è consentito che la concessionaria Rai si avvalesse di RayWay s.p.a..
Il punto 5.1.4 dell’appellata decisione ha ricostruito i legami tra Rai e Rai Way s.p.a., ed alla ricostruzione ivi fatta dal Tribunale amministrativo non ritiene il Collegio vi sia da nulla da aggiungere;in punto di fatto non è stata offerta alcuna evidenza processuale contraria a quanto rilevato nell’appellata sentenza, secondo cui “gli impianti R.A.I. Way vengono diffusi esclusivamente i programmi della concessionaria R.A.I. s.p.a.” ed alla stregua di tale affermazione non risulta comprensibile come sia possibile smentire la deduzione secondo cui “le emissioni provenienti da tali impianti devono disporre della tutela prevista per il servizio pubblico”.
Peraltro impugnare in giudizio atti esecutivi dell’ordinanza “madre” n. 347/2002 (la cui legittimità è stata positivamente vagliata da questo Consiglio di Stato nei due giudizi conclusisi con le sentenze reiettive degli appelli dell’odierna appellante, sopra rammentate), mercè la riproposizione di profili di doglianza veicolabili al più in quei giudizi, implica la riproposizione (teoricamente ad infinitum) di questioni già risolte, o che in quei giudizi dovevano trovare risoluzione
Alla stregua di queste considerazioni, e ribito che gli atti soprassessori succedutisi non avevano privato di efficacia l’ordinanza n. 347/02, l’appello principale appare privo di fondamento e deve essere respinto, con conseguente improcediblità dell’appello incidentale ed integrale conferma della sentenza appellata.
Alla soccombenza consegue la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali dell’odierno grado di giudizio in favore delle appellate che appare equo quantificare in complessivi € 5000 (cinquemila Euro) oltre IVA e CPA.