Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-17, n. 202405409

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-17, n. 202405409
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405409
Data del deposito : 17 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/06/2024

N. 05409/2024REG.PROV.COLL.

N. 08210/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8210 del 2023, proposto da G C, R C, V L M, T S, P S, V T, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati B C, F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F V in Roma, via Varrone 9;

contro

Ministero dell'Istruzione e del Merito, Ministero dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 5810/2023;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e del Merito e di Ministero dell'Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. Sergio Zeuli e uditi per le parti gli avvocati B C e F V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del presente giudizio, perché proposto collettivamente avverso la nota del Ministero dell’Istruzione, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, prot. 1506 del 3 settembre 2020, con la quale, con unico provvedimento, sono state rigettate le istanze, presentate ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 206/2007, per il riconoscimento delle qualifiche professionali per l’insegnamento su posto comune, acquisite in ROMANIA, Paese appartenente all'Unione Europea, da ciascuno degli odierni appellanti.

Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi d’appello:

a) AMMISSIBILITA’ DEL RICORSO COLLETTIVO;

b) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 13

DELLA DIRETTIVA

2005/36 UE – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE – ELUSIONE DEL GIUDICATO FORMATOSI SULLA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 10

LUGLIO

2020 N. 4422 – ECCESSO DI POTERE TRAVISAMENTO DEI FATTI E DIFETTO DEI PRESUPPOSTI.

c) VIOLAZIONE DELL’ART. 10 BIS

DELLA LEGGE

7

AGOSTO

1990 N. 241 – REITERATO ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE.

2. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’istruzione e del merito, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

3. Il primo motivo d’appello contesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso pronunciata dal giudice di primo grado sostenendo che, nel caso di specie, ricorrevano le condizioni di ammissibilità del ricorso proposto collettivamente.

3.1. Il motivo è fondato.

Gli originari ricorrenti sono insorti avverso la nota del Ministero dell’Istruzione, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, prot. 1506 del 3 settembre 2020, con la quale, con unico provvedimento, sono state rigettate le istanze formulate da tutti costoro volte al riconoscimento del titolo straniero, ottenuto in Romania.

Detta nota, avente scarno contenuto, si limitava a comunicare a ciascuno dei destinatari la non coerenza della documentazione prodotta rispetto alla classe di concorso richiesta, evidentemente individuando l’esistenza di una distonia comune a tutte le domande ivi contemplate.

Ne consegue che, in mancanza di ulteriori indicazioni, gli interessati, poi ricorrenti, dovevano ritenersi titolari di una medesima situazione giuridica, sia da un punto di vista sostanziale che processuale, che li legittimava a presentare, come puntualmente fecero, domande giudiziali identiche nell'oggetto e nei motivi sollevati avverso l’atto.

D’altro canto non erano e non sono tuttora evincibili situazioni, anche solo potenziali, di conflitto fra le varie posizioni azionate.

Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, ricorrevano pertanto i presupposti per potere adire, il giudice amministrativo in forma collettiva (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. V, 17 ottobre del 2023, n.9029).

4. Venendo al merito del gravame, l’appello censura la sentenza, fra l’altro, per violazione dell’art. 13 della direttiva n. 2005/36/CE, per non avere riconosciuto l’equipollenza tra il titolo conseguito dalla parte appellante, e il corrispondente titolo abilitante italiano, nonostante l’attestazione ufficiale riconosca che il suo titolare ha svolto, in Romania, un periodo di formazione post-universitaria che, in quel paese, unitamente alla laurea ivi conseguita, abilita alla professione di docente.

Dunque, sostiene la parte appellante, quanto meno sussistevano i presupposti per procedere ad una valutazione comparativa di detta formazione con il relativo percorso di formazione previsto in Italia, anche in considerazione dei principi affermati in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

5. L’appello è fondato.

La prospettazione della parte appellante trova oggi un’autorevole conferma nei principi che sono stati riaffermati con valenza nomofilattica dalle decisioni dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nelle sentenze n. 19, n. 20, n. 21 e n. 22 del 29 dicembre 2022, che hanno ribadito che «spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».

La sentenza appellata si fondava al contrario su di un illegittimo ed aprioristico automatismo, contrario ai principi dettati dall’organo nomofilattico.

Ne segue che il Ministro dell’istruzione deve esaminare l’istanza di riconoscimento del titolo formativo conseguito in Romania sulla base delle competenze, conoscenze e capacità con esso acquisite, al fine di svolgere una verifica sul se la durata complessiva, il livello e la qualità della formazione siano sufficienti per l’accesso alla professione di insegnante, se del caso attraverso l’integrazione delle misure compensative previste dall’art. 14 della citata direttiva 2005/36/CE.

6. Del resto, con l’ordinanza resa il 14 novembre del 2023 in sede cautelare, questa Sezione, per ragioni di economia e speditezza processuali, aveva ordinato al Ministero – che è rimasto, ciò nonostante, inerte – di riesaminare, alla luce dei suddetti criteri, tutte le istanze dei ricorrenti entro il termine del 15 gennaio del 2024;
dunque anche da questo contegno omissivo della parte appellata il Collegio ritiene di trarre, ai sensi dell’art.116 c.p.c. e del comma 4 dell’art.64 del c.p.a. , elementi di prova favorevoli alla tesi prospettata dalla parte appellante, il cui gravame va definitivamente accolto.

7. L’accoglimento del motivo di cui al punto precedente, avendo valore assorbente, esonera dalla delibazione del terzo motivo d’appello che è comunque fondato, per le ragioni sopra-indicate, nella parte in cui denuncia il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria del provvedimento impugnato.

8. Le spese di questo grado seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. Viceversa vanno compensate le spese del giudizio di primo grado perché celebratosi prima delle ricordate decisioni dell’Adunanza Plenaria del 2022 e cioè in un momento in cui il relativo quadro giurisprudenziale era ancora incerto.

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