Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-06-12, n. 201502888

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-06-12, n. 201502888
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502888
Data del deposito : 12 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05495/2013 REG.RIC.

N. 02888/2015REG.PROV.COLL.

N. 05495/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5495 del 2013, proposto da
Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro

Enel Trade s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, M M e G G, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Bruno Buozzi, 51;

nei confronti di

Snam Rete Gas s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Caia e Marco Reggiani, con domicilio eletto presso l’avv. Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Eni s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Nanni, Luca Franceschini e Domenico Durante, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Pottino in Roma, piazza Augusto Imperatore 22;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 00995/2013, resa tra le parti, concernente criteri di determinazione delle tariffe di trasporto e di dispacciamento gas naturale per il periodo 2010-2013;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Enel Trade s.p.a. e di Snam Rete Gas s.p.a., quest’ultima con proposizione di appello incidentale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fabio Tortora, nonché gli avvocati Cardi, Greco, Caia e Nanni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano, sez. III, n. 995/13 del 19 aprile 2013 sono stati accolti – nei termini di seguito precisati – il ricorso e i successivi motivi aggiunti di gravame, proposti dalla società Enel Trade s.p.a., avverso le delibere dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas nn. ARG/Gas 184/09 in data 1 dicembre 2009, 192/09 del 14 dicembre 2009, 198/09 del 21 dicembre 2009 e 218/10 del 30 novembre 2019, concernenti i criteri per la determinazione delle tariffe di trasporto e di dispacciamento del gas naturale per il periodo 2010/2013, ad avviso della parte ricorrente con modalità tali da determinare un ingiustificato aumento dei costi, in particolare a discapito degli operatori, la cui attività fosse concentrata nei punti di entrata del gas collocati nell’Italia meridionale. Quanto sopra, a seguito del passaggio da un sistema tariffario omogeneo per tutto il territorio, per la quota attinente ai costi sostenuti dalle imprese di trasporto, a un sistema di allocazione a carico degli utenti, in proporzione alla distanza fra punti di entrata e punti di uscita, ma con “ censurabile concezione e applicazione del criterio della distanza ”.

Nella medesima sentenza si rilevava come i criteri in questione risultassero privi di fondamento normativo o in contrasto con la normativa vigente, con effetto discriminatorio per le imprese, la cui attività di importazione fosse concentrata nei punti di entrata dell’Italia meridionale.

In materia di tariffe per il trasporto del gas, in effetti, il legislatore avrebbe dettato formule generali ed elastiche, enunciate (solo) “ per obiettivi ” – con ravvisata “ declinazione debole ” del principio di legalità – purché gli atti emessi costituissero espressione di un potere, effettivamente assegnato all’Autorità in questione, in base al principio generale, di cui all’art. 23 ( Tariffe ), comma 3 del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164 ( Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144 ). Con i criteri contestati, tuttavia, si sarebbe passati da una ripartizione dei ricavi, basata sui costi effettivi di ciascuna impresa, ad una preponderanza della capacity (ovvero dei costi fissi, prescindendo dai volumi immessi), con conseguente sottovalutazione della componente commodity (riferita alla quantità di gas immessa in rete) ed eliminazione di ogni incentivo, per la massimizzazione dei flussi di gas da parte delle imprese di trasporto.

Sarebbe stato poi avulso dal contesto normativo un nuovo criterio introdotto, per la determinazione della tariffa per il gas destinato all’ autoconsumo , ovvero misurato per gli usi delle imprese di trasporto, a fini di funzionamento delle centrali di compressione, i cui costi erano in precedenza inclusi nella generalità dei costi operativi e riversati sugli utenti finali, in modo omogeneo su tutto il territorio (sistema del “ price cap” ).

Con i criteri in esame, invece, si allocava un determinato quantitativo in base ai punti di entrata, tramite un sistema di prelievi preventivi in natura non previsto dalla legge (art. 2, comma 12, lettera e) , l. 14 novembre 1995, n. 481 - Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilita'. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità ). Anche tale sistema, peraltro, sarebbe stato penalizzante per gli operatori con attività concentrata nell’Italia meridionale, in contrasto con la direttiva 2003/55/CE (che al punto 15 stabilisce l’istituzione di meccanismi di bilanciamento non discriminatori e rispettosi dei costi), nonché con l’art. 23, commi 2 e 4 del d.lgs. n. 164 del 2000, in base al quale l’Autorità deve determinare le tariffe in modo tale da assicurare una congrua remunerazione del capitale investito.

Nella situazione introdotta con le delibere impugnate, viceversa, sarebbe stato determinato un sostanziale effetto distorsivo della concorrenza.

Avverso la predetta sentenza l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG, ora estesa anche al servizio idrico) ha proposto l’atto di appello in esame (n. 5495/13, notificato il 9 luglio 2013), in primo luogo illustrando le modalità di sperimentazione, antecedenti all’adozione dei provvedimenti contestati, con ampia possibilità di partecipazione per tutti i soggetti interessati

Nell’impugnativa si riferiva come, già in precedenza, la ripartizione delle quote di ricavo privilegiasse la componente capacity (capacità di trasporto impegnata dagli shippers – trasportatori – cui era assegnata una percentuale del 70%), rispetto alla componente commodity (gas effettivamente immesso in rete, valutato in percentuale pari al 30%).

Il sistema avrebbe però presentato inconvenienti (mancanza di certezza sulla copertura dei costi – essendo la componente commodity molto variabile –, dissociazione dalla quota preponderante dei costi fissi del servizio di trasporto, differenze fra operatori). Il rapporto era stato, quindi, ulteriormente spostato a favore della componente capacity (in percentuale portata al 90%), al fine di realizzare un sistema, che riflettesse maggiormente la struttura dei costi effettivi del servizio, rendesse più certo il recupero delle quote riconducibili al capitale e favorisse la semplificazione amministrativa.

Con tali premesse, l’appellante Autorità formulava articolate contestazioni ai profili di illegittimità ravvisati nella sentenza appellata, nei termini di seguito sintetizzati:

a) sul carattere antieconomico, discriminatorio e non rispondente ai costi della regolazione, le statuizioni della sentenza sarebbero state erronee, poiché il corrispettivo applicato a ogni specifico punto di entrata del gas avrebbe dovuto riflettere i costi del trasporto, da tale punto verso il baricentro del mercato (baricentro, che si affermava “ ubicato nel centro-nord e segnatamente nella pianura padana, atteso che ivi si concentrano i siti di stoccaggio, nonché la quota più rilevante dei consumi, civili e industriali ”). Era stato poi predisposto un algoritmo in grado di individuare corrispettivi, tali da riflettere “ il costo di trasporto di sistema per punto di entrata ed uscita, non relativo ad una specifica tratta ”, per una corretta imputazione dei costi del servizio. Il regolamento CE n. 715/2009, sulle condizioni di accesso alle reti di trasporto di gas naturale, prevedeva un sistema “ entry-exit ”, specificando tra l’altro come le tariffe non dovessero tenere conto dei flussi, ovvero del percorso del gas nella rete. La sentenza di primo grado, sostanzialmente, avrebbe sostenuto la legittimità di un sistema di tariffe tale da rispecchiare le specifiche tratte di trasporto (cosiddette tariffe “point to point ”, come nel settore autostradale), ma tale sistema sarebbe stato incompatibile, nel settore del trasporto del gas, con la normativa nazionale ed europea, con particolare riguardo per il regolamento n. 715/2009. L’eliminazione del differenziale dei corrispettivi sarebbe stato configurabile, infatti, come fonte di sussidio incrociato fra i soggetti, importatori di gas dai punti di entrata del nord e del nord-est, rispetto ai soggetti importatori dal sud Italia, essendo ovvia la maggiorazione dei costi per il trasporto, in proporzione alla lontananza del luogo di ingresso del gas rispetto al luogo di consumo: nell’interesse della collettività, invece, doveva imporsi l’acquisto del gas nel luogo più vicino possibile al punto di consumo e ai luoghi di stoccaggio. L’originaria ricorrente Enel Trade s.p.a.,, invece, avrebbe preteso “ un costo fittizio uguale per tutti i punti di ingresso nella rete, indipendentemente dai costi reali ”, con conseguente incentivazione ad acquistare il gas nei luoghi più lontani, posto che il maggior costo sarebbe stato pagato dalla generalità degli utenti.

In tale ottica, l‘originaria ricorrente non avrebbe potuto richiamare l’art. 15 ( Gestore di un sistema combinato ) della direttiva 2003/55/CE (relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale), comunque abrogata e sostituita dalla direttiva 2009/73/CE), che prevedeva meccanismi di bilanciamento non discriminatori e che rispettassero i costi. L’incremento dei corrispettivi di ingresso situati in Italia meridionale, rispetto alla media nazionale, sarebbe stato dunque coerente con i criteri di allocazione dei costi “ entry-exit ”, proporzionale alla distanza dei punti di ingresso dal baricentro del mercato;

b) sulla presunta violazione di disposizioni di legge in materia tariffaria, con riferimento all’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 164 del 2000, avrebbe dovuto tenersi presente che la norma enuncia in primo luogo il criterio della distanza e in secondo luogo quello della quantità di gas trasportata. Il giusto bilanciamento, in ogni caso, andava affidato a scelte tecnico-discrezionali dell’Autorità, che nella fattispecie avrebbe inteso assicurare l’effettiva corrispondenza della tariffa ai costi;

c) sulla presunta illegittimità della nuova disciplina regolatoria, in materia di gas di autoconsumo per le centrali di compressione, la questione sarebbe stata già risolta in senso opposto dal medesimo giudice di primo grado, con sentenza n. 1455 del 2010.

Con coerenza e motivatamente, pertanto, l’Autorità avrebbe scelto di escludere i costi di acquisto del gas, per il funzionamento delle centrali di compressione, trattandosi di costi non controllabili da parte dell’impresa maggiore di trasporto, che non avrebbe potuto operare altrimenti recuperi di efficienza (elemento cruciale per il price cap , che rappresenta uno degli strumenti a cui l’Autorità può ricorrere, “ essendo ancorato all’effettiva possibilità per l’operatore di incidere sul relativo costo in termini di riduzione ed efficientamento ”).

In ogni caso, ove fosse stato applicato il metodo del price cap per il riconoscimento dei costi, associati al funzionamento delle centrali di compressione, l’onere per gli utenti della rete sarebbe stato molto maggiore. Avrebbe dovuto ritenersi incontestabile, infine, il potere dell’Autorità di stabilire i corrispettivi per l’uso delle reti, attraverso dazioni di denaro o conferimenti in natura di gas;

d) sull’infondatezza delle ulteriori censure, proposte dalla ricorrente in primo grado Enel Trade con motivi aggiunti, l’Autorità avrebbe provveduto alla verifica a posteriori dei flussi e degli assetti di rete, avendo comunque il potere di effettuare verifiche sulla corretta applicazione dei provvedimenti di propria competenza.

Si è costituita in giudizio, con proposizione di appello incidentale, la società Snam Rete Gas s.p.a., affermando la legittimità dei nuovi criteri, in quanto in grado di assicurare il perseguimento dell’obiettivo di cui all’art. 1, comma 1, della legge 14 novembre 1995, n. 481 ( Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità ), ovvero lo svolgimento del servizio di trasporto del gas “ in condizioni di economicità e redditività ”, in perfetta coerenza con la previsione, di cui all’art. 3, comma 3, lettera a) del d.-l. 1 luglio 2009, n. 78 ( Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini ), convertito con modificazioni dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, che demanda all’Autorità l’introduzione - nelle tariffe di trasporto del gas naturale – di “ misure di regressività, che tengano conto della struttura dei costi del servizio, in ragione del coefficiente di utilizzo ”. Con la riduzione dell’incidenza della componente commodity , sarebbe stata ottenuta una significativa regressività della tariffa in ragione dell’utilizzo della rete, corrispondendo ad un utilizzo maggiore un minore costo di trasporto, per ogni metro cubo di gas immesso.

Sarebbe disceso dalla disciplina comunitaria (regolamento CE n 1775/2005 e attualmente regolamento CE n. 715/2009 del 13 luglio 2009), d’altra parte, il principio di c.d. “ cost-reflectivity ”, secondo cui le tariffe di trasporto debbono rispettare i costi effettivamente sostenuti. Gli argomenti esposti da controparte sarebbero stati comunque erronei, per quanto riguarda sia la presunta disincentivazione a massimizzare i flussi di gas da parte delle imprese di trasporto, sia la sottovalutazione della componente commodity, che avrebbe imposto la considerazione della quantità trasportata indipendentemente dalla distanza. Sotto il primo profilo, perché un maggiore uso della rete avrebbe determinato una minore incidenza della quota fissa per metro cubo di gas immesso e, per il secondo, poiché l’incidenza dei costi fissi sulla componente commodity sarebbe stata inferiore. La maggior parte dei costi operativi delle imprese di trasporto (a partire dai costi del personale), infatti, avrebbe avuto carattere fisso, indipendente dai volumi di gas trasportati nella rete.

Quanto al prelievo diretto per l’autoconsumo, secondo il giudice di primo grado si sarebbe trattato di sistema non previsto dalla normativa e non compreso nel potere di regolazione dell’Autorità, mentre l’art. 2, comma 12, lettera e) della legge n. 481 del 1995 disponeva, invece, che l’AEEG potesse stabilire “ modalità per il recupero dei costi ”, con individuazione di volta in volta della regola tecnica più opportuna per il perseguimento dei propri scopi;
la nuova misura, peraltro, sarebbe stata giustificata dell’imprevedibilità e volatilità del prezzo del gas. Sul punto, la sentenza appellata avrebbe inoltre disatteso, senza motivazione, la precedente pronuncia del medesimo Tribunale amministrativo n. 1455 del 2010, passata in giudicato. La presunta discriminazione degli importatori provenienti da sud, rispetto a quelli entrati da nord, sarebbe infine stata dedotta dal Tribunale amministrativo in modo generico, apodittico e immotivato. La circostanza di fatto oggettiva (aumento dei costi per alcuni operatori), conseguente ai nuovi criteri, sarebbe stata infatti censurabile, solo ove detti criteri avessero potuto ritenersi viziati e non come conseguenza naturale di scelte razionali e giustificate.

E’ intervenuta ad opponendum nel presente giudizio la Eni s.p.a., quale impresa esercente l’attività di vendita di gas e utente del servizio di trasporto, chiedendo il rigetto dell’impugnativa. Anche Enel Trade, costituitasi in giudizio, ha depositato ampie controdeduzioni difensive, cui hanno nuovamente replicato le controparti. Su tale base, nell’udienza in data odierna, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Sono sottoposte all’esame del Collegio le delibere con cui l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha modificato – per il triennio 2010/2013 – i criteri per la determinazione delle tariffe di trasporto e dispacciamento del gas naturale: tali delibere, secondo uno degli operatori del settore (Enel Trade, ricorrente vittorioso in primo grado) avrebbero infatti introdotto fattori di squilibrio, prevalentemente a danno delle imprese, che si fossero avvalse dei punti di entrata del gas collocati nell’Italia meridionale.

Nella presente sede di appello, la situazione introdotta con le delibere contestate deve essere esaminata sotto i seguenti profili:

1) riduzione convenzionale dei punti di uscita del gas (exit) da 17 a 6 e individuazione di un “ baricentro ” – non coincidente con gli effettivi punti di entrata e uscita – per calcolare le distanze percorse dal carburante;

2) modifica dei criteri di composizione della tariffa , da corrispondere per il trasporto: secondo l’appellante, in modo tale da rispecchiare maggiormente i costi reali, ma, secondo l’originaria ricorrente (la cui tesi è stata accolta nella sentenza appellata), con allontanamento da tale criterio e alterazione della parità di condizioni fra gli utenti;

3) determinazione del contributo, da corrispondere per il quantitativo di gas consumato per le esigenze di trasporto ( autoconsumo ), con riferimento alla possibilità, o meno, di richiedere tale contributo in natura (ovvero, conferendo il quantitativo di gas, necessario per il funzionamento delle centrali di compressione).

L’esame dei punti controversi presuppone l’identificazione delle caratteristiche essenziali del trasporto in questione e della disciplina di riferimento.

Il gas naturale viene in prevalenza importato in Italia dall’estero e immesso nella rete nazionale attraverso diversi punti di entrata, situati sia a nord che a sud del Paese.

Imprese di trasporto e gestori della rete sono soggetti diversi ex lege (art. 21 del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164 Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale , a norma dell’art. 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144 ): le prime conferiscono e ritirano il gas nei punti di entrata e di uscita della rete, per la successiva consegna agli utenti;
i secondi (fra cui è in posizione di netta prevalenza, in Italia,

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