Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-04-01, n. 201601289

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-04-01, n. 201601289
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601289
Data del deposito : 1 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03343/2015 REG.RIC.

N. 01289/2016REG.PROV.COLL.

N. 03343/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3343 del 2015, proposto da:
P M , rappresentato e difeso dagli avv. C F, V M, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania - Direzione Generale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Rossella Matrone;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 05744/2014, resa tra le parti, concernente esclusione dalla partecipazione ai percorsi abilitanti speciali;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell'Università e della Ricerca e di Ufficio Scolastico Regionale per la Campania - Direzione Generale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Mele per delega dell’avvocato Fabricatore, l’avvocato Mosca e l’avvocato dello Stato Garofoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dalla signora Mariantonietta Pellegrino per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, ha respinto il ricorso e i successivi motivi aggiunti diretti all’annullamento: a) della nota dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Campania prot.

AOODRCA

Uff. Dir. 736/U del 31 gennaio 2014 nella parte in cui, nel disporre la pubblicazione dell'elenco dei candidati aventi i requisiti per l'accesso ai Percorsi Abilitanti Speciali (P.A.S.), inseriva la ricorrente tra i candidati esclusi;
b) del decreto Prot. n.

AOODRCA

Uff. Dir. 736/1/U e dei i successivi decreti dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania aventi ad oggetto l’integrazione dell’elenco dei soggetti ammessi ai P.A.S., nella parte in cui la ricorrente figura tra gli esclusi all’accesso ai corsi medesimi.

2. Si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello, Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. L’appello merita accoglimento.

4. I provvedimenti impugnati sono stati adottati in applicazione dell’art. 1, comma 2, del Decreto del Direttore Generale del Dipartimento per l’istruzione del M.I.U.R. del 25 luglio 2013, n. 58 che ha individuato i requisiti per la partecipazione ai P.A.S.

5. In particolare, il citato art. 1, comma 2, del D.D.G. n. 58/2013 riservava la partecipazione ai docenti che avessero prestato, a decorrere dall’anno scolastico 1999/2000 e fino all’anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno tre anni di servizio, con il possesso del prescritto titolo di studio, in scuole paritarie ovvero nei centri di formazione professionale limitatamente ai corsi accreditati dalle Regioni per garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione a decorrere dall’a.s. 2008/2009.

Ai fini del raggiungimento del predetto requisito, in base all’art. 1 comma 3, del citato D.D.G. n. 58/2013, poteva essere considerato il servizio prestato nell’anno scolastico, ossia quello corrispondente ad un periodo di almeno 180 giorni, ovvero quello valutabile quello valutabile come anno di servizio intero, ai sensi dell'art. 11, comma 14, della L. 3 maggio 1999 n. 124 (secondo cui il servizio di insegnamento non di ruolo è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale).

6. In applicazione di tali previsioni la ricorrente è stata esclusa non avendo maturato il requisito del servizio triennale prescritto, potendo vantare solo due anni scolatici di servizio.

7. Il T.a.r. ha respinto il ricorso rilevando che “ l’Amministrazione scolastica non avrebbe potuto esimersi dall’applicare la richiamata disposizione di bando, immediatamente lesiva e non gravata, alla quale si era in defettibilmente auto vincolata in sede di emanazione della lex specialis ”.

Il T.a.r. ha ritenuto irrilevante la circostanza che altri candidati parimenti esclusi avessero impugnato il D.D.G. ottenendo, nei relativi giudizi, la tutela cautelare e, quindi, l’ammissione con riserva, evidenziando a tal proposito, che “ nella causa di cui si controverte l’istante non ha sollecitato alcuna verifica di legittimità sui requisiti fissati dalla lex specialis che regolava la procedura selettiva e la cui piana applicazione non poteva che condurre all’adozioen della gravata esclusione ”.

8. Nelle more del giudizio, questo Consiglio di Stato, Sezione Sesta, con sentenza 4 giugno 2015, n. 2750, ha annullato le citate previsioni del D.D.G., nella parte in cui prevedono quale requisito di ammissione l’avere prestato un precedente servizio di 540 giorni suddivisi in 3 anni scolastici da minimo 180 giorni ognuno.

Si riportano, di seguito, i passaggi essenziali della motivazione della sentenza appena citata.

L’appello è da accogliere, considerato che il requisito di partecipazione previsto nella normativa previgente istitutiva di sessioni riservate di esami o di corsi speciali a fini abilitativi è sempre stato individuato in almeno 360 giorni di servizio nel complesso nel periodo considerato e che non risulta motivata l’introduzione della diversa previsione di cui al decreto ministeriale impugnato in parte qua.

La normativa previgente è data, come indicato in appello, dalle leggi:

- 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), che nel disporre una sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità richiesta per l’insegnamento, prevede che vi sono ammessi “i docenti non abilitati, nonché gli insegnanti della scuola elementare, gli insegnanti tecnico-pratici, d'arte applicata e il personale educativo non in possesso di idoneità, che abbiano prestato servizio di effettivo insegnamento nelle scuole statali, ivi comprese le istituzioni scolastiche italiane all'estero, ovvero negli istituti e scuole di istruzione secondaria legalmente riconosciuti o pareggiati o nelle scuole materne autorizzate o nelle scuole elementari parificate per almeno 360 giorni nel periodo compreso tra l'anno scolastico 1989-1990 e la data di entrata in vigore della presente legge, di cui almeno 180 giorni a decorrere dall'anno scolastico 1994-1995.” (articolo 2, comma 4);

- 27 ottobre 2000, n. 306 (di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 240 del 2000, recante Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico 2000-2001), che ammette alla sessione riservata di esami di cui alla legge sopra citata coloro che hanno maturato i requisiti di servizio ivi previsti entro il 27 aprile 2000, così confermandoli (art. 1, comma 6-bis);

- 4 giugno 2004, n. 143 (di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 97 del 2004, recante Disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2004-2005,nonché in materia di esami di Stato e di Università) che, nell’istituire corsi speciali abilitanti, ne dispone l’ammissione per quanti abbiano prestato servizio di insegnamento per almeno 360 giorni “dal 1° settembre 1999 alla data di entrata in vigore del presente decreto” (art. 2), cui sono seguiti, per “l’attivazione dei corsi speciali abilitanti” riservati al personale “…che abbia prestato 360 giorni di servizio”, i decreti ministeriali n. 21 e n. 85 del 2005.

A fronte di ciò nelle premesse del decreto ministeriale impugnato, recante l’attivazione dei percorsi abilitanti speciali, non risultano richiamate norme di fonte primaria o comunque idonee motivazioni alla base del diverso requisito, individuato (come sintetizzato nella parte in fatto della sentenza di primo grado) nel “precedente servizio di 540 giorni suddivisi in 3 anni scolastici da minimo 180 giorni ognuno”, essendo peraltro citata quale ultima legge precedente su fattispecie analoga la legge n. 143 del 2004 e relativi decreti applicativi;
né tali norme o specifica motivazione sono richiamati, in ogni caso, nella memoria dell’Amministrazione resistente depositata nel presente giudizio il 13 dicembre 2014.

Tale motivazione neppure risulta dal decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, come modificato e integrato dal decreto ministeriale 25 marzo 2013, n. 81, citato in particolare nelle premesse del d.m. qui impugnato in quanto istitutivo dei percorsi abilitanti speciali (agli art. 15, commi 1-bis e seguenti), emanato ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), per il quale <<…con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, …è definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale…del personale docente…>>;
non recando questa norma alcuna innovazione rispetto all’indirizzo della normativa primaria precedente né potendosi a ciò provvedere con il regolamento ministeriale autorizzato con la norma stessa.

Deve essere di conseguenza accolto l’appello a motivo della dedotta, ingiustificata disparità di trattamento a danno dei ricorrenti derivante dalla immotivata previsione, nel decreto qui impugnato, di requisiti di ammissione ai corsi speciali diversi da quelli prima richiesti per identiche o del tutto analoghe fattispecie, con l’effetto di non ugualmente valorizzare il servizio svolto dai ricorrenti stessi .”

9. L’annullamento in parte qua del D.D.G. n. 58/2013 spiega i suoi effetti anche nel presente giudizio, sebbene l’istante non lo abbia specificamente impugnato.

Il D.D.G. n. 58/2013 rappresenta, infatti, un atto generale inscindibile il cui annullamento in sede giurisdizionale non può che avere, a sua volta, effetti inscindibili e, dunque, erga omnes . Si tratta, infatti, di un atto sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può sussistere per taluni e non esistere per altri.

Come in più occasioni ha precisato la giurisprudenza amministrativa, l’efficacia dell’annullamento giudiziale di un atto a natura regolamentare si estende a tutti i possibili destinatari, sebbene non siano stati parti del giudizio, perché gli effetti della sentenza si estendono al di là delle parti che sono intervenute nel singolo giudizio, dato che l’annullamento di un atto amministrativo a contenuto normativo ha efficacia erga omnes per la sua ontologica indivisibilità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6212;
in senso analogo, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 ettembre 2010, n. 6473;
Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2007, n 883).

10. Alla luce delle considerazioni che precedono, i provvedimenti impugnati, essendo venuta meno la previsione del D.D.G. in applicazione della quale sono stati adottati, devono essere annullati.

11. Sussistono i presupposti per compensare le spese del doppio grado di giudizio, considerata la controvertibilità, almeno al tempo del ricorso, delle questioni controverse, e soprattutto la circostanza che nella fattispecie la ricorrente ha beneficiato degli effetti erga omnes di una sentenza di annullamento pronunciata nell’ambito di un diverso giudizio.

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