Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-22, n. 202302902

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-22, n. 202302902
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302902
Data del deposito : 22 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2023

N. 02902/2023REG.PROV.COLL.

N. 01605/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1605 del 2017, proposto dall’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A C, V T e V S, coi medesimi elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto in Roma, via Cesare Beccaria, 29,



contro

Costruzioni Castellini Luigi S.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M U B, C L G e P R, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P R in Roma, via Marcello Prestinari ,13,



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), n. 1080/2016, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione in giudizio con appello incidentale condizionato della Costruzioni Castellini Luigi S.r.l. Unipersonale;

Viste tutte le successive memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023, il Cons. Fabrizio Di Rubbo e uditi per le parti gli avvocati V S e P R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1.- La ricorrente Costruzioni Castellini Luigi S.r.l., impresa edile artigiana, ha chiesto all’INPS di Brescia in più riprese, tra febbraio e aprile 2013, l’integrazione salariale ordinaria (CIG) prevista dall’art. 1 della legge 6 agosto 1975, n. 427. Le richieste si riferivano ai seguenti periodi: (a) 14-26 gennaio 2013, ossia due settimane; (b) 28 gennaio – 2 marzo 2013, ossia cinque settimane; (c) 4 marzo – 30 marzo 2013, ossia quattro settimane.

L’INPS di Brescia, mediante tre distinte note del direttore di data 19 novembre 2013, ha comunicato che la Commissione Provinciale per la CIG aveva concesso solo in parte l’integrazione riferita al periodo sub a), ossia per la settimana dal 14 al 19 gennaio 2013 e non anche per quella dal 21 al 26 gennaio 2013, e aveva negato del tutto il beneficio per i periodi sub b) e c). La ragione del diniego è che le settimane escluse si collocano oltre il limite massimo di tre mesi continuativi (tredici settimane) stabilito dall’articolo sopra citato e dall’art. 6 comma 1 della legge n. 164/1975 (ritenuto applicabile in via analogica alla fattispecie). I predetti tre provvedimenti sono così esclusivamente motivati: “ I periodi di sospensione si collocano oltre il limite massimo integrabile di 13 settimane ”.

Per chiarire la posizione dell’INPS, occorre precisare che in precedenza la ricorrente aveva ottenuto la CIG per dodici settimane consecutive, tra il 15 ottobre 2012 e il 5 gennaio 2013, riprendendo poi l’attività per una settimana (dal 7 al 13 gennaio 2013), ma solo formalmente, in quanto i dipendenti erano stati messi in ferie. Dal 14 gennaio 2013 la ricorrente aveva di nuovo sospeso l’attività, questa volta per undici settimane consecutive. Ulteriori periodi di sospensione erano intervenuti nel corso del 2013. Complessivamente, la ricorrente ha presentato undici domande di CIG, ricevendo un diniego, attraverso le tre comunicazioni sopra indicate, soltanto per le dieci settimane tra il 21 gennaio e il 30 marzo 2013.

Quanto alle ragioni del diniego, la sentenza di primo grado ha tuttavia rilevato che “ Come risulta dall’interlocuzione tra l’INPS di Brescia e la ricorrente (v. annotazione nel fascicolo elettronico di data 14 novembre 2013), vi sono, in realtà, due distinti motivi di diniego: (i) superamento delle 13 settimane consecutive, non essendo considerata vera ripresa dell’attività produttiva quella intervenuta nella settimana dal 7 al 13 gennaio 2013, quando i dipendenti della ricorrente sono stati collocati in ferie; (ii) violazione della procedura prevista dall’art. 5 della legge 164/1975, che prevede la consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali (oppure, in mancanza di queste, delle organizzazioni sindacali di categoria più rappresentative a livello provinciale) e la stipula di un accordo preventivo.”.

Sul presupposto del diniego della CIG il direttore dell’INPS di Brescia, con note del 19 novembre 2013 e del 22 gennaio 2015, ha chiesto il versamento dei contributi previdenziali relativi alle ore non autorizzate.

Contro i suddetti provvedimenti la ricorrente ha presentato impugnazione con tre ricorsi distinti, notificati in data 3 febbraio 2014 e depositati in data 26 febbraio 2014. Il ricorso n. 203/2014 riguarda il periodo sub a), il ricorso n. 204/2014 riguarda il periodo sub b), il ricorso n. 205/2014 riguarda il periodo sub c). Ciascuna impugnazione è stata poi integrata da motivi aggiunti.

Le censure nei tre ricorsi sono analoghe, e possono essere sintetizzate nei seguenti profili di violazione di legge ed eccesso di potere: (i) l’annullabilità per difetto di motivazione e violazione di legge dei provvedimenti impugnati; (ii) le ferie non erano state fruite in precedenza anche a causa della sospensione dell’attività produttiva dovuta alla CIG pregressa; (iii) in un verbale del 4 giugno 2013 le rappresentanze sindacali hanno preso atto, a posteriori , che la mancata ripresa dell’attività produttiva il 7 gennaio 2013 era stata causata da lavori non andati a buon fine, e che il ricorso alla CIG era dovuto a carenza di commesse; (iiii) l’azienda è tuttora operativa, anche se ha dovuto licenziare due operai su sette a causa della grave crisi di liquidità.

L’INPS si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione dei ricorsi.

L’adito T.a.r., previa riunione dei tre ricorsi, li ha accolti, ritenendo in sintesi: (a) che l’INPS con proprie istruzioni interne, recettive di due interpelli del Ministero del Lavoro (e in particolare del secondo interpello n. 26 del 2012, dedicato alle imprese artigiane), aveva riconosciuto l’applicabilità anche alle imprese artigiane dell’estensibilità della CIG ordinaria fino a dodici mesi, come previsto per le imprese industriali dalla legge n. 164/1975, “ nonostante la formulazione apparentemente più restrittiva dell’art. 1 comma 1 della legge 427/1975, che per l’edilizia riferisce testualmente la proroga ai casi di riduzione dell’orario di lavoro (pertanto con ripresa almeno parziale dell’attività produttiva) ” (cfr. sentenza impugnata); (b) che una ripresa dell’attività lavorativa per una settimana dopo aver usufruito di tredici settimane di trattamento, sia pure solo formale per la fruizione di ferie arretrate da parte dei lavoratori, quale quella avvenuta nel

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