Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-05-17, n. 202404404
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Testo completo
Pubblicato il 17/05/2024
N. 04404/2024REG.PROV.COLL.
N. 02345/2020 REG.RIC.
N. 02346/2020 REG.RIC.
N. 02348/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2345 del 2020, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall’Avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, largo Messico n. 7;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Lubriano, non costituito in giudizio;
nei confronti
-O- e -O-, rappresentati e difesi dall’Avvocato Angelo Ranchino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 2346 del 2020, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall’Avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, largo Messico n. 7;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Lubriano, non costituito in giudizio;
nei confronti
-O- e -O-, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 2348 del 2020, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall’Avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, largo Messico n. 7;
contro
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi m. 12;
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-O- e -O-, rappresentati e difesi dall’Avvocato Angelo Ranchino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Lubriano, non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 2345 del 2020:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione seconda bis n. -O-del 5 agosto 2019, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 2346 del 2020:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione seconda bis n. -O-del 5 agosto 2019, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 2348 del 2020:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione seconda bis n. -O-del 5 agosto 2019, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Lazio, di -O- e -O-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024 il Cons. M P e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Signor -O-, proprietario in Lubriano di un lotto edificabile ricadente in Zona C/2 del P.R.G. sottoposto al « vincolo paesistico di cui al D. Lgs. 490/99 (ex legge 1497/39) », nonché, al « vincolo di cui agli artt. 52 e 61 del T.U. 380/2001 », in data 13 ottobre 2001 conseguiva dall’amministrazione comunale la concessione edilizia n. 10/2001 per la « costruzione di un fabbricato di civile abitazione da edificare in lottizzazione Pajme sul lotto n. 8 ».
Il progetto presentato, come da Relazione tecnica allegata al titolo, prevedeva la realizzazione di un « fabbricato a due piani fuori terra adibito ad abitazione familiare ».
Con verbale del 20 settembre 2003 la Polizia Municipale, sollecitata da una segnalazione dei proprietari confinanti, accertava la realizzazione, in difformità del titolo edilizio conseguito, di un piano sottostrada (che il proprietario indica come una palificazione in cemento armato resasi necessaria per conferire stabilità al fabbricato ovviando alle irregolarità del piano di campagna).
L’amministrazione disponeva, quindi, la sospensione dei lavori con ordinanza n. 6/2003 cui seguiva, in data 21 ottobre 2003, l’istanza del proprietario di concessione della variante in sanatoria ex art. 13 della L. n. 47/1985 riferita (come da allegata relazione tecnica):
- alla realizzazione del piano seminterrato;
- alle « maggiori dimensioni del piano terra superiori al 2% rispetto alla concessione edilizia n° 10/2001 »;
- alla « mancanza della denuncia di cui agli art. 64 e seguenti del TU n° 380/2001 ».
Il progetto contemplava la riduzione delle volumetrie fuori terra con conseguente recupero di quelle realizzate in eccesso « diminuendo il piano primo della costruzione » e « togliendo le scale interne e prevedendo una sola scala peraltro esterna e non chiusa » con realizzazione di n. 4 alloggi in luogo dei due originariamente previsti.
Con ordinanza n. 7 del 3 novembre 2003, che richiamava il verbale della Polizia Municipale di contestazione della realizzazione del piano sottostrada , veniva ingiunta la demolizione dell’abuso.
Con atto del 3 luglio 2004, in esito alla citata istanza del 21 ottobre 2003, il Comune comunicava al proprietario il parere favorevole espresso dalla Commissione edilizia comunale; disponeva un’integrazione documentale ed imponeva quale unica prescrizione che « l’intercapedine, sul lato rampa di accesso ai garage » dovesse avere « quota all’estradosso complanare con la rampa stessa ».
Contestualmente veniva richiesta la produzione dei nulla osta regionali ex D. Lgs. n. 490/99, L.R. n. 59/1995 e L. n. 64/1974, nonché, l’assenso della USL.
Il Signor -O-richiedeva, quindi, alla Regione Lazio il rilascio del nulla osta ex art. 2 della L. n. 64/1974 (« Abitati da consolidare ») con istanza del 29 ottobre 2004 in esito alla quale, con nota dell’11 novembre successivo, veniva dall’amministrazione richiesta la produzione della determinazione di « ammissibilità a Sanatoria Edilizia » da acquisire « dalla competente Area Tecnica ».
In data 18 gennaio 2005 il Signor -O-chiedeva alla Regione Lazio, alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio per il Patrimonio Artistico e Demoetnoantropologico del Lazio (che si dichiarava incompetente trasmettendo l’istanza alla Regione con nota del 26 aprile 2005) e al Comune (che si dichiarava a sua volta incompetente trasmettendo l’istanza alla Regione con nota del 6 maggio 2005) l’accertamento di compatibilità ambientale ai sensi dell’art. 1, comma 39 della L. n. 308/2004 dichiarando che « i lavori abusivi sono stati compiuti in data anteriore al 30/09/2004 ».
Con atto dell’8 marzo 2005 la Regione comunicava al Comune, alla Soprintendenza e ai proprietari confinanti che la domanda di condono ex L. n. 326/2003 e di accertamento di compatibilità ai sensi della L. n. 308/2004 presentate dal Signor -O-, non potevano trovare accoglimento in quanto relative ad un intervento da eseguirsi in ambito sottoposto a vincolo preesistente alla realizzazione e perché eseguite oltre il termine perentorio del 30 settembre 2004 di cui alla L. n. 308/2004.
Contestualmente l’Ente regionale richiedeva al Comune chiarimenti in merito alla mancata esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 7/2003.
Con atto del 18 maggio 2005, il Comune comunicava al Signor -O-il preavviso di diniego relativo all’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (riferito alla già richiamata istanza del 21 ottobre 2003) e con provvedimento del 18 giugno 2005 successivo la respingeva sul rilievo:
- che l’autorizzazione paesaggistica non potesse essere rilasciata successivamente alla realizzazione anche solo parziale degli interventi;
- che l’istanza di compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’art. 1, comma 39 della legge n. 308 del 2004 non fosse attinente al profilo autorizzatorio amministrativo, ma soltanto a quello penale e riguardasse unicamente opere già completate;
- che era mancante il nulla osta relativo al vincolo di cui all’art. 2 della L. n. 64/1974.
Con atto del 1° luglio 2005, richiamata l’ordinanza n. 7 del 3 novembre 2003 e il rigetto da ultimo citato, l’amministrazione avviava il procedimento teso alla demolizione dell’abuso.
I menzionati atti e provvedimenti (avvio del procedimento demolitorio e diniego di accertamento di conformità) venivano impugnati innanzi al T Lazio con ricorso iscritto al n. 8148/2005 R.R. cui seguiva, con motivi aggiunti proposti nell’ambito del medesimo giudizio, l’impugnazione dell’acquisizione gratuita del fondo interessato all’abuso comunicata con atto del 1° ottobre 2005.
Ricorso e motivi aggiunti venivano accolti con sentenza n. 25707 del 14 luglio 2010 valorizzando le incertezze interpretative sorte a seguito dell’entrata