Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-07-29, n. 201905344
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Pubblicato il 29/07/2019
N. 05344/2019REG.PROV.COLL.
N. 05814/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5814 del 2012, proposto dal Comune di Lonigo, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati D M e O S, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Cosseria n. 5,
contro
la signora M C S, non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. del Veneto, Sezione III n. 765/2012, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2019, il Cons. Giovanni Orsini e udito l’avvocato O S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appello in esame è volto ad ottenere l’annullamento e/o la riforma della sentenza n. 765 del 24 maggio 2012, emessa dal TAR Veneto che ha accolto il ricorso n. 657/2012, proposto dalla signora M C S, contro i provvedimenti n. 3899 del 23 febbraio 2012 e n. 7403 del 13 aprile 2012, con i quali il Responsabile dell’Ufficio servizi sociali del Comune di Lonigo ha rigettato l’istanza di integrazione della quota alberghiera della retta presentata dalla ricorrente in nome e per conto della suocera, signora Estella F.
2. Quest’ultima era stata ricoverata presso la I.P.A.B. Casa di Riposo Villa Serena di Lonigo, e la signora S, in data 13 marzo 2000, si era impegnata a corrispondere la retta giornaliera, gli aumenti che la I.P.A.B. avesse richiesto e a rifondere tutte le spese extra pagate dall’Istituto, compresi eventuali danni.
In data 3 gennaio 2012 la signora S ha inoltrato al Comune di Lonigo la revoca dell’impegno precedentemente assunto chiedendo l’integrazione della retta, adducendo a sostegno della propria istanza quanto previsto dall’art. 25 della legge n. 328/2000 e dai decreti legislativi nn. 109/1998 e 130/2000.
La richiesta è stata respinta dal Comune con il provvedimento n. 2393/2012 del 2 febbraio 2012, con il quale si rilevava che l’obbligo assunto dalla signora S con la Casa di riposo presentava carattere di contratto di diritto civile, rispetto al quale il Comune si configurava come soggetto terzo e, dunque, estraneo rispetto alle obbligazioni intercorse tra le parti e che, tenendo conto del reddito familiare l’integrazione non doveva essere riconosciuta.
Il diniego è stato riscontrato dall’odierna appellata con le successive note del 3 febbraio 2012 e del 6 febbraio 2012, con le quali è stata ribadita la richiesta di integrazione della retta, compreso il rimborso degli arretrati pagati alla casa di riposo a partire dal 13 marzo 2000.
Con la nota n. 3899 del 23 febbraio 2012, il Comune ha confermato il precedente provvedimento, rigettando nuovamente la richiesta di integrazione della retta.
Il diniego è stato reiterato con la nota n. 7403 del 13 aprile 2012.
Il TAR ha poi accolto il ricorso presentato contro tali note di diniego.
3. L’appello proposto dal Comune di Lonigo è affidato a tre motivi.
I . Error in iudicando ;vizio della sentenza per il mancato accoglimento delle eccezioni pregiudiziali sollevate in relazione al ricorso di primo grado.
Con il primo articolato motivo di doglianza il Comune di Lonigo ripropone le seguenti eccezioni pregiudiziali sollevate in primo grado e rigettate dal TAR:
a ) in primo luogo, ribadisce l’eccezione di irricevibilità per tardività e di inammissibilità per carenza di interesse del ricorso. I provvedimenti impugnati non sarebbero, infatti, immediatamente lesivi della posizione giuridica della ricorrente in primo grado, trattandosi di atti meramente confermativi del diniego opposto dal Comune in data 14 agosto 2009;
b ) in secondo luogo, il Comune ha evidenziato di aver motivato il diniego di integrazione della retta in applicazione del suo stesso regolamento, relativo alla concessione di benefici economici e prestazioni sociali agevolate, con particolare riferimento all’art. 6, che prevede che la situazione reddituale, rilevante ai fini dell’integrazione della retta per il ricovero in struttura protetta, sia quella del nucleo familiare cui appartiene al momento dell’ingresso in struttura. Tale regolamento non è stato impugnato dalla ricorrente in primo grado;
c ) l’appellante ha evidenziato, inoltre, che la signora S sarebbe stata, ai fini della proposizione del ricorso in primo grado, priva della legittimazione ad agire. Secondo la prospettazione del Comune, il TAR avrebbe errato nel ritenere che la ricorrente “ in quanto soggetto che subisce un pregiudizio patrimoniale dal provvedimento impugnato dovendosi far carico dei costi della retta, fa valere un interesse proprio a sindacare la legittimità del diniego”. Le prestazioni e i servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali ai cittadini, al contrario, farebbero capo direttamente ai soggetti che si trovano in condizioni di disabilità, di inadeguatezza del reddito, di difficoltà sociale, ovvero di non autosufficienza. Il diritto all’integrazione della retta farebbe capo, pertanto, solo alla signora F e la signora S, qualora avesse voluto ottenere i benefici a favore della prima avrebbe dovuto procurarsi un titolo legittimante ad agire in suo nome o per suo conto;
d ) da ultimo, il ricorso in primo grado sarebbe inammissibile in quanto non notificato alla Casa di Riposo Villa Serena, controinteressata sia perché espressamente nominata nel provvedimento avversato, sia perché titolare dell’interesse a continuare a percepire il pagamento dell’intera quota alberghiera.
II. Error in iudicando; violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 del c.c.;violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109/1998.
Nel merito, con il secondo motivo l’appellante ribadisce la legittimità dell’atto di diniego di integrazione della retta, dal momento che l’accordo tra la signora S e la Casa di Riposo è espressione dell’esercizio della libertà negoziale delle parti, ragion per cui il Comune sarebbe terzo e non potrebbe integrare una retta pattuita contrattualmente. Il TAR avrebbe, pertanto, errato nel ritenere che “ l’esistenza di un obbligo contrattuale assunto con la struttura non precluda di per sé la possibilità di ottenere, ove dovuta, un’integrazione economica da parte del Comune”.
III. Error in iudicando; violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109/1998 sotto altro profilo.
Da ultimo, il Comune rileva l’errata applicazione dell’art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109/1998. La valorizzazione del reddito del solo soggetto svantaggiato, secondo l’appellante, sarebbe derogabile in sede applicativa dalle amministrazioni locali che erogano le prestazioni sociali nel caso in cui il soggetto sia inserito nell’ambito della famiglia anagrafica al momento del ricovero nella struttura e a condizione che l’allargamento della valutazione del reddito del nucleo familiare di appartenenza avvenga soltanto ove la capacità contributiva complessiva superi una determinata soglia, determinata secondo canoni di correttezza, logicità e proporzionalità. Nel caso di specie, il nucleo familiare della signora F, nella valutazione dell’Amministrazione, sarebbe stato in grado di integrare la spesa di ricovero senza la necessità dell’intervento comunale.
4. L’appellata, signora S, non si è costituita in giudizio.
5. Il Comune di Lonigo ha presentato memorie nelle quali ha ribadito le difese già svolte nel precedente atto introduttivo del giudizio.
6. Nell’udienza pubblica del 9 luglio 2019 la causa viene trattenuta in decisione.
7. L’appello è fondato.
7.1. In particolare, non sono meritevoli di accoglimento i primi due motivi di impugnazione.
Le eccezioni di inammissibilità riproposte con il primo motivo devono essere respinte. E’ infondata, infatti, l’eccezione di tardività tenuto conto di quanto ha precisato la Corte di Cassazione sul carattere di diritti soggettivi delle prestazioni assistenziali previste dalla legge a favore delle persone in stato di bisogno (cfr. Cass. Civ., sez. un. n. 18978/2017;id., n. 12923/2014), con la conseguente inapplicabilità del termine decadenziale per l’impugnazione.
Priva di pregio è anche l’eccezione sull’omessa impugnazione del regolamento comunale, atteso che per pacifica giurisprudenza il giudice può disapplicarlo d’ufficio e non tenerne conto ai fini della decisione.
Del pari, è condivisibile quanto affermato dal TAR circa la sussistenza dell’interesse a ricorrere dell’appellata, quale obbligata al pagamento della retta (d’altra parte, il diniego opposto dall’Amministrazione si fonda proprio sull’entità del reddito dell’intero nucleo familiare della degente), e in ordine alla non qualificabilità quale controinteressata della Casa di cura (in disparte il rilievo che nelle controversie in materia di diritti soggettivi non è predicabile l’onere di notifica del ricorso a pena di inammissibilità ad almeno un controinteressato).
7.2. Anche il secondo motivo non è condivisibile. Il fatto che l’appellata si fosse obbligata, con atto privato, a corrispondere la retta e le successive eventuali integrazioni non è di ostacolo, infatti, alla successiva richiesta di integrazione ove vi fossero le condizioni previste.
8. Deve invece essere accolto il terzo motivo.
Questo Consiglio ha chiarito nelle più recenti sentenze che, alla luce di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 296 del 19 dicembre 2012, il decreto legislativo n. 109 del 1998 non esclude l’obbligo di compartecipazione dei familiari alle spese per l’erogazione di prestazioni sociosanitarie a favore di disabili gravi o degli anziani non autosufficienti. Il contenuto indeterminato della norma rende possibile, infatti, che i Comuni definiscano i criteri delle loro priorità nella utilizzazione delle risorse;d’altra parte, la legge individua due finalità, vale a dire la evidenziazione del reddito del solo assistito ai fini del pagamento della retta per il ricovero e quella di favorire la permanenza dello stesso assitito presso il nucleo familiare di appartenenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 3541 del 2015).
Come ha precisato la Corte costituzionale, la previsione di una compartecipazione ai costi delle prestazioni, da parte dei familiari, può costituire tra l’altro un incentivo indiretto che contribuisce a favorire la permanenza dell’anziano presso la famiglia ed è comunque espressiva di un dovere di solidarietà che, prima ancora che sulla collettività, grava anzitutto sui prossimi congiunti. (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 99 del 2014). È quindi legittimo che il Comune per definire le proprie modalità di intervento stabilisca di prendere in considerazione anche il reddito dei familiari civilmente obbligati, come è avvenuto nel caso di specie. La limitatezza delle risorse di cui dispongono le amministrazioni locali per contribuire alle spese di assistenza impongono una gestione rigorosa delle stesse, improntata ai principi costituzionali di uguaglianza e di progressività. In questo senso, appare ragionevole che, in mancanza di una prescrizione obbligatoria di carattere legislativo, si determini anche per le situazioni come quella in esame che il reddito da considerare ai fini della contribuzione non sia quello del solo assistito ma del nucleo familiare di appartenenza.
9. Sulla base di tali considerazioni l’appello deve essere accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tar, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono le ragioni, tenuto conto anche dei diversi orientamenti assunti nel tempo dalla giurisprudenza, per compensare le spese dei due gradi di giudizio.