Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-01-27, n. 201400366

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-01-27, n. 201400366
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400366
Data del deposito : 27 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00498/2012 REG.RIC.

N. 00366/2014REG.PROV.COLL.

N. 00498/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 498 del 2012, proposto da:
S S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. A P, A L, con domicilio eletto presso A P in Roma, via di Villa Sacchetti n. 11;

contro

Lottomatica Videolot Rete Spa, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso C M in Roma, via Borgognona 47;
Amministrazione Autonoma dei Monopoli Di Stato - Aams;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 04797/2011, resa tra le parti, concernente irrogazione di penale per ritardato collegamento alla rete telematica di apparecchi di divertimento ed intrattenimento del gioco lecito concessi in gestione


Visti il ricorso in opposizione di terzo e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lottomatica Videolot Rete Spa e di Ministero dell'Economia e delle Finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2013 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Lirosi, Police, Mirabile e l'Avvocato dello Stato Pio Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in esame, la società SO.GE.I s.p.a. impugna la sentenza 22 agosto 2011 n. 4797, con la quale il Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’appello proposto dalla società .Lottomatica Videolot Rete spa.

L’opponente chiede che, in parziale riforma della gravata pronuncia, si voglia accertare e dichiarare la completa estraneità della SO.GE.I s.p.a. ai fatti oggetto della predetta sentenza, “in una con l’insussistenza dei presupposti in fatto e in diritto per riconoscere qualsivoglia concorso della SO.GE.I s.p.a. nella causazione del preteso ritardo nell’attivazione della rete telematica e del connesso asserito inadempimento” alle obbligazioni rinvenienti dalla convenzione di concessione, ed a carico dell’impresa appellante.

La ricorrente in opposizione precisa che con la pronuncia ora impugnata il Consiglio di Stato “si è espressamente rifatto ai principi enucleati nella sua precedente decisione n. 9347/2010, a sua volta oggetto di gravame per opposizione di terzo”.

Vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

a) error in iudicando;
inconfigurabilità di qualsivoglia contributo causativo da parte di SOGEI al (preteso) inadempimento alle obbligazioni nascenti dalla convenzione di concessione;
error in procedendo;
violazione e falsa applicazione art. 3, co. 1, Cpa;
ciò in quanto la sentenza è erronea “nella misura in cui velatamente ipotizza (senza allegare sufficienti ed idonee argomentazioni a sostegno) che la condotta di S sarebbe stata suscettibile di incidere nella determinazione del ritardo nell’avvio della rete telematica oggetto della concessione”;

b) error in procedendo;
violazione e falsa applicazione artt. 1, 2, 27 e 49 Cpa, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., poiché, non avendo preso parte al giudizio conclusosi con la sentenza impugnata (e, prima ancora, al giudizio conclusosi con la sentenza del Consiglio di Stato n. 9347/2010), S è stata (ingiustamente) privata della possibilità di esercitare appieno le proprie difese, in contrasto con ogni principio di tutela giurisdizionale dei diritti. Risulta, inoltre, violato il principio del contraddittorio.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso:

- sia in quanto quello definito con la sentenza opposta è un giudizio di carattere impugnatorio di provvedimenti di irrogazione di penali al concessionario, rispetto al quale non è ipotizzabile alcuna pretesa di S all’accertamento della propria estraneità rispetto all’inadempimento del concessionario;

- sia in quanto, non vi è alcun interesse concreto ed attuale alla rimozione della sentenza, stante il richiamo ad imprecisate “eventuali pretese di terzi”. Né, infine, la sentenza opposta contiene alcun riferimento esplicito ad una responsabilità di S;

- sia in quanto, la S non è titolare di alcuna posizione pregiudicata dalla decisione interessata dal ricorso in opposizione.

L’amministrazione ha in ogni caso concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

Si è altresì costituita la società appellata, che ha anch’essa preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse ad agire, ed ha comunque concluso richiedendone il rigetto, stante l’infondatezza.

Dopo il deposito di memorie, all’udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. Il ricorso per opposizione di terzo deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

L’108 Cpa disciplina, in generale, il rimedio dell’opposizione di terzo, affermando (comma 1): “Un terzo può fare opposizione contro una sentenza del Tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorchè passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi”;

Orbene, il Codice del processo amministrativo recepisce, quindi - pur con i dovuti adattamenti necessitati dal diverso contesto sostanziale (la presenza nel giudizio amministrativo anche della posizione di interesse legittimo) e processuale - le due classiche figure di opposizione di terzo, disciplinate dall’art. 404 cod. proc. civ., e cioè l’opposizione di terzo ordinaria (primo comma) e l’opposizione d terzo revocatoria (secondo comma).

Sul punto, la relazione illustrativa del Codice precisa che si è intesa superare “la giurisprudenza del giudice amministrativo che, in carenza di una disciplina dell’opposizione di terzo, ammetteva l’appello anche di chi non fosse stato parte del giudizio di primo grado”.

Come è noto, l’estensione al giudizio amministrativo dell’opposizione di terzo discende dalla sentenza 17 maggio 1995 n. 177 della Corte Costituzionale, con la quale venne dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 28 e 36 della legge n. 1034/1971, nella parte in cui gli stessi non prevedevano l’opposizione di terzo ordinaria tra i mezzi di impugnazione esperibili avverso le sentenze del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali.

Secondo la Corte costituzionale, “l'esigenza del rimedio è . . . desunta dalla constatazione della possibilità che - nonostante la regola generale, dettata dall'art. 2909 del codice civile, dell' inefficacia della sentenza nei confronti di soggetti diversi dalle parti del processo a conclusione del quale essa sia stata pronunciata - si presentino casi in cui, per effetto della cosa giudicata, venga a determinarsi una obbiettiva incompatibilità fra la situazione giuridica definita dalla sentenza e quella di cui sia titolare un soggetto terzo rispetto ai destinatari della stessa. Il mezzo di impugnazione di cui si tratta trae perciò ispirazione da tale evenienza e consente a coloro che non sono stati coinvolti nel processo di far valere le loro ragioni, infrangendo lo schermo del giudicato per rimuovere il pregiudizio che da esso possa loro derivare. Ciò sia nel caso che la situazione vantata dall'opponente ed incompatibile con quella affermata dal giudicato venga considerata dal diritto sostanziale prevalente rispetto a quest'ultima, sia nel caso che la sentenza cui ci si oppone risulti . . . pronunciata senza il rispetto di regole processuali.”.

La Corte evidenzia due distinte situazioni:

- il caso “in cui un controinteressato, parte necessaria, sia stato pretermesso e non abbia potuto far valere le sue ragioni”;

- il caso di soggetti diversi dai destinatari in senso formale della sentenza, posto che vi sono casi in cui “l'azione amministrativa, direttamente o di riflesso, coinvolge per sua natura una pluralità di soggetti che non sempre sono ritenuti parte necessaria nelle controversie oggetto del giudizio”;
e poiché il processo amministrativo, “come attualmente configurato, si svolge normalmente tra i soggetti interessati dall'atto impugnato, è possibile che la sentenza che lo conclude possa poi dar luogo, per la sua attuazione, ad altri procedimenti interferenti su rapporti facenti capo a soggetti che non dovevano o, in alcuni casi, addirittura non potevano partecipare al processo e dunque diversi dai destinatari in senso formale della sentenza medesima.”.

La giurisprudenza amministrativa ha successivamente approfondito le indicazioni della Corte costituzionale, precisando (Cons. Stato, Ad. Plen., 11 gennaio 2007 n. 2), che “la legittimazione a proporre la opposizione di terzo, nei confronti della decisione amministrativa resa tra altri soggetti, va riconosciuta: a) ai controinteressati pretermessi;
b) ai controinteressati sopravvenuti (beneficiari di un atto consequenziale, quando una sentenza abbia annullato un provvedimento presupposto all'esito di un giudizio cui siano rimasti estranei);
c) ai controinteressati non facilmente identificabili;
d) in generale ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione.”, specificandosi altresì che “non sono legittimati i titolari di una situazione giuridica derivata ovvero i soggetti interessati solo di riflesso (ad es. soggetti legati da rapporti contrattuali con i legittimati all'impugnazione) (in senso conf. Cons Stato, sez. VI, 29 gennaio 2008 n. 230).

In particolare, la posizione del ricorrente in opposizione è tutelata dall’ordinamento giuridico (in quanto fondata su norma di legge e/o regolamento, ovvero su diverso provvedimento amministrativo assistito da presunzione di legittimità), e si caratterizza per un contenuto (il bene che forma oggetto della posizione giuridica, argomentando dall’art. 810 cod. civ.) assolutamente in contrasto con la sentenza pronunciata e che risulta da questa pregiudicato, senza che il titolare abbia avuto la possibilità di agire in giudizio avverso le parti costituite.

Ne consegue che solo attraverso lì’opposizione di terzo può sanarsi la contraddizione tra “cosa giudicata” in senso sostanziale (ex art. 2909 cod. civ.), che tuttavia, come è noto, definisce e limita l’efficacia dell’accertamento contenuto in sentenza alle “parti” del giudizio, e posizione di colui che tale qualifica di parte non ha potuto incolpevolmente acquisire, risolvendosi così quella “incompatibilità fra la situazione giuridica definita dalla sentenza e quella di cui sia titolare un soggetto terzo rispetto ai destinatari della stessa”, già rilevata dalla Corte costituzionale.

Questa situazione, unitamente a quella del soggetto titolare di posizione giuridica fondata su provvedimento amministrativo consequenziale a quello impugnato (situazione, quest’ultima, che può essere ricostruita anche come una specie della precedente), è proprio ciò che più caratterizza il processo amministrativo (nella sua specifica veste di giudizio impugnatorio), rispetto al processo civile, potendosi cioè avere – proprio per la tipicità del giudizio, ma soprattutto per la presunzione di legittimità che assiste i provvedimenti amministrativi, ancorchè oggetto di impugnazione e che consente l’ulteriore attività amministrativa - l’insorgenza di posizioni giuridiche successivamente al giudizio instaurato, e quindi possibili legittimazioni ad opposizione di terzo derivanti, non già dal mancato rispetto del principio del contraddittorio, bensì dalla sopravvenienza di nuovi atti fondativi di posizioni giuridiche.


3. Nel caso di specie, non ricorre alcuna delle situazioni tali da legittimare il ricorso in opposizione di terzo, previsto dall’art. 108, co. 1, Cpa.

Ed infatti, la sentenza impugnata – nel giudicare,, per il tramite dell’impugnazione della sentenza di I grado, della legittimità di provvedimenti di irrogazione di penali ai sensi della convenzione di concessione per la gestione telematica degli apparecchi di divertimento ed intrattenimento - non contiene alcuna affermazione riconducibile ad una pretesa responsabilità della S nella causazione del preteso ritardo nell’attivazione della rete telematica e, dunque, nel conseguente inadempimento delle obbligazioni nascenti dalla convenzione.

Oggetto del giudizio impugnatorio, conclusosi con la sentenza oggetto di impugnazione nella presente sede, sono, come si è detto, provvedimenti sanzionatori e la legittimità (o meno) dei medesimi, e non già l’accertamento della responsabilità per il ritardo e dunque per l’inadempimento di obbligazioni, tanto meno coinvolgente soggetti terzi.

Ne consegue che il giudicato, formatosi su una sentenza conseguente ad esercizio dell’azione di annullamento, non contenendo statuizioni accertative di responsabilità, non si presenta, nemmeno potenzialmente, lesivo di posizioni giuridiche dell’attuale ricorrente, né rende suscettibili di passare in giudicato statuizioni avverso le quali unico rimedio esperibile potrebbe (astrattamente) essere il ricorso in opposizione di terzo.

Né tanto meno la S può essere considerata – in applicazione delle “categorie” individuate dalla giurisprudenza in materia di opposizione di terzo - “controinteressata” pretermessa, o non facilmente identificabile, ovvero sopravvenuta, rispetto ai provvedimenti di natura sanzionatoria oggetto di impugnazione in I grado (e sempre che la figura del controinteressato sia ipotizzabile nel caso di provvedimenti amministrativi di tale natura).

D’altra parte, la stessa società ricorrente, lungi dall’esporre specifiche affermazioni contenute in sentenza (coperte da giudicato), lesive di proprie posizioni giuridiche soggettive, propone – in sostanza - il ricorso in opposizione avverso la detta sentenza, per l’ipotesi in cui la stessa possa essere eventualmente letta nel senso di contenere un (presunto) accertamento di sua responsabilità.

Per le ragioni sin qui esposte, difettando lesioni di posizioni giuridiche sostanziali della ricorrente, il ricorso in opposizione deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di diritto.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi