Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-01-12, n. 202100393

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-01-12, n. 202100393
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100393
Data del deposito : 12 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/01/2021

N. 00393/2021REG.PROV.COLL.

N. 03434/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 3434 del 2020, proposto da
Green S.r.l., in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. con ITALICA S.r.l. e COMITEL S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , tutte rappresentate e difese dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, viale S. Lavagnini n. 41;

contro

Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ar.F.A. Tech S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolo' Mastropasqua, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Piero Lorusso in Roma, largo Messico 7;
Andresini Giovanni Benito, Consorzio Stabile La Marca, Kos S.R.L, Lapietra Giardini S.R.L, Sintergy S.r.l., Astra Strade S.r.l., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione prima, 24 febbraio 2020, n. 301, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Bari e di AR.F.A. Tech S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il Cons. Giorgio Manca e preso atto della richiesta di passaggio in decisione, senza discussione, depositata dagli avvocati Spatocco, Cioffi e Mastropasqua;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La società Green s.r.l. , in qualità di mandataria del R.T.I. con ITALICA srl e COMITEL srl, ha partecipato alla procedura aperta, indetta dal Comune di Bari, per l’affidamento di un accordo quadro per i lavori di realizzazione del “parco urbano ex gasometro”.

All’esito delle operazioni di gara, l’appalto è stato aggiudicato alla società AR.F.A. Tech s.r.l. , con determinazione dirigenziale n. 2019/160/01658 del 17 settembre 2019. La Green s.r.l. si è classificata al secondo posto della graduatoria.

2. - Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, integrato da motivi aggiunti, la Green ha impugnato l’aggiudicazione, deducendo l’illegittimità dell’ammissione alla procedura sia dell’impresa aggiudicataria che di altra concorrente, per violazione dell’art. 80, comma 5, lettera m) , del Codice dei contratti pubblici (approvato con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), in relazione alla sussistenza di una situazione di sostanziale controllo fra le concorrenti AR.F.A. Tech (aggiudicataria) e KOS (partecipante in raggruppamento con altra società);
dall'altro, l'omessa dichiarazione, da parte dell'impresa aggiudicataria, di informazioni incidenti sulla sua affidabilità professionale.

3. - Il Tribunale amministrativo, con sentenza 24 febbraio 2020, n. 301, ha ritenuto infondate tutte le censure, in particolare osservando:

- quanto alla dedotta violazione del divieto di cui all'art. 80, comma 5, lett. m) , del Codice dei contratti pubblici, che mancano le prove del collegamento sostanziale, essendo indimostrato l'assunto secondo cui le offerte presentate dalla AR.F.A. Tech e dalla KOS sarebbero imputabili ad un unico centro decisionale;
che è irrilevante e comunque non provata la falsità della dichiarazione di uno dei soci della AR.F.A. Tech [il quale avrebbe (in tesi, falsamente) dichiarato di non convivere con la moglie, allo scopo di influenzare la valutazione della stazione appaltante in ordine alla esistenza del collegamento];
che la KOS si è presentata alla gara quale componente di un raggruppamento le cui scelte operative dipendono dalla volontà decisionale di una terza società (la Lapietra Giardini s.r.l. , mandataria del raggruppamento).

- che la dichiarazione omessa dall’amministratrice unica dell’aggiudicataria sul procedimento penale nella quale è indagata per concorso nell’illecita acquisizione di erogazioni pubbliche da parte del Comune di Brindisi (che poi avrebbe utilizzato i contributi per l'esecuzione di un appalto affidato all’aggiudicataria), non integra un grave illecito professionale, né un obbligo dichiarativo, posto che nel corso del procedimento penale (pur essendo stato disposto un provvedimento di sequestro nei confronti della società in quanto destinataria delle somme) non vi è stato l’accertamento di un coinvolgimento dell’amministratrice nella commissione del reato-presupposto.

4. - La ricorrente in primo grado ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza e riproponendo i motivi di primo grado non esaminati.

5. – Resistono in giudizio il Comune di Bari e la AR.F.A. Tech chiedendo il rigetto dell’appello.

6. – All’udienza del 24 settembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. - L’appello si articola intorno a due questioni fondamentali: la prima attiene al se gli elementi di collegamento tra la AR.F.A. Tech e la KOS, segnalati dalle appellanti, integrano quella relazione di fatto sufficiente per poter ricondurre a un unico centro decisionale le offerte presentate dai due operatori economici, presupposto (in alternativa all’esistenza di una situazione di controllo di cui all’art. 2359 del cod. civ.) della causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lettera m) , del Codice dei contratti pubblici;
la seconda riguarda l’omessa dichiarazione, da parte dell’aggiudicataria, dell’esistenza di un procedimento penale nel quale risulta indagata anche l’amministratrice unica della AR.F.A. Tech, per concorso nell’illecita acquisizione di erogazioni pubbliche.

7.1. - Segnatamente, con il primo profilo del primo motivo, le appellanti sottolineano l’errore del primo giudice per non aver considerato la violazione degli obblighi dichiarativi gravanti sull’aggiudicataria AR.F.A. Tech e sulla KOS , in ordine alla relazione di controllo esistente e con riferimento alla falsa dichiarazione di uno dei soci della AR.F.A. Tech , il quale avrebbe dichiarato di non convivere con la moglie, al solo fine di fuorviare la stazione appaltante in ordine all’esistenza dei collegamenti societari e di fatto (condotte, queste ultime, che rileverebbero quali cause di esclusione ai fini dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) e f-bis) , del Codice dei contratti pubblici).

7.2. - Con altra censura, inserita nello stesso primo motivo, le appellanti assumono l’erroneità della sentenza in ordine alla valutazione degli indici del collegamento tra le concorrenti, ritenuti insussistenti;
valutazione, che il primo giudice avrebbe effettuato esaminando separatamente gli indici rilevatori del controllo, mentre – se esaminati complessivamente – sarebbe palese il rapporto di controllo di fatto tra la AR.F.A.Tech s.r.l. e la KOS s.r.l., a causa della influenza dominante dell’una sull’altra, dimostrata dal fatto che in seno alla stessa famiglia sono detenute quote sociali delle due società pari alla maggioranza assoluta del capitale. Sul punto, le appellanti richiamano anche la giurisprudenza secondo cui, perché sia configurabile un unico centro decisionale, sarebbe sufficiente anche un solo socio in comune, a prescindere dalla consistenza delle sue quote, soprattutto in società di modeste dimensioni.

8. - Il motivo è fondato nella parte in cui deduce l’esistenza di un unico centro decisionale desumibile dalla relazione di fatto tra i soci delle due società ( AR.F.A.Tech s.r.l. e KOS s.r.l. ) partecipanti alla procedura di gara, la quale integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. m) , del Codice dei contratti pubblici, nei confronti dell’operatore economico che « si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale ».

8.1. - La norma, come si evince dal chiaro tenore letterale, estende le ipotesi di esclusione oltre il campo di applicazione dell’art. 2359 del Codice civile e delinea una fattispecie di collegamento sostanziale che la giurisprudenza aveva già accolto nella vigenza del vecchio codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 163 del 2006), sottolineando come tale estensione trovi una propria giustificazione nell’esigenza di evitare il rischio d’una «vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione» (Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189).

In queste ipotesi, la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale «postula semplicemente l’astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (ex multis, Cons. Stato, V, 16 febbraio 2017, n. 496;
III, 10 maggio 2017, n. 2173;
III, 23 dicembre 2014, n. 6379;
V, 18 luglio 2012, n. 4189)»
(Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6010). Per cui, com’è stato ulteriormente precisato, «ciò che deve essere provato […] è soltanto l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte […] » (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 496). Ne discende che sulla stazione appaltante grava «il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l’unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse fra loro» (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 496).

8.3. - La conclusione cui è pervenuta la giurisprudenza nazionale si è giovata, inoltre, dell’intervento della Corte di Giustizia della Comunità europea, la quale – con la sentenza della Quarta Sezione, 19 maggio 2009, in causa C-538/07 - ha affermato il principio secondo cui il diritto comunitario «osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara» .

8.4. - E’ stato quindi delineato il percorso istruttorio che la stazione appaltante deve svolgere per la verifica della esistenza di un unico centro decisionale: «a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.;
b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte;
c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un ‘unico centro decisionale’ da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale»
(Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019, n. 69, che richiama Cons. Stato, V, 10 gennaio 2017, n. 39).

8.5. - Nel caso di specie, gli indizi segnalati dall’appellante sono idonei a dimostrare quella relazione di fatto che costituisce il presupposto dell’unicità del centro decisionale cui le offerte sono imputabili.

Rileva, sotto questo profilo, il fatto, sostanzialmente non contestato tra le parti (cfr. pag. 20 e pag. 23 della memoria di costituzione AR.F.A. Tech del 23.07.2020), delle strette relazioni parentali tra i soci delle due società (la AR.F.A. Tech , aggiudicataria, e la KOS , partecipante alla gara in raggruppamento con altra società): uno dei tre soci della AR.F.A. Tech (facenti parte dello stesso gruppo familiare: madre e due fratelli), possiede il 40% della AR.F.A. Tech , è socio anche della KOS [per una quota pari al 19%] di cui è socia anche la moglie, con una quota che (unita a quella del marito) raggiunge il 55% del capitale.

8.6. - L’argomento probatorio, anche se unico, è particolarmente significativo delle relazioni esistenti tra le due società, configurando un indizio dotato di gravità, nel senso di elevata valenza probabilistica o attendibilità idonea a dimostrare il fatto ignoto (la riconducibilità delle offerte delle due società a un unico centro decisionale) quale sicura conseguenza del fatto noto (ossia, la titolarità di quote sociali comportanti il controllo o una notevole influenza sulle due società);
e precisione, rappresentando un fatto di cui è certa l’esistenza, e, come già accennato, non contestato in causa (sulla idoneità di un unico indizio, se grave e preciso, a sorreggere l’argomento presuntivo ai sensi dell’art. 2729 del Codice civile, si veda ex multis Cass., VI civ., 12 febbraio 2018, ord. n. 3276).

Da tale elemento, pertanto, è dato ricavare la sussistenza di un unico centro decisionale, anche a prescindere dalle ulteriori circostanze invocate dall’appellante.

8.7. - Né, in senso contrario, assume rilevanza la circostanza che la KOS ha presentato l’offerta nell’ambito di un raggruppamento temporaneo con altra impresa, sia perché (dovendo valutare in astratto la presumibile esistenza di un unico centro decisionale) il forte collegamento sostanziale tra le due società è idoneo a coinvolgere anche altri soggetti nell’eventuale azione concertativa;
sia perché le parti appellate (su cui grava il relativo onere probatorio, come si evince anche dalla pronuncia della Corte di Giustizia sopra richiamata, che fa salva la possibilità per le imprese di dimostrare che il collegamento sostanziale «non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara» ) non sono state in grado di allegare elementi o argomenti di prova capaci di smentire le conclusioni raggiunte.

9. - Alla luce di quanto accertato in punto di collegamento sostanziale tra le due società, è irrilevante stabilire se la relazione esistente tra di esse dovesse essere oggetto di specifici obblighi dichiarativi. La relativa censura rimane, quindi, assorbita.

10. - Anche il secondo motivo potrebbe ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo (il quale, accertando l’esistenza del collegamento sostanziale, comporta come conseguenza l’esclusione del raggruppamento aggiudicatario, oltre che del raggruppamento di cui fa parte la KOS , e l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva). Tuttavia, si ritiene di procedere al suo esame per ragioni di completezza.

10.1. - Con esso, l’appellante ribadisce, in chiave critica delle statuizioni della sentenza impugnata, che la mandataria del raggruppamento aggiudicatario (la AR.F.A. Tech ) avrebbe dovuto dichiarare in gara la circostanza dell’adozione di un provvedimento cautelare di sequestro preventivo nei confronti dell’amministratrice unica, nell'ambito di un procedimento penale pendente (per concorso nell’illecita acquisizione di erogazioni pubbliche). L’occultamento di tale circostanza costituirebbe violazione degli obblighi dichiarativi previsti dalla legge di gara e non avrebbe consentito all’amministrazione appaltante di valutare se il fatto integrasse il grave illecito professionale e in quale misura incidesse sull’affidabilità professionale dell’operatore economico, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) , del Codice dei contratti pubblici.

10.2. - Rileva, inoltre, che il Tribunale amministrativo (con l’ordinanza cautelare del 16 maggio 2019) aveva sollecitato la stazione appaltante a effettuare «la doverosa verifica, prima di procedere all’aggiudicazione definitiva, della rilevanza dell’omessa dichiarazione, da parte dell’Amministratore Unico dell’Ar.F.A. Tech S.r.l. del sequestro preventivo subito (per valutare se da esso possano desumersi gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico che, in quanto tali, avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione)» . Ordinanza che sarebbe rimasta sostanzialmente inadempiuta, posto che – secondo l’appellante – la motivazione contenuta nel provvedimento di aggiudicazione definitiva non esamina l’incidenza del sequestro preventivo sulla moralità professionale dell’operatore economico, limitandosi a sostenere che il sequestro non rientra nelle ipotesi tassative previste dall’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, è una misura di natura provvisoria e comunque è irrilevante perché riguarda la socia e non la società. L’appellante contesta specificamente la motivazione riferita.

11. - Il motivo è fondato.

11.1. - Precisato che la rilevanza dell’omissione deve essere vagliata alla luce dell’art. 80, comma 5, lett. c) , del Codice dei contratti pubblici, nel testo risultante dopo le modifiche introdotte dall’art. 5, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 (secondo cui «Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico […] c) […] qualora [dimostrino] con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità» ), va richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale (riassunto di recente nell’ordinanza di questa Sezione Quinta, Sezione V, 9 aprile 2020, n. 2332, ed ivi ulteriori riferimenti) secondo cui la norma in questione, quanto agli obblighi dichiarativi posti a carico del partecipante alla procedura di gara, ha un carattere aperto, in grado di comprendere tutti quei fatti riguardanti l’operatore economico, di cui sia accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, qualificabili come gravi illeciti professionali e quindi possibili oggetti della valutazione di incidenza sulla sua affidabilità professionale (si vedano anche, ex multis , Cons. Stato, III, 2 aprile 2020, n. 2245;
III, 5 settembre 2017, n. 4192). La enucleazione (dalla originaria formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) , per l’intervento dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, cit.) delle autonome fattispecie attualmente descritte dalle lettere c-bis) , c-ter) e c-quater) , dell’art. 80, comma 5, comporta come conseguenza che la norma di cui alla lett. c) assume la funzione di “norma di chiusura” o residuale, in cui rientrano, per l’appunto, tutte le condotte ascrivibili all’operatore economico suscettibili di incidere sulla sua affidabilità professionale.

Il carattere aperto del catalogo di obblighi dichiarativi trova un bilanciamento nell’esigenza di uno specifico apprezzamento della stazione appaltante circa il valore dei fatti dichiarati, che deve investire, in prima battuta, la qualifica di gravità dell’illecito professionale e successivamente la sua incidenza sull’affidabilità professionale dell’operatore economico. Sviluppando quanto affermato dalla recente sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 28 agosto 2020, n. 16 [cfr. §§ 12 e 18 del diritto, anche se la fattispecie esaminata dalla Plenaria ha riguardato l’art. 80, comma 5, lett. c) nel testo vigente prima delle modifiche introdotte col decreto-legge n. 135 del 2018 e con specifico riferimento alle ipotesi del «fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» e dell’ «omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione» , ora ricompresa nell’autonoma previsione di cui alla lett. c-bis) ], deve ritenersi che la valutazione riservata alla stazione appaltante sui due profili richiamati rappresenti l’elemento specializzante della causa di esclusione in esame rispetto alla causa di esclusione descritta nella lett. f-bis) (introdotta dall’art. 49 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che impone l’automatica esclusione dell’operatore economico il quale abbia presentato in gara «documentazione o dichiarazioni non veritiere» ).

I rapporti tra le due norme configurano, in effetti, un caso di specialità reciproca. La fattispecie di cui alla lett. c) è speciale, per aggiunta, rispetto alla fattispecie di cui alla lett. f-bis) , perché oltre agli elementi di quest’ultima contempla l’elemento ulteriore della valutazione riservata alla stazione appaltante della incidenza sulla affidabilità dell’operatore economico. La fattispecie di cui alla lett. f-bis) è a sua volta speciale, per specificazione, perché in essa non rientrano tutti i gravi illeciti professionali dell’operatore economico ma solo quelli costituiti dall’aver presentato in gara documentazione o dichiarazioni non veritiere.

11.2. - Si conferma, quindi, per un verso, che la causa di esclusione di cui alla lett. c) (nella versione risultante dopo lo scorporo delle ipotesi speciali di cui alle lettere c-bis) , c-ter) e c-quater) , dell’art. 80, comma 5) è una norma residuale perché idonea a ricomprendere nello spettro valutativo dell’affidabilità professionale qualsiasi fatto o condotta violativa di norme civili, penali o amministrative, se connotato in termini di grave illecito professionale. Per altro verso, l’omessa dichiarazione di fatti che potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai [nell’art. 80, comma 5, lett. c) ] autonoma causa di esclusione. Né lo è ai sensi della lett. f-bis) , la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera (ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà), non alla dichiarazione reticente o alla omissione della dichiarazione;
e quindi si applica alle sole ipotesi in cui (come affermato dall’Adunanza Plenaria n. 16/2020, al § 18 del diritto), «le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità […] » .

11.3. - Nel caso di specie, come accennato, il fatto che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto portare a conoscenza della stazione appaltante è rappresentato dall’adozione di un provvedimento giurisdizionale di sequestro preventivo nell’ambito di un procedimento penale in cui risulta indagata l’amministratrice unica per concorso in truffa e falso nell’illecita acquisizione di erogazioni pubbliche da parte del Comune di Brindisi.

La rilevanza del sequestro preventivo penale, come fatto idoneo ad assumere i connotati del grave illecito professionale e a incidere sulla affidabilità professionale dell’operatore economico, è stata affermata in giurisprudenza anche recentemente (cfr. Cons. Stato, III, 2 aprile 2020, n. 2245), argomentando proprio dalla natura non tassativa delle condotte collegate all’attività professionale.

Ne deriva come conseguenza che la stazione appaltante, acquisita la notizia, avrebbe dovuto procedere, prima dell’aggiudicazione (anche per la sollecitazione in tal senso formulata dal Tribunale amministrativo con l’ordinanza cautelare del 16 maggio 2019, già richiamata), alla valutazione di tutti gli elementi della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) .

11.4. - Valutazione riservata all’amministrazione e non surrogabile dal giudice amministrativo perché, come ha chiarito l’Adunanza plenaria con la pronuncia n. 16/2020, più volte citata, « [osta] a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare «con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati»). Laddove invece svolta, operano per essa i consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale in cui l’amministrazione sola è chiamata a fissare «il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente» [Cassazione, sezioni unite civili, nella sentenza del 17 febbraio 2012, n. 2312, che ha annullato per eccesso di potere giurisdizionale una sentenza di questo Consiglio di Stato che aveva a sua volta ritenuto illegittimo il giudizio di affidabilità professionale espresso dall’amministrazione in relazione all’allora vigente art. 38, comma 1, lett. f), dell’abrogato codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163];
limiti che non escludono in radice, ovviamente, il sindacato della discrezionalità amministrativa, ma che impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione»
(§ 15 della parte in diritto).

11.5. - Nella vicenda in esame, la stazione appaltante ha motivato l’irrilevanza del sequestro preventivo affermando che la misura ha riguardato il legale rappresentante legale della AR.F.A. Tech e non le quote sociali;
che gli effetti sono di natura provvisoria;
che occorre tener conto del principio di presunzione di innocenza unitamente al principio di tassatività delle cause di esclusione (cfr. la determinazione dirigenziale n. 2019/160/01658 del 17 settembre 2019).

Anche se in una forma non priva di oscurità, l’amministrazione finisce col sostenere che il sequestro preventivo penale, indipendentemente dai fatti che ne hanno giustificato l’adozione, non costituisce un grave illecito professionale. In tal modo, tuttavia, l’amministrazione si sottrae (come ben rilevato dall’appellante) alla doverosa valutazione delle condotte che sono oggetto del procedimento penale (e che hanno portato alla adozione della misura cautelare), le quali - al di là della loro valutazione strettamente penalistica – possono assumere rilievo in termini di gravità degli illeciti professionali ed eventualmente recidere quel legame tra le parti del futuro contratto basato sull’affidabilità professionale dell’operatore economico.

La motivazione addotta, pertanto, è solo apparente, non affrontando i profili valutativi che la norma sulla causa di esclusione riserva alla stazione appaltante.

12. - In conclusione, in base alle considerazioni sin qui svolte, l’appello va accolto.

13. - L’appellante ha chiesto, altresì, il subentro nel contratto eventualmente stipulato (previa dichiarazione di inefficacia dello stesso).

La domanda è inammissibile, non risultando agli atti del giudizio che il contratto tra il raggruppamento aggiudicatario e il Comune di Bari sia stato stipulato (né la circostanza è allegata dalle parti).

14. - Quanto alla domanda di risarcimento per equivalente, è allo stato infondata, sia perché (non risultando stipulato il contratto) rimane intatta la possibilità dell’appellante di conseguire l’aggiudicazione e il contratto, sia perché l’appellante (su cui pacificamente grava il relativo onere probatorio ai sensi dell’art. 2697 del Codice civile) non ha in alcun modo dimostrato e provato i danni subiti.

15. - Considerata la peculiarità della vicenda esaminata, si giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite, per entrambi i gradi del giudizio.

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