Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-01-27, n. 202200577

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-01-27, n. 202200577
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200577
Data del deposito : 27 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/01/2022

N. 00577/2022REG.PROV.COLL.

N. 00509/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 509 del 2017, proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza – Comando Interregionale della Italia Centrale della Guardia di Finanza – Comando Regionale Abruzzo della Guardia di Finanza –, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avvocati F R e A D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R C in Roma, viale Liegi n. 35;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), del -OMISSIS- 2016, n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto del Presidente della Sezione n. 3 del 2022 adottato ai sensi dell’art. 7 bis del d.l. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni dalla l. 16 settembre 2021, n.126, come modificato dall’art. 16, comma 5, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2022, svoltasi con modalità telematica, il Cons. F G e uditi l’avv. dello Stato Maurizio Greco per la parte appellante e l’avv. F R per la parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n.r.g. -OMISSIS-/2015, il sig. -OMISSIS-, Appuntato Scelto della Guardia di Finanza, esponeva che, a seguito della condanna penale inflittagli con sentenza divenuta irrevocabile il -OMISSIS-2014 e conosciuta integralmente il -OMISSIS-2014 dall’Amministrazione di appartenenza, il -OMISSIS- 2014 questa gli aveva notificato l’avvio di un’inchiesta formale conclusasi poi con la notifica, il -OMISSIS-2014, di un provvedimento di sospensione disciplinare dal servizio per la durata di mesi quattro;
avverso quest’ultimo atto aveva proposto ricorso gerarchico, accolto dal Comandante Generale della Guardia di Finanza con determinazione del -OMISSIS-2014 (per mancata notifica all’inquisito del rapporto finale redatto dall’ufficiale inquirente e con salvezza dell’instaurazione di un nuovo procedimento disciplinare ex art. 1373 c.o.m.);
rinnovato il procedimento disciplinare, con determinazione del Comandante Interregionale dell’Italia Centrale del -OMISSIS-2015 gli era stata nuovamente inflitta la sanzione della sospensione dal servizio per la durata di mesi quattro;
anche contro il nuovo provvedimento aveva proposto ricorso gerarchico, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1392, comma 3, c.o.m., per la ritenuta perenzione dell’azione disciplinare per mancata conclusione del procedimento nel termine massimo di 270 giorni stabilito dalla legge;
con determinazione del -OMISSIS-2015, notificata il -OMISSIS- 2015, il nuovo ricorso gerarchico era stato respinto dal Comandante Generale della Guardia di Finanza, avendo questi ritenuto legittima la rinnovazione del procedimento disciplinare, limitata alle sole fasi viziate e a quelle successive, “ in quanto non erano ancora decorsi gli originari termini perentori, rispetto ai quali residuavano 114 giorni quale termine entro cui doveva concludersi il nuovo procedimento disciplinare ”, atteso che “ il ricorso gerarchico costituisce tipico rimedio amministrativo e, pertanto, l’arco temporale necessario per la sua definizione non è cumulabile con il termine previsto per la conclusione del procedimento disciplinare ”.

Tanto premesso, il ricorrente impugnava la decisione del ricorso gerarchico e il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare, deducendo, con un primo motivo di censura, che il Comandante Generale della Guardia di Finanza, nel respingere il ricorso gerarchico, avrebbe erroneamente ritenuto che l’arco temporale necessario per la definizione del ricorso gerarchico non fosse cumulabile con il termine previsto per la conclusione del procedimento disciplinare, sicché l’azione disciplinare doveva ritenersi perenta per decorso del termine massimo per la conclusione del procedimento previsto dall’art. 1392, comma 3, c.o.m., e, con un secondo motivo, che, analogamente, sarebbe stato violato il quarto comma del medesimo articolo, per il quale “ in ogni caso il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta ”, poiché, a seguito dell’accoglimento del primo ricorso gerarchico, l’ultimo atto di procedura doveva essere individuato nel rapporto finale redatto dall’ufficiale inquirente e protocollato in data -OMISSIS-2014, che era stato notificato al ricorrente solo in data -OMISSIS- 2015.

2. – Con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2016, il T.A.R. adito, respinta preliminarmente l’eccezione di tardività del gravame e giudicato fondato, con portata assorbente, il primo motivo di censura, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare, condannando le resistenti amministrazioni al pagamento delle spese processuali, per complessivi € 2.500,00, oltre accessori di legge;
ciò essendo pervenuto, nella sua decisione, alla conclusione che, a fronte della natura perentoria del termine in questione, “ la proposizione di un ricorso gerarchico o di un ricorso giurisdizionale avverso l’atto di irrogazione della sanzione, in assenza di una esplicita previsione in tale senso, non sospenda il decorso del predetto termine, in quanto, anche nell’ipotesi in cui l’interessato abbia fatto valere nelle opportune sedi, giustiziali o giurisdizionali, le proprie ragioni, l’Amministrazione conserva sempre il potere di agire tempestivamente in autotutela al fine di rimuovere gli atti la cui illegittimità sia stata denunciata dall’interessato ”.

3. – La suddetta sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, con un primo motivo, ne ha censurato il capo sulla ricevibilità del ricorso di primo grado, poiché la notifica dello stesso non sarebbe avvenuta, come ritenuto dal giudice di prime cure, il -OMISSIS-2015, ultimo giorno utile, bensì il -OMISSIS- 2015, e, con un secondo motivo, ne ha contestato l’impostazione secondo cui il termine di 270 giorni decorrerebbe senza soluzione di continuità, ricomprendendo, nel caso di specie, l’arco temporale compreso tra la fine del procedimento disciplinare originario (-OMISSIS-2014) e l’avvio della rinnovazione di esso (-OMISSIS- 2015).

Sostiene, infatti, l’appellante che la decisione sul ricorso gerarchico e la sanzione disciplinare sono atti distinti, emanati a seguito dei rispettivi procedimenti, soggetti ciascuno ai termini propri (rispettivamente 90 giorni e 270 giorni), e che, pertanto, l’arco temporale necessario alla definizione del primo non sarebbe computabile ai fini del rispetto del termine previsto per la conclusione di quello disciplinare.

Diversamente opinando, verrebbe inibita all’Amministrazione la facoltà di procedere, ove consentito, alla rinnovazione del procedimento disciplinare, in quanto basterebbe la proposizione del ricorso gerarchico per svuotare di contenuto il dettato dell’art. 1373 c.o.m. e vanificarne la ratio .

In definitiva, poiché l’art. 1373 c.o.m. stabilisce che " il nuovo procedimento riprende a partire dal primo degli atti annullati, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto piena conoscenza dell’annullamento o dalla data di adozione del provvedimento di autotutela ”, una volta esclusa la computabilità del tempo occorrente per la decisione del ricorso gerarchico tutti i termini sarebbero stati rispettati.

Difatti, la rinnovazione del procedimento disciplinare ha avuto inizio il -OMISSIS- 2015 con la notifica del rapporto finale, dopo 32 giorni dalla data di accoglimento del ricorso gerarchico, e la stessa si è conclusa col provvedimento sanzionatorio disciplinare del -OMISSIS-2015, dopo 36 giorni dalla disposta rinnovazione e utilizzando complessivamente 192 giorni (156 + 36) dei 270 concessi dalla legge.

4. – L’appellato si è costituito in giudizio per resistere all’appello, del quale ha contestato la fondatezza con la memoria depositata in vista dell’udienza di discussione.

5. – All’udienza pubblica del 18 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. – Il primo motivo di appello è infondato.

Il ricorso di primo grado, come documentano la dicitura sul frontespizio e il timbro d’urgenza con l’indicazione della data e firma dell’ufficiale giudiziario sull’ultima pagina, è stato consegnato all’ufficiale giudiziario il -OMISSIS-2015, che costituisce, dunque, la data di perfezionamento della notificazione per il notificante (Corte cost. n. 477 del 2002).

7. – Il secondo motivo di appello è fondato.

Nelle more del presente giudizio, la questione se, in caso di rinnovazione del procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 1373 c.o.m., a seguito dell’annullamento del provvedimento sanzionatorio, il tempo adoperato per definire il ricorso giurisdizionale o gerarchico avverso tale provvedimento vada computato anch’esso ai fini del rispetto del termine perentorio massimo di 270 giorni stabilito dall’art. 1392, comma 3, c.o.m. per la conclusione del procedimento sanzionatorio è stata approfondita, in tempi relativamente recenti, dal giudice amministrativo siciliano d’appello, che, confrontandosi, tra l’altro, espressamente anche con l’impostazione ermeneutica fatta propria dalla sentenza in questa sede impugnata, è pervenuto a conclusioni che il Collegio condivide e fa proprie ai sensi dell’art 88, comma 2, lett. d), c.p.a.

In particolare, ha osservato il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (sez. I, 23 maggio 2019, n. 484):

« la questione di diritto dedotta dall’appellante è l’esegesi dell’art. 1373 c.o.m., che disciplina la rinnovazione del procedimento disciplinare in caso di annullamento della sanzione disciplinare vuoi per autotutela vuoi per giudicato amministrativo. La rinnovazione è possibile se non è decorso l’originario termine perentorio, che è 270 giorni dalla notizia del giudicato penale.

Il punto è se tale termine decorra dalla notizia del giudicato penale e continui a scorrere anche in presenza di un giudizio amministrativo impugnatorio, o se invece vi sia una sorta di effetto sospensivo, nel senso che si calcola quanto tempo è stato speso per il primo procedimento disciplinare, e il tempo residuo si calcola dal giudicato amministrativo di annullamento.

Il ricorrente invoca la prima tesi invocando a suo sostegno una decisione del Tar Pescara (n. -OMISSIS-/2016), peraltro sub iudice in grado di appello.

Il Collegio ritiene invece di dover condividere l’esegesi della disposizione fatta dal Consiglio di Stato, secondo cui “L’articolo 1373 del c.o.m. (rubricato “Rinnovazione del procedimento disciplinare”) dispone che “Annullati uno o più atti del procedimento disciplinare a seguito di autotutela, anche contenziosa, di giudicato amministrativo ovvero di decreto decisorio di ricorso straordinario, se non è esclusa la facoltà dell’amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento e non sono già decorsi, limitatamente alle sanzioni di stato, gli originari termini perentori, il nuovo procedimento riprende, a partire dal primo degli atti annullati, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto piena conoscenza dell’annullamento o dalla data di adozione del provvedimento di autotutela”.

La lettura della norma opera riferimento ad un nuovo procedimento disciplinare, da porsi in essere a partire dall’ultimo degli atti annullati, ove non siano già decorsi gli originari termini perentori, e riferisce il termine perentorio di sessanta giorni alla “ripresa” del procedimento disciplinare.

Si osserva, di poi, che l’annullamento che consente la rinnovazione del procedimento è riferito al “giudicato amministrativo”, dovendo, dunque, ritenersi questo l’elemento su cui calcolare, anche a voler accedere alla tesi di parte ricorrente, la verifica dell’osservanza dei residui termini di decadenza.” (Cons. St., IV, n. 5368/2015).

Tale tesi pare al Collegio più convincente ed equilibrata, evitando che basti un annullamento giurisdizionale per vizio formale a impedire il rinnovo del procedimento. Considerati i tempi dei giudizi amministrativi (non meno di due-tre anni), in sede di rinnovazione del procedimento disciplinare sarebbe sempre scaduto il termine di 270 giorni ».

8. – Per queste ragioni, in conclusione, va accolto l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinto il ricorso di primo grado.

9. – Le spese del doppio grado del giudizio possono essere compensate, in considerazione della disputabilità della questione esaminata.

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