Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-20, n. 202001268

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-20, n. 202001268
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001268
Data del deposito : 20 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2020

N. 01268/2020REG.PROV.COLL.

N. 07075/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7075 del 2018, proposto dalla società Ce.Di.Co. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato V P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, n. 11;

contro

Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F B in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione staccata di Lecce, Sez. I, n. 763 del 7 maggio 2018, resa tra le parti, concernente un Piano di Edilizia Economica e Popolare.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2020 il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Gianluigi Pellegrino su delega dichiarata dell’avvocato V P e Giuseppe Pecorilla su delega dell’avvocato L A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso avanti il T.a.r. per la Puglia – Sezione staccata di Lecce la signora Maria Luisa N (proprietaria di una villa ottocentesca sita alla periferia della città di Lecce) e la società Cedico s.r.l. in liquidazione (proprietaria di attigui terreni) hanno impugnato:

- la delibera del Consiglio comunale di Lecce n. 6 del 25 gennaio 2011, che ha prorogato di due anni, ai sensi dell’art. 9 l. n. 167 del 1962, il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare (PEEP) originariamente approvato con delibera consiliare n. 151 dell’11 dicembre 1992;

- la delibera del Consiglio comunale di Lecce n. 29 del 21 marzo 2011, che ha precisato che il termine di efficacia dell’originario PEEP decorre non dalla delibera di approvazione del medesimo Piano, bensì dal successivo parere favorevole del Coreco, espresso con provvedimento prot. n. 4155 del 7 aprile 1993, a seguito dei chiarimenti forniti dal Comune con delibera consiliare n. 17 del 12 marzo 1993;

- la delibera del Consiglio comunale di Lecce n. 87 del 21 ottobre 2011, recante l’approvazione di una variante al PEEP confermativa delle previsioni ablatorie ai danni dell’intera proprietà Cedico e di parte delle aree pertinenziali alla villa ottocentesca di proprietà N.

1.1. Con successivi motivi aggiunti la sola Cedico ha impugnato:

- la delibera del Consiglio comunale di Lecce n. 64 del 18 settembre 2012, recante l’adozione di una variante, definita “di assestamento”, del nuovo PEEP;

- la delibera del Consiglio comunale di Lecce n. 23 del 16 aprile 2013, recante l’approvazione della citata variante “di assestamento” del nuovo PEEP.

1.2. Questi ultimi atti, in accoglimento delle osservazioni della sola signora N, avevano escluso le previsioni ablatorie a carico della proprietà N, confermando viceversa quelle a carico della proprietà Cedico.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale ha dichiarato cessata la materia del contendere quanto alla ricorrente N (le cui istanze erano state integralmente soddisfatte dalla richiamata variante “di assestamento”) e, con riferimento alle doglianze svolte dalla Cedico, ha così disposto:

a) ha escluso la violazione del giudicato, perché la sentenza di questo Consiglio n. 3364 del 7 luglio 2008 avrebbe annullato il PEEP solo limitatamente all’inserimento nello stesso della villa di proprietà N, niente statuendo, viceversa, con riferimento ai circostanti terreni in proprietà Cedico;

b) ha ritenuto che la proroga dell’efficacia del PEEP sarebbe stata disposta quando il Piano era ancora efficace, dovendo riferirsi il dies a quo del relativo termine di efficacia “ al momento dell’esecutività della delibera medesima, ossia alla data del parere favorevole del Coreco ”, non già alla previa approvazione consiliare del Piano;

c) ha ritenuto, quanto al lamentato deficit motivazionale della proroga, che il contenzioso fra il Comune ed alcuni soggetti espropriati “ costituisce una obiettiva ragione giustificatrice ” dell’allungamento dei tempi;

d) ha ritenuto legittimo il ricorso alla procedura semplificata, perché la variante approvata con delibera consiliare n. 87 del 2011 non avrebbe determinato modifiche sostanziali, apportando solo lievi variazioni in aumento o in diminuzione di alcuni spazi pubblici (spazi a verde, percorsi pedonali, viabilità e parcheggi), a parità di superficie totale occupata;

e) ha rigettato i motivi aggiunti, in parte perché basati sulle stesse censure svolte nel ricorso introduttivo e, in parte, perché le censure nuove ivi formulate sarebbero “ generiche e prive di circostanziati rilievi in ordine al vulnus subito ”.

3. La Cedico ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure svolte in prime cure.

3.1. In particolare, in ricorso si è sostenuto che:

- la sentenza di questo Consiglio n. 3364 del 2008 avrebbe annullato tutto il PEEP, che dunque, da allora, sarebbe stato interamente tamquam non esset ;

- il termine a quo di efficacia del PEEP dovrebbe farsi risalire alla delibera consiliare con cui ne è stata disposta l’approvazione, di talché la proroga oggetto del presente giudizio sarebbe stata emanata quando il Piano era già scaduto;
parte ricorrente ha sollecitato, in proposito, l’acquisizione degli atti della procedura di controllo curata dal Coreco;

- il difetto di motivazione circa la proroga vi sarebbe, poiché, secondo la giurisprudenza, l’unica ragione per prorogare un PEEP “ può rinvenirsi nelle immutate esigenze abitative del territorio ”;

- le successive varianti del 2011 e del 2013 non avrebbero potuto essere veicolate con procedura semplificata, in considerazione da un lato dell’ampiezza delle modifiche apportate (consistite, in particolare, in una “ sensibile variazione del dimensionamento globale in termini di riduzione della cubatura insediabile ” e delle dotazioni di standard), dall’altro della natura eccezionale e di stretta interpretazione propria della procedura semplificata.

3.2. Si è costituito in resistenza il Comune.

3.3. Alla camera di consiglio del 4 ottobre 2018 il ricorso è stato rinviato al merito su richiesta di parte ricorrente, che ha contestualmente rinunciato alla tutela cautelare.

3.4. All’esito della pubblica udienza dell’11 luglio 2019 (in vista della quale la sola ricorrente aveva depositato difese scritte), il Collegio, con ordinanza n. 5135 del 22 luglio 2019, ha disposto acquisirsi dal Comune di Lecce:

- copia conforme del provvedimento n. 4155 del 7 aprile 1993 del Co.Re.Co. – Sezione di Lecce, nonché di tutti gli atti elaborati o, comunque, confluiti nel procedimento relativo al controllo, da parte del Co.Re.Co., della deliberazione del Consiglio comunale di Lecce n. 151 dell’11 dicembre 1992;

- copia conforme della deliberazione del Consiglio comunale di Lecce n. 17 del 12 marzo 1993;

- eventuale relazione a chiarimenti sul procedimento di controllo di cui supra ”.

3.5. Il Comune ha adempiuto all’incombente istruttorio, depositando in due distinte tranches la documentazione richiesta (ad eccezione della relazione a chiarimenti).

3.6. Il ricorso è stato, quindi, nuovamente trattato alla pubblica udienza del 16 gennaio 2020 (in vista della quale entrambe le parti hanno versato in atti difese scritte) e, all’esito della discussione, è stato trattenuto in decisione.

4. Il ricorso non è fondato.

5. Il Collegio, seguendo l’ordine delle censure articolate da parte ricorrente, osserva quanto segue.

a) La sentenza di questo Consiglio n. 3364 del 2008 ha annullato il PEEP solo nella parte in cui il Piano includeva nel proprio ambito anche la villa ottocentesca di proprietà della signora N.

Invero, nell’ incipit della parte in diritto la sentenza afferma che “ le parti controvertono in ordine alla legittimità delle delibere di approvazione del nuovo P.E.E.P. di Lecce, nella parte in cui viene compresa nel suo ambito anche la villa ottocentesca di proprietà dei ricorrenti ”;
inoltre, tutto il conseguente inviluppo motivazionale verte specificamente, espressamente ed esclusivamente intorno a tale questione.

A diversa conclusione non può condurre l’isolata considerazione del dispositivo, che stabilisce, senz’altra precisazione, l’annullamento degli atti impugnati: come noto, il dispositivo deve essere letto in uno con la motivazione e, prima ancora, con l’effettivo contenuto e la concreta portata delle doglianze accolte.

Conferma evidente e, per così dire, testuale della limitata e circoscritta latitudine demolitoria della pronuncia in commento si trae dalla successiva sentenza di questo Consiglio n. 2929 del 12 maggio 2009, con cui è stato definito il giudizio di revocazione della sentenza n. 3364, radicato, tra gli altri, dall’odierna ricorrente.

In tale pronuncia, invero, si premette, nella parte in fatto, che:

- “ i ricorrenti hanno innanzi tutto evidenziato come la decisione suindicata [ossia la sentenza n. 3364] , pur accogliendo le doglianze relative all’inclusione nel P.E.E.P. di una villa ottocentesca ricadente nella loro proprietà, ha omesso di pronunciarsi sulle ulteriori censure con le quali si era contestata in via generale la legittimità del P.E.E.P. ”;

- “ i ricorrenti precisavano che, attraverso l’omessa pronuncia sui punti testé indicati, questa Sezione aveva finito per esaminare una parte soltanto delle doglianze di parte attrice (segnatamente, quelle relative alla sorte della villa ottocentesca di cui si è detto), di tal che, sia pure accogliendo il ricorso, da un lato non si era provveduto in ordine ai suoli ulteriori in proprietà degli istanti, e per altro verso non erano state esaminate le doglianze tendenti a monte alla rimozione dell’intero P.E.E.P. dal mondo giuridico ”.

Nella successiva parte in diritto si sostiene, poi, che:

- “ fin dal ricorso introduttivo del giudizio, gli odierni ricorrenti hanno articolato avverso gli atti impugnati numerose doglianze, alcune tendenti a ottenere l’integrale caducazione del P.E.E.P. per cui è causa, altre – da intendersi evidentemente formulate in via subordinata – incentrate su specifici aspetti del piano medesimo (è il caso, appunto, della parte relativa all’inclusione di una villa ottocentesca in loro proprietà) … orbene, dalla lettura della precedente decisione di questa Sezione, emerge chiaramente che in tale sede l’attenzione si è concentrata esclusivamente (sia pure con giudizio di fondatezza) sulle censure relative alla predetta villa ”.

In termini generali, oltretutto, l’annullamento di un PEEP (o, comunque, di un Piano particolareggiato) nella parte in cui ricomprende uno specifico cespite non determina, ex se , la caducazione dell’intero Piano: tale effetto, al contrario, consegue solo al dimostrato carattere essenziale, dal punto di vista sia strutturale sia funzionale, del cespite espunto, sì che la relativa esclusione privi ab interno la parte restante del Piano di senso, scopo e contenuto.

Non vi è, tuttavia, in atti alcuna dimostrazione (né, prima ancora, alcuna allegazione) del carattere essenziale ed irrinunciabile che la villa rivestiva nel complessivo ordito pianificatorio delineato dal PEEP.

Non ha, infine, rilievo l’affermazione operata dal T.a.r. salentino nella sentenza n. 1288 del 23 maggio 2009 (emanata a definizione del giudizio radicato dai signori N e dalla Cedico avverso atti conseguenziali all’approvazione del PEEP) secondo cui “ le delibere approvative del nuovo PEEP del Comune di Lecce [sono state] annullate con la decisione appena richiamata [ossia la sentenza n. 3364]”, che ne avrebbe disposto “ l’invalidazione a monte ”: in disparte il fatto, già di per sé dirimente, che le pronunce di un T.a.r. non hanno alcuna valenza interpretativa circa il contenuto e la portata delle sentenze del Giudice d’appello (tanto più ove emesse all’esito di procedimenti distinti, quanto meno in ordine al petitum ), è agevole osservare che il Tribunale, nella specie, si è limitato a riscontrare, quale fatto storico, l’intervenuto annullamento del PEEP, senza in alcun modo interrogarsi circa l’effettiva latitudine dello stesso.

b) L’art. 11 l. n. 167 del 1962 stabilisce che “ I piani … hanno efficacia per quindici anni dalla data del decreto di approvazione ” (poi portati a diciotto dall’art. 51 l. n. 457 del 1978), salva, appunto, la facoltà di proroga biennale di cui al precedente art. 9.

La proroga, per principio generale, deve essere disposta in costanza di efficacia del Piano, difettando altrimenti l’attualità dell’effetto giuridico che si intende estendere nel tempo oltre l’iniziale termine ad quem .

La delibera consiliare n. 29 del 21 marzo 2011 qui impugnata precisa, tuttavia, che “ i termini di diciotto anni di efficacia del Piano decorrono dalla data di esecutività del provvedimento e, pertanto, la data di scadenza del periodo di validità del PEEP resta fissata al 7 aprile 2011 ”.

Nel particolare caso di specie, tale indicazione consiliare non presenta, per quanto di interesse della ricorrente, profili di illegittimità.

Dalla delibera consiliare n. 17 del 12 marzo 1993 risulta, infatti, che il parere della Commissione edilizia comunale - la necessità normativa della cui acquisizione (cfr. art. 21, comma 7, l.r. n. 56 del 1980) il Coreco aveva segnalato al Consiglio comunale nella seduta del 13 gennaio 1993 - era stato formato solo “ nella seduta del 10.02.1993 ”.

Pertanto, il procedimento di approvazione del PEEP non era ancora giuridicamente completo ( recte , perfetto) alla data di emanazione della delibera consiliare n. 151 (ossia all’11 dicembre 1992), difettando, allora, un adempimento richiesto espressamente dalla legge.

Di contro, solo alla data del 10 febbraio 1993, allorché la Commissione edilizia comunale ebbe ad esprimere il proprio parere positivo sul contenuto del Piano, la procedura di approvazione del Piano stesso poteva dirsi strutturalmente ultimata, come poi accertato e dichiarato con la delibera consiliare n. 17 del 12 marzo 1993.

Ne consegue che, in termini giuridici, l’approvazione del Piano – quale atto di volizione amministrativa richiedente logicamente, prima ancora che giuridicamente, il completamento della relativa fattispecie procedimentale e, in particolare, l’acquisizione dei pareri necessari ex lege - deve essere ricondotta al 12 marzo 1993 o, a tutto concedere, al 10 febbraio 1993: in ambedue i casi, comunque, la proroga biennale disposta con la delibera consiliare n. 6 del 25 gennaio 2011 risulta tempestiva, in quanto assunta allorché il Piano era ancora efficace.

Oltretutto, la richiesta di chiarimenti del Coreco, la delibera consiliare n. 17 del 12 marzo 1993 ed il successivo parere favorevole del Coreco del 7 aprile 1993 non sono stati specificamente impugnati nell’ambito del presente giudizio, con il conseguente effetto di consolidazione.

c) La proroga del PEEP è stata disposta (cfr. la delibera consiliare n. 6 del 25 gennaio 2011) “ per permettere il completamento dell’intero PEEP ”, che, nei diciotto anni di ordinaria efficacia, non era stato integralmente attuato a causa, fra l’altro, “ dei vari ricorsi proposti dai proprietari espropriati ”.

Consta, dunque, che la proroga è stata disposta per la necessità di implementare il Piano, evidentemente ritenuto funzionale ad esigenze abitative rimaste immutate (ed attuali) nonostante il decorso del tempo.

Il carattere generale della proroga, istituto specificamente previsto da una disposizione di legge speciale (tale essendo la l. n. 167 del 1962) e non riferito specificamente a cespiti singolarmente considerati, bensì al Piano nella sua organica interezza, non rendeva, inoltre, necessaria alcuna comunicazione di avvio del procedimento, né, tanto meno, alcun indennizzo.

d) Ai sensi dell’art. 8, ultimo comma, l. n. 167 del 1962, “ le varianti che non incidono sul dimensionamento globale del piano e non comportano modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilità ed alle dotazioni di spazi pubblici o di uso pubblico … sono approvate con deliberazione del consiglio comunale … ”.

La disposizione fa, con ogni evidenza, riferimento alle varianti che si limitano ad introdurre modifiche di dettaglio al Piano (che, di regola, ben si giustificano in relazione alla complessità dei PEEP ed al lungo arco temporale che ne connota l’implementazione), ma che non ne innovano ontologicamente le previsioni, stravolgendone ab interno i connotati programmatori ed introducendo un quid novi di carattere, appunto, sostanziale.

La variante disposta con la delibera consiliare n. 87 del 21 ottobre 2011 è stata formulata al dichiarato (e limitato) scopo di “ dare esecuzione ” alle pronunce della Magistratura Amministrativa intervenute nella vicenda con riferimento alla villa in proprietà N, “ implementando l’area di pertinenza della stessa ed istituendo una distanza di salvaguardia dall’edificio de quo pari ad un raggio di mt. 100 ”.

Per far ciò, il Comune ha proceduto:

- a ridistribuire le volumetrie per i lotti, eliminando i lotti nn. 5 e 7 e ricollocando in altra posizione il lotto n. 6;

- ad uniformare la tipologia costruttiva dei lotti nn. 1, 2, 3, 6, 8 e 9;

- a ricollocare il lotto n. 24, destinato ai servizi commerciali di comparto;

- a rielaborare gli schemi delle opere di urbanizzazione primaria per la parte del comparto non ancora attuata.

Si è, in tal modo, operata una “ redistribuzione di alcuni spazi destinati a verde, percorsi pedonali, viabilità e parcheggi ”, determinandone una “ diversa conformazione geometrica ”, con conseguenti “ lievi variazioni in aumento o in diminuzione, senza tuttavia incidere sugli standard ”, né, comunque, disporre “ modifiche del perimetro di comparto ” o superare la volumetria massima assentita.

Si è, inoltre, confermato quanto previsto da precedenti deliberazioni consiliari, ove era stata stabilita:

- la realizzazione di una chiesa in luogo inizialmente deputato all’edificazione di un plesso scolastico;

-la realizzazione di un centro sociale in luogo inizialmente deputato a verde pubblico;

- la realizzazione di verde sportivo in luogo inizialmente deputato ad attrezzature scolastiche e verde attrezzato.

Ciò, invero, non integra una variazione “sostanziale” (ossia qualitativa) del Piano, essendosi di contro in presenza di un intervento limitato alla mera modifica di taluni aspetti di dettaglio (oltretutto, nel caso della chiesa, del centro sociale e del verde sportivo, rimanendo entro l’ambito tipologico delle “attrezzature di interesse comune”), che, tuttavia, non incide, stravolgendolo, sul generale assetto urbanistico e funzionale divisato dal Piano stesso;
peraltro, tale intervento origina non da un’autonoma iniziativa comunale, ma dalla necessità di dare piena attuazione a pronunzie giurisdizionali.

Di converso, la possibilità di tener conto, ai fini del dimensionamento del comparto, degli esiti delle domande di condono relative ai vari edifici abusivi ivi presenti ( recte , preesistenti) era stata sin dall’inizio prevista (cfr. la deliberazione del Commissario straordinario n. 593 del 3 aprile 1998;
v. anche la richiamata sentenza di questo Consiglio n. 2929 del 12 maggio 2009).

e) Considerazioni analoghe debbono, a fortiori , essere svolte con riferimento alla successiva variante adottata con delibera consiliare n. 64 del 18 settembre 2012 ed approvata con delibera consiliare n. 23 del 16 aprile 2013, invero limitata:

- alla ricollocazione di un’area a parcheggio inizialmente prevista “ in coincidenza del colonnato di ingresso e di parte del viale di accesso ” alla villa di proprietà N;

- alla rotazione di alcuni fabbricati sull’asse di sedime;

- alla riduzione della viabilità di comparto a favore delle aree a parcheggio, previste in prossimità del lotto destinato ad ospitare attrezzature civili di interesse comune;

- alla sostituzione di una strada carrabile con un percorso ciclo-pedonale.

6. Per le esposte ragioni, dunque, il ricorso va respinto.

7. Possono, nondimeno, compensarsi le spese del presente grado di giudizio, alla luce della complessità fattuale del risalente contenzioso.

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