Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-07-12, n. 201303764
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N. 03764/2013REG.PROV.COLL.
N. 04261/2011 REG.RIC.
N. 04262/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4261 del 2011, proposto da:
Comune di Quartucciu in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. A M M, M S, con domicilio eletto presso A D A in Roma, via Portuense, 104;
contro
Area Urbana Società Cooperativa Edilizia a R.L., rappresentato e difeso dall'avv. M M, con domicilio eletto presso N G in Roma, via Postumia n.1;
nei confronti di
Centro - Societa' Cooperativa;
sul ricorso numero di registro generale 4262 del 2011, proposto da:
Comune di Quartucciu, rappresentato e difeso dagli avv. A M M, M S, con domicilio eletto presso A D A in Roma, via Portuense, 104;
contro
Cento - Societa' Cooperativa, rappresentato e difeso dall'avv. M M, con domicilio eletto presso N G in Roma, via Postumia N.1;
nei confronti di
Area Urbana Societa' Cooperativa Edilizia A Responsabilita' Limitata;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi:
della sentenza del T.A.R. Sardegna – Cagliari - Sezione II n. 00143/2011, resa tra le parti, concernente variante al piano di zona "le Serre" – adozione e approvazione.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Area Urbana Societa' Cooperativa Edilizia A R.L. e di Cento - Societa' Cooperativa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per l’appellante l’avv. A M M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le società cooperative “Area Urbana” e “Cento” – entrambe odierne appellate - nel febbraio del 1991 presentavano al Comune di Quartucciu un programma di edilizia economico – popolare, ai sensi dell’art. 51 della legge n. 865 del 22.10.1971.
Il Comune di Quartucciu, con deliberazione consiliare n. 34 del 29.04.1993, esaminate le domande e considerata la disponibilità dell’area cd. ex Serre d’Atri - destinata dallo strumento urbanistico generale a zona omogenea “C espansione”, sottozona “C4” - approvava un programma integrato di edilizia economico-popolare per la costruzione di complessivi 428 alloggi e servizi annessi nella suddetta area di circa 47.000 mq., attribuendo, alle ditte istanti, il diritto di superficie.
Sempre con la medesima deliberazione il Comune approvava il Piano Urbanistico Attuativo integrato unitario dell’intera area oggetto dell’intervento, nonché lo schema di convenzione da stipulare con i soggetti promotori dell’intervento, ex art. 35 della legge n. 865 del 22.10.1971, dichiarando altresì la pubblica utilità dell’opera e stabilendo il termine per l’inizio dei lavori.
Con successiva deliberazione n. 25 del 27.05.1994 era poi approvato un nuovo schema di convenzione in sostituzione di quello originario. Indi, le Cooperative interessate stipulavano una convenzione con il Comune di Quartucciu, in forza della quale quest’ultimo concedeva alle tre Cooperative il diritto di costruire sui terreni ivi indicati alloggi di tipo economico popolare e relativi servizi annessi alla residenza. Con successiva convenzione le Cooperative assegnatarie, a integrazione degli impegni già assunti con la convenzione stipulata in data 13.09.1996, assumevano l’impegno di ultimare i lavori di sistemazione della via Nazionale in Quartucciu (fino alla concorrenza di £ 1.500.000.000), di realizzare la bitumazione delle strade del centro abitato (per un importo complessivo di £ 1.000.000.000), di realizzare la copertura del canale “Is Curgianus” (fino alla concorrenza di £ 2.500.000.000) e di realizzare le opere di urbanizzazione secondaria (per un importo complessivo di £ 895.000.000).
Gli alloggi previsti in convenzione erano successivamente completati ed anche trasferiti ai soci con atto di assegnazione.
Nelle more del completamento degli ulteriori interventi edilizi, l’amministrazione comunale manifestava ai soggetti assegnatari la volontà di disporre di un intero isolato (dalla convenzione già individuato come sede dei servizi annessi agli alloggi popolari) da utilizzare per un’ottimale e razionale realizzazione dei servizi pubblici, ed in particolare per la realizzazione in tale sito di un parco cittadino, richiedendo al contempo agli assegnatari il consenso allo spostamento dei servizi annessi su altra area.
Tutti gli assegnatari si manifestavano disponibili alla traslazione dei servizi connessi alla residenza (di mq. 12.072), precedentemente ubicata al foglio 10 mappali 1510 e 1547, su altra area, della medesima dimensione, posizionata al confine con il territorio del Comune di Selargius (mappali 1536 e 1512 parte).
A seguito del prestato consenso, il Consiglio Comunale di Quartucciu, con deliberazione n. 13 del 03.07.2003 adottava la variante al Piano Attuativo di localizzazione redatta dal Responsabile del Servizio Tecnico, attribuendo al medesimo Responsabile del Servizio Tecnico il compito di modificare la retinatura delle tavole allegate. Solo in data 9.2.2007, con deliberazione n. 4, il Consiglio approvava in via definitiva la variante al Piano Attuativo, collocando i servizi annessi/connessi, in Zona S “Servizi pubblici”.
Sia la Cooperativa “Area Urbana” che la Cooperativa “Cento” proponevano ricorso dinanzi al TAR Sardegna, impugnando sia l’adozione che l’approvazione della variante ove esse dovessero ritenersi preclusive del diritto ad effettuare l’intervento relativo alla realizzazione dei “servizi connessi” in quanto ricadenti in Zona S.
Il TAR, con le due sentenze gravate, ha accolto i ricorsi avverso l’approvazione della variante. Ha dichiarato inammissibile l’impugnazione della delibera di adozione.
In sintesi, il Giudice di prime cure ha sostenuto che la variante, nel traslare i “servizi connessi alla residenza”, da realizzare a cura delle Cooperative, ha di fatto assegnato ai ricorrenti, per gli effetti della detta traslazione, una nuova area non più edificabile (poichè situata in zona “S” e non più in zona “C”) così inibendo la realizzazione dei servizi di cui trattasi (bar, tavola calda, studi, etc., previsti nella misura del 20% della volumetria dell’abitato dal cd. decreto Floris).
Entrambe le sentenze sono ora appellate dal Comune di Quartucciu .
L’appellante: a) contesta l’ammissibilità del ricorso originario (l’impugnazione della delibera di adozione sarebbe tardiva, ed in conseguenza, quella della delibera di approvazione, ormai preclusa);b) valorizza il contenuto della delibera di adozione della variante in cui si precisava che l’area su cui sarebbero sorti i servizi connessi sarebbe comunque rimasta di “uso pubblico”;s) profila la nullità delle clausole della convenzione ove si fa riferimento al lotto sul quale avrebbero dovuto essere realizzato l’intervento relativo ai servizi annessi, per violazione del deliberato del Consiglio comunale che invece tali clausole non prevedeva;d) evidenzia il contenuto di una relazione del 1995 dell’ing. M, progettista del Piano attuativo, ove si precisa che i volumi “connessi” sono “concentrati” con quelli pubblici. Ciò significherebbe, secondo il Comune, che l’area ove i servizi connessi avrebbero dovuto sorgere, era già da considerare zona S (cioè a servizi pubblici).
Si difendono le due Cooperative, proponendo altresì appello incidentale in relazione al capo che ha pronunciato sull’impugnazione della delibera di adozione dichiarandola irricevibile. Sostengono che, comunque la si legga, il risultato è che a seguito della traslazione così come concepita dal Comune, la cooperativa non potrà più realizzare i servizi annessi (non consentiti in zona “S”), in violazione della convenzione e, soprattutto, in violazione del decreto Floris che li prevede obbligatoriamente nella misura del 20%. Si oppongono ad ogni argomentazione basata sulla relazione del 1995 del progettista, in quanto documento nuovo, mai ritualmente prodotto.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 21 maggio 2013.
DIRITTO
Trattandosi della medesima vicenda amministrativa, e di cause aventi ad oggetto l’impugnazione dei medesimi atti sulla base di identici profili di censura, non può che disporsi preliminarmente la riunione dei due appelli ai fini di una loro trattazione congiunta.
1. Il primo motivo dell’appellante, nonchè l’appello incidentale degli appellati, concernono la domanda di annullamento della deliberazione del 2003 (oggetto di impugnazione unitamente alla deliberazione definitiva del 2007).
L’appellante, in particolare, deduce l’erroneità della sentenza gravata, nella parte in cui, dopo aver dichiarato irricevibile la domanda di annullamento della delibera di “adozione” del Piano attuativo (del 2003), non ha parimenti dichiarato inammissibile o irricevibile anche la delibera di “adozione in via definitiva” (del 2007). Secondo l’appellante, i due atti sarebbero entrambi lesivi ed avvinti da un nesso di presupposizione necessaria, sicchè consolidatosi il primo (per irricevibilità della domanda di annullamento) analoga sorte avrebbe dovuto spettare anche al secondo.
Sullo specifico punto si innesta l’appello incidentale delle due Cooperative: la giurisprudenza avrebbe chiarito che la delibera di adozione di un Piano urbanistico, sebbene non autonomamente lesiva, ben potrebbe essere impugnata nell’esercizio di una facoltà (e non di un onere). Sulla base di detto principio, essendo l’impugnazione dell’atto soltanto adottato, una facoltà e non un onere, allora essa ben potrebbe esse esperita successivamente, unitamente all’impugnazione della delibera di approvazione, senza incorrere in decadenza.
1.1. Il motivo d’appello principale non può essere condiviso. Nella ricostruzione fattuale compiuta dal TAR, e non contestata dall’appellante, è detto che a seguito del consenso alla traslazione manifestato dai soggetti attuatori, il Consiglio comunale di Quartuccio con deliberazione n. 13 del 3/7/2003 (impugnata), ha adottato la variante al Piano attuativo di localizzazione redatta dal Responsabile del servizio tecnico, attribuendo contestualmente a quest’ultimo il compito di modificare la retinatura delle tavole allegate. Dopo questa deliberazione il Comune di Quartuccio ha omesso di adottare in via definitiva la variante al Piano attuativo, e solo a seguito di accoglimento del ricorso presentato dalla Cooperativa “Cento” (sent. TAR Sardegna, n. 2450/2006) per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dall'amministrazione comunale di Quartucciu sulla definitiva approvazione, il medesimo ha approvato la variante con deliberazione n. 4 del 9/2/2007.
Dunque, l’impugnazione della deliberazione del 2003 è stata giudicata irricevibile, non perché tardiva (come sostenuto dall’appellante), ma perché avente ad oggetto un atto endoprocedimentale insuscettibile di autonoma lesività.
1.2. L’appello incidentale, dal canto suo, non è sorretto da sufficiente interesse. E’ evidente, che nel giudizio del TAR la delibera di adozione sia stata considerata atto non autonomamente lesivo in quanto meramemte preparatorio, ed in ogni caso, nessun pregiudizio può derivare alle due Cooperative dal mantenimento in vita di tale atto, atteso che, a prescindere dalla eventuale equivocità di alcune sue previsioni (secondo quanto riferito dagli appellanti incidentali), il TAR ha chiarito quale debba essere l’esatta regolazione del rapporto tra le parti, da trasfondere nella deliberazione definitiva in sede di riedizione del potere. Dunque, alcuna utilità ulteriore le Cooperative potrebbero trarre dall’annullamento anche dell’atto preparatorio.
2. Superate le questioni di natura preliminare può passarsi all’esame dei motivi attinenti ai contenuti della deliberazione lesiva.
2.1. Il giudice di prime cure ha affermato che la deliberazione, nella parte in cui trasla l’area da adibire per “servizi annessi alla residenza” da Zona C edificabile a Zona S “servizi pubblici”, è illegittima perche: a) è in contrasto con la convenzione di lottizzazione ed in particolare con la planimetria allegata, che individua anche le aree da adibire a “servizi annessi alla residenza”;b) è in contrasto con il decreto assessorile 2266/83, cd decreto Floris, il quale prevede la dotazione minima per i servizi connessi alla residenza, fissandola nella misura minima di 20 mc ad abitante (art. 4 comma 2);
3. Secondo l’appellante, il contrasto della delibera del 2007 con la convenzione del 1996 riguarderebbe solo alcune delle clausole di quest’ultima, che tuttavia devono essere ritenute nulle in quanto difformi da quelle contenute nello schema di convenzione approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 27 maggio 1994, le cui previsioni assumerebbero carattere imperativo.
La tesi non è del tutto condivisibile. Il meccanismo di nullità parziale e correlativa sostituzione di diritto della clausole, ex art. 1419 comma 2 e 1339 Cc., interessa i rapporti tra clausole contrattuali e norme imperative: nel caso di specie le previsioni dello schema di convenzione non costituiscono norme, ma volizioni amministrative preliminari della parte pubblica in vista dello stipulando contratto. Né può attribuirsi tale natura all’art. 35 della legge 865/71 a mente del quale “ con la stessa delibera viene determinato il contenuto della convenzione da stipularsi, per atto pubblico, da trascriversi presso il competente ufficio dei registri immobiliari, tra l'ente concedente ed il richiedente ”, poichè la norma impone uno specifico comportamento amministrativo all’ente, ma non si spinge a sanzionare con la nullità le pattuizioni negoziali aggiuntive, specificative o interpretative, essendo esse comunque il frutto dell’esercizio dell’autonomia negoziale dell’ente, pur circoscritta e predeterminata dalla volizione amministrativa preliminare. Piuttosto, per esse, potrebbe porsi un problema di annullabilità secondo la disciplina dell’errore ai sensi dell’art. 1429 Cc.
A conclusioni diverse potrebbe giungersi solo per le clausole convenzionali che, lungi dallo specificare, interpretare, aggiungere, si pongano invece in netto contrasto con quelle predeterminante nello schema predeliberato dal Consiglio comunale, in guisa da integrare un finale manifestazione di volontà dello stipulante di parte pubblica, che “tradisce” i contenuti del deliberato consiliare imposto dalla legge.
Non è questo il caso di specie. L’appellante individua il contrasto nella diversità dei concetti urbanistici di “servizi annessi” e “servizi connessi” ritenendo che la sostituzione della prima locuzione con la seconda in sede di stipula abbia determinato lo stravolgimento dei contenuti dello schema e l’appropriazione privata di standards per servizi. In realtà, come condivisibilmente sostenuto dalle appellate, i “servizi annessi” non hanno un’autonomia tecnico concettuale e non possono che identificarsi con i “servizi connessi” previsti dal decreto assessoriale 22 dicembre 1983, n. 2266/U (trattasi di bar, tavola calda, studi fissati nella misura minima del 20% della volumetria dell’abitato).
Né può sostenersi che i servizi annessi siano solo una parte dei servizi connessi, invece per il resto esclusi dalla concessione: tale interpretazione sarebbe irragionevole, non solo perché non sarebbe conforme all’art. 4 del decreto sopra citato che, senza distinguere tra annessi e connessi, fissa la misura minima di tali servizi nel 20% dell’abitato, ma anche perché le aree da adibire a servizi, annessi o connessi, comunque dichiarati di pubblica utilità, sono concesse in diritto di superficie, sicchè allo scadere del termine, il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo (ossia l’ente pubblico) diventa proprietario della costruzione, ex art. 953 Cc. (sotto questo aspetto è fuorviante parlare – come pur ha fatto la difesa del Comune - di appropriazione privata del patrimonio indisponibile).
4. In ordine alla destinazione originaria dei volumi oggetto di controversia, ed alla conseguente violazione del cd decreto Floris, avrebbe, secondo l’appellante, valore dirimente la relazione dell’ing. M, progettista del Piano attuativo, asseritamente non esaminata poichè non prodotta ritualmente in causa. Dello stessa è ora chiesta l’acquisizione ex art. 104 comma 2 in quanto “documento indispensabile ai fini della decisione della causa”.
La domanda istruttoria può essere accolta, trattandosi di una relazione esplicativa redatta proprio dal progettista incaricato dalle parti. Nondimeno, dall’astratta rilevanza non discende alcun effetto concretamente utile per l’appellante.
Il Collegio ritiene infatti che il documento, se da un lato chiarisce il senso che per il progettista potevano avere i servizi annessi (parte dei servizi connessi, fisicamente annessi agli edifici) dall’altro mostra chiaramente che anche i servizi connessi erano, dal medesimo, considerati cosa diversa dai “servizi pubblici”. (pag. 4: “nella proposta di Piano i servizi connessi vengono pressoché concentrati con i servizi pubblici”) ma meritevoli, a differenza dei servizi annessi, di una collocazione contigua a quella dei servizi pubblici.
Ovviamente, per poter essere realizzati, i servizi connessi avrebbero dovuto ricadere in zona C “espansione” attigua alla Zona S “servizi”, e non nell’ambito di quest’ultima, insuscettibile di edificazione compatibile con le opere previste dal decreto Floris (negozi di prima necessità, studi professionali, bar e tavole calde).
E’ questo il punto centrale della controversia: non a caso gli originari ricorrenti hanno gravato le deliberazioni della variante di traslazione dei servizi connessi solo e nella misura in cui “tale variante si ritenesse preclusiva del diritto ad effettuare l’intervento relativo alla realizzazione di servizi connessi”. In sostanza, le due Cooperative non contestano lo spostamento dell’area su cui devono sorgere i servizi (allo stesso hanno del resto prestato formale assenso), ma il rischio che allo spostamento in Zona S “Servizi” consegua l’impossibilità di edificare le opere previste quali “servizi connessi”.
In merito, il Collegio, all’udienza di discussione, ha posto alla difesa dell’appellante, specifica domanda, ottenendo inequivoche indicazioni circa la non compatibilità delle opere rientranti nella definizione data dal decreto Floris ai servizi connessi, con la destinazione urbanistica della Zona S.
Quindi, attraverso la traslazione, il Comune ha, di fatto, sottratto alle due Cooperative il diritto di “costruire e mantenere” sulle aree concesse originariamente (o su quelle successivamente oggetto di traslazione) edifici adibiti a servizi connessi alla residenza. Il che rende la variante, per ciò solo illegittima.
5. In conclusione l’appello principale deve essere respinto.
6. L’appello incidentale proposto dalle Cooperative ed avente ad oggetto unicamente il capo relativo alla domanda di annullamento della deliberazione del 2003, di “adozione” della variante, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
7. Avuto riguardo all’esito del giudizio, ed alla complessità delle questioni trattate, le spese possono essere compensate tra le parti.