Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-07, n. 202401247
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Pubblicato il 07/02/2024
N. 01247/2024REG.PROV.COLL.
N. 00084/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 84 del 2022, proposto da
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
La Gioconda di O C &C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F A, G M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F A in Roma, via Giunio Bazzoni 1;
nei confronti
Agenzia delle Entrate - Riscossione, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 00784/2021, resa tra le parti, della sentenza n. 784/2021 (R.G. 470/15) del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, II Sezione, pubblicata il 22.11.2021, notificata in data 26.11.2021 .
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di La Gioconda di O C &C. S.a.s.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2024 il Cons. D P e nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame il Ministero odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 784 del 2021 del Tar Sardegna, recante accoglimento dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla società, odierna appellata, per l’annullamento della cartella di pagamento n. 0252014003782055 emessa da Equitalia per conto del Ministero dello Sviluppo Economico, nonché per l'accertamento nella somma di euro 209.643,97, alla data del 31 maggio 2014, oltre euro 5,64 di dietim successivo, l’ammontare del credito del Ministero e che il ricorrente ha già provveduto al suo integrale pagamento e dell’insussistenza del diritto della controparte a procedere a esecuzione forzata per la maggiore somma oggetto della cartella di pagamento predetta.
2. All’esito del giudizio di primo grado il Tar accoglieva il ricorso annullando la cartella di pagamento.
3. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:
- violazione degli artt. 29, 30, 34, 41 e dell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), cod. proc. amm., decadenza, illegittimità manifesta, per mancato accoglimento dell'eccezione di rito di inammissibilità dell’impugnazione della (sola) cartella esattoriale, non avendo la controparte tempestivamente impugnato il decreto direttoriale di revoca del contributo del 3 aprile 2013, n. 632;
- violazione dell’art. 29, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, illegittimità della decisione, stante la applicabilità al caso in esame dello speciale regime normativo dettato in materia di ritiro del contributo per fatto addebitabile al beneficiario e della conseguente maggiorazione degli interessi in funzione sanzionatoria.
4. La parte appellata, originaria ricorrente, si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata e delle conclusioni formulate in sede civile e confermate in primo grado o, in subordine, di dichiarare la cessazione della materia del contendere ex art. 1 commi 537, 538, 539 e 540 L. 24-122012 nº 228, perché le relative partite sono state annullate di diritto per silenzio del creditore.
Alla pubblica udienza dell’1 febbraio 2024 la causa passava in decisione.
5. L’appello è infondato.
6. Nel caso di specie è pacifico che il decreto di revoca del contributo – posto a monte della cartella di pagamento impugnata - sia stato adottato ai sensi dell’art. 29 comma 2 d.l. n. 83 del 2012, sul presupposto, dettato dalla norma, della mancanza di richiesta di erogazione per stato di avanzamento.
6.1 Va pertanto richiamato il pacifico orientamento per cui, laddove – come nella specie - la controversia riguardi la fase dell'erogazione o della ripetizione di un contributo sul presupposto di un inadempimento del beneficiario o dell'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, deve essere riconosciuta in via generale e salvo ipotesi di giurisdizione esclusiva come sussistente la giurisdizione ordinaria, anche se siano stati impugnati atti di revoca o di decadenza (cfr. ex multis Consiglio di Stato , sez. VI , 20/10/2022 , n. 8934).
6.2 Peraltro, proprio nel caso di specie, oggetto controverso è l’applicazione di un atto qualificabile ai sensi dell’art. 11 l. 241 del 1990, con conseguente giurisdizione amministrativa esclusiva (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 17/01/2014 , n. 220). Infatti, va ribadito che il Patto territoriale si colloca a pieno titolo nel quadro della cosiddetta azione amministrativa per accordi e si caratterizza in particolare come uno strumento di programmazione negoziata con la conseguenza che la cognizione delle controversie connesse alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intercorsi tra soggetti privati e Pubbliche Amministrazioni rientra tra quelle attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo dall'art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi intercorsi di cui all'art. 11 della l. n. 241 del 1990 le controversie relative ai finanziamenti concessi nell'ambito di un Patto territoriale ex art. 2, commi 203 e ss. della l. 23 dicembre 1996, n. 662.
6.3 Invero, anche al fine di evitare un evidente rischio disparità di trattamento rispetto ad analoghe situazioni, non qualificabili ex art. 11 cit., in tema di esecuzione di accordi e di revoca per asserito inadempimento, va fatta applicazione dei medesimi principi concernenti il giudizio ordinario. Infatti, qualora – come nella specie - la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, il privato è titolare di un diritto soggettivo, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione;viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario.
6.4 Quindi, nella specie la mancata tempestiva impugnazione del decreto di revoca non assume rilievo di decadenza, a fronte della qualificazione della situazione giuridica soggettiva nei termini predetti, affidati al giudice amministrativo in base alla giurisdizione esclusiva, ovvero al giudice ordinario sebbene nella specie la relativa statuizione resa in primo grado (sia dal Tribunale civile di Cagliari, originariamente adito, sia dal Tar) non sia più contestabile in quanto passata in giudicato.
6.5 Va quindi condivisa la conclusione posta a fondamento della sentenza impugnata, per cui il regime temporale per l’esercizio dei mezzi di tutela avverso gli atti di ritiro del contributo per inadempimento è necessariamente rappresentato, invece che dal termine di sessanta giorni previsto per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi, dall’ordinario termine di prescrizione dei diritti soggettivi, che la originaria ricorrente ha pacificamente rispettato, salvo il distinto onere di impugnare tempestivamente la cartella esattoriale - quale atto della procedura autoritativa di riscossione autoritativa mediante ruolo - adempimento processuale che nella specie risulta essere stato tempestivamente assolto.
6.6 Pertanto il primo motivo di appello è destituito di fondamento.
7. Ad analoghe conclusioni deve giungersi in merito al secondo motivo di appello.
7.1 La revoca (rectius, decadenza) è stata adottata in base al potere introdotto ex lege, ai sensi dell’art. art. 29 comma 2 d.l. 83 del 2012 cit.: “ Al fine di conseguire la definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, qualora alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non sia stata avanzata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla predetta data, accerta la decadenza dai benefici per l'insieme delle imprese interessate con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ”.
7.2 Pur dinanzi alla diretta applicazione di una tale speciale ipotesi di decadenza, l’amministrazione ha fatto ulteriore e specifica applicazione della norma sanzionatoria generale per la revoca dei patti territoriali (art. 9 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123), che in determinati casi specifici applica una rilevante sanzione:
“ 1. In caso di assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, il soggetto competente provvede alla revoca degli interventi e, in caso di revoca dal bonus fiscale, ne dà immediata comunicazione al Ministero delle finanze.
2. In caso di revoca degli interventi, disposta ai sensi del comma 1, si applica anche una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito ”.
7.3 Orbene, nel caso di specie mancano i presupposti applicativi della sanzione ulteriore alla restituzione del contributo, in quanto non viene in rilievo la carenza di requisiti né l’incompletezza della documentazione – che riguardano fra l’altro una fase anteriore e non rientrano, nel riparto predetto, alla fase esecutiva e di presunto inadempimento -, né tantomeno un fatto imputabile al richiedente.
7.4 Infatti, l’inadempimento imputato – cioè la mancata richiesta di erogazione per stato di avanzamento, se da un canto, sul versante formale, è valutata oggettivamente dalla norma speciale del 2012, quale causa di decadenza, a prescindere dall’imputabilità o meno, da un altro canto, sul versante sostanziale, è dovuto ad un elemento qualificabile in termini di factum principis .
7.5 A quest’ultimo riguardo, il mancato avanzamento dei lavori oggetto del contributo è pacificamente dovuto ad una sopravvenienza non imputabile alla parte, in quanto legato all’approvazione di atti posti al di fuori della sua diretta sfera di influenza. In dettaglio, l’ostacolo ai lavori era derivato dall’entrata in vigore della deliberazione della Giunta regionale n. 33/1 del 2004 nonché della legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 e del Piano Paesaggistico Regionale, per effetto dei quali il proposto intervento edilizio era risultato non più realizzabile sino all’approvazione, da parte del Comune di Muravera, di un nuovo P.U.C. in adeguamento al P.P.R.;inoltre, il Comune di Muravera, in seno al nuovo P.U.C. adottato nel 2005 (e non adeguato al P.P.R.), aveva abrogato la sopra citata variante urbanistica, riclassificando l’area di proprietà di La Gioconda in zona agricola, anche se il provvedimento di adozione del nuovo strumento urbanistico era stato in seguito dichiarato improcedibile dalla Regione Sardegna, per cui l’area in questione aveva ritrovato l’originaria qualificazione in Zona G.
7.6 In tale contesto, va condivisa la conclusione del Tar nel senso che la norma speciale di decadenza del 2012 e quella sanzionatoria del 1998 non operano necessariamente in modo congiunto, nel senso che la mancata richiesta in termini delle successive somme di contributo comporta effettivamente decadenza dallo stesso (ex art. 29 cit.), non implica necessariamente l’applicazione degli interessi sanzionatori di cui all’art. 9 cit. che presuppongono, stante la propria funzione sanzionatoria, un fatto addebitabile al beneficiario, assente nel caso di specie come sopra rilevato.
7.7 Invero, la valutazione oggettiva posta a base della norma speciale del 2012, introdotta con un decreto legge tipico dell’epoca di crisi economico finanziaria, trova conferma nella qualificazione legislativa in termini di decadenza, caratterizzata quindi da una evidente automaticità, scollegata dall’imputabilità.
8. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.
Sussistono giusti motivi, stante il complesso dato normativo coinvolto, per compensare le spese del presente grado di giudizio.