Consiglio di Stato, sez. P, sentenza 2018-06-25, n. 201800009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. P, sentenza 2018-06-25, n. 201800009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800009
Data del deposito : 25 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/06/2018

N. 00009/2018REG.PROV.COLL.

N. 00002/2018 REG.RIC.A.P.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2 di A.P. del 2018, proposto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12



contro

G P M S, rappresentata e difesa dagli avvocati V R D M e F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato V R D M in Roma, piazza dei Caprettari, 70



nei confronti

P A e M B, rappresentati e difesi dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti e Claudio Tesauro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Raffaello Perfetti in Roma, via Vittoria Colonna, 39



per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione II-quater, n. 6171/2017


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di P A, di M B e di G P M S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Del Gaizo, nonché gli avvocati Brizzi, Perfetti, e Tesauro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue




FATTO

Con i provvedimenti impugnati dinanzi al T.A.R. del Lazio con il ricorso n. 1117/2016, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (d’ora innanzi: ‘il Ministero appellante’ o ‘il MIBACT’) ha conferito ai controinteressati in primo grado gli incarichi di «direttore del Palazzo Ducale di Mantova» (P A) e di «direttore della Galleria Estense di Modena» (M B).

L’odierna appellata, G P M S, ha partecipato a entrambe le selezioni per il conferimento di tali incarichi ed è stata inclusa, con un punteggio di 77 punti su 100, nei corrispondenti elenchi dei dieci candidati ammessi al colloquio, ma non è stata inserita nelle due terne successivamente determinate per procedere alle corrispondenti nomine, che sono state attribuite invece ai controinteressati in primo grado.

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. 1117 del 2016 l’odierna appellata ha impugnato tutti gli atti del procedimento, chiedendone l’annullamento.

Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 6171 del 2016, ha accolto alcune delle censure proposte ed ha annullato gli atti impugnati.

In particolare, il primo Giudice – dopo aver dichiarato sussistente la giurisdizione del Giudice amministrativo – ha dichiarato l’illegittimità degli atti impugnati per le ragioni qui sinteticamente richiamate:

a) non sarebbe stata congruamente motivata l’assegnazione dei punteggi;

b) i colloqui finali si sarebbero svolti ‘a porte chiuse’, in violazione del principio per il quale le prove orali di un concorso devono essere pubbliche;

c) quanto alla nomina relativa al «Palazzo Ducale di Mantova», non si sarebbe potuto inserire nella terna il signor P A perché non in possesso della cittadinanza italiana.

Con l’appello principale il MIBACT ha impugnato la sentenza del T.A.R. n. 6171 del 2016, chiedendo che, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.

L’atto di appello del Ministero è stato affidato a quattro motivi.

Si è costituita in giudizio l’appellata G P M S la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello principale e ha proposto un appello incidentale, con cui ha riproposto quattro motivi, già formulati in primo grado e respinti dal T.A.R.

Con la “ sentenza in parte definitiva e in parte parziale, con contestuale ordinanza di trasmissione all’Adunanza plenaria ” n. 677 del 2 febbraio 2018 la Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato:

a) ha respinto il primo motivo d’appello e ha conseguentemente riaffermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa;

b) in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale e, previa reiezione delle censure dell’appellante incidentale, ha respinto la domanda di primo grado, proposta per l’annullamento degli atti che hanno conferito l’incarico di direttore della «Galleria Estense di Modena», con compensazione delle spese dei due gradi del giudizio;

c) in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale e ha respinto le censure dell’appellante incidentale, con riferimento alla domanda di primo grado, proposta per l’annullamento degli atti che hanno conferito l’incarico di direttore del «Palazzo Ducale di Mantova»;

d) sempre con riferimento a tale incarico, ha rimesso alla cognizione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo, le ulteriori questioni processuali e sostanziali (richiamate al paragrafo 66 della decisione) conseguenti all’esame del quarto motivo dell’appello del Ministero, unitamente a quelle concernenti le conseguenze dell’eventuale reiezione del medesimo quarto motivo e sul rilievo del ius superveniens rappresentato dal comma 7-bis dell’articolo 22 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (per come inserito dalla relativa legge di conversione);

e) ha rimesso all’Adunanza Plenaria la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 99, comma 4, del codice del processo amministrativo.

Per quanto riguarda più in particolare le questioni rimesse all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’articolo 99 cod. proc. amm. si osserva quanto segue.

In primo luogo la Sezione remittente ha chiesto che, previo esame della portata del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (specie in sede d’appello), venga valutato “ se si possa accogliere in questa sede un motivo della Amministrazione statale, di per sé infondato (perché ha dato una lettura di una disposizione regolamentare, opposta a quella corretta), quando con esso non sia stata prospettata alcuna censura contro un regolamento, mentre poi nel corso del giudizio di secondo grado l’Amministrazione chieda la riforma della sentenza impugnata sulla base di una ratio decidendi diversa e di una impostazione opposta (secondo cui sarebbe illegittima e disapplicabile la norma regolamentare, all’opposto inizialmente invocata con l’atto d’appello) ”.

In secondo luogo la Sezione ha chiesto a questa Adunanza Plenaria di chiarire se sussistano o meno i presupposti per disapplicare in parte qua il d.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 (per la parte in cui riserva ai soli cittadini italiani i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo) e il d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (il quale ha espressamente ribadito e richiamato le limitazioni di cui al d.P.C.M. 174, cit.), previa valutazione di coerenza della richiamata normativa secondaria nazionale con gli artt. 51 e 54 della Costituzione e con la normativa eurounitaria.

In terzo luogo la Sezione ha chiesto all’Adunanza Plenaria di chiarire se, in presenza di una norma di apparente interpretazione autentica, quale l’articolo 22, comma 7- bis del decreto-legge 24 aprile 2017 – per come introdotto dalla relativa legge di conversione - la quale, con effetti retroattivi, verrebbe ad incidere su giudizio in corso, ponendosi la stessa in potenziale contrasto con l’art. 117 Cost., con gli articoli 6 e 13 della CEDU e con la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, sia possibile definire il giudizio non applicando la norma medesima, ovvero se sia necessario sollevare sul punto una questione di legittimità costituzionale.

Le parti costituite hanno ritualmente prodotto memorie con cui hanno preso posizione sulle questioni demandate al giudizio di questa Adunanza plenaria.

Alla pubblica udienza del 26 aprile 2018, uditi i difensori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto in decisione.



DIRITTO

1. Giunge alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato il ricorso in appello proposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (d’ora in seguito anche ‘il Ministero appellante’ o ‘il MIBACT’) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui, in parziale accoglimento del ricorso proposto da una candidata alla procedura per la copertura di posti di direttore del Palazzo Ducale di Mantova e della Galleria Estense di Modena, sono stati annullati gli atti conclusivi di tali procedure (e, in particolare, i decreti di nomina adottati nei confronti dei candidati M B e P A).

2. In primo luogo, e al fine di delimitare correttamente il thema decidendum , occorre osservare che con la “ sentenza in parte definitiva e in parte parziale, con contestuale ordinanza di trasmissione all’Adunanza plenaria ” n. 677 del 2 febbraio 2018, la Sesta Sezione di questo Consiglio di Stato ha definito in toto il giudizio per quanto riguarda l’assegnazione del posto di direttore della Galleria Estense di Modena e, in riforma della sentenza appellata, ha dichiarato l’infondatezza dei motivi di ricorso proposti avverso la nomina già disposta in favore della candidata M B, che risulta conseguentemente confermata.

Il giudizio prosegue invece per ciò che concerne l’incarico di direttore del Palazzo Ducale di Mantova in quanto i quesiti che saranno esaminati nel prosieguo della presente decisione risultano riferiti unicamente alla relativa procedura.

Anche in relazione a tale parte della res controversa

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