Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-06-12, n. 201502894

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-06-12, n. 201502894
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502894
Data del deposito : 12 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09303/2014 REG.RIC.

N. 02894/2015REG.PROV.COLL.

N. 09303/2014 REG.RIC.

N. 10215/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9303 del 2014, proposto da:
ABD Airport Dolomiti s.p.a. , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F P e S A, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 95;

contro

WWF Italia Onlus , Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol , in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati Wolfgang Wielander, Manfred Natzler e A P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via degli Scipioni, 268/a;

nei confronti di

ENAC - Ente nazionale per l’aviazione civile, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Provincia autonoma di Bolzano, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di L, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Mazzei e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Comune di Bolzano, non costituito in giudizio nel presente grado;



sul ricorso numero di registro generale 10215 del 2014, proposto da:
ABD Airport Dolomiti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F P e S A, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, 95;

contro

Comune di L, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Mazzei e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

nei confronti di

EAC - Ente nazionale per l’aviazione civile, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Provincia autonoma di Bolzano, Snam Rete Gas s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 9303 del 2014:

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, n. 218/2014, resa tra le parti e concernente: ampliamento aeroporto di Bolzano - valutazione impatto ambientale;

quanto al ricorso n. 10215 del 2014:

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, n. 217/2014, resa tra le parti e concernente: ampliamento aeroporto di Bolzano - modifica d’ufficio al piano urbanistico comunale di L;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle rispettive parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2015, il Consigliere B L e uditi, per le parti, gli avvocati F P, A P, l’avvocato dello Stato S M e gli avvocati F M e L M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Sebbene i due appelli in epigrafe siano stati proposti avverso due separate sentenze, gli stessi vanno riuniti e trattati congiuntamente per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, vertendo entrambe le sentenze su azioni impugnatorie proposte, sotto profili diversi, avverso gli atti autorizzatori relativi alle opere di ampliamento dell’aeroporto di Bolzano.

2. Con le due sentenze in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, pronunciava definitivamente sui ricorsi n. 245 del 2012, n. 185 del 2013 (tra di loro riuniti e decisi con la sentenza n. 217/2014) e n. 147 del 2013 (deciso con la sentenza n. 218/2014), integrati da motivi aggiunti, di cui i primi due proposti dal Comune di L ed il terzo dalle associazioni ambientaliste WWF Italia Onlus e Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol , avverso i seguenti atti:

(i) le deliberazioni della Giunta provinciale di Bolzano n. 524 del 28 marzo 2011, n. 817 del 16 maggio 2011 e n. 1896 del 5 dicembre 2011, di approvazione del piano di sviluppo ( Masterplan ) relativo all’aeroporto di Bolzano a prevalente uso commerciale – con la previsione di un allungamento dell’unica pista di decollo e atterraggio dagli attuali 1.294 metri a 1.432 metri, entro il 2015 –, presentato dalla società ABD Airport s.p.a. , titolare della concessione provvisoria per la gestione aeroportuale rilasciata dall’ENAC nel 1999;

(ii) il rapporto ambientale del giugno 2012;

(ii) le deliberazioni della Giunta provinciale di Bolzano n. 1071 del 16 luglio 2012 e n. 142 del 4 febbraio 2013, aventi ad oggetto la modifica d’ufficio del piano urbanistico comunale di L con trasformazione delle aree interessate dall’ampliamento dell’aeroporto da ‘ zona di verde agricolo ’ in ‘ zona per attrezzature collettiva - amministrazione e servizi pubblici (Aeroporto di Bolzano) ’, unitamente agli atti presupposti e connessi (tra cui il parere della Commissione urbanistica provinciale del 13 dicembre 2012);

(iii) le deliberazioni della Giunta provinciale di Bolzano n. 662 del 6 maggio 2013 e n. 16 dell’8 gennaio 2014, con cui il Presidente della Provincia è stato autorizzato ad esprimere l’intesa nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 ( Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche ), i conformi atti d’intesa espressi dal Presidente della Provincia, nonché gli atti presupposti e connessi (tra cui la deliberazione giuntale n. 636 del 22 aprile 2013, recante « Adattamento dell’aeroporto di Bolzano alle norme di sicurezza previste dal Masterplan »);

(iv) i relativi pareri tecnici (tra cui il parere favorevole condizionato della II° Commissione provinciale per la tutela del paesaggio n. 8 del 19 marzo 2013, il parere dell’Ufficio provinciale tutela acque del 7 agosto 2013, il parere dell’Ufficio provinciale aria e rumore del 3 dicembre 2013, il parere di Snam Rete Gas del 18 settembre 2012).

3. L’adìto Tribunale regionale di giustizia amministrativa, con la sentenza n. 217/2014, decidendo sui ricorsi proposti dal Comune di L, provvedeva come segue:

(i) in accoglimento di correlativa eccezione formulata dalla controinteressata ABD Airport s.p.a. , dichiarava l’inammissibilità del ricorso n. 245 del 2012, nella parte in cui era stato proposto avverso gli atti sub 2.(i) relativi all’approvazione del piano di sviluppo aeroportuale, attesa la natura di atti endoprocedimentali limitati al rapporto tra la Provincia e la società in house ABD Airport s.p.a. , privi di efficacia esterna in attesa dell’approvazione definitiva del Masterplan da parte dell’ENAC;

(ii) respingeva l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti avverso la deliberazione della Giunta provinciale n. 142 del 2013, di approvazione definitiva della modifica al p.u.c. di L, non trattandosi di atto meramente confermativo, bensì di atto contenente una nuova ed autonoma determinazione ad efficacia esterna, conclusiva del procedimento, la cui mancata impugnazione avrebbe, per contro, determinato l’improcedibilità dell’impugnazione degli atti presupposti;

(iii) accoglieva il ricorso n. 245 del 2012 ed i relativi motivi aggiunti, nella parte in cui investivano gli atti di approvazione della modifica di ufficio apportata al p.u.c. di L, sulla base dei seguenti rilievi:

- l’aeroporto civile di Bolzano è, a tutt’oggi, un aeroporto statale, sicché i relativi lavori di ampliamento costituiscono opere di interesse statale e le deliberazioni di modifica d’ufficio del p.u.c. di L si fondano sull’erroneo presupposto che si tratti di opera di interesse provinciale;

- in applicazione dei criteri di riparto delle competenze (legislative e amministrative) tra Stato e Provincia autonoma, tenuto conto che si versa in materia di lavori pubblici relativi ad un’infrastruttura aeroportuale di interesse statale rientrante nell’ambito della competenza statale – sia ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. d), d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, che ha tenuto ferma la competenza degli organi statali in ordine, tra l’altro, « agli aerodromi, ad eccezione di quelli aventi carattere turistico », sia ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost., contemplante, nel novero delle materie di competenza legislativa concorrente, quella relativa agli aeroporti civili, ed implicante la riserva alla legislazione statale della determinazione dei principi fondamentali, in particolare, per quanto qui interessa, dei principi che presiedono alla « disciplina dei procedimenti con i quali si individuano le grandi opere e si provvede alla loro localizzazione, stabilendo, per esempio, il principio della concertazione fra le amministrazioni interessate mediante intese, accordi di programma, conferenze di servizi » (v. così, testualmente, a p. 20 e 21 dell’appellata sentenza) –, trova applicazione la disciplina del procedimento di localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale o insistenti su aree del demanio statale, di cui al d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 ( Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale );

- tale disciplina prevede che, in caso di mancata conformità urbanistica dell’opera, da accertare d’intesa tra la Stato e la Regione interessata, deve essere convocata una conferenza di servizi con la partecipazione dei comuni interessati;

- la Provincia di Bolzano, ricorrendo alla modifica d’ufficio del p.u.c. di L ai sensi degli artt. 21, comma 2, e 20, comma 1, l. 11 agosto 19997, n. 13 ( Legge urbanistica provinciale ) – che attribuisce alla Provincia il potere di apportare, di propria iniziativa, modifiche d’ufficio ai piani urbanistici comunali, tra l’altro, per la razionale e coordinata sistemazione di opere ed impianti di interesse statale o provinciale – « ha eluso e violato le disposizioni che disciplinano la localizzazione delle opere di interesse statale, che prevedono il modello partecipativo della conferenza di servizi nelle ipotesi di non conformità urbanistica dell’opera, garantendo la valutazione contestuale di tutti gli interessi coinvolti, compresi quelli comunali », non potendo il « potere eccezionale e residuale » di modifica d’ufficio del p.u.c. « essere legittimamente esercitato allo scopo di eludere l’applicazione delle disposizioni sulla localizzazione delle opere statali di cui al DPR n. 383 del 1994 » (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza), e ricomprendendo la fattispecie della localizzazione di un’opera pubblica aeroportuale anche quella del suo ampliamento;

(iv) annullava, di conseguenza, gli atti in questione e, per illegittimità derivata, anche quelli successivi concernenti l’approvazione del progetto da parte della Giunta provinciale e il procedimento d’intesa tra Stato e Provincia.

4. Con la sentenza n. 218/2014, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, decidendo sul ricorso n. 147 del 2013, proposto dalle associazioni ambientaliste WWF Italia Onlus e Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol , provvedeva come segue:

(i) con richiamo ad un proprio precedente relativo alla locale associazione ambientalista Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol (sentenza n. 97 del 2014), respingeva l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo a predetta ricorrente, sussistendo i presupposti elaborati dalla giurisprudenza in relazione alla legittimazione attiva di associazioni ambientaliste non iscritte nell’elenco di cui all’art. 13 l. n. 349 del 1986;

(ii) dichiarava inammissibili, per carenza d’interesse, le censure dedotte dalle due associazioni ambientaliste in relazione ad asseriti vizi di natura urbanistica, dovendosi restringere l’interesse a ricorrere di tali associazioni ai soli vizi rilevanti sotto il profilo di tutela dell’ambiente;

(iii) accoglieva i motivi di ricorso, con cui era stata dedotta l’omessa valutazione di impatto ambientale (v.i.a.) o, quantomeno, l’omessa verifica di assoggettabilità alla v.i.a. (c.d. screening ), in violazione della disciplina comunitaria (direttiva 2011/92/UE) e statale (d.lgs. n. 152 del 2006), sulla base dei seguenti rilievi:

- alla fattispecie sub iudice è inapplicabile la l. prov. 5 aprile 2007, n. 2 ( Valutazione ambientale per piani e progetti ), poiché la menzionata legge provinciale, « lungi dal fissare criteri o condizioni di esclusione, ignora del tutto l’istituto della verifica preliminare », e, « non raccordandosi con la sovraordinata legislazione statale, contravvenendo al principio base di cui all’articolo 3-quinquies (d.lgs. n. 152 del 2006;
n.d.e.) (le regioni e le provincie autonome possono intervenire solo in maniera più restrittiva) ed esorbitando infine anche dai limiti della propria competenza (che in materia ambientale è solo integrativa), negli allegati C e D sembra escludere dalla valutazione ambientale, radicalmente ed indistintamente, tutte le costruzioni di aeroporti con piste di decollo e di atterraggio inferiori a 1.500 m » (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza, secondo la quale, proprio per la non conformità alla direttiva del mancato avvio della procedura di screening , la Commissione europea avrebbe avviato una procedura di infrazione, come da documentazione prodotta dalle ricorrenti);

- la verifica di assoggettabilità alla v.i.a. non può ritenersi assorbita dalla valutazione ambientale strategica (v.a.s.) in sede approvazione del piano, come astrattamente consentito dall’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, occorrendo a tal fine l’osservanza dell’ iter tracciato dall’8483::LRCEB76376B70EB3EA24F0::2014-08-12">art. 20 d.lgs. n. 152 del 2006, ovvero il coinvolgimento della popolazione interessata, nella specie non avvenuto;

(iv) annullava, di conseguenza, la deliberazione n. 636 del 22 aprile 2013, di approvazione del progetto di ampliamento dell’aeroporto, nonché, per invalidità derivata, gli atti d’intesa espressi dal Presidente della Provincia con le lettere dell’8 maggio 2013 e del 9 gennaio 2014.

5. Avverso entrambe le sentenze interponeva separati appelli l’originaria controinteressata ABD Airport Dolomiti s.p.a., deducendo i seguenti motivi.

A. Motivi dedotti avverso la sentenza n. 217/2014:

a) erronea reiezione dell’eccezione di inammissibilità, per tardività e difetto d’interesse, dei motivi aggiunti al ricorso n. 245 del 2012, in quanto diretti contro un provvedimento meramente confermativo (la deliberazione n. 142 del 2013 della Giunta provinciale, di approvazione definitiva della modifica al p.u.c. di L) dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo (in particolare, la deliberazione n. 1071 del 2012 della Giunta provinciale, di avvio del procedimento di modifica d’ufficio del p.u.c.);

b) « Erronea, illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla presunta fondatezza nel merito del ricorso del Comune di L » (v. così, testualmente, la rubrica del motivo in esame), sotto i seguenti profili:

- il Tribunale regionale di giustizia amministrativa ha omesso di tener conto degli sviluppi legislativi successivi al d.P.R. n. 383 del 1994, in particolare, per un verso, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, e dei relativi provvedimenti di attuazione, che hanno trasferito alle Regioni e agli enti locali personale, risorse e competenze in materia di opere pubbliche già qualificate di « interesse statale », e, per altro verso, del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190, in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale (dal cui ambito applicativo esula, pacificamente, l’opera di ampliamento oggetto di causa), con la conseguenza che, in caso di difformità dei relativi progetti dagli strumenti urbanistici, i procedimenti di localizzazione devono ritenersi assoggettati agli ordinari procedimenti di carattere urbanistico-edilizio, di competenza non più delle autorità statali, ma di quelle locali, con sequela di corretta applicazione della procedura di modifica d’ufficio del p.u.c. di L, ai sensi degli artt. 21, comma 2, e 20 l. urb. prov., versandosi in fattispecie di opera di interesse provinciale, a prescindere dal rilievo che la citata procedura di modifica d’ufficio, per espressa previsione normativa, è comunque applicabile anche ad opere d’interesse statale;

- la procedura di modifica d’ufficio del p.u.c. ai sensi della legge urbanistica provinciale ha offerto ai Comuni coinvolti (nella specie, i Comuni di Bolzano, di Vadena e di L, tra i quali solo quest’ultimo aveva espresso una posizione dissenziente) comunque le stesse garanzie partecipative di quelle garantite dalla conferenza di servizi di cui all’art. 3 d.P.R. n. 383 del 1994, con facoltà di presentare osservazioni, in osservanza degli adempimenti pubblicitari prescritti per l’adozione degli strumenti urbanistici;

- ad ogni modo, anche in ipotesi ritenendo illegittima la mancata indizione della conferenza di servizi, il relativo effetto invalidante sarebbe escluso dal disposto dell’art. 21- octies l. n. 241 del 1990, poiché, alla luce delle posizioni in concreto assunte dalle Amministrazioni coinvolte, l’esito procedimentale non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

B. Motivi dedotti avverso la sentenza n. 218/2014:

a) erronea reiezione dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo alla locale associazione ambientalista Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol (Federazione dei protezionisti altoatesini);

b) « Difetto assoluto di giurisdizione ed eccesso di potere giurisdizionale. In ogni caso, erronea, illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’accoglimento del quinto motivo di ricorso in primo grado » (v. così, testualmente, la rubrica del motivo in esame), sotto i seguenti profili:

- il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, dopo aver correttamente affermato che la l. prov. n. 2 del 2007 esclude i progetti relativi ad aeroporti con piste di decollo ed atterraggio di lunghezza inferiore a m 1.500 sia dalla v.i.a. che dalla verifica di assoggettabilità, « si è arrogato il potere di sindacare la conformità della suddetta legge provinciale alla legge statale in materia, esorbitando così dai limiti attribuitigli dall’ordinamento » (v. così, testualmente, l’atto di appello);

- contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, l’esclusione della categoria progettuale in esame dallo screening e dalla v.i.a., prevista dalla legge provinciale, è, comunque, conforme alla disciplina comunitaria (direttiva n. 2011/92/UE) e statale (d.lgs. n. 152 del 2006), imponendo la prima la v.i.a. obbligatoria per i soli aeroporti con piste di lunghezza superiore a 2.100 metri (specificando che « Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri »), ed imponendo la secondo la v.i.a. obbligatoria per i soli aeroporti con piste di lunghezza superiore a 1.500 metri (rimettendo alle Regioni e alle Province autonome, per le opere ed impianti sotto-soglia, la determinazione, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, di criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità);

c) « Erronea, illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla presunta inapplicabilità dell’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 e alla mancata partecipazione degli interessati », atteso lo svolgimento della v.a.s. in sede di modifica del p.u.c., assorbente la verifica di assoggettabilità, con osservanza delle prescritte garanzie pubblicitarie e partecipative.

5.1. La società appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà delle impugnate sentenze e in loro riforma, la reiezione degli avversari ricorsi di primo grado.

6. In entrambi i giudizi di appello si sono costituiti i rispettivi ricorrenti di primo grado (il Comune di L e, rispettivamente, le due associazioni ambientaliste), contestando la fondatezza degli appelli, chiedendone la reiezione ed espressamente riproponendo i motivi assorbiti e non esaminati di primo grado.

7. In entrambi i giudizi d’appello si costituivano le appellate Amministrazioni statali (Ministero del trasporto e delle infrastrutture;
ENAC) con comparsa di stile, mentre la Provincia autonoma di Bolzano si costituiva (pure con comparsa di stile) solo nell’ambito del giudizio d’appello promosso avverso la sentenza n. 218/2014.

8. Dopo che nell’udienza cautelare del 20 gennaio 2015 era stato richiesto l’abbinamento al merito, entrambe le cause all’odierna pubblica udienza sono state trattenute in decisione.

9. Procedendo dapprima all’esame dell’appello n. 10215 del 2014, proposto avverso la sentenza n. 217/2014, di accoglimento del ricorso del Comune di L e relativo agli aspetti urbanistici della vicenda dedotta in giudizio, si osserva che lo stesso è fondato con riguardo alle devolute questioni merito, mentre infondato è il motivo sub § 5.A.a) che ripropone un profilo di ordine processuale .

9.1. Quanto a quest’ultimo motivo, l’impugnata sentenza ha, invero, correttamente escluso che la deliberazione n. 142 del 2013 della Giunta provinciale, di approvazione definitiva della modifica al p.u.c. di L, possa qualificarsi alla stregua di atto meramente confermativo della precedente deliberazione n. 1071 del 2012, di avvio del relativo procedimento, poiché la stessa è stata emanata all’esito dell’acquisizione del parere (positivo) della Commissione urbanistica provinciale del 13 dicembre 2012 e dell’apporto procedimentale del Comune di L (il quale ha svolto una serie di osservazioni) e si fonda su una motivazione che tiene conto delle acquisite risultanze procedimentali.

La deliberazione di approvazione definitiva della modifica d’ufficio costituisce, dunque, una nuova ed autonoma determinazione provvedimentale (conclusiva del procedimento e, come tale, ad efficacia esterna), suscettibile di impugnazione con motivi aggiunti, con conseguente corretta reiezione dell’eccezione di inammissibilità al riguardo sollevata dall’originaria controinteressata.

Peraltro, la mancata impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento avrebbe comportato l’improcedibilità dell’impugnazione proposta avverso gli atti precedenti della serie procedimentale, sicché la proposizione dei motivi aggiunti costituiva un vero e proprio onere processuale, onde evitare una pronuncia assolutoria in rito in relazione all’impugnazione della deliberazione n. 1071 del 2012.

9.2. Premesso che il motivo d’appello sub § 5.A.b), per la sua onnicomprensività, ha devoluto al presente grado di giudizio tutte le questioni inerenti all’inquadramento dell’opera di ampliamento aeroportuale oggetto di causa sub specie di opera di interesse statale o, rispettivamente, provinciale ed alla ricostruzione della disciplina applicabile in tema di accertamento della conformità urbanistica dell’opera medesima (ricostruzione, comunque rientrante nei poteri-doveri decisori del giudice in applicazione del principio iura novit curia ), si osserva che il motivo è, nel suo complesso, fondato, dovendosi ritenere legittime sia la procedura di modifica d’ufficio apportata dalla Giunta provinciale al p.u.c. di L, sia il procedimento d’intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Provincia autonoma di Bolzano.

9.2.1. Le opere di ampliamento dell’aeroporto di Bolzano – costituite, principalmente, dall’allungamento della pista di decollo e di atterraggio da 1.294 metri a 1.432 metri e dall’adeguamento delle aree di sicurezza agli standard tecnici del settore (con la realizzazione di un’area di sicurezza di 300 metri a nord, a confine con la zona industriale di Bolzano, e di una seconda area di sicurezza di 180 metri a sud, nel territorio comunale di L), senza incidere sulla categoria aeroportuale che resta immutata –, sebbene incidenti su un’infrastruttura di proprietà demaniale statale, devono qualificarsi di prevalente interesse provinciale.

A favore di tale qualificazione delle opere in questione militano i seguenti indici, normativi e fattuali:

- le opere di ampliamento si collocano nell’ambito del piano di sviluppo ( Masterplan ), presentato dalla società ABD Airport s.p.a. – ad intero capitale pubblico, con socio unico la Provincia autonoma di Bolzano e, dunque, società in house della Provincia – per l’approvazione alla Giunta provinciale;

- la menzionata società è titolare della concessione per la gestione aeroportuale rilasciata dal Ministero dei trasporti e della navigazione il 25 marzo 1999, in via precaria e fino all’affidamento totale dell’aeroporto a condizione della presentazione di un piano di sviluppo aeroportuale fino al 2030 [ai sensi dell’art. 10, comma 13, l. 24 dicembre 1993, n. 537, e ss.mm.i. ( Interventi correttivi di finanza pubblica ), recante disposizioni in materia di gestione degli aeroporti e di realizzazione delle relative infrastrutture, e del decreto ministeriale 12 novembre 1997, n. 521 ( Regolamento recante norme di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, con cui è stata disposta la costituzione di società di capitali per la gestione dei servizi e infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato )];

- il piano di sviluppo, oltre ad essere attuativo del rapporto concessorio, si inserisce nel contratto di servizio stipulato il 1° luglio 2010 tra la Provincia e l’ ABD Airport s.p.a. ai sensi dell’art. 9 d.P.P. 13 novembre 2008, n. 63 [recante il regolamento di esecuzione dell’art. 11 l. prov. 14 dicembre 1974, n. 37 ( Spesa e contributi per studi e progetti per lo sviluppo ed il miglioramento delle comunicazioni e dei trasporti nel territorio della Provincia di Bolzano e per favorire l’intermodalità ), come aggiunto dall’art. 25 l. prov. 18 novembre 2005, n. 10, in materia di gestione dell’aeroporto civile di Bolzano], con cui la società, in qualità di gestore, si è obbligata di « avviare le procedure previste dalla normativa statale per ottenere dall’autorità competente la concessione totale dell’aeroporto »;

- secondo le previsioni degli artt. 4 comma 1, lett. b), e 18 d.P.P. n. 63 del 2008, il gestore – il quale, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del citato regolamento provinciale, nello svolgimento dei compiti affidatigli è tenuto ad attenersi alle direttive impartite dalla Provincia – è, tra l’altro, responsabile della manutenzione e di ogni intervento relativo ad opere edili o di genio civile e può prevedere, a mezzo del piano d’impresa da approvare dalla Provincia (ai sensi dell’art. 9, comma 2, d.P.P. n. 63 del 2008), « i lavori necessari alla manutenzione, all’adeguamento e al potenziamento dell’infrastruttura aeroportuale, incluse le pertinenze ad essa funzionali e necessarie per lo svolgimento dei compiti e dei servizi assegnati », con la precisazione che « tutti gli interventi gravanti sull’infrastruttura aeroportuale devono essere preventivamente concordati con il Ministero dei trasporti e con l’ENAC » (comma 4 dell’art. 18);

- in aderenza alla previsione di cui all’art. 18 d.P.P. n. 63 del 2008, l’intero carico delle spese relative alle opere di ampliamento di cui è causa (di complessivi euro 20.902.996,87) è stato assunto dalla Provincia e, rispettivamente, dalla ABD Airport s.p.a. , in parte mediante un aumento di capitale di quest’ultima (v. deliberazioni della Giunta provinciale n. 1102 del 16 luglio 2012 e n. 636 del 22 aprile 2013);

- dall’estratto del Piano nazionale degli aeroporti emerge che l’aeroporto di Bolzano non è né strategico né primario, potendo « continuare a svolgere un importante ruolo di interesse regionale, rispondendo a specifici segmenti di domanda, quali collegamenti punto a punto e di supporto ai flussi turistici »;

- l’opera infrastrutturale dell’aeroporto di Bolzano è compresa nelle previsioni del piano provinciale di sviluppo e di coordinamento territoriale, approvato con l. prov. 18 gennaio 1995, n. 3 (ai sensi dell’art. 21, comma 1, d.P.R. n. 381 del 1974), in funzione di un suo possibile potenziamento;

- l’ENAC, nella nota del 14 settembre 2012, approvando sotto il profilo tecnico la versione definitiva del Masterplan , « redatto in coerenza con il piano degli investimenti allegato alla richiesta di affidamento della gestione totale dell’aeroporto », ha espressamente rimesso alla società di gestione « la verifica e la definizione delle esatte procedure ambientali e urbanistiche da seguire in relazione alla normativa nazionale ed alla speciale normativa territoriale di settore » (v. così, testualmente, la citata nota).

Sebbene, dunque, le opere di ampliamento dell’aeroporto incidano materialmente su una infrastruttura aeroportuale tutt’ora facente parte del demanio statale, le stesse, sotto un profilo funzionale ed economico-finanziario, si presentano come opere di precipuo interesse provinciale, concorrente – e sostanzialmente collimante, tenuto conto degli esiti dell’intesa – con quello statale.

Infatti, pur mantenendo l’art. 19, lett. d), d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 ( Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche ), ferma la competenza degli organi statali in materia di « aerodromi, ad eccezione di quelli aventi carattere turistico », nella fattispecie concreta sub iudice vengono in rilievo opere di ampliamento qualificabili di prevalente interesse provinciale, sia per le finalità perseguite, sia per i moduli organizzativi e finanziari adottati in conformità alla disciplina di settore.

Va, al riguardo, messa in rilievo la peculiarità delle concrete opere di ampliamento oggetto della presente controversia, di dimensioni modeste e limitate, non comportanti una diversa qualificazione della categoria aeroportuale e connotate da una scelta obbligata di localizzazione dell’area di ampliamento in direzione sud (ossia, sul territorio comunale di L), per la particolare conformazione orografica e urbanistica dei luoghi di ubicazione dell’infrastruttura aeroportuale, confinante in direzione nord con la zona industriale di Bolzano e delimitato in direzione est e ovest da formazioni montuose (nonché, nel fondo-valle, ad est, da insediamenti abitativi).

Orbene, in applicazione del criterio della prevalenza, che deve informare l’inquadramento di una fattispecie concreta astrattamente riconducibile ad ambiti materiali rientranti nelle competenze legislative rispettivamente dello Stato e delle Province autonome – e nelle parallele competenze regolamentari e amministrative (v. artt. 16, 53 e 54 dello Statuto speciale approvato con d.P.R. n. 670 del 1972) –, le opere di ampliamento in questione, per le ragioni innanzi esposte, devono qualificarsi come opere di prevalente interesse provinciale, incidenti su un’infrastruttura del demanio statale, per cui, per un verso, esiste un’esigenza di coordinamento tra competenza statale in materia di infrastrutture aeroportuali e competenza provinciale in materia di urbanistica e lavori pubblici di interesse provinciale [art. 8, n. 5) e n. 17) dello Statuto speciale], da risolvere attraverso lo strumento dell’intesa ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974, e, per altro verso, i moduli procedimentali di natura urbanistica restano assoggettati alla disciplina provinciale.

Con riguardo a quest’ultima, l’art. 21, comma 2, l. urb. prov. prevede che « le modifiche di cui al punto 2) della lettera A) del comma 1 dell’art. 20 possono essere apportate dalla Giunta provinciale di propria iniziativa ». Il richiamato art. 20, comma 1, lett. A), punto 2), l. urb. prov. stabilisce che la Giunta provinciale, in sede di approvazione dei piani urbanistici comunali, può introdurre d’ufficio le modifiche d’ufficio che siano, tra l’altro, « necessarie per assicurare (…) la razionale e coordinata sistemazione (…) delle opere e degli impianti di interesse statale, provinciale e comprensoriale ».

Essendo dunque alla Giunta provinciale attribuito il potere di apportare, di propria iniziativa, modifiche d’ufficio allo strumento urbanistico comunale per garantirne la coordinazione con opere sia di interesse statale, sia di interesse provinciale, le impugnate deliberazioni n. 1071 del 16 luglio 2012 e n. 142 del 4 febbraio 2013 – che prevedono la trasformazione dell’area interessata dalle opere di ampliamento da ‘ zona di verde agricolo ’ in ‘ zona per attrezzature collettiva - amministrazione e servizi pubblici (Aeroporto di Bolzano) ’ –, sono legittime sotto un profilo urbanistico, in quanto aderenti alle citate previsioni normative.

In accoglimento del motivo in esame deve, pertanto, essere riformata la sentenza di primo grado, laddove ha annullato le menzionate deliberazioni sull’erroneo presupposto della natura di opera di esclusivo interesse statale e della conseguente inapplicabilità della disciplina provinciale in punto di conformazione della strumentazione urbanistica del Comune interessato dall’esecuzione dell’opera.

9.2.2. Come già sopra rilevato, ai fini del raccordo tra la realizzazione di infrastrutture di interesse statale (nella specie, anche di interesse statale) e le previsioni del piano urbanistico provinciale e dei piani territoriali di coordinamento, l’art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974 stabilisce che gli interventi siano effettuati previa intesa con la Provincia interessata, con ciò prevedendo, quale lex specialis , una procedura specifica di coordinamento tra competenze statali in materia di opere pubbliche di interesse statale e pianificazione urbanistica provinciale.

Nel caso di specie, il procedimento d’intesa risulta attuato attraverso l’emanazione delle deliberazioni della Giunta provinciale di Bolzano n. 662 del 6 maggio 2013 e n. 16 dell’8 gennaio 2014, con cui il Presidente della Provincia è stato autorizzato ad esprimere l’intesa nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi del citato art. 20, e l’adozione dei conformi atti d’intesa espressi dal Presidente della Provincia.

Essendo gli atti d’intesa intervenuti dopo la modifica d’ufficio apportata al p.u.c. di L nel rispetto della disciplina urbanistica provinciale, non si pone un’ulteriore questione di conformità urbanistica dell’intesa.

9.2.3. Da quanto sopra deriva che non pertinente è il richiamo, nell’impugnata sentenza, della disciplina di cui al d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 ( Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale ) – come modificato dall’art. 20, comma 10- bis , d.-l. 29 novembre 2008, n. 185 –, che, in caso di esito negativo dell’accertamento di conformità delle opere di interesse statale alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, da compiere dallo Stato d’intesa con la Regione interessata, prevede lo svolgimento di una conferenza di servizi, alla quale partecipano, tra l’altro, la Regione, il Comune o i Comuni interessati, e che assegna alla decisione di approvazione del progetto da parte della conferenza di servizi l’efficacia di sostituire, ad ogni effetto, gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti da leggi statali e regionali, stabilendo che, qualora una o più amministrazioni abbiano espresso il proprio dissenso nell’ambito della conferenza di servizi, l’amministrazione statale procedente, d’intesa con la Regione interessata, valutate le specifiche risultanze della conferenza di servizi e tenuto conto delle posizioni prevalenti espresse in detta sede, assume la determinazione di conclusione del procedimento di localizzazione dell’opera.

In disparte la considerazione, di per sé dirimente, che nel caso di specie l’intesa era conforme alla previsioni urbanistiche comunali come modificate d’ufficio dalla Provincia, occorre rilevare che il citato regolamento di delegificazione, secondo la previsione dell’art. 2, commi 7, 8 e 9, l. 24 dicembre 1993, n. 537 ( Interventi correttivi di finanza pubblica ), è stato adottato ai sensi dell’art. 17, comma 2, l. 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare, in funzione di una loro semplificazione e accelerazione, i procedimenti amministrativi di cui all’allegato n. 4 della l. n. 537 del 1993, tra cui, per quanto qui interessa, i « Procedimenti di accertamento della compatibilità urbanistica delle opere di interesse statale (articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616) », abrogando i commi 2 e 3 dell’art. 81 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ( Attuazione della delega di cui all’art. 1 l. 22 luglio 1975, n. 382 ).

Orbene, il menzionato regolamento non appare inapplicabile ab imis alle Province autonome, in quanto:

- lo stesso si inserisce nella disciplina di cui al d.P.R. n. 616 del 1977 ( Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382 ), che, regolando il passaggio dallo Stato alle Regioni delle funzioni amministrative nelle materie illo tempore ad esse attribuite dalle norme costituzionali ed il relativo coordinamento, erano rivolte alle sole Regioni a statuto ordinario;

- le disposizioni del n. 616 del 1977 sono state, in un momento successivo, bensì estese alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano con apposita norma di attuazione, adottata con d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 ( Estensione alla Regione Trentino Alto-Adige ed alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 ), che ha attribuito ai predetti enti, « in aggiunta alle funzioni amministrative già di loro competenza, ogni altra funzione amministrativa che, dismessa dallo Stato, per effetto del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nel territorio della suddetta regione, sia ancora di competenza statale nel territorio stesso, nonché ogni altra funzione amministrativa che dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, sia stata comunque conferita alle regioni a statuto ordinario e non sia stata ancora estesa alla regione o alle province » (v. art. 10, comma 1, del citato d.P.R. n. 526 del 1987);
ma, al contempo, sono stati fatti espressamente « salvi i procedimenti di intesa che vengono esercitati nelle forme e nei modi previsti dalle vigenti norme di attuazione » (v. comma 2 del citato art. 10), e, dunque, anche il procedimento d’intesa ex art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974, teso a coordinare le opere di interesse statale con gli strumenti pianificatori provinciali;

- l’art. 2, commi 7, 8 e 9, l. n. 537 del 1993 prevede esclusivamente un’ipotesi di delegificazione statale, che non può operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi sia un rapporto di competenza e non di gerarchia.

Non appare dunque condivisibile l’individuazione, nell’impugnata sentenza, del d.P.R. n. 383 del 1994 quale fonte di disciplina della procedura di accertamento della conformità urbanistica delle opere di ampliamento di cui è controversia.

9.2.4. Inconferente appare, altresì, il richiamo, nell’impugnata sentenza, dell’arresto della Corte Costituzionale 25 febbraio 2011, n. 62, riferendosi tale sentenza ai rapporti tra l’art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974 e la disciplina dettata dall’art. 1 l. 21 dicembre 2001, n. 443 ( Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive ) in tema di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, dal cui ambito esulano, pacificamente, le (modeste) opere di ampliamento di cui è causa.

A ciò si aggiunge che qui non vengono in rilievo questioni che involgono l’individuazione dello strumento di superamento di un eventuale dissenso tra Stato e Provincia autonoma, risultando ex actis il raggiungimento dell’intesa ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974, mentre il rapporto tra opere de quibus e pianificazione comunale è relegato all’ambito applicativo della disciplina urbanistica riservata alla potestà legislativa esclusiva della Provincia autonoma.

9.3. In reiezione delle altre censure di stampo urbanistico dedotte dall’appellata Amministrazione comunale in prima istanza ed espressamente riproposte nel presente grado con la memoria di costituzione del 4 febbraio 2015 (per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.), s’impongono i seguenti rilievi (con la precisazione che si tratta delle censure dedotte con entrambi i ricorsi originari n. 245 del 2012 e n. 185 del 2013 e relativi motivi aggiunti, incentrati su doglianze tra di loro in parte sostanzialmente identiche).

9.3.1. Destituito di fondamento è il motivo, con il quale è stata dedotta la violazione degli artt. 687, 692, 698 e 702 Cod. nav., per l’avvio della procedura urbanistica di modifica del p.u.c. di L in assenza di previa approvazione del Masterplan e dell’ampliamento aeroportuale da parte dell’ENAC, unica autorità competente, in quanto:

- dalla nota ENAC del 14 settembre 2012 (non impugnata), indirizzata alla ABD Airport s.p.a. , risulta che tale ente, competente ai sensi dei richiamati articoli del Codice della navigazione per l’approvazione, tra l’altro, per i progetti di ampliamento delle infrastrutture aeroportuali, in esito alla dichiarata conclusione della relativa istruttoria, ha approvato il Masterplan (che prevedeva l’allungamento della pista e l’ampliamento delle aree di sicurezza, entro il 2015) « in via interlocutoria » sotto il profilo tecnico, precisando espressamente che il « provvedimento finale di approvazione (…) sarà conseguente ai pareri di compatibilità ambientale ed urbanistica », e che « sarà cura di codesta società (ossia, della ABD Airport s.p.a. ;
n.d.e.) la verifica e la definizione delle esatte procedure ambientali ed urbanistiche da seguire in relazione alla normativa nazionale e alla speciale normativa territoriale di settore » (v. altresì la nota ENAC del 16 ottobre 2012, di approvazione del progetto preliminare con prescrizioni);

- in tal modo, è rimasta integra la competenza dell’ENAC per l’adozione dell’approvazione definitiva;

- né la procedura d’intesa e la modifica d’ufficio del p.u.c. presupponevano la previa approvazione definitiva del Masterplan e del progetto da parte dell’ENAC, essendo detta approvazione, per contro, subordinata alla previa conclusione dei procedimenti di conformità urbanistica ed ambientale (v., sul punto, per tutte, Cons. Stato,. IV, 11 marzo 1997, n. 225, secondo cui la conformità urbanistica di un’opera pubblica deve sussistere al momento dell’approvazione del progetto, che costituisce, di regola, un posterius rispetto all’accertamento di conformità urbanistica).

9.3.2. Infondati sono i motivi successivi – dedotti sotto le rubriche « Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e normativa locale di recepimento per vizio di motivazione » e « Violazione e falsa applicazione degli artt. 26.1 e 27 delle norme di attuazione del PUC di L;
eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza
» –, in quanto:

- la motivazione della deliberazione della Giunta provinciale n. 1071 del 2012, di avvio del procedimento di modifica del p.u.c. con riferimento alla necessità dell’intervento ai sensi del « vigente Masterplan », non può ritenersi inficiata dalla mancata approvazione definitiva del piano di sviluppo, essendo sufficiente che lo stesso fosse in fase di approvazione da parte dell’ENAC (come desumibile dalla nota ENAC del 14 settembre 2012, intervenuta prima dell’approvazione definitiva della modifica apportata allo strumento urbanistico comunale);

- gli ulteriori profili di censura, che attengono all’individuazione della procedura applicabile, alla qualificazione dell’intervento come opera di interesse statale o provinciale ed alla equivalenza, o meno, delle garanzie partecipative del Comune di L in seno alla procedimento di modifica d’ufficio del p.u.c. con quelle della conferenza di servizi ex art. 3 d.P.R. n. 383 del 1994, sono superate dalle motivazioni sviluppate sopra sub § 9.2., in punto di inapplicabilità del d.P.R. n. 383 del 1994 alla fattispecie in esame;

- le deliberazioni di modifica del p.u.c., il parere della Commissione urbanistica provinciale del 13 dicembre 2012 e gli atti di autorizzazione all’intesa ex art. 20 d.P.R. n. 381 del 1974 appaiono sufficientemente motivati con riferimento alle esigenze sovracomunali connesse all’ampliamento dell’infrastruttura aeroportuale, di interesse provinciale (oltre che statale;
v. sopra), ragionevolmente ritenute prevalenti su quelle comunali sulla base del rilievo che, all’attualità, non sono interessate zone a destinazione residenziale;

- in particolare, le deliberazioni n. 142 del 2013 e n. 662 del 2013 contengono puntuali prese di posizione sulle osservazioni formulate dal Comune di L nell’ambito del procedimento di modifica al p.u.c. e, rispettivamente, della procedura d’intesa, che si muovono nel rispetto dei parametri di ragionevolezza e logicità che presiedono al sindacato di legittimità di atti a contenuto pianificatorio;

- né è ravvisabile la dedotta violazione degli artt. 26.1. (intitolato « Zone per attrezzature collettive -Amministrazione e servizi pubblici ») e 27 (intitolato « Area aeroportuale ») delle norme di attuazione del p.u.c., poiché la prevista trasformazione di un’area di ca. nove ettari da zona di ‘ verde agricolo ’ in ‘ zona per attrezzature collettive - amministrazione e servizi pubblici (Aeroporto di Bolzano) ’, anziché in ‘ Area aeroportuale ’, è riconducibile ad una mera esigenza di tecnica redazionale della variante di piano, essendo il p.u.c. di L sprovvisto di legenda unificata e non disponendo l’art. 27 delle n.t.a. di apposita evidenziazione grafica nel piano di zonizzazione (v. relative risultanze attizie), nulla togliendo dunque l’adottata formula terminologica (comunque espressamente e univocamente riferita all’« Aeroporto di Bolzano ») all’assoggettamento dell’area in oggetto al regime sostanziale di cui all’art. 27 delle norme di attuazione (v. in tal senso, correttamente, anche un espresso passaggio motivazionale della deliberazione n. 662 del 2013).

9.3.3. Privo di pregio è il motivo ulteriore, rubricato « Violazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 383/1994 per mancata previa previsione dell’ampliamento dell’Aeroporto di Bolzano nella programmazione dei lavori pubblici di cui alla l. n. 109/1994, ora d.lgs. 163/2006;
eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria
», presupponendo lo stesso la qui non condivisa qualificazione dell’opera di ampliamento come opera di esclusivo interesse statale (v. sopra sub § 9.2.).

9.3.4. Il motivo successivo ripropone le doglianze già respinte sub § 9.3.1., mentre la prospettata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 11 l. prov. n. 37 del 1974 e del d.P.P. n. 63 del 2008, qualora interpretati come atti normativi attributivi alla Provincia di Bolzano della competenza di approvare, con atti definitivi ad efficacia esterna, del piano di sviluppo aeroportuale e del progetto di ampliamento, sono irrilevanti ai fini decisori, attesa la sopra affermata pacifica e non contestata competenza dell’ENAC ad adottare i relativi atti definitivi, pienamente compatibile con i moduli procedimentali applicati nel caso sub iudice .

9.3.5. Pure il motivo ulteriore, di asserita violazione degli artt. 2 e 3 d.P.R. n. 383 del 1994 in combinato disposto con gli artt. 70 l. urb. prov. e 12 d.P.R. n. 380 del 2001, per difformità urbanistica del progetto rispetto alla destinazione urbanistica della zona, sia prima che dopo la modifica d’ufficio del p.u.c., va disatteso sulla base dei rilievi svolti sopra sub § 9.3.2..

9.3.6. Per la trattazione del motivo successivo, inerente alla materia ambientale, si rinvia alle considerazioni di cui infra sub §§ 10. e ss..

9.3.7. Infine, non può trovare accoglimento l’ultimo motivo di rilevanza urbanistica – con cui si deduce « Violazione dell’art. 38 delle norme di attuazione al PUC di L con riferimento alla violazione della fascia di sicurezza per la presenza di metanodotto SNAM », sotto il profilo del mancato rispetto della fascia di sicurezza di 37 metri complessivi (18,50 metri per parte rispetto all’asse della condotta), nella quale è vietata qualsiasi edificazione ed è prescritto il mantenimento dell’uso agricolo –, in quanto, per un verso, dall’estratto della relazione tecnica generale al progetto definitivo del febbraio 2013 emerge il rispetto della fascia di sicurezza di m 8 metri + 8 metri, con evidente riferimento alla disciplina di cui all’art. 39 (all’epoca vigente) delle norme tecniche di attuazione del p.u.c., relativo a metanodotti di media pressione, con conseguente inconcludente richiamo, da parte del Comune appellato, dell’art. 38, relativo a diversa categoria di metanodotti (con la precisazione che incombeva comunque al Comune l’onere di fornire la prova degli elementi costitutivi della dedotta censura di illegittimità, nella specie non assolto), e, per altro verso, è in atti il parere favorevole di Snam Rete Gas allo spostamento del tracciato del metanodotto all’esterno del perimetro aeroportuale, comunicato con lettera del 18 febbraio 2013.

10. Scendendo all’esame dell’appello n. 9303 del 2014, proposto avverso la sentenza n. 218/2014, di accoglimento del ricorso delle associazioni ambientaliste e relativo agli aspetti ambientali della vicenda dedotta in giudizio, si osserva che lo stesso è fondato con riguardo alle devolute questioni di merito, mentre infondato è il motivo sub § 5.B.a), involgente questioni di natura processuale.

10.1. Quanto a quest’ultimo motivo, devono ritenersi integrati, in capo all’associazione ambientalista locale Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol (Federazione dei protezionisti altoatesini), i presupposti della legittimazione a ricorrere elaborati dalla giurisprudenza con riguardo alle associazioni ambientaliste non iscritte nell’elenco di cui all’art. 13 l. 8 luglio 1986, n. 349 (perseguimento non occasionale, secondo previsione statutaria, di obiettivi di tutela ambientale;
adeguato grado di rappresentatività e stabilità;
vicinanza spaziale della fonte del paventato pregiudizio agli interessi protetti al centro principale dell’attività dell’associazione), apparendo all’uopo sufficiente il richiamo, nell’impugnata sentenza, del proprio precedente relativo alla stessa associazione originaria ricorrente (sentenza n. 97 del 2014 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano), con cui è stata accertata la sussistenza degli enunciati requisiti di legittimazione in capo all’odierna appellata.

Infatti, la richiamata sentenza, ancorché intervenuta tra parti parzialmente diverse, è idonea a fungere da fonte di prova atipica dei menzionati requisiti di legittimazione a ricorrere;
ciò, in applicazione dei generali principi processuali (applicabili anche al processo amministrativo) dell’atipicità dei mezzi e delle fonti di prova e del libero convincimento del giudice, che implicano la possibilità di valorizzare, in sede di prudente apprezzamento delle risultanze probatorie, anche sentenze intervenute tra terzi, venendo in tale caso la sentenza in rilievo non per gli effetti suoi propri (forza di giudicato, effetti esecutivi, ecc.), ma come elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che forma oggetto dell’accertamento giudiziale, da valutare unitamente alle altre risultanze istruttorie (v., sul punto, ex plurimis , Cass. civ., 5 novembre 2009, n. 23446;
Cass. civ., 29 gennaio 2003, n. 1372).

L’eccezione di carenza di legittimazione a ricorrere in capo alla Federazione oggi appellata è, dunque, stata correttamente disattesa.

10.2. Occorre inoltre precisare, al fine di delimitare i limiti oggettivi del presente giudizio d’appello, che non risulta investita da appello incidentale la statuizione sub § 4.(ii), con la quale sono state dichiarate inammissibili, per carenza d’interesse, le censure dedotte dalle due associazioni ambientaliste in relazione ad asseriti vizi di natura urbanistica o, comunque, a vizi esulanti dalla materia di diritto ambientale, con la conseguenza che le stesse non possono trovare ingresso nel presente grado, essendo all’uopo insufficiente la mera riproposizione dei motivi ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., attesa l’intervenuta adozione di una statuizione espressa di inammissibilità che determina una correlativa situazione di soccombenza rimovibile solo con un’espressa impugnazione del correlativo capo della sentenza, nella specie non proposta.

10.3. Merita, invece, accoglimento il complesso motivo d’appello dedotto dall’originaria controinteressata ABD Airport Dolomiti s.p.a. sub § 5.B.b).

10.3.1. Giova esporre brevemente il quadro normativo – comunitario, nazionale e provinciale – che presiede alla disciplina della valutazione dell’impatto ambientale di progetti di costruzione di infrastrutture aeroportuali.

(i) La direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE ( Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ), nella versione applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – ossia, antecedente alle modifiche apportate dalla direttiva 16 aprile 2014, 2014/52/UE ( Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ) –, nell’art. 4, paragrafo 1, assoggetta a v.i.a. obbligatoria i progetti elencati nell’allegato I, tra cui, per quanto qui interessa, la costruzione di « aeroporti con piste di decollo e di atterraggio lunghe almeno 2100 metri » [v. n. 7., lett. a), dell’allegato I].

Invece, per i progetti elencati nell’allegato II della direttiva – tra cui le « costruzioni di aerodromi (progetti non compresi nell’allegato I) » [v. n. 10., lett. d), dell’allegato II], cioè la realizzazione di aeroporti con piste di decollo e atterraggio inferiori a 2.100 metri –, l’art. 4, paragrafo 2, della direttiva prevede che gli Stati membri possono determinare se i progetti debbano essere sottoposti a una valutazione di impatto ambientale, qualora essi ritengano che possano influire in modo significativo sull’ambiente. Per tali progetti è, dunque, richiesta una valutazione preliminare sul probabile impatto ambientale, dal cui esito dipende la sua assoggettabilità, o meno, a v.i.a..

Il citato paragrafo 2 dell’art. 4 prevede che tale decisione può essere presa dagli Stati membri o mediante « un esame del progetto caso per caso », o mediante « soglie o criteri fissati dallo Stato membro », oppure applicando entrambe le procedure.

Il successivo paragrafo 3 stabilisce che, « nell’esaminare caso per caso o nel fissare le soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III », ossia, delle caratteristiche e della localizzazione dei progetti (in particolare, delle dimensioni, del cumulo con altri progetti, dell’utilizzazione di risorse naturali, della produzione di rifiuti, dell’inquinamento e disturbi ambientali, del rischio di incidenti, dell’utilizzazione attuale del territorio, della ricchezza relativa e della qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona, della capacità di carico dell’ambiente naturale sotto una molteplicità di profili), nonché dei loro effetti impattanti « potenzialmente significativi » (in particolare, considerandone la portata sotto i profili dell’area geografica e densità della popolazione interessata, l’eventuale natura transfrontaliera, l’ordine di grandezza e complessità, la probabilità, la durata, frequenza e reversibilità).

Il paragrafo 4, infine, prevede, che le decisioni adottate dall’autorità competente ai sensi del paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico.

La direttiva, nel considerando n. (10), con riferimento ai progetti esulanti dalla v.i.a. obbligatoria ai sensi della direttiva, statuisce che « gli Stati membri possono fissare le soglie o i criteri per stabilire quali di questi progetti debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’entità del loro impatto ambientale », precisando che « gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri ».

Ai sensi del considerando n. (11), « secondo il principio di sussidiarietà, gli Stati membri sono i soggetti più idonei per l’applicazione di detti criteri nei casi concreti ».

(ii) Quanto alla disciplina legislativa statale, emanata nell’esercizio della competenza esclusiva attribuita in materia di ambiente ed ecosistema allo Stato [art. 117, comma 2, lett. s), Cost.], il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ( Norme in materia ambientale ) – di recepimento, tra l’altro, della normativa comunitaria in materia di valutazione di impatto ambientale –, per quanto qui interessa, impone la v.i.a. obbligatoria per « aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza » [v. n. 10) dell’allegato II alla parte seconda, richiamato dall’art. 6, comma 6, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006], mentre gli aeroporti con piste di atterraggio di lunghezza inferiore rientrano nell’allegato IV della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo ai « Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano » [v. punto 7., lett. p), del citato allegato], così come vi rientrano le « modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato III o all’allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di autorizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato III » [v. punto 8., lett. t), del citato allegato].

In relazione ai progetti elencati nell’allegato IV, l’art. 6, comma 9, d.lgs. n. 152 del 2006 – come sostituito dall’art. 1, comma 3, d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, e nella versione in vigore all’epoca dell’adozione degli atti impugnati [in seguito, il comma in esame è stato sostituito dall’articolo 15, comma 1, lett. d) , del d.-l. 24 giugno 2014, n. 91, come convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 116, che ha introdotto un nuovo sistema di determinazione delle soglie dei progetti elencati nell’allegato IV, prevedendo l’adozione di un decreto interministeriale, d’intesa con la conferenza Stato-Regioni] – prevede che le Regioni e le Province autonome, qualora si tratti di progetti non ricadenti, neppure parzialmente, in aree naturali protette, « possono determinare, per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla base degli elementi cui all’allegato V, criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità » (trattasi di criteri sostanzialmente identici a quelli precisati nell’allegato III della direttiva comunitaria).

Il diritto nazionale estende, pertanto, la v.i.a. obbligatoria a tutti gli aeroporti con piste di atterraggio di lunghezza superiore a 1.500 metri (così introducendo un regime più rigoroso rispetto al diritto comunitario, che impone la v.i.a. obbligatoria per aeroporti con lunghezza superiore a 2.100 metri), mentre, per gli aeroporti con piste di lunghezza inferiore, consente alle Regioni e alle Province autonome di escludere specifiche categorie di progetti dalla verifica di assoggettabilità.

(iii) Quanto alla disciplina provinciale, la l. prov. 5 aprile 2007, n. 2 ( Valutazione ambientale per piani e progetti ) – ‘coperta’, quanto all’ambito materiale di competenza legislativa, dalla clausola di riserva di cui all’art. 6, comma 9, d.lgs. n. 152 del 2006, sebbene quest’ultima disposizione fosse stata introdotta successivamente all’entrata in vigore della legge provinciale, con d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, rilevando l’assetto ordinamentale oggettivo vigente all’epoca di adozione degli atti qui impugnati – prevede la v.i.a. obbligatoria per la « Costruzione di aerodromi con pista di decollo e di atterraggio lunghe almeno 1500 metri », allineandosi alle previsioni legislative statali [v. allegato D, n. 11), lett. g);
allegato, richiamato dall’art. 12, comma 1, della citata legge provinciale], mentre vi esclude gli aeroporti con piste di lunghezza inferiore a 1.500 metri, sostanzialmente esentati anche dalla verifica di assoggettabilità.

Il comma 2 dell’art. 12 stabilisce, poi, che la procedura di v.i.a. si applica altresì in caso di ampliamento delle opere di cui al comma 1, qualora il singolo ampliamento o la somma degli ampliamenti effettuati negli ultimi cinque anni, compreso l’attuale, a parere del presidente del Comitato ambientale potrebbe avere un notevole impatto ambientale, mentre, nelle ipotesi di ampliamento di un’opera, per la quale gli allegati C e D determinano una soglia, il relativo progetto è sottoposto a v.i.a., qualora la soglia venga superata nella misura del 50 % per effetto del singolo ampliamento o di plurimi ampliamenti effettuati nell’ultimo quinquennio (rispettivamente nella misura del 30 %, in caso di progetti ricadenti in un’area protetta).

10.3.2. Premesso che da quanto sopra emerge, in modo piano, la conformità della disciplina provinciale alle previsioni dell’art. 6, comma 9, d.lgs. n. 152 del 2006 ed agli ivi richiamati allegati, si osserva che infondate sono le censure di contrasto della predetta disciplina con il diritto comunitario, in particolare con la direttiva comunitaria n. 2011/92/UE, sollevate dalle originarie ricorrenti ed accolte nell’impugnata sentenza.

Inconferente è il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia 16 settembre 1999, nel procedimento C-435/97, relativa ad un primo progetto di ristrutturazione dell’aeroporto di Bolzano risalente al 1997, la quale, per quanto qui interessa, ha affermato il seguente principio di diritto: « Gli artt. 4, n. 2, e 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, vanno intesi nel senso che non conferiscono ad uno Stato membro né il potere di dispensare, a priori e globalmente, dalla procedura di valutazione d’impatto ambientale istituita dalla direttiva determinate classi di progetti elencate nell’allegato II di quest’ultima, ivi comprese le modifiche di tali progetti, né il potere di sottrarre a tale procedura uno specifico progetto, come la ristrutturazione di un aeroporto con pista di decollo e d’atterraggio lunga meno di 2.100 m, in forza d’un atto legislativo nazionale o sulla base d’un esame in concreto del progetto, a meno che l’insieme di tali classi di progetti o il progetto specifico possa essere ritenuto, sulla base d’una valutazione complessiva, inidoneo ad avere un impatto ambientale importante. Spetta al giudice nazionale verificare se le autorità competenti, sulla base dell’esame in concreto da esse eseguito che le ha condotte ad esonerare il progetto dalla procedura di valutazione istituita dalla direttiva, abbiano correttamente valutato, in conformità alla stessa, l’importanza dell’impatto ambientale dello specifico progetto in questione » [v. punto 1) della parte dispositiva].

Infatti, tale pronuncia si riferisce alla precedente legge provinciale in materia di v.i.a. (l. prov. 7 luglio 1992, n. 27), la quale aveva previsto un’unica classe di progetti aeroportuali, coincidente con quella assoggettata dalla direttiva all’epoca vigente (direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE) a v.i.a. obbligatoria (aeroporti con piste di decollo e atterraggio di lunghezza superiore a 2.100 metri).

In tal modo, l’allora legge provinciale, per un verso, esentava, con valutazione astratta e aprioristica, l’intera classe di progetti per la costruzione o l’ampliamento di aeroporti con pista di lunghezza inferiore a 2.100 metri dalla v.i.a. obbligatoria e, per altro verso, non prevedeva, per l’intera classe progettuale al di sotto di tale limite dimensionale, né un esame caso per caso, né una soglia o criteri per determinare, quali progetti ivi rientranti dovessero essere sottoposti a verifica di assoggettabilità.

Con tale assetto regolatorio, l’allora legge provinciale era venuta a violare il margine di discrezionalità rimesso agli Stati membri (e alle rispettive articolazioni ordinamentali interne) nella determinazione dei criteri per l’assoggettamento di un progetto alla v.i.a. e, a monte, allo screening . Infatti, secondo la citata pronuncia della Corte, doveva ritenersi superato il margine di discrezionalità, qualora un’intera classe di progetti compresi nell’allegato II della direttiva (nella specie, tutti i progetti aeroportuali con lunghezza della pista inferiore a 2.100 metri) fosse stata esclusa dalla verifica di assoggettabilità.

Invece, nella presente controversia viene in rilievo la nuova legge provinciale n. 2 del 20707, la quale, per i progetti dell’allegato II della direttiva 2011/92/UE, introduce una soglia, al di sopra della quale i progetti (per i quali la normativa comunitaria, invece, prescrive solo lo screening ) sono assoggettati a v.i.a. obbligatoria, così non più incorrendo nel vizio riscontrata dalla Corte con riguardo alla disciplina previgente.

Il profilo di censura, secondo cui la disciplina provinciale, nell’individuazione delle classi di progetti sottratti alla verifica di assoggettabilità (aeroporti con piste di lunghezza inferiore a 1.500 metri, rispettivamente progetti di ampliamento di infrastrutture aeroportuali preesistenti non superiori al 50% della soglia prefissata negli allegati C e D), non rispetterebbe i criteri di selezione riportati nell’allegato III della direttiva (recepiti dalla disciplina statale;
v. sopra), quali interpretati dalla Corte di Giustizia, e secondo cui, quindi, persisterebbe il vizio di non corretto esercizio della discrezionalità nell’individuazione delle classi di progetti esclusi dalla verifica di assoggettabilità, nella fattispecie peculiare in esame resta superato dalla sostanziale coincidenza, in ambito provinciale, della classe degli aeroporti con piste di lunghezza inferiore a 1.500 metri con l’unico aeroporto esistente nella Provincia di Bolzano;
opera che, secondo la non irragionevole valutazione del legislatore, entro gli stabiliti limiti dimensionali non avrebbe comportato un significativo impatto ambientale.

A conferma di ciò e come sarà in seguito esposto (v. infra , § 10.3.5.), nell’ambito della procedura di modifica del p.u.c. – che, a norma dell’art. 7 l. prov. n. 2 del 2007, quale strumento di pianificazione territoriale, esige una valutazione ambientale strategica –, è, infatti, rimasta esclusa anche in concreto un’incidenza ambientale significativa del progetto di ampliamento, rientrante nelle menzionate previsioni legislative provinciali.

10.3.3. In linea di fatto, dall’acquisita documentazione emerge che, negli anni successivi alla concessione in via precaria (nel 1999) dell’aeroporto alla ABD Airport s.p.a. , l’entrata in vigore di nuove norme di sicurezza emanate dalla International Civil Aviation Organisation ( ICAO ) e l’introduzione di un sistema di certificazione internazionale degli aeroporti, recepite dall’ENAC nel proprio Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti (v. doc. n. 8 del fascicolo ABD di primo grado), avevano comportato un ridimensionamento dell’aeroporto di Bolzano. Infatti, nonostante un modesto prolungamento della superficie asfaltata a sud, la pista di decollo ( Landing Distance Available - LDA ) era stata notevolmente ridotta in seguito allo spostamento della soglia pista nella parte nord verso sud per realizzare le regolamentari fasce di sicurezza ( Runway End Safety Area - RESA ), sicché, in quegli anni, dopo questi interventi la lunghezza utile della pista di decollo e atterraggio dichiarata da ENAC risulta essere stata ridotta agli attuali 1.294 metri (v. documento di certificazione dell’aeroporto di Bolzano, prodotto da ABD sub doc. n. 9 del fascicolo di primo grado), con conseguenti restrizioni alle attività aeronautiche imposte dall’Ente nazionale di assistenza al volo (ENAV) e connessi riflessi pregiudizievoli sulla costanza dei voli di linea e sull’affidabilità delle offerte di volo.

In questo contesto si collocano il progetto e le delibere qui impugnate, volte all’adeguamento dell’attuale pista di decollo ed atterraggio, nel senso di un suo allungamento a 1.432 metri, anche a compensazione delle riduzioni in precedenza operate a seguito della novella ICAO , ossia, a una lunghezza ampiamente al di sotto dei limiti legali previsti per uno scalo della categoria 2C (v. relazione tecnica generale allegata al progetto definitivo del mese di febbraio 2013, doc. n. 11 del fascicolo ABD di primo grado).

Ritiene al riguardo il Collegio che la lunghezza delle piste di decollo e di atterraggio, stabilita negli allegati alla direttiva e alle leggi (statale e provinciale) disciplinanti la valutazione d’impatto ambientale (con soglie individuate in 2.100 metri e rispettivamente 1.500 metri), deve essere riferita alle piste asfaltate disponibili per il decollo e per l’atterraggio degli aeromobili, secondo le definizioni di cui al citato Regolamento ENAC, in quanto sono le piste di atterraggio e di decollo a determinarne la classificazione e a condizionare il tipo di aeromobile in uso, mentre irrilevanti devono, a tal fine, ritenersi le dimensioni delle aree di sicurezza e delle altre aree accessorie, non incidenti sulla classificazione della pista e sulla categoria aeroportuale e, dunque, sull’impatto ambientale dell’infrastruttura aeroportuale nel suo complesso.

Secondo il progetto definitivo, la pista di decollo e atterraggio dopo l’ampliamento avrà una lunghezza di 1.432 metri ed una larghezza di 30 metri, e rientra dunque, anche dopo l’ampliamento, nell’attuale classificazione di pista 2C, né comporta un cambio di categoria dell’aeroporto (v. p. 14 del progetto definitivo;
v., altresì, la rappresentazione grafica, raffigurante la situazione ante - e post -lavori, sub doc. 16 del fasc. ABD di primo grado).

Alla luce di tali risultanze, infondate sono le censure in fatto degli originari ricorrenti, riproposte nel presente grado, relative all’asserito superamento della lunghezza di 1.500 metri (rilevante ai fini della v.i.a. obbligatoria), in quanto riferite a una definizione di pista non conforme a quella contemplata dal Regolamento ENAC e ad aree accessorie non rilevanti ai fini della categoria aeroportuale (quali Stopway , Strip e RESA ), individuata dalla lunghezza delle piste di atterraggio e decollo (peraltro, espressamente contemplate dagli allegati alla direttiva e alle leggi v.i.a. quali dati dimensionali rilevanti).

Ne deriva, altresì, l’infondatezza della richiesta istruttoria formulata dal Comune di L nella memoria dell’8 aprile 2015, diretta all’espletamento di una verificazione tecnica o di una consulenza tecnica d’ufficio volta all’accertamento del superamento della lunghezza di pista di 1.500 metri da parte del progetto in questione.

10.3.4. Orbene, rientrando il progetto nei limiti dimensionali stabiliti dalla legge provinciale – conforme alla disciplina comunitaria e nazionale –, già per tale motivo non poteva trovare accoglimento il quinto motivo di ricorso di primo grado [recante « Motivo di impugnazione 5 (sulla mancata valutazione dell’impatto ambientale). Violazione e falsa applicazione della L.P. 5.4.2007, n. 2 ed ivi in particolare degli artt. 12 e seguenti. Violazione e falsa applicazione del Decreto legislativo 3.4.2006, n. 152 ed ivi in particolare degli artt. 3quinquies, 6, 7 e 20. Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14.9.199 nel giudizio C-436/97. Violazione e falsa applicazione della direttiva VIA 2011/92/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13.12.2011. Eccesso di potere per omessa ed insufficiente istruttoria travisamento dei fatti, motivazione insufficiente »], con sequela di riforma dell’appellata sentenza n. 218/2014.

10.3.5. L’impatto ambientale non significativo delle opere di ampliamento deve, inoltre, ritenersi accertato in concreto in esito alla v.a.s. espletata in sede di modifica al p.u.c..

Occorre, al riguardo, precisare che si tratta di variante urbanistica specifica, basata su un progetto preliminare che nel dettaglio illustrava le caratteristiche tecnico-progettuale dell’opera di ampliamento dell’aeroporto, sicché l’oggetto della v.a.s. coincideva con l’oggetto della reclamata verifica di assoggettabilità a v.i.a., sussistendo un rapporto di univocità tra piano e progetto.

Orbene, il rapporto ambientale allegato alla variante urbanistica ai sensi dell’art. 8 l. prov. n. 2 del 2007 conteneva tutte le informazioni richieste, giungendo alle seguenti testuali conclusioni: « La variante al PUC del comune di L riguarda aree di dimensioni limitate e non modifica sostanzialmente l’assetto urbanistico della zona interessata dall’intervento. Gli impatti maggiori sono da registrare in merito alla perdita di un’area con soprassuolo a frutteto. Per quanto concerne il rischio di aumento dei livelli di rumore, il mantenimento del traffico aereo nelle sole ore diurne (dalle ore 6.00 alle ore 23.00) garantisce un impatto ambientale contenuto in valori che non limitano l’utilizzo del territorio circostante il sedime aeroportuale. Per il resto, l’intervento modifica in modo positivo lo stato dell’infrastruttura viabilistica ».

Le riportate conclusioni sono basate su un adeguato supporto istruttorio e motivazionale: così, con particolare riferimento all’impatto acustico, è rimasto appurato che « (…) la possibilità che possano operare sullo scalo aeroportuale velivoli poco più grandi di quelli attuali, determina una variazione dell’estensione delle curve di isolivello acustico. Studi ed analisi effettuati sull’aeroporto di Bolzano, nell’ipotesi di sviluppo futuro, hanno evidenziato che il livello di rumorosità ambientale (…) potrà aumentare senza peraltro provocare alcuna limitazione all’uso del suolo. Ciò si può affermare, in quanto la curva critica di isolivello acustico LVA risulta essere all’interno del sedime aeroportuale (…) »;
inoltre, il rapporto tra aree permeabili ed aree impermeabili non viene modificato in modo rilevante, in quanto dei ca. sette ettari previsti per l’ampliamento della zona aeroportuale solo un ettaro ca. è destinato ad essere impermeabilizzato, e, a fronte di un previsto aumento del tasso di riempimento del singolo velivolo, correlato all’impiego di mezzi più capienti, il previsto aumento del numero medio di voli all’anno è, tendenzialmente, limitato (v., sul punto, Corte di Giustizia, 28 febbraio 2008, C-2/07, secondo cui le autorità competenti devono tener conto del progettato aumento dell’attività di un aeroporto in sede di esame dell’effetto sull’ambiente delle modifiche apportate alle sue infrastrutture al fine di consentire tale aumento di attività)

La valutazione ambientale strategica – che ha, altresì, tenuto conto sia del piano di sviluppo aeroportuale approvato dalla Giunta provinciale nel 2011, sia del progetto preliminare dell’aprile 2012 – si è, dunque, svolta in sostanziale aderenza ai criteri di selezione di cui all’allegato III della direttiva 2011/92/UE, sulla base delle informazioni di cui allegato IV della stessa direttiva [rispettivamente, sulla base delle informazioni di cui all’allegato I della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo del Consiglio (concernente la valutazione ambientale strategica)], fornite dalla società committente nel rapporto ambientale, con conseguente conformità al paradigma legale sotto il profilo materiale-sostanziale.

Le relative risultanze sono state poste a base sia del parere della II° Commissione provinciale per la tutela del paesaggio (che, in aggiunta, prevede alcune misure di mitigazione ambientale), sia della deliberazione definitiva di modifica al p.u.c. n. 142 del 4 febbraio 2013, e sono confluite, tramite richiamo al parere della Commissione urbanistica provinciale, nella deliberazione della Giunta provinciale n. 662 del 6 maggio 2013, di autorizzazione all’intesa con lo Stato, nonché nella successiva deliberazione integrativa n. 16 dell’8 gennaio 2014, che richiama gli ulteriori pareri favorevoli dell’Ufficio provinciale tutela delle acque del 7 agosto 2013 e dell’Ufficio aria e rumore del 3 dicembre 2013, e prescrive come vincolante la limitazione dell’attività di volo programmata esclusivamente nell’arco giornaliero dalle ore 6.00 alle ore 23.00.

Sotto il profilo procedurale, sono state rispettate le garanzie pubblicitarie e partecipative (del pubblico e degli enti interessati), proprie degli atti pianificatori. Inoltre, nel procedimento d’intesa sono state coinvolte le Amministrazioni comunali di Bolzano, Vadena e L.

Le adottate procedure devono ritenersi sostanzialmente atte a garantire l’effettivo coinvolgimento del pubblico e degli enti interessati dal progetto. In particolare, in applicazione dei principi della proporzionalità ed adeguatezza e tenuto conto della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, costituita dalla coincidenza dell’oggetto delle procedure di modifica al p.u.c. e della connessa v.a.s. con lo stesso progetto dell’opera di ampliamento, deve ritenersi osservato l’art. 10, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006, che ammette lo svolgimento delle verifica di assoggettabilità nell’ambito della v.a.s., mentre ogni altra soluzione comporterebbe un’inammissibile aggravio procedimentale attraverso una duplicazione di valutazioni.

Si aggiunga che in data 30 ottobre 2014, il Servizio competente della Commissione europea ha deciso di archiviare il caso « EU Pilot 5794/13/ENVI - Aeroporto di Bolzano - Applicazione della direttiva VIA (2011/92/UE) e della direttiva VAS (2001/42/CE » (v. documenti prodotti dall’odierna appellante con nota del 16 gennaio 2015), il cui avvio nella qui impugnata sentenza è stato addotto ad ulteriore suffragio dell’ivi ritenuta violazione del diritto comunitario.

Le ragioni sopra esposte costituiscono ulteriore motivo di riforma dell’impugnata sentenza, autonomamente sufficiente a sorreggere la statuizione di accoglimento dell’appello.

10.3.6. Le considerazioni svolte sub §§ 10.3.1. ss. valgono anche a respingere il motivo inerente agli aspetti ambientali, riproposto dal Comune di L sotto la rubrica « Violazione e falsa applicazione della direttiva 2011/92/UE, della sentenza della Corte di Giustizia relativa all’Aeroporto di Bolzano 14.9.1999 in causa C-435/97, degli artt.

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