Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-13, n. 202200229

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-13, n. 202200229
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200229
Data del deposito : 13 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/01/2022

N. 00229/2022REG.PROV.COLL.

N. 08377/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8377 del 2015, proposto da
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Nesti Tommaso, in proprio e quale socio accomandatario della società Giglio di Nesti Tommaso &
C. S.a.s., rappresentato e difeso dagli avvocati F P ed E N, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski nr. 118;
Comune di Isola del Giglio, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 00328/2015, resa tra le parti, concernente concessione demaniale marittima.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Nesti Tommaso;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Cons. Oreste Mario Caputo e udito per la parte ricorrente l’avv. E N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’Agenzia del Demanio appella la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 00328/2015 d’accoglimento del ricorso cumulativo proposto dal sig. Tommaso Nesti, in proprio e quale socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della S.A.S. Società Giglio di Nesti Tommaso &
C., avverso l’ordine d’introito, emesso dal Comune Isola del Giglio (d. 29 settembre 2010) per i canoni relativi agli anni 2010, 2009, 2008 e 2007, ed il parere dell'Agenzia del Demanio - Filiale Toscana e Umbria - sede di Livorno reso con nota prot. 2010/13078 del 5 luglio 2010.

Il ricorrente – che con motivi aggiunti ha esteso l’impugnazione all’ordine d’introito per i canoni 2011 e 2012, di cui alle note prot. n. 1520 del 1° marzo 2011 e prot. n. 142 del 27 gennaio 2012 – ha premesso in fatto:

di essere titolare della concessione n. 1/2007 del 16 gennaio 2007, avente ad oggetto l’occupazione d’area demaniale marittima, situata nel Comune di Isola del Giglio, in località Campese, della superficie di metri quadrati 286;

di essere proprietario del fabbricato di mq 78, insistente sull’area demaniale, strumentale all’esercizio di bar gelateria “posto sull’arenile in fregio alla Piazzetta al termine della via Provinciale”, con annessa un’area asservita protetta da tenda frangisole di mq. 208 – fronte mare ml. 27.50”;

che il Comune e l’Agenzia del Demanio avrebbero qualificato erroneamente le “pertinenze destinate ad attività commerciale” come beni acquisiti al patrimonio statale, costituenti invece manufatti di proprietà privata, per diritto di superficie, appartenenti alla società.

1.1 Nei motivi d’impugnazione il ricorrente ha dedotto la violazione dell’artt. 29 e 49 cod. nav. e dell’art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l. n. 296/2006.

Sull’assunto che la concessione fosse stata automaticamente rinnovata (cfr., punto 1 della C.D.M. n. 1/2007), il manufatto adibito a bar-gelateria, insistente sull’area demaniale in concessione, contrariamente a quanto supposto dal Comune, non sarebbe entrato a fare parte del demanio marittimo ex art. 49 cod. nav..

Sicché, mancando l’atto di incameramento, l’accessione gratuita al demanio dei manufatti, rivendicata dalle amministrazioni resistenti, non si sarebbe verificata.

Conseguentemente, ha concluso il ricorrente, l’amministrazione avrebbe dovuto quantificare i canoni tabellari ai sensi dell’art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), della legge n. 296/2006, senza commisurarli ai valori di mercato, di cui al punto 2.1 del citato art. 1, comma 251, applicabili alle pertinenze demaniali marittime.

Analogamente anche per le aree demaniali scoperte o temporaneamente, occupate mediante manufatti precari amovibili, il Comune avrebbe dovuto applicare i canoni tabellari di cui all’art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l. n. 296/2006, poiché i proventi scaturirebbero esclusivamente dalla destinazione produttiva del manufatto bar – gelateria da ritenersi di proprietà privata.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Isola del Giglio, l’Agenzia del Demanio ed il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.

3. Il TAR, estromesso il Ministero per difetto di legittimazione passiva, ha accolto il gravame.

In forza di concessione (n. 1 del 2007), il ricorrente-concessionario, affermano i giudici di prime cure, ha acquisito il diritto di superficie sul locale adibito a bar gelateria e l’area asservita relativa., ed i suddetti beni sono in proprietà superficiaria della ricorrente, non di proprietà demaniale.

La mancanza di proprietà demaniale, aggiunge il Tar, esclude “ che si possa parlare di pertinenze demaniali marittime, mancando i presupposti di cui all’art. 29 del Codice della Navigazione, che definisce pertinenze del demanio marittimo le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale” . Da cui l’inapplicabilità nella quantificazione dei canoni del punto 2.1 dell’art. 1, comma 251, l. . n. 296/2006.

4. Appella la sentenza l’Agenzia del Demanio. Resiste il sig. Tommaso Nesti, in proprio e quale socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della S.A.S. Società Giglio di Nesti Tommaso &
C.

5. Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2021 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

6 . In limine , va pronunciato sull’eccezione d’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse sollevata dall’appellato sul rilievo che, con sentenza T.A.R. Toscana, Sez. III, 9 ottobre 2017, n. 1198, non appellata, la medesima questione – per i canoni successivi a quelli per cui è causa – è stata irretrattabilmente definita in senso favorevole al ricorrente.

L’omessa impugnazione della sentenza del T.A.R. del 2017, secondo l’eccezione in esame, priverebbe d’interesse l’Agenzia del Demanio all’accoglimento dell’appello, essendo divenuto definitivo l’accertamento favorevole all’appellato sulle quaestio facti e iuris che sorreggono la sentenza impugnata.

6.1 L’eccezione è infondata.

La pretesa patrimoniale, sottesa alla quantificazione del canone demaniale, è relativa a ciascuno dei periodi di tempo d’occupazione dell’area demaniale in concessione, sicché il giudicato, che dirime la controversia sulla quantificazione del canone, è circoscritto a ciascun periodo d’occupazione preso in considerazione e divenuto oggetto di giudicato, sì da non precludere il giudizio in corso – e quindi a non privare l’interesse al ricorso e all’appello – avente ad oggetto diversi e distinti periodo di tempo.

6.2 Con unico articolato motivo d’appello – rubricato sotto la violazione degli artt. 29 e 49 cod. nav.;
dell’art 25 del reg. cod. nav.;
della circolare Agenzia del Demanio n. 2012/26857, dell’art. 1, comma 251, n. 1, lett. b) e n. 2 l. 27 dicembre 2006 n. 296, degli artt. 97, 98 e 117 cost.;
degli artt. 3, 49, 101, 102 e 106 TFUE;
violazione dei principi comunitari in tema di concorrenza e di libertà di stabilimento;
nonché eccesso di potere per vari profili – l’Agenzia del Demanio lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar

nell’omettere di considerare che, sebbene la concessione sia stata rinnovata senza soluzione di continuità, allo scadere del titolo concessorio, comunque, s’è verificata l’accessione dei manufatti insistenti sull’area demaniale detenuta in concessione, tanto da divenire di proprietà statale.

Tanto più in ragione del fatto che la continuità della vicenda sarebbe stata interrotta a seguito del subentro del sig. Nesti nella titolarità della concessione.

Inoltre, aggiunge l’amministrazione appellante, l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario al diritto unionale (cfr. art. 12 Direttiva 2006/123/CE e Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15).

6.3 I motivi d’appello sono infondati.

Nell’ordine.

6.4 Va precisato che la questione dedotta in giudizio sulla esatta commisurazione dei canoni per l’occupazione dell’area demaniale in concessione presuppone la risoluzione della questione sull’appartenenza dei manufatti, ivi insistenti, strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa del ricorrente.

Sul punto, dopo un primo orientamento giurisprudenziale – richiamato dall’Agenzia appellante – a mente del quale alla scadenza della concessione i beni sono ipso facto acquisiti al demanio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5123/2012;
Id., sez. IV, n. 7505/2010), ha fatto seguito l’indirizzo opposto oramai consolidato, qui condiviso.

S’è chiarito che il principio dell’accessione gratuita, fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti, dovrebbe ritenersi riferito all’effettiva cessazione e non alla mera scadenza del rapporto concessorio, in relazione all’esigenza di assicurare che le opere “non amovibili”, destinate a restare sul territorio o ad essere rimosse con inevitabile distruzione, siano nella piena disponibilità dell’ente proprietario dell’area, ai fini di una sua corretta gestione per prevalenti finalità di interesse pubblico.

Esigenza che non risulta ancora attuale quando il titolo concessorio, anziché andare in scadenza o essere anzitempo revocato per l’utilizzo improprio dell’area, sia al contrario rinnovato in modo automatico e senza soluzione di continuità rispetto alla data naturale di scadenza della concessione (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6043).

In definitiva, il principio dell'accessione gratuita di cui al ricordato art. 49 r.d. 30 marzo 1942 n. 327 non trova applicazione quando il titolo concessorio è stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del " nomen iuris ", come una piena proroga dell'originario rapporto e senza soluzione di continuità (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 729;
Id., sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1146).

Sicché le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale sono, ai sensi dell’art. 952 c.c., d’esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione: per essi non è dovuto un canone ulteriore, essendo tenuto il concessionario a corrispondere un canone commisurato alla occupazione del suolo demaniale con impianti di facile/difficile rimozione, così come previsto dall'art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l.n. 296/2006.

6.5 Inoltre, contrariamente a quanto supposto dall’Agenzia del Demanio, la continuità della vicenda concessoria sarebbe stata interrotta a seguito del subentro del ricorrente nella titolarità di essa.

Il subentro, per atto inter vivos o mortis causa , comporta, ai sensi dell’art. 46 cod. nav., la novazione soggettiva del rapporto che prosegue senza soluzione di continuità con l’amministrazione concedente ed il soggetto subentrante.

6.6 Né la sentenza appellata presta il fianco alle censure di violazione dei principi di costituzionalità di cui all’art. 97 e 98 cost.

Investita della questione relativa all'ambito applicativo dell’art. 1, comma 251, l. n. 296/2006, recante la modifica dell'art. 3 d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, conv. con l. 4 dicembre 1993, n. 494, fondandosi sull’orientamento giurisprudenziale qui condiviso, e fatto proprio dalla sentenza appellata, la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 29 del 2017) ha premesso che “al fine di stabilire la proprietà statale dei beni di difficile rimozione edificati su suolo demaniale marittimo in concessione, è determinante la scadenza della concessione, essendo questo il momento in cui il bene realizzato dal concessionario acquista la qualità demaniale”.

6.7 Da ultimo, occorre pronunciare sul denunciato contrasto della decisione appellata con il diritto eurounitario sul rilievo che l’automatismo della proroga/rinnovo sarebbe contrario all’art. 12 Direttiva 2006/123/CE e alla sentenza Corte di Giustizia, Sez. V, 14 luglio 2016, Promoimpresa S.r.l. e Melis, C-458/14 e C-67/15.

La censura è inammissibile per difetto d’interesse.

Come sottolineato dal ricorrente appellato, i canoni per cui è causa sono stati liquidati anteriormente al 28 dicembre 2009 e nel vigore dell’ultimo rinnovo disposto anteriormente alla medesima data.

Oltretutto il rapporto concessorio s’è costituito in data anteriore alla scadenza del termine di trasposizione (d.28 dicembre 2009) della Direttiva Servizi 2006/123/CE, ed anche il rinnovo di cui alla concessione n. 1/2007 è stato disposto anteriormente a detto termine.

Da cui l’inapplicabilità della Direttiva Servizi ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa.

A riguardo va richiamato quanto affermato dalla Corte di Giustizia: “..il diritto comunitario non impone ad un'amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro di intervenire, su domanda di un singolo, in rapporti giuridici in essere, instaurati a tempo indeterminato o con durata pluriennale, qualora tali rapporti siano stati posti in essere prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 92/50” (Corte di Giustizia, Sez. VI, 24.9.1998, Tögel, C-76/97;
nello stesso senso v. Corte di Giustizia, 5.10.2000, Commissione / Francia, C-337/98).

E comunque, a seguito delle statuizioni di cui alle sentenze dell’adunanza plenaria di questo Consiglio, 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano a essere efficaci sino al 31 dicembre 2023.

7. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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