Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-11-24, n. 202210360

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-11-24, n. 202210360
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210360
Data del deposito : 24 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/11/2022

N. 10360/2022REG.PROV.COLL.

N. 03369/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3369 del 2016, proposto da
A G, rappresentato e difeso dall'avvocato E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Comune di Massa di Somma, non costituito in giudizio;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



nei confronti

M P, non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 04691/2015, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2022 il Cons. F D L.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Con ordinanza n. 20 del 25 luglio 2011 il Comune di Massa di Somma, dato atto dell’esistenza di una villa per la quale era stata presentata istanza di condono ai sensi della L. n. 47/85 dalla Sig.ra De Simone, alla stregua di quanto emergente dalla relazione del locale Ufficio tecnico n. 4547 del 2011, ha riscontrato l’avvenuta realizzazione, ad opera del Sig. A G, delle seguenti opere:

- la pavimentazione con mattonelle in cemento del lato posto a nord della villa, per una superficie di mq 700, nonché la realizzazione su tale superficie di una piscina (lunga metri 7, larga metri 2,30 e profonda metri 1,50 circa), fuoriuscente dal piano di campagna per metri 0,40, di una piattaforma in muratura occupante una superficie di mq 16 e posta a quota +0,60 rispetto al piano campagna accessibile tramite tre scalini sempre in muratura, nonché di un locale bagno diviso in tre vani (antibagno e due wc) e occupante una superficie di mq 7 circa per un’altezza di metri 2,15 (la cui struttura portante era costituita da muratura su cui poggiava la copertura in pannelli coibentati);

- la realizzazione di un corpo di fabbrica posto sul lato ovest, alto mediamente metri tre e costituito da tre mini appartamenti, ognuno dei quali composto da due vani e un wc, con un piccolo cortiletto esterno, delimitato da un lato dai muri del fabbricato e dagli altri lati da piccoli muretti;

- la trasformazione di un box abusivo di mq 25, già segnalato dai VV.UU. con nota prot. n. 1990 del 5.11.1988 in un mini appartamento costituito da una stanza e da un piccolo bagno;

- la trasformazione del piano terra della villa in un appartamento autonomo, costituito da tre vani più due bagni e un piccolo corridoio.

Per l’effetto, l’Amministrazione, con la medesima nota n. 20/11, ha ordinato l’immediata sospensione dei lavori, riscontrando la presenza di opere abusive.

Con successiva ordinanza n. 22 del 9 settembre 2011 lo stesso Comune, richiamate l’ordinanza di sospensione n. 20 del 2011 e le opere sopra elencate, ha rilevato che:

- le opere in considerazione dovevano ritenersi abusive, in quanto realizzate in assenza di permesso a costruire e delle necessarie autorizzazioni e nulla osta;

- il fondo agricolo interessato dagli abusi: a) risultava destinato, nel vigente Programma di Fabbricazione, a zona E (agricola), nel Piano Territoriale Paesistico dell’area Vesuviana a zona P.I. (protezione integrale); b) era ubicato all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio; nonché c) risultava sottoposto anche al vincolo idrogeologico di cui al R.D. n. 3267 del 1923;

- l’intero territorio comunale risultava vincolato ai sensi della L. n. 1497/1939 e della L. n. 431/1985 sulla tutela delle bellezze naturali, ricadeva nella zona rossa ad alto rischio vulcanico, risultava sottoposto ai vincoli di cui alla L.R. n. 21/2013 e alle norme di attuazione del Piano Stralcio Assetto Idrogeologico, nonché era stato dichiarato zona sismica con grado di sismicità pari a S=9 D.M. del 7.3.1981.

Per l’effetto, l’Amministrazione ha disposto la demolizione delle opere de quibus .

Con ordinanza n. 688978 del 13.9.2011 la Regione Campania, Settore provinciale del Genio civile di Napoli, riscontrando l’esecuzione di opere in violazione del D.P.R. 380/01 e delle leggi vigenti in materia stante il mancato deposito del progetto ai sensi dell’art. 2 L.R. n. 9/83, al fine di salvaguardare la pubblica e privata incolumità, tra l’altro, ha ordinato al Sig. G la sospensione immediata dei lavori.

2. Il Sig. G, ricorrendo dinnanzi al Tar Campania, sede di Napoli, ha impugnato le ordinanze nn. 20/11, 22/11 e 688978/11 citate, deducendone l’illegittimità con l’articolazione di plurimi motivi di censura.

3. Il Tar ha rigettato il ricorso, ravvisando l’infondatezza delle doglianze attoree.

4. Il ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza di prime cure, censurandone l’erroneità con l’articolazione di otto motivi di impugnazione.

5. La Regione Campania si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso.

6. L’appellante, con istanza del 26 settembre 2022, ha chiesto il passaggio in decisione della controversia, depositando in pari data copia degli avvisi di ricevimento attestanti il perfezionamento della notificazione del ricorso in appello.

7. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 29 settembre 2022.

8. Con il primo motivo di appello viene censurato il capo decisorio con cui il Tar ha escluso che le opere in contestazione potessero ritenersi comprese nella portata oggettiva della domanda di condono edilizio e, comunque, non risultassero preesistenti all’acquisto dell’immobile da parte del Sig. G.

8.1 Secondo la prospettazione attorea, invero, l’immobile, acquistato dall’odierno appellante con atto di compravendita del 10.1.2008, rep. 61513, formava oggetto di una istanza di concessione edilizia in sanatoria ex artt. 31 e ss. L. n. 47 del 1985, presentata in data 10.6.1986 (n. 10492) dal precedente proprietario.

Dai grafici e dai rilievi aerofotogrammetrici allegati all’istanza del 10.6.1986 e alla successiva integrazione del 22.4.2005 (n. 3079) emergeva la preesistenza delle opere contestate con l’ordinanza di demolizione de qua .

In particolare, ogni assunta piscina con relativa pavimentazione ed annesse opere preesisteva all’acquisto e, comunque, si faceva questione di una mera vasca di approvvigionamento idrico del fondo funzionale allo stesso e di antico utilizzo; parimenti, il preteso corpo di fabbrica con relativa opera interna ed esterna preesisteva all’acquisto dell’appellante. La preesistenza del box di mq 25 risultava, inoltre, attestata dal verbale dei vigili urbani del 15.11.1988 e dalla documentazione tecnica allegata alla pratica di condono.

La pretesa trasformazione in appartamento del piano terra della villa non aveva dato luogo ad alcun mutamento di destinazione, all’infuori di meri interventi di normale manutenzione interna.

Pertanto, facendosi questione di opere comprese nella domanda di condono, l’Amministrazione non avrebbe potuto adottare alcun ordine di demolizione prima dell’evasione della relativa istanza.

Il TAR, peraltro, avrebbe pure riconosciuto l’afferenza alla domanda di condono delle opere in contestazione.

8.2 Il motivo di appello è infondato.

8.3 Preliminarmente, giova evidenziare come il primo giudice non abbia accertato l’afferenza alla domanda di condono delle opere in contestazione, avendo chiaramente rappresentato che, alla stregua di quanto pure emergente dalla perizia giurata allegata all’istanza di condono, l’opera oggetto dell’istanza di sanatoria constava soltanto “ di un piano interrato adibito a cantina, di un piano terra adibito ad uso non residenziale e di un piano primo destinato ad uso residenziale ”, con la conseguenza che dovevano ritenersi “ escluse le opere di cui è stata ingiunta la demolizione (pavimentazione con piscina, corpo di fabbrica costituito da tre miniappartamenti, trasformazione in miniappartamento del box abusivo ed in appartamento autonomo del piano terra) ”.

Anche quando si è riferito alle “ opere per le quali è individuabile una relazione con l’istanza di condono, ovverossia il box abusivo e il piano terra trasformato ad uso residenziale ”, il Tar non ha ravvisato una coincidenza tra opere oggetto dell’ordine di demolizione e manufatto oggetto della domanda di condono, limitandosi a riscontrare una relazione tra opere comunque distinte, a conferma di come l’Amministrazione avesse ordinato la demolizione di opere per le quali non risultava presentata alcuna domanda di condono.

8.4 Tale accertamento, svolto in prime cure, merita di essere confermato, non emergendo dagli atti di causa una coincidenza tra quanto ha formato oggetto della domanda di condono di parte e quanto è stato oggetto dell’ordine di demolizione impugnato dinnanzi al Tar.

Difatti, la domanda di condono prodotta in primo grado riguardava un fabbricato con due piani fuori terra: come emergente dalle precisazioni fornite nella perizia giurata del tecnico di parte (in atti) l’opera oggetto della richiesta constava “ di un piano interrato adibito a cantina, di un piano terra adibito ad uso residenziale e di un piano primo destinato ad uso residenziale ”, con una superficie da condonare pari a 340,450 mq e un volume di 917 mc, comprendendo i balconi e i terrazzi del piano terra e del piano primo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi