Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-11-15, n. 201008051
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N. 08051/2010 REG.SEN.
N. 02065/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2065 del 2008, proposto da:
Lonato s.p.a. (ex Acciaieria di Lonato s.p.a.) in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. G F F, presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, via di Ripetta, 142;
contro
Ministero dello sviluppo economico in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA SEZIONE III TER n. 01582/2007, resa tra le parti, concernente REVOCA CREDITO D'IMPOSTA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2010 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Ferrari e l’avvocato dello Stato Basilica.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società Lonato chiede la riforma della sentenza con la quale il Tar del Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso la revoca del credito d’imposta già concesso e il regolamento ministeriale di cui al dm n. 247 del 1992, che ne costituisce il presupposto.
La società appellante aveva ottenuto il credito pari a lire 409.335.000 ai sensi dell’art. 6, commi 1 e 4, legge n. 317 del 1991, che prevede la concessione di agevolazioni fiscali sotto forma di crediti di imposta pari al 20% del costo di investimenti innovativi.
Secondo l’art. 3 comma 6 dm n. 247 del 1992, dall’agevolazione sono escluse le spese fatturate anche parzialmente prima della data di entrata in vigore della legge (25 ottobre 1991), e sulla base di tale norma l’amministrazione ha provveduto a revocare il credito, poiché l’investimento per il quale era stato concesso era stato parzialmente fatturato dalla ricorrente prima di tale data.
L s.p.a. Lonato contesta, essenzialmente, la legittimità della norma regolamentare, che introduce la limitazione anche per gli investimenti fatturati “in parte” dopo la data specificata, così introducendo fattispecie di esclusione non individuate dal legislatore (l’art. 12 comma 3 della legge recita “non possono essere ammesse al contributo le spese fatturate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”).
L’assunto non può essere condiviso.
Come ha osservato il Tar, l’art. 10 della legge n. 317 del 1991 demanda al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro delle finanze, di stabilire le modalità di attuazione delle disposizioni di cui alla norma stessa, sicché la previsione introdotta dalla norma regolamentare costituisce una specificazione della previsione normativa.
La concessione del beneficio con la limitazione di cui trattasi, d’altra parte, corrisponde alla ratio della legge n. 317 del 1991, che va individuata, come recita l’art. 1, nell’obiettivo di incentivare lo sviluppo, l’innovazione e la competitività delle piccole imprese, mediante la promozione degli investimenti: ed è chiaro che tale scopo implica il favore solo per le spese ancora da programmare, essendo quelle attivate prima indice di potenzialità economiche già proprie dell’impresa.
L’appellante contesta poi la prescrizione, contenuta nel provvedimento impugnato, dell’obbligo di corrispondere gli interessi a decorrere dal giorno di emissione del decreto di concessione, e la misura del tasso di sconto, al quale tali interessi sono commisurati.
Quest’ultima parte della censura, non sollevata in primo grado, costituisce domanda nuova in appello e, come tale, non è ammissibile;quanto alla restante parte della doglianza, è lo stesso art. 13 comma 5 della legge che prevede, per i casi di revoca per insussistenza delle condizioni di concessione, tra le quali quella relativa alla data di fatturazione, che l'impresa beneficiaria debba restituire il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento ovvero alla data di concessione del credito d'imposta.
In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
Le spese di questo secondo grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.