Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-17, n. 202207156

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-17, n. 202207156
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207156
Data del deposito : 17 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/08/2022

N. 07156/2022REG.PROV.COLL.

N. 03379/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3379 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’Interno e la Questura di Ravenna, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma

della sentenza, resa in forma semplificata, del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto del Questore di Ravenna, che ha dichiarato irricevibile l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura Ravenna e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data -OMISSIS-, il Questore di Ravenna ha dichiarato irricevibile l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, presentata dal cittadino -OMISSIS- -OMISSIS-.

Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che lo straniero ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla scadenza del titolo, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998.

2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, lo straniero ha impugnato tale provvedimento, deducendo la violazione dell’art. 5, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 e degli artt. 7 e 10-bis, l. n. 241 del 1990.

3. Con sentenza, resa in forma semplificata, -OMISSIS-, il Tar Bologna ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità dell’atto emesso dal Questore di Ravenna. In particolare, il primo giudice ha osservato che la possibilità di superare il termine di cui al quarto comma dell’art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998 è condizionata da due circostanze concorrenti: che la mancata presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno nel termine di cui sopra sia dovuta a causa di forza maggiore;
che i presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno siano presenti alla data di scadenza del permesso da rinnovare. Nel caso di specie, parte ricorrente non avrebbe dimostrato la sussistenza di cause di forza maggiore.

4. La citata sentenza -OMISSIS- è stata impugnata con appello -OMISSIS-, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversato. Il particolare, l’appellante ha dedotto la natura ordinatoria del termine di cui al citato art. 5, comma 4 e, a giustificazione del ritardo nella presentazione della domanda, ha sostenuto che esso è stato determinato dalla circostanza che, all’epoca del rinnovo del titolo di soggiorno, il proprio passaporto era scaduto e dunque ne ha chiesto il rinnovo tramite l’Ambasciata del proprio Paese, che per motivi burocratici si è protratto a lungo. Non appena in possesso del nuovo passaporto, avrebbe quindi presentato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

5. Il Ministero dell’Interno e la Questura di Ravenna si sono costituiti in giudizio senza espletare difese scritte.

6. Con ordinanza -OMISSIS- è stata respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, -OMISSIS-.

7. All’udienza pubblica del 16 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato, potendosi richiamare integralmente le considerazioni già espresse dalla Sezione (cfr. -OMISSIS-), che il Collegio condivide e fa proprie.

Il punto centrale della controversia attiene alla qualificazione del termine indicato dal legislatore per la presentazione dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno scaduto o in scadenza. Ciò prescindendo dalle giustificazioni addotte dall’appellante e già prospettate con il ricorso introduttivo in ordine alla sua buona fede nel ritardo.

Contrariamente a quanto affermato dall’autorità amministrativa e dal primo giudice, la tardività dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno non rappresenta motivo ostativo all’esame nel merito delle ragioni dell'interessato. Il termine previsto dall'art. 5, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, ai sensi del quale “Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero (...) almeno sessanta giorni prima della scadenza (...)”, non ha natura perentoria.

La norma in discorso non prevede alcuna sanzione a carico dell’istante per l’ipotesi di mancata osservanza del termine di sessanta giorni né preclude all’amministrazione adita la possibilità di prendere in esame la richiesta di rinnovo pervenuta. Muovendo dalla tradizionale distinzione tra termine perentorio e termine ordinatorio, categoria al cui interno viene sovente ricondotta la sottocategoria dei termini sollecitatori, già la lettura del citato art. 5, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 risulta risolutiva. Il termine è ordinatorio allorquando il legislatore non ne sanzioni l’inosservanza attraverso la previsione di una decadenza o di altro meccanismo che impedisca il compimento tardivo dell’atto, mentre è perentorio qualora il suo spirare costituisca il limite oltre il quale l’atto non può più essere compiuto efficacemente. In materia, è consolidata la giurisprudenza della Sezione (-OMISSIS-, secondo cui “Il testo dell’art. 5 cit. non indica il termine in questione come perentorio né usa espressioni che comunemente sono usate dal legislatore, allorquando prevede che un privato dia inizio ad un procedimento amministrativo entro un termine fissato a pena di decadenza, cioè perentorio”). Anche la giurisprudenza civile, con orientamento consolidato, ha affermato da tempo che, nel caso di presentazione della domanda di rinnovo del titolo di soggiorno, al termine debba essere attribuita natura sollecitatoria e non perentoria. Proprio di recente, la Corte di Cassazione, con ordinanza -OMISSIS- ha ribadito che “la spontanea presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di 60 giorni dalla sua scadenza, non consente l’espulsione automatica dello straniero, la quale può essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti previsti per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre il ritardo nella presentazione può costituirne solo indice rivelatore, nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato”.

Sul tema le Sezioni Unite della Cassazione civile (SS.UU. -OMISSIS-) da tempo hanno affermato che il rinnovo del permesso di soggiorno non può essere rifiutato “per la semplice tardiva proposizione della domanda in mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda presentata fuori termine, sicché il ritardo non rileva quando, pur dopo il decorso del termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni di legge per il soggiorno dello straniero il quale, ove ciò si verifichi, non ha alcun interesse a ritardare la presentazione della domanda di rinnovo”.

In secondo luogo, l’interpretazione sistematica dell’art. 5, d.lgs. n. 286 del 1998 suggerisce la stessa conclusione, ove si consideri che le disposizioni che introducono motivi ostativi al rinnovo del titolo di soggiorno, per principio generale, non possono non essere di stretta interpretazione. In conseguenza, atteso che il rispetto del termine di giorni sessanta non viene previsto quale specifico requisito per concedere il rinnovo del titolo di soggiorno, l’inosservanza del medesimo termine, anche in assenza di sufficienti giustificazioni, non può essere considerata quale preliminare ragione per rigettare l’istanza di rinnovo, omettendo la valutazione circa la sussistenza o meno degli effettivi requisiti sostanziali previsti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale.

La natura perentoria del termine per la presentazione dell'istanza di rinnovo neppure può essere desunta dall’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 286 del 1998, richiamato dal provvedimento reiettivo opposto allo straniero. La norma attiene infatti all’espulsione dello straniero e prevede che debba essere disposta quando il titolo di soggiorno sia scaduto da oltre sessanta giorni e non sia stata presentata domanda di rinnovo. Non vi è riferimento al tardivo invio della istanza di rinnovo né alle possibili conseguenze che ne derivano. Richiedendo siffatta duplice condizione ai fini dell’espulsione, il legislatore implicitamente prevede la possibilità che, pur a fronte di un permesso di soggiorno scaduto, possa comunque intervenire una richiesta di rinnovo, meritevole di esame, che sia precedente ad un eventuale decreto di espulsione.

La natura del termine previsto dall’art. 5, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 è quindi sollecitatoria, trattandosi di uno strumento avente lo scopo di garantire il corretto andamento del procedimento amministrativo di rinnovo del permesso di soggiorno, evitando che il decorso di un lungo lasso di tempo, dal momento della scadenza del titolo a quello dell'esame dell'istanza, possa pregiudicare lo svolgimento dell’azione amministrativa.

Assolutamente ragionevole è la previsione legislativa, anche per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma eccessivamente rigoroso sarebbe negare un rinnovo del permesso di soggiorno, in presenza dei requisiti per ottenerlo, soltanto a causa della tardività dell'istanza.

Dunque, il provvedimento di diniego all’istanza di rinnovo presentata dallo straniero appare illegittimo, in quanto motivato esclusivamente dalla tardività della richiesta. La Questura avrebbe dovuto, e dovrà, valutare la posizione del ricorrente e verificare l’esistenza delle condizioni oggettive e soggettive richieste dalla legge per l’ottenimento del titolo. Sul punto, il Collegio rileva come l’odierno appellante abbia prodotto ampia documentazione ad attestare le sue capacità lavorative e reddituali e il proprio alloggio (-OMISSIS-). Inoltre, lo straniero ha evidenziato l’assenza di condanne e precedenti di polizia a proprio carico e, dunque, ha dichiarato di condurre uno stile di vita nel pieno rispetto delle regole di convivenza civile. Tali elementi non stati vagliati dall’Autorità amministrativa, in quanto la stessa non ha permesso all’appellante di prendere parte al procedimento, omettendo illegittimamente la comunicazione di avviso del procedimento e il c.d. preavviso di rigetto sull’erroneo presupposto che il provvedimento costituisse atto dovuto e non discrezionale.

2. Per le esposte considerazioni, quindi, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e annullato il provvedimento con esso impugnato.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della particolarità della vicenda contenziosa, per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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