Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-04, n. 201400999

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-04, n. 201400999
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400999
Data del deposito : 4 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01297/2010 REG.RIC.

N. 00999/2014REG.PROV.COLL.

N. 01297/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1297 del 2010, proposto da:
M Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti D C, M R, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Corvisieri 46;

contro

Comune di San Fermo della Battaglia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. E D M, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Da Riva Grechi in Roma, piazza di Spagna N. 31;
A C, rappresentata e difesa dagli avv.ti M L, G C, G C, V L, Paolo Pittori, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Lungotevere dei Mellini 24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 00301/2010, resa tra le parti, concernente permesso di costruire.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Fermo della Battaglia e di A C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Mercati, per delega dell'Avv. Cavaliere, Di Matteo, Lavatelli e Pittori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra A C, residente nel Comune di San Fermo della Battaglia alla via Stoppa 7/a, impugnava, con relativo ricorso, innanzi al Tar della Lombardia il permesso di costruire n.3194 del 2 luglio 2007 rilasciato ala Società M Costruzioni per la realizzazione di un edificio residenziale di n.5 alloggi e 6 autorimesse in via Figino, 4 dell’anzidetto Comune, in zona urbanisticamente classificata come residenziale ( B2) .

Dopo la presentazione di una variante essenziale, alla M Costruzione veniva rilasciato, in sostituzione di quello precedente, un nuovo permesso di costruire, il n.3218/07 del 3/1/2008 pure impugnato dalla sig.ra C, con altro, autonomo ricorso, introduttivo della controversia di cui alla impugnata sentenza.

La ricorrente, nella qualità di proprietaria di un immobile sito in area confinante a sud con la proprietà della Società M denunciava la illegittimità del provvedimento autorizzativo in quanto a suo dire rilasciato in violazione della normativa comunale regolante il calcolo dell’altezza e del volume, con richiesta di condanna per il Comune alla reintegrazione in forma specifica e al risarcimento del danno ingiusto.

Con sentenza n.301/2010 l’adito Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso, giudicandolo fondato e avverso tale decisum , ritenuto errato ed ingiusto è insorta la M Costruzione, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:

1) Violazione di legge, segnatamente dell’art.21, 1° comma della legge n.1034 del 1971. Perenzione del termine per esperire il ricorso de quo . Decadenza della parte ricorrente dal diritto di azione;

2) Violazione di legge, segnatamente dell’art.26 della legge n.1034/71, dell’art.116 c.p.c., dell’art.99 c.p.c.. Infondatezza in fatto e in diritto del ricorso de quo . Travisamento dei fatti e delle prove. Pronuncia ultra petita . Insussistenza della predicata violazione del calcolo dell’altezza del fabbricato. Insussistenza della predicata violazione del limite volumetrico dell’edificio;

3) Violazione di legge, segnatamente dell’art.92 c.p.c.. Condanna contra ius alla rifusione delle spese di lite, sussistendo giusti motivi per la loro compensazione. Carenza di motivazione.

Il Comune di San Fermo della Battaglia, dal canto suo, con atto definito “memoria di costituzione e difesa con appello incidentale” ha rilevato in ordine alle osservazioni e prese conclusioni del Tar errores in procedendo e in iudicando , deducendo, quanto alla impugnativa, i seguenti motivi:

1) difetto di giurisdizione;

2) tardività del ricorso di primo grado;

3) e 4) errato apprezzamento degli atti da parte del giudice di prime cure anche in relazione agli affidamenti conseguenti alla non sospensione dei lavori;
erroneità delle osservazioni del Tar con riferimento alla metodologia utilizzata per il calcolo dell’altezza e della volumetria autorizzata.

Inoltre il Comune, appellante incidentale chiede il riconoscimento da parte di questo giudice di una situazione di danno nei suoi confronti, cagionata dal comportamento della sig.ra C anche sotto il profilo del pregiudizio arrecato all’immagine dell’Ente.

Si è costituita in giudizio la sig.ra C Angela che ha respinto le eccezioni preliminari dedotte dalle parti appellanti, contestando nel merito, la fondatezza dei motivi d’impugnazione.

La parti hanno ulteriormente sviluppato con apposite memorie le tesi difensive reciprocamente sostenute.

All’udienza pubblica del 12 novembre 2013 la causa è stata introitata per la decisione

DIRITTO

Con la vicenda processuale che ne occupa la Sezione è chiamata a pronunziarsi, a seguito della originaria impugnativa operata da una confinante, della legittimità o meno del permesso di costruire n.3218/07 rilasciato dal Comune di San Fermo della Battaglia alla Società M Costruzioni per la realizzazione in via Figino n.4 di un edificio destinato a civili abitazioni, provvedimento giudicato illegittimo dal Tar le cui osservazioni e statuizioni sono qui contestate sia dalla titolare dell’atto autorizzativo sia dall’Ente locale che a suo tempo lo ha rilasciato.

Ciò sinteticamente premesso in fatto, ritiene il Collegio che l’appello principale della M Costruzioni e quello “incidentale” del Comune di San Fermo della Battaglia sono infondati, potendo i motivi d’impugnazione con essi dedotti essere unitariamente esaminati in ragione della sostanziale identità dei profili di doglianza dedotti dalle parti interessate con i relativi mezzi d’impugnazione.

Vanno in primo luogo affrontati i motivi di gravame con cui sono denunciati a carico dell’impugnata sentenza vizi in procedendo.

Al riguardo, è da disattendere la censura sollevata dal Comune, appellante incidentale, con cui è stato eccepito il difetto di giurisdizione in ordine alla controversia all’esame sul rilievo che nella specie l’originaria ricorrente (attuale appellata) avrebbe attivato una sorta di azione di danno temuto la cui cognizione rientra nella sfera giurisdizionale del giudice ordinario.

Da una semplice lettura degli atti di causa è agevole rilevare come sia la causa petendi che il petitum fatti valere in primo grado e in appello contrassegnano unicamente una controversia volta a contestare la legittimità di un provvedimento di una pubblica amministrazione in relazione alla disciplina urbanistico- edilizia vigente, il che fa rientrare pleno iure la controversia all’esame qui in rassegna nell’ambito della giurisdizione spettante al giudice amministrativo in materia di accertamento delle violazioni urbanistico- edilizie.

L’appellante incidentale critica poi l’impugnata sentenza in quanto il primo giudice non avrebbe rilevato la litispendenza con un precedente ricorso, quello rivolto avverso il primo permesso di costruire, il n.3194/07, omettendo la riunione con i due gravami;
così, in ragione della denunciata connessione l’interessata avrebbe dovuto produrre motivi aggiunti e il non averlo fatto rende il secondo ricorso (quello su cui si è pronunciato il Tar) inammissibile.

Anche tali doglianze sono prive di fondamento.

A prescindere dal fatto che per il giudicante non sussiste alcun obbligo di riunione, come facilmente si può evincere dal disposto di cui all’art.70 c.p.a (…può disporre la riunione …) nella specie non v’è connessione, sotto il profilo processuale, tra i due ricorsi originariamente introdotti, per il semplice fatto che l’impugnativa introduttiva della controversia all’esame ha per oggetto un nuovo provvedimento, del tutto sostitutivo di quello precedente, rilasciato, a seguito di variante essenziale.

Che, comunque, il permesso n. 3218/07 sia una nuova autorizzazione ad aedificandum è circostanza peraltro ammessa dalla stessa Società destinataria del titolo in questione se è vero che nel proposto appello non ha esitato a definire il titolo edilizio in questione “un nuovo permesso di costruire” (pag. 7 del gravame), rispetto al quale parte interessata ben poteva, dunque, come poi avvenuto, proporre autonomo, distinto ricorso giurisdizionale.

Quanto alla eccezione di tardività del ricorso di primo grado su cui diffusamente si sono intrattenute la parti appellanti, la stessa non merita condivisione.

Avuto riguardo al termine decadenziale di cui all’art.21 u.c. della legge n.1034/1971, la giurisprudenza si è consolidata nel ritenere che l’impugnazione della concessione edilizia rilasciata a terzi, decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, coincidente con la effettiva conoscenza degli elementi essenziali del titolo ad aedificandum , del suo contenuto specifico o della esistenza ed entità delle violazioni urbanistiche, tali da far desumere la consapevolezza della portata lesiva dell’intervento assentito, senza che possa assumere decisiva rilevanza la conoscenza di solo alcuni elementi esteriori del provvedimento stesso (Cons. Stato Sez. IV 20 luglio 2011 n.4374; idem 23/7/2009 n.4616).

Questo Consesso sempre sul punto, ha avuto modo altresì di affermare come in assenza di elementi probatori idonei a far constare una conoscenza anticipata, il termine d’impugnazione decorre, di solito, dal completamento dei lavori (Cons. Stato Sez. IV 10 dicembre 2007 n.6342) ed inoltre la prova della tardività facente carico in capo a chi la eccepisce deve rivestire carattere rigoroso, non essendo sufficiente fornire degli elementi indiziari (Cons. Stato sez. IV 18 giugno 2009 n.4015).

In applicazione dei principi giurisprudenziali sopra esposti, nella specie non è possibile rilevare la tardività del ricorso di prime cure, posto che non si può ancorare la “piena conoscenza” di cui all’art.21 legge n.1034/1971 del provvedimento impugnato alla avvenuta conoscenza in data 18 gennaio 2008 da parte dell’originaria ricorrente del progetto allegato alla domanda di variante essenziale che ha preceduto in via prioritariamente logica il rilascio del permesso di costruire per cui è causa perché la circostanza addotta non riguarda gli elementi essenziali ed identificativi del titolo ad aedificandum in contestazione, ai fini della decorrenza del termine decadenziale previsto per l’impugnazione

Parimenti non è dato desumere l’anticipata conoscenza del p.d.c. in questione in ragione del fatto che la sig.ra C è stata assistita dalla figlia ingegnere e che comunque in seno alla famiglia della ricorrente vi siano persone dotate di cognizioni tecnico- professionali in grado di avere da subito la consapevolezza della lesività derivante dal documento sopra indicato (il progetto della variante).

E’ evidente che quelle addotte sono solo circostanze “esterne” che non provano la conoscenza decisiva, personale e diretta dell’atto lesivo da parte dell’interessata ricorrente, di guisa che, rispetto alla data in cui è stata rilasciata alla sig.ra C la copia del permesso di costruire n. 3218/07 (7 febbraio 2008) il ricorso in quanto notificato il 7 aprile 2008 , risulta tempestivamente proposto.

Passando al merito della controversia sottoposta alla disamina di questa Sezione con le doglianze di cui ai motivi sub 2) dell’appello “principale e sub 3) e 4) dell’appello “incidentale” la questione da dirimere è stabilire se il rilasciato permesso di costruire sia rispettoso o meno della normativa comunale che fissa gli indici urbanistico-edilizi per l’edificazione sul suolo di che trattasi.

Il primo giudice, con la sentenza qui in rassegna, dopo aver acquisito le risultanze della verificazione all’uopo disposta in via istruttoria, ha rilevato che l’autorizzazione in contestazione viola la disciplina edilizia al riguardo dettata dal Comune di San Fermo della Battaglia in relazione a due parametri, l’altezza dell’erigendo fabbricato e la volumetria edificabile, come calcolate in base ai criteri utilizzati dall’Amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire.

Ad avviso delle parti appellanti, secondo le critiche contenute nei suindicati mezzi d’impugnazione, le osservazioni e le conclusioni del Tar sarebbero errate, ma l’assunto difensivo, per le ragioni di cui appresso, non è condivisibile, meritando invece integrale conferma le statuizioni rese dal primo giudice in ordine alla accertata esistenza a carico del provvedimento impugnato del vizio di errata interpretazione della normativa de qua e di difetto di istruttoria.

La norma di precipuo riferimento è quella recata dall’art.8 delle NTA del Piano delle Regole (di cui all’art.10 della legge Regione Lombardia n.12/2005) del Comune di San Fermo della Battaglia , applicabile ratione temporis al rapporto giuridico qui in rilievo, secondo cui l’altezza massima dei fabbricati “…si misura dal piano esistente, stabilito dall’Ufficio tecnico comunale, del marciapiede o dove il marciapiede non sia previsto da quota + 0,15 rispetto alla sede stradale…” e che così prosegue : … “per la nuova edificazione in zona non urbanizzata o comunque in assenza di una sede stradale di riferimento, l’altezza verrà misurata a partire dalla quota di piano di edificazione, nelle immediate adiacenze della parte inferiore di edificio o dallo stacco dell’edificio dal suolo nella parte inferiore”.

La disposizione regolamentare in rassegna prevede dunque due diversi metodi calcolo dell’altezza, a seconda della situazione dei luoghi: l’uno, secondo il quale se l’erigendo edificio insiste in area urbanizzata o comunque servita da una sede stradale, l’altezza si calcola, quanto al punto di partenza, dal marciapiede o in assenza di questo, a partire da una quota stradale +15 ;

l’altro, secondo cui se la costruzione ricade su area sita in zona non urbanizzata o comunque sprovvista di sede stradale il computo dell’altezza deve partire dal piano di edificazione.

Nel caso di specie è accaduto che, fermo restando che l’area interessata è inclusa in zona urbanizzata, residenziale “B2” il Comune ha utilizzato per il computo dell’autorizzato fabbricato, il secondo dei criteri previsti, trascurando il fatto che l’edificio di che trattasi fronteggia via Figino, mentre stante il tenore letterale della norma surriportata l’Amministrazione avrebbe dovuto fare riferimento al primo dei suddetti criteri di calcolo e cioè l’altezza avrebbe dovuto essere calcolata partendo dal marciapiede di tale sede stradale.

Per il vero, sia M Costruzioni che il Comune formulano in ordine al dato normativo relativo alla esistenza di una sede stradale uno specifico distinguo e cioè che la strada da prendere in considerazione sarebbe solo una diramazione di via Figino, e precisamente un tratto viario a fondo cieco sì che l’elemento di fatto da prendersi a riferimento non è la sede stradale comunale suindicata e come tale il punto di partenza di computo dell’altezza non può essere il marciapiede o la strada stessa.

Il ragionamento però non convince in quanto la norma de qua prevede ai fini del parametro di calcolo unicamente l’esistenza di una sede stradale, senza aggiungere altro in ordine alla qualificazione della stessa sicchè non assume rilevanza ai fini dell’applicazione del diverso parametro di calcolo auspicato dalle parti appellanti il fatto che l’erigendo fabbricato prospetterebbe su una strada privata che si diparte da via Figino: quel che rileva ai fini in esame è che in ogni caso, nella situazione in rilievo vi è un tratto stradale (o se si vuole due strade) ed inoltre ci si trova, pacificamente, in zona urbanizzata (“B2”) e se questo è lo stato dei luoghi in esso si concretizza il presupposto di fatto e di diritto perché il criterio da utilizzare per calcolo dell’altezza del fabbricato in questione deve essere quello che prevede come punto di partenza per il computo de quo il marciapiede e/o la stessa sede strada.

Così non è stato fatto dall’amministrazione, con la conseguenza che l’altezza massima consentita non risulta sia stata calcolata in conformità al parametro fissato dalla disciplina regolamentare vigente per l’area di che trattasi.

Sempre in ordine alla sussistenza della condicio iuris prevista dalla norma in parola, appare altresì utile far presente che il dato fisico relativo alla presenza di una sede stradale in situ non è stato smentito dalle risultanze della effettuata verificazione ed in ogni caso le stesse parti appellanti ammettono l’esistenza di più sedi stradali ed è a questa sussistente circostanza, come testè esposto, che occorre fare riferimento per determinare la quota zero o d’impostazione, contrariamente a quanto effettuato dal Comune.

Parimenti esatte si rivelano le osservazioni formulate dal Tar circa la verifica del calcolo della volumetria autorizzata laddove l’Amministrazione comunale ha escluso dal computo della volumetria assentibile il c.d. locale immondezzaio posto al piano interrato, i terrazzi al secondo piano e i locali del sottotetto.

Anche qui non pare che il Comune abbia fatto buon governo della disciplina edilizia all’uopo dettata o comunque in relazione a quanto autorizzato non risulta sia stata posta in essere un’attività istruttoria volta ad appurare compiutamente gli elementi da porsi alla base dell’esatto computo dell’indice edilizio in rilievo.

Sempre l’art.8 del Piano delle Regole invero ha cura di precisare che vanno inclusi nel calcolo della superficie lorda di pavimento i sottotetti di nuova realizzazione la cui altezza media sia superiore a mt 1,80, così come vanno computati gli uffici, i magazzini locali agibili siti al piano interrato con permanenza anche discontinua delle persone o con altezza interna non inferiore a 2,40 mt.

Ora con riferimento al locale sito al piano interrato (“immondezzaio”) quale che sia la qualificazione che si voglia dare a tale manufatto, le caratteristiche intrinseche del vano, l’utilizzazione del medesimo da parte dei condomini e le risultanze della disposta verificazione che depongono nel senso favorevole all’inclusione del locale stesso nella slp consentita, in disparte il dato relativo all’altezza del vano in parola sul quale vi sono versioni discordanti, senza che peraltro sullo stesso risulti il Comune abbia svolto adeguati accertamenti, fanno ragionevolmente ritenere che indebitamente il locale è stato considerato al di fuori della volumetria globale da poter assentire.

Altrettanto dicasi per i sottotetti che pure in base alle considerazioni tecniche del verificatore andrebbero computati nella superficie lorda di pavimento, dovendosi, in assenza di elementi di giudizio idonei a smentire tali risultanze, ragionevolmente dare atto che con la esclusione dalla volumetria consentita di detti locali si è inverata la violazione della norma regolamentare che nel disciplina l’indice edilizio in questione include nella volumetria anche siffatti manufatti fermo restando che anche qui difetta un’attività amministrativa istruttoria da svolgersi a cura dell’Autorità ivi preposta volta ad accertare con esattezza l’altezza dei sottotetti in questione.

Di qui la concreta configurabilità dei vizi di legittimità ravvisata correttamente dal primo giudice nei confronti del permesso di costruire per cui è causa.

In forza delle suesposte considerazioni le censure poste a fondamento sia dell’appello (principale) della M Costruzioni srl sia dell’appello (“incidentale”) del Comune di San Fermo della Battaglia si rivelano prive di fondamento, con la precisazione che ogni altro profilo di doglianza dedotto e/o adombrato nei proposti gravami sono non rilevanti e comunque non idonei a mutare le considerazioni e conclusioni di cui sopra.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

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