Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-05-29, n. 201702526
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Pubblicato il 29/05/2017
N. 02526/2017REG.PROV.COLL.
N. 02290/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2290 del 2017, proposto da:
N B, F E, P S, L M, E C, A B, M M e F M, rappresentati e difesi dagli avvocati R M e G M P, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Napolitano, in Roma, via Sicilia, n. 50;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati F M F e G P, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Laurenti, in Roma, via F. Denza, n. 50/A;
nei confronti di
R Frone, Giuseppe Nurcato, Francesco Cuccari e Sergio Aurino non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione V, n. 00973/2017, resa tra le parti, concernente la selezione per il conferimento di incarichi a tempo determinato di dirigente ex art. 110, comma 1, del D. Lgs. 267/2000.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati R M e G P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Napoli ha bandito una selezione pubblica per l’assunzione di trentadue dirigenti a tempo determinato ai sensi dell’art. 110, comma 1, del D. Lgs. 18/8/2000, n. 267.
I sig.ri N B, F E, P S, L M, E C, A B, M M e F M hanno partecipato alla selezione senza però ottenere l’incarico.
Hanno pertanto impugnato tutti gli atti della procedura con ricorso al TAR Campania – Napoli, il quale, con sentenza 15/2/2017, n. 973, ha declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario.
Avverso la detta sentenza i sig.ri Boccia, Esposito, Spalice, Molea, Caronia, Brizi, Marotta e Marcello hanno proposto appello con istanza di sospensiva.
Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, che con successiva memoria ha illustrato le proprie tesi difensive.
Alla camera di consiglio del 18/5/2017, fissata per la trattazione della misura cautelare, la causa, previo avviso alle parti della possibile definizione con sentenza semplificata, è stata trattenuta in decisione per il merito.
Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di rito sollevata dal Comune appellato, essendo l’appello da respingere siccome infondato.
Con i primi due motivi di gravame, che si prestano ad una trattazione congiunta, gli appellanti denunciano l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel dichiarare il proprio difetto di giurisdizione sulla controversia.
Infatti:
a) a seguito della modifica all’art. 110, comma 1, del D. Lgs. 267 del 2000, introdotta dall’art. 11, comma 1, lett. a), del D. L. 24/6/2014, n. 90, conv. in L. 11/8/2014, n. 114, la procedura ivi contemplata avrebbe assunto caratteristiche eminentemente concorsuali, per cui il conferimento degli incarichi cui la norma si riferisce non avverrebbe più sulla base di scelte fiduciarie;
b) in ogni caso nella fattispecie in esame il Comune si sarebbe autovincolato, predisponendo una vera e propria procedura concorsuale, come emergerebbe dalla prevista attribuzione di punteggi da assegnare sulla base di criteri previamente fissati ad opera della commissione giudicatrice;
c) la circostanza che l’appellata amministrazione non abbia concluso la procedura selettiva con una graduatoria, lasciando il Sindaco libero di scegliere chi assumere tra una rosa di candidati, sarebbe del tutto irrilevante ai fini della giurisdizione, posto che quest’ultima si radica in ragione del fatto che la norma la preveda come necessaria e non in relazione al comportamento tenuto dall’amministrazione che, violando la legge, non l’abbia compilata.
Le censure così sinteticamente riassunte non meritano accoglimento.
Con recente sentenza, dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, questa Sezione, giudicando su una controversia relativa ad una procedura bandita dopo le modifiche all’art. 110 comma 1, del D. Lgs n. 267 del 2000, apportate dall’art. 11, comma 1, lett. a), più sopra citato, ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia di che trattasi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4/4/2017, n. 1549).
Non resta, pertanto, che riprenderne le motivazioni.
<< L'art. 110, comma 1, t.u.e.l., regolante la procedura, prevede che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato "previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico".
Per quanto rivestita di forme atte a garantire pubblicità, massima partecipazione e selezione effettiva dei candidati, la procedura in questione non ha le caratteristiche del concorso pubblico e più precisamente delle "procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". In base all'art. 63, comma 4, del testo unico sul pubblico impiego di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito del pubblico impiego "privatizzato" solo queste procedure radicano la giurisdizione amministrativa.
4. Per contro, come fondatamente rileva l'amministrazione appellante, la procedura selettiva in contestazione non consiste in una selezione comparativa di candidati svolta sulla base dei titoli o prove di finalizzate a saggiarne il grado di preparazione e capacità, da valutare (gli uni e le altre) attraverso criteri predeterminati, attraverso una valutazione poi espressa in una graduatoria finale recante i giudizi attribuiti a tutti i concorrenti ammessi. Tale procedura è invece finalizzata ad accertare tra coloro che hanno presentato domanda quale sia il profilo professionale maggiormente rispondente alle esigenze di copertura dall'esterno dell'incarico dirigenziale.
Di ciò si trae in particolare conferma dagli atti di conferimento dell'incarico a favore del controinteressato dott. Go. impugnati con motivi aggiunti dal dott. La... In essi non compare alcuna graduatoria, ma solo un giudizio finale di maggiore idoneità del candidato selezionato dall'amministrazione.
5. Del resto, anche il Tribunale amministrativo ha rilevato questa circostanza, laddove ha affermato che la procedura selettiva prevista dall'art. 110 t.u.e.l. "non può essere identificata in una vera e propria procedura concorsuale", ma ha nondimeno ritenuto la propria giurisdizione in base all'assunto che essa si contraddistingue per una valutazione "di tipo comparativo e procedimentalizzata".
6. Ciò non è tuttavia sufficiente a radicare la giurisdizione amministrativa in una materia, quella del pubblico impiego privatizzato, in cui vige una generale giurisdizione del giudice ordinario, salvo le materie specificamente ad esso sottratte dal testo unico sul pubblico impiego. E tra queste materie vi è appunto quella del concorso pubblico, con le sue peculiari caratteristiche sopra descritte, in assenza delle quali si deve applicare la regola generale della giurisdizione ordinaria.
Al riguardo devono essere richiamati i principi espressi in materia dalle Sezioni unite della Cassazione, secondo cui è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia originata dall'impugnazione di atti di una procedura selettiva finalizzata al conferimento di incarichi dirigenziali a carattere non concorsuale, laddove per concorso si intende la procedura di valutazione comparativa sulla base dei criteri e delle prove fissate in un bando da parte di una commissione esaminatrice con poteri decisori e destinata alla formazione di una graduatoria finale di merito dei candidati, mentre al di fuori di questo schema l'individuazione del soggetto cui conferire l'incarico invece costituisce l'esito di una valutazione di carattere discrezionale, che rimette all'amministrazione la scelta, del tutto fiduciaria, del candidato da collocare in posizione di vertice, ancorché ciò avvenga mediante un giudizio comparativo tra curricula diversi (da ultimo: Cass., SS.UU, ord. 8 giugno 2016, n. 11711, 30 settembre 2014, n. 20571). In particolare, in base a questo indirizzo giurisprudenziale le controversie relative al conferimento degli incarichi dirigenziali, anche se implicanti l'assunzione a termine di soggetti esterni, sono di pertinenza del giudice ordinario, in applicazione dell'art. 63, comma 1, del testo unico sul pubblico impiego, mentre esulano dalla nozione di "procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni" prevista dal citato comma 4 della medesima disposizione.
7. Pertanto, solo laddove la selezione si manifesti nelle forme tipiche del concorso vengono in rilievo, in base alla scelta del legislatore, posizioni di interesse legittimo contrapposte alle superiori scelte di interesse pubblico dell'amministrazione, espresse attraverso forme procedimentalizzate ed una motivazione finale ritraibile dai criteri di valutazione dei titoli e delle prove e dalla relativa graduatoria. Quando invece la selezione, pur aperta, non si esprima in queste forme tipiche, la stessa mantiene i connotati della scelta fiduciaria, attinente al potere privatistico dell'amministrazione pubblica in materia di personale dipendente.
8. Per completezza, va ricordato che le stesse Sezioni unite della Cassazione attribuiscono invece nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie nelle quali, pur chiedendosi la rimozione del provvedimento di conferimento di un incarico dirigenziale (e del relativo contratto di lavoro), previa disapplicazione degli atti presupposti, la contestazione operata dal ricorrente investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo che si assume non essere conforme a legge, perché non lo sono a loro volta gli atti di macro-organizzazione mediante i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi (Cass., SS.UU., 27 febbraio 2017, n. 4881, la quale ha anche precisato che la giurisdizione ordinaria non può nemmeno essere configurata sulla base del potere di disapplicazione spettante a quest'ultima in materia di pubblico impiego, ex art. 63, comma 1, t.u. di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, poiché questo potere "presuppone che sia dedotto in causa un diritto soggettivo su cui incida un provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, mentre nel caso in esame si deduce una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo soltanto all'esito della rimozione del provvedimento di macro organizzazione") >>(si veda anche Cons. Stato, Sez. V, 27/3/2017, n. 1367 e 12/5/2016, n. 1888).
Anche dopo le modifiche del 2014, quindi, le procedure selettive di cui all’art. 110, comma 1, del D. Lgs. 267 del 2000, mantengono caratteristiche fiduciarie che non consentono di configurarle come veri e propri concorsi pubblici.
Nel descritto contesto normativo, pertanto, del tutto correttamente il Comune non ha provveduto alla formazione di una graduatoria tra i candidati selezionati.
Deve, infine, escludersi che nel caso di specie il Comune abbia inteso autovincolarsi attribuendo alla selezione bandita, effettive caratteristiche concorsuali.
Ed invero, a tanto non è sufficiente la previsione, contenuta nell’avviso di selezione, che impone alla commissione di valutare i curricula dei candidati mediante l’assegnazione di un punteggio sulla base di criteri previamente fissati.
Come si ricava dall’avviso in parola, il detto punteggio ha infatti il solo scopo di individuare la maggiore o minore professionalità di ciascun singolo candidato.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di natura diversa.
La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.