Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-09-05, n. 201204690

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-09-05, n. 201204690
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204690
Data del deposito : 5 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07378/2001 REG.RIC.

N. 04690/2012REG.PROV.COLL.

N. 07378/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7378 del 2001, proposto da:
ALA GIOVANNI, MARTINELLI MELANIA, SCHIAVOI SERGIO, TAVERNA PAOLA, PIENOVI ROBERTO, DETTOTO GIANFRANCO, BANDONI RICCARDO, SIVELLI BRUNO, GATTI MAURO, NOVELLA ENRICO, PINASCO ANNA, ANDREAZZA CARLO, POZZO GIULIANO, RIA SALVATORE, VALUVATO ATTILIO, RUGGIERO AUGUSTO, RINALDI GIANNINO, ARGHITTU GIANCARLO, PIZZIMBONE GIORGIO, BOVIO TIZIANA, GHIGLIONE MAURA, FABBRIS LORENZO, VARALDI TEOBALDO, STALTARI MICHELE, RIVETTI DAMIANO, CATTI GIANCARLO, REMAGGI ROBERTO, BARBIERI ALBERTO, PRUZZO MARIO, VASSALLO ELIO, CADONI STEFANO, PONZIN RENATO, PADOVANO FRANCESCO, SOLIS UMBERTO, TAGLIAVACCHE ROBERTO, URZINO GIUSEPPINO, RUFFINO GIUSEPPE, FURNARI GIUSEPPE, VARARDO ANTONIO, BERNARDIS ROBERTO, CAVALLINO PAOLO, BOTTARO GIACOMO, GALLI ANGELO, GAGGINI QUINTO, SIEVI CLAUDIO, SICILIANO LEONARDO, RIGHI GIANCARLO, BASSO RIVOLI MARIO, PAGANO DOMENICO, DUSI DELIO, BITOSSI ALESSANDRO, GASTALDI MAURO, FIDA FRANCO, MARTINO CARLO, BARBIERI GIORGIO, PENNINI MAURO, OPISSO LAZZARO IVO, CUTUGNO VINCENZO, GUERRINA GIOVANNI, BARBIERI VALTER, GIANNOTTA ERNESTO, AUTELITANO CONCETTA, ESPOSITO PAOLA, RICCI MAURO, SIRECI GIUSEPPE, VERRI STEFANO, RISSO FRANCO, BOIDO FRANCO, BERTERO REMO, SALE PASQUALE, SANGIORGI MAURO, PARODI FRANCESCO, GRASSO GABRIELLA, GARRE' CARLO, PIANA GIACOMO, OGGIANO MARCO, LUME BRUNO, ALLAVENA SIGFRIDO, FOSSA GIUSEPPE, rappresentati e difesi dagli avv. Mauro Casanova, Giorgio Giorgi, con domicilio eletto presso Fiorenzo Grollino in Roma, via Muzio Clementi,18;
CENTENARI ALDO, GIACOPINELLI MASSIMO, VERRECCHIA SILVANO, OTTONELLO LINO, CAMPODONI PAOLO, RIZZO GAETANO, PEDEMONTE MANLIO ANGELO, CINANNI ENRICO, MARCHESE FRANCO, MIGNACCO ENRICO, CAMPANARI CLIO, rappresentati e difesi dall'avv. E R, con domicilio eletto presso Sergio Fidenzio in Roma, via Cola di Rienzo,149 Int.12;
CANNIZZARO GAETANO, BOCCACCIO GIOVANNI, LANZICHER MARIO, GESTA GIULIO, SOMMARIVA GIOVANNI, rappresentati e difesi dall'avv. E R, con domicilio eletto presso Antonio Strizzi in Roma, viale delle Milizie, 22;
Solis Umberto;

contro

COMUNE DI GENOVA,in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Enrico Romanelli e, Edda Odone, con domicilio eletto presso Enrico Romanelli in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Barbara Baroli e Carlo A. Pedemonte, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Regione Liguria in Roma, piazza Madama, n. 9;

nei confronti di

PARMALAT S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Bassi, S A R e Corrado Mauceri, con domicilio eletto presso S A R in Roma, viale XXI Aprile, n. 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, Sez. II, n. 1241/2000, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE SOMME;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova, della Regione Liguria e di Parmalat S.p.A.;

Visti il decreto di perenzione n. 121 del 15 aprile 2011 e l’ordinanza n. 716 del 14 febbraio 2012;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Cons. C S e uditi per le parti gli avvocati E R, G P e S A R;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza n. 1241 del 22 novembre 2000 il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sez. II, definitivamente pronunciando su quattro separati ricorsi proposti rispettivamente da G A ed altri 113 litisconsorti (NRG. 5/95);
da M P (NRG. 59/95), entrambi per l’accertamento del diritto alla conservazione del trattamento economico goduto presso l’A.M.LAT., come disposto dalle delibere del consiglio comunale di Genova n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 30 luglio 1991, con conseguente condanna della civica amministrazione, nonché per ottenere l’annullamento dell’esecuzione della delibera della Giunta del Comune di Genova n. 2352 del 13 ottobre 1994 e di tutti gli altri connessi e presupposti;
da G A ed altri 16 litisconsorti (NRG. 140/95), pure per l’annullamento delle già indicate delibere consiliari n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 31 luglio 1991 e della delibera della Giunta comunale n. 6938 del 30 dicembre 1991 (oltre che degli atti presupposti, connessi e consequenziali) e da G A ed altri 92 litisconsorti (NRG. 1172/95), per l’annullamento e la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria n. 351/1993, nella parte in cui era stato respinto il secondo ed il terzo motivo del ricorso del Comune di Genova NRG. 1546/92, nonché per l’annullamento della ordinanza del CO.RE.CO., sez. di Genova, n. 7319 del 10 luglio 1992 (con cui era stata annullata la deliberazione della Giunta comunale di Genova n. 208 del 4 febbraio 1992 nella parte in cui era stato disposto di assicurare al personale ex A.M.LAT. transitato presso il Comune di Genova la salvaguardia delle posizioni retributive, previdenziali ed assicurative e di trattamento di fine rapporto precedentemente goduto) e per l’accertamento del diritto alla conservazione del predetto trattamento economico;
dopo averli riuniti, respingeva il primo (NRG. 5/95) ed il secondo (NRG. 59/95), in quanto rivolti ad ottenere l’annullamento della delibera con la quale il Comune di Genova aveva determinato il trattamento economico dei dipendente provenienti dall’A.M.LAT., prendendo atto dell’ordinanza del Comitato regionale di controllo (di annullamento della delibera consiliare n. 208 del 1992) e della sentenza del T.A.R. della Liguria n. 352 del 1993 (che aveva respinto il ricorso del Comune avverso il citato provvedimento tutorio), di cui in definitiva costituiva mera esecuzione, e dichiarava improcedibili il terzo (NRG. 140/95) ed il quarto (NRG. 1172/95), essendo palesemente tardiva l’impugnazione dei relativi atti.

2. Il sig. G A ed altri 94 litisconsorti (tutti originari ricorrenti) con atto di appello notificato il 27 giugno 2001 chiedevano la riforma di tale sentenza, lamentandone l’assoluta erroneità e l’ingiustizia e riproponendo pertanto tutti i motivi di censura sollevati con i ricorsi di primo grado, “malamente apprezzati, superficialmente esaminati ed inopinatamente respinti con motivazione grossolana e lacunosa”.

Resistevano al gravame la Regione Liguria, il Comune di Genova e Parmalat S.p.A., deducendone l’improponibilità, l’inammissibilità e l’infondatezza.

Con ordinanza n. 2627 del 25 giugno 2002 veniva respinta la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

3. Con decreto n. 212 del 15 aprile 2011 è stata dichiarata la perenzione dell’appello in esame, per non essere stata presentata, nel termine previsto dall’art. 82, comma 1, c.p.a., la nuova istanza di fissazione d’udienza.

Con ordinanza n. 716 del 14 febbraio 2012 è stata accolta l’opposizione proposta dai (soli) signori G B, G C, G C (rectius: Gesta), M L e G S avverso il predetto decreto di perenzione, revocandolo, con conseguente reiscrizione nel ruolo ordinario del ricorso in appello in questione (NRG. 7378 dell’anno 2001), limitatamente alla posizione dei soli appellanti – opponenti.

4. Le parti costituite, in prossimità dell’udienza di trattazione, hanno illustrato con apposite memorie le proprie tesi difensive.

All’udienza del 4 maggio 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. E’ preliminare alla decisione della causa la esatta delimitazione della materia del contendere.

5.1. A tal fine deve rilevarsi che, come già evidenziato nell’esposizione in fatto, degli originari 95 appellanti solo i signori G B, G C, G C (rectius: Gesta), M L e G S hanno proposto opposizione al decreto di perenzione n. 212 del 15 aprile 2011 e solo relativamente ad essi è stata disposta la reiscrizione dell’appello sul ruolo ordinario: deve pertanto confermarsi, sotto il profilo soggettivo, la declaratoria di perenzione del gravame in trattazione quanto agli altri novanta appellanti.

5.2. Sotto il profilo oggettivo deve ricordarsi che la sentenza impugnata aveva disposto la riunione di quattro separati ricorsi (NRG. 5/95;
59/95;
140/95 e 1172/95), proposti con diverse autonome motivazione e da diversi ricorrenti, tutti dipendenti dell’A.M.LAT. passati al Comune di Genova, per ottenere il sostanziale riconoscimento del diritto a conservare il trattamento economico e previdenziale in godimento presso l’A.M.LAT.).

La sentenza impugnata è da considerare passata in giudicato quanto alla pronuncia di rigetto del ricorso NRG. 59/95 (proposto dal solo sig. M P) e quanto alla pronuncia di improponibilità del ricorso NRG. 140/95 (proposto dai signori G A, Giuseppe Antonaci, Tiziano Bovio, Giancarlo Catti, Giuseppe Furnari, Carlo Carre, Melania Martinelli, Massimo Moretti, Domenico Pagano, Giorgio Pizzimbone, Mario Pruzzo, Giannino Rinaldi, Pasquale Sale, Claudio Sevi, Giuseppe Tallarico, Paola Taverna e Attilio Valuvato).

E’ appena il caso di ricordare al riguardo che la riunione dei ricorsi è uno strumento di economia e semplificazione processuale che, tuttavia, non incide sull’autonomia dei singoli ricorsi, così come restano autonome le posizioni dei singoli ricorrenti, ancorché coincidenti.

L’esame del gravame è pertanto limitato, quanto al profilo soggetto, alla sola posizione degli appellanti opponenti e, sotto il profilo oggettivo, all’esame delle impugnazione dei ricorsi NRG. 5/95 e NRG. 1172/95.

6. Ciò precisato, l’appello è fondato.

6.1. Giova premettere in punto di fatto che:

a) con la delibera consiliare n. 22 del 5 febbraio 1991, avente ad oggetto “Soppressione del pubblico servizio di approvvigionamento, lavorazione e distribuzione latte esercitato dall’Azienda Municipalizzata del Latte (A.M.LAT.) e determinazioni conseguenti”, approvandosi la allegata proposta della Giunta municipale, emendata a seguito del dibattito, era stato stabilito: 1) di sopprimere per motivazioni di cui in premessa, il pubblico servizio di approvvigionamento, lavorazione e distribuzione del latte…attualmente esercitato dall’Azienda Municipalizzata del Latte (e quindi di revocare la precedente deliberazione n. 653 del 1° aprile 1971);
2) di procedere alla liquidazione dell’azienda ai sensi dell’art. 85 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902;
3) di esprimere, nell’ambito dei propri poteri di indirizzo di cui all’art. 32, 1° comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142, i seguenti criteri: - che la liquidazione stessa dovesse avvenire mediante cessione globale dell’Azienda medesima;
- che fosse garantita la permanenza dell’unità produttiva a Genova;
- che fossero salvaguardate le attuali posizioni lavorative, salariali, professionali, contrattuali e previdenziali dei lavoratori;
- che fosse assicurata l’utilizzazione di tutto il latte di produzione locale;
4) di precisare che le maestranze dell’Azienda Speciale A.M.LAT. potessero scegliere tra la permanenza nella futura struttura produttiva o il passaggio nell’amministrazione comunale o altre Aziende Municipalizzate;
5) di precisare ancora che la liquidazione dell’Azienda doveva avvenire entro sei mesi dalla data di esecutività della delibera, salvo le necessarie proroghe;
6) di annullare i punti 1 e 4 del dispositivo della delibera del Consiglio Comunale n. 991 del 29 dicembre 1990;
7) di puntualizzare che l’attuazione della cessione globale dovesse avvenire successivamente al raggiungimento di un accordo complessivo tra Comune, organizzazioni sindacali e, per la parte di sua competenza, con l’imprenditore privato acquirente,

b) con la delibera consiliare n. 928 del 31 luglio 1991 veniva data attuazione alla ricordata delibera n. 22 del 5 febbraio 1991, stabilendosi la procedura dell’asta pubblica per la cessione globale dell’A.M.LAT., approvandosi il relativo avviso e precisandosi che la gestione dell’A.M.LAT. sarebbe rimasta alla Giunta, ai sensi dell’art. 79 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 982, fino al momento del trasferimento definitivo al nuovo acquirente;

c) con delibera di Giunta comunale n. 208 del 4 febbraio 1992 (“Attuazione della delibera consiliare n. 928 del 31.7.1991 in punto concernente la definizione della mobilità del personale ex A.M.LAT. che ha optato per il trasferimento nei servizi comunali”) si disponeva, tra l’altro, l’inserimento di detto personale in posizione temporaneamente soprannumeraria (nei profili professionali delle relative qualifiche funzionali), specificandosi il relativo trattamento giuridico – economico;

d) il Comitato regionale di controllo con atto prot. n. 6423 - 6691 – 6760 – 6841/7319, adottato nella seduta del 10 luglio 1992, annullava tale deliberazione (avendo considerato per un verso che essa, prevedendo una collocazione in posizione temporaneamente soprannumeraria del personale interessato, non poteva considerarsi atto meramente esecutivo della delibera consiliare n. 22 del 5 febbraio 1991, tanto più in mancanza di un’apposita norma che consentisse tale collocazione, e avendo ritenuto, per altro verso, che sia la previsione del riassorbimento del trattamento retributivo più favorevole, conservato ad personam, nella misura del 33,33% per ogni futuro contratto di lavoro, sia la previsione di un trattamento di fine rapporto più favorevole di quello spettante ai dipendenti del Comparto Enti Locali, contrastava con l’art. 11, comma 2, della legge n. 93 del 1983;

e) il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, con la sentenza n. 352 del 28 settembre 1993 accoglieva parzialmente il ricorso proposto dal Comune di Genova avverso il citato provvedimento tutorio, annullando quest’ultimo limitatamente alla sola questione dell’inserimento dei dipendenti ex A.M.LAT. in posizione soprannumeraria;
tale sentenza, non appellata, passava in giudicato;

f) infine con delibera n. 2352 del 13 ottobre 1994 la Giunta municipale determinava il trattamento economico del personale dipendente transitato dall’A.M.LAT. nei ruoli civici, stabilendo che esso corrispondesse a quello previsto da vigente contratto nazionale di lavoro dei dipendenti degli Enti Locali (D.P.R. n. 333/90) e disponendo, tra l’altro, anche il recupero delle somme erogate in attuazione delle deliberazioni di Giunta n. 208 del 4 febbraio 2002, n. 2806 del 21 luglio 1992 e n. 3094 dell’11 agosto 1992 in misura eventualmente superiore al trattamento spettante, mediante ritenuta mensile non superiore in ogni caso al quinto dello stipendio.

6.2. Sulla base di tali circostanze di fatto la Sezione osserva che non merita alcuna censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il ricorso NRG. 5/95, con cui era stata lamentata l’illegittimità della delibera della Giunta comunale n. 2352 del 13 ottobre 1994 (“Determinazione del trattamento economico del personale dipendente transitato dall’A.M.LAT. nei ruoli civici”), richiedendosi altresì l’accertamento del diritto al trattamento economico fissato dalle delibere consiliari n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 31 luglio 1991.

Invero, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, detta deliberazione non costituisce espressione di un’autonoma volontà della Giunta comunale di determinazione del trattamento economico spettante ai dipendenti dell’ex A.M.LAT. transitati negli organici comunali in difformità di quanto previsto dalle precedenti deliberazioni consiliari ovvero di revoca, per di più implicitamente, quanto piuttosto è da configurarsi quale atto, necessitato e vincolato, di doverosa applicazione della ricordata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 352 del 28 settembre 1993, passata in giudicato, accogliendo in parte le doglianze dello stesso Comune di Genova, aveva confermato la legittimità del provvedimento tutorio proprio quanto al trattamento economico (illegittimo) riconosciuto al personale in questione con la precedente delibera di Giunta n. 203 del 4 febbraio 1992.

Sono pertanto del tutto prive di fondamento giuridico le sollevate censure di incompetenza e di difetto di motivazione, non potendo sottacersi, per altro, che le stesse delibere consiliari n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 31 luglio 1991, proprio quanto al trattamento giuridico – economico da riconoscersi al personale ex A.M.LAT., si limitavano a stabilire, conformemente alla loro natura di atti programmatici e di indirizzo politico – amministrativo, dei criteri cui l’organo esecutivo avrebbe dovuto attenersi: il che esclude in radice che la delibera di Giunta n. 208 del febbraio 1992 possa considerarsi meramente esecutiva delle prime (consiliari, tanto più che il trattamento economico dei dipendenti pubblici, ivi compreso quello del personale degli enti locali, non è rimesso alla libera determinazione delle parti).

Né sono meritevoli di favorevole considerazione le prospettate violazioni dell’art. 2126 c.c. e dell’art. 227 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, invocate a sostegno della pretesa illegittimità della determinazione del nuovo trattamento economico in quanto peggiorativo di quello in godimento presso l’A.M.LAT.

Il divieto di riforma in senso peggiorativo del trattamento economico dei dipendenti pubblici è applicabile soltanto quando l’impiegato sia rimasto alle dipendenze dello stesso ente e non anche quando sia passato ad altra amministrazione (C.d.S., sez. V, 24 ottobre 2002, n. 5853;
16 marzo 1999, n. 266);
quanto poi all’art. 2126 c.c. la relativa previsione di irrilevanza della nullità o dell’annullabilità del contratto di lavoro per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione non è applicabile al caso di specie, non vertendosi in tema di invalidità del contratto e non rinvenendosi le esigenze di tutela del lavoratore, quale parte debole, cui si ricollega la predetta previsione;
né può trovare considerazione favorevole il preteso affidamento (incolpevole) degli interessati sulla legittimità del trattamento economico riconosciuto ed erogato, atteso che, come più volte ricordato dalla giurisprudenza, l’annullamento di un atto amministrativo concernente la determinazione dello stipendio del pubblico dipendente è sempre possibile, essendo in re ipsa l’interesse pubblico in ragione dell’esborso di danaro pubblico senza titolo, situazione rispetto alla quale non è ipotizzabile una posizione di affidamento, tanto più se si tratta di atto illegittimo (C.d.S., sez. IV, 28 ottobre 1992, n. 938 (ciò senza contare che nel caso in esame l’invocato affidamento non è configurabile neppure in relazione al lasso di tempo intercorsi tra l’atto originario di riconoscimento del trattamento economico e quello modificativo).

Completezza espositiva impone ancora di rilevare che sono del tutto irrilevanti ed ultronei i richiami agli articoli 1989 e 1990 c.c., non potendo rinvenirsi nelle ricordate deliberazioni consiliari n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 31 luglio 1991, la fattispecie della promessa al pubblico.

6.3. Quanto all’impugnazione del capo della sentenza che ha dichiarato improponibile il ricorso NRG. 1172/1995, con cui era stata introdotta una opposizione di terzo avverso la citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 352 del 28 settembre 1993, la Sezione osserva quanto segue.

Deve innanzitutto condividersi la tesi dell’erroneità di tale pronuncia di improponibilità, atteso che, ai sensi dell’art. 405, comma 1, c.p.c., applicabile al processo amministrativo prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il rimedio dell’opposizione di terzo è proponibile esclusivamente innanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza di cui il terzo si duole ( cfr da ultimo C.d.S., sez. IV, 6 giugno 2011, n. 3380;
cfr. anche C.d.S,IV, 12 giugno 2003, n. 3312): pertanto, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, il ricorso per opposizione di terzo non doveva essere proposto innanzi al Consiglio di Stato, ma proprio davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria.

Tuttavia nel merito tale opposizione era ed è infondata, potendo pertanto prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari di irricevibilità ed inammissibilità (per carenza di legittimazione).

Come si è già avuto modo di accennare, la delibera della Giunta municipale n. 208 del 4 febbraio 1992 non ha natura di atto meramente esecutivo delle delibere consiliari n. 22 del 5 febbraio 1991 e n. 928 del 31 luglio 1991 (aventi natura programmatica e di indirizzo politico – amministrativo), il che esclude che l’organo tutorio fosse privo del potere di controllo su di essa, non potendo dubitarsi neppure della legittimità dell’avvio del procedimento di controllo su istanza dei consiglieri comunali, ai sensi dell’art. 45 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come avvenuto nel caso di specie.

Quanto poi all’applicabilità al caso in esame dell’art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, è sufficiente ricordare che, come già rilevato dalla Corte di Cassazione, Sezione lavoro (29 aprile 2004, n. 8270), la direttiva 77/187/CE intende tutelare la continuità del rapporto di lavoro nei confronti dei soggetti che siano già inizialmente titolari di un rapporto della stessa natura di quello che viene a sostituirsi con l’impresa acquirente, ipotesi che non è stata ritenuta configurarsi nel caso in cui la gestione dei servizi pubblici comunali passi alla gestione diretta dell’ente locale e che a maggior ragione deve ritenersi non si è verificata nel caso di specie per i lavorati ex A.M.LAT. passati negli organici comunali, che hanno acquisito il differente status di dipendenti pubblici.

In ragione di tale ultima considerazione poi del tutto correttamente l’organo tutorio ha fondato il suo convincimento sull’art. 11, comma 2, della legge n. 93 del 1983, essendo notorio che il trattamento economico dei pubblici dipendenti non dipende dalla volontà delle parti, ma deriva esclusivamente da norme di legge, di regolamento e di contrattazione collettiva che non sono derogabili in virtù di scelte gestionali, né da prassi applicative (C.d.S., sez. VI, 7 maggio 2010, n. 2680), il che rende privi di rilievo e di consistenza i sollevati dubbi di costituzionalità ex adverso sollevati.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto nei sensi di cui in motivazione.

La peculiarità e la risalenza della controversia giustificano nondimeno la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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