Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-05-02, n. 202203428

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-05-02, n. 202203428
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203428
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2022

N. 03428/2022REG.PROV.COLL.

N. 03487/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3487 del 2021, proposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

il sig. Pierluciano Scarfo', rappresentato e difeso dall'avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D Fe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Sindaco Di Reggio Calabria, non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. 170/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del sig. Pierluciano Scarfo' e del Comune di Reggio Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2022 il consigliere Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con ricorso proposto innanzi al Tar per la Calabria, sede di Reggio Calabria, iscritto al n.r.g. n. 447 del 2018, il sig. P S evocava in giudizio il Sindaco di Reggio Calabria, nella qualità di funzionario delegato all'attuazione del Decreto Reggio ex lege 249/89, il Ministero per la Coesione Territoriale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla illegittimità della procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione del “Progetto Integrato Centro Alimentare Trasporti Pubblici e Servizi annessi”.

2. In fatto consta che:

- due fondi siti in San Leo di Pellaro e riportati in catasto al foglio 1, particelle nn. 1418 e 1419, venivano occupati dal Comune di Reggio Calabria nell’ambito degli interventi previsti dal c.d. “Decreto Reggio” (decreto legge 8 maggio 1989 n. 166, convertito in legge 5 luglio 1989 n. 24), senza che sia mai stato emanato il decreto di esproprio;

- già con ricorso notificato in data 10 gennaio 2013, il proprietario chiedeva al Tar l'accertamento della illecita occupazione del fondo in questione da parte del Comune di Reggio Calabria, per non essere mai stato emanato il decreto di esproprio nonché il risarcimento del danno derivante dall’abusiva occupazione e privazione della proprietà,

- con sentenza n. 102 del 10 febbraio 2017, il Tar rigettava l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Comune di Reggio Calabria, considerava (proprio in ragione della ritenuta legittimazione dell’ente comunale) irrilevante l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, in relazione al difetto di notifica di esso nei confronti del Funzionario Delegato, accoglieva il ricorso, stante il perdurare dell’occupazione dei beni dei ricorrenti, ordinava, infine, al Comune di scegliere, entro novanta giorni, se procedere ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, ovvero restituire il bene;

- con sentenza con sentenza n. 5407 del 14 settembre 2018, il Consiglio di Stato, a seguito di interposto appello da parte del Comune di Reggio Calabria, dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado evidenziando che, nella specie: i) il Sindaco di Reggio Calabria risultava avere agito non come tale, ma come Funzionario Delegato del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’ambito degli interventi di cui al “decreto Reggio”;
ii)- che il “decreto Reggio” disciplinava interventi di interesse statale, finanziati con risorse statali, deliberati in sede centrale ed attuati da un soggetto delegato liberamente individuato dal Ministro (non necessariamente, peraltro, nella persona del Sindaco di Reggio Calabria), con potere sostitutivo in capo al Ministro stesso;
iii)- che, conseguentemente, da un lato il Comune di Reggio Calabria doveva ritenersi del tutto estraneo alla vicenda, dall’altro il ricorso doveva essere notificato al funzionario delegato dell’Autorità ministeriale presso la competente Avvocatura distrettuale e non presso la casa comunale del Comune di Reggio Calabria, come invece erroneamente venne fatto.

3. Il signor P S, divenuto nel frattempo proprietario esclusivo dei fondi in questione per effetto della intervenuta divisione dell'asse ereditario materno, dava origine all’odierna controversia innanzi al Tar per la Calabria (ricorso allibrato al n.r.g447 del 2018), chiedendo nuovamente il risarcimento dei danni - derivanti dall’illegittima occupazione dei fondi già appartenuti alla madre e dalla distruzione delle piantagioni di bergamotto che su di essi insistevano – nei confronti del funzionario ministeriale delegato all'attuazione del Decreto Reggio, del Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero per le aree urbane, divenuto Ministero per la coesione territoriale, nonchè della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

4. Si costituivano le controparti evocate in giudizio.

5. Il Tar, con sentenza n. 170/2021:

- reputava infondata l’eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture;

- estrometteva dal giudizio il Comune di Reggio Calabria per difetto di legittimazione passiva: tanto perché, pur aderendo esso all’orientamento (indicato nelle pronunce del Tar per la Calabria sentenza 4 ottobre 2018 n. 593;
Cass. sez. I, 07 ottobre 2014, n. 21113 e 19 ottobre 2016, n. 21186) secondo il quale il Comune di Reggio Calabria doveva ritenersi “il solo soggetto legittimato passivo”, in quanto unico beneficiario dei predetti interventi, titolare del patrimonio edilizio da risanare, soggetto destinato ad acquistare la proprietà dei siti espropriati, restava “preclusa al Collegio ogni possibilità di dare seguito al predetto orientamento, in ragione degli effetti del giudicato derivante dalla citata sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 5407 del 14 settembre 2018, che al paragrafo 10.4 ha ormai intangibilmente stabilito che il Comune di Reggio Calabria è estraneo alla vicenda per cui è causa”;

- sanciva l’obbligo per le Amministrazioni (Sindaco di Reggio Calabria, nella qualità di funzionario delegato all'attuazione del Decreto Reggio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri) di sanare la situazione di illecito venutasi a creare: o attraverso la restituzione del terreno, previa riduzione in pristino e corresponsione del risarcimento del danno anche per il periodo di illegittima occupazione;
o attraverso l’emanazione di un decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/01, corrispondendo il relativo indennizzo secondo i parametri ivi disciplinati;

- condannava le medesime Amministrazioni: i) a risarcire il danno da occupazione illegittima in misura pari al saggio degli interessi legali sul valore del bene, da aggiornare annualmente secondo gli indici periodici ISTAT, decorrenti dall’inizio dell’occupazione illegittima - individuato quale dies a quo nella data del 14 maggio 2003 - e sino all’effettivo rilascio del bene nella disponibilità del proprietario;
ii) alle spese del giudizio;

- respingeva la domanda inerente il risarcimento del danno alle colture (bergamotteto) esistenti sul fondo oggetto di occupazione e trasformazione.

6. Appellano il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (già Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della coesione territoriale, che censurano la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.;
non estensione degli effetti del giudicato intervenuto con sentenza n. 5407/2018 del Consiglio di Stato;
difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
legittimazione passiva del Comune di Reggio Calabria.

7. Essi formulano, in via principale, due profili vizianti.

7.1.In rito, censurano la sentenza nella parte in cui il TAR <pur sostanzialmente condividendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva delle Amministrazioni statali, ha poi ritenuto preclusa la possibilità di confermare il proprio consolidato orientamento in materia in considerazione della asserita rilevanza degli effetti del giudicato formatosi derivante della sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 5407 del 14 settembre 2018 e ha pertanto dichiarato “il difetto di legittimazione passiva del Comune di Reggio Calabria e respingere tutte le eccezioni preliminari che sul punto sono state sollevate dalla difesa erariale”>.

Tale statuizione, precisano gli appellanti, “non tiene conto del fatto che l’affermazione del difetto di legittimazione passiva del Comune di Reggio Calabria era stata pronunciata dal Consiglio di Stato, in un giudizio in cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non erano stati parti in causa e nei cui confronti, pertanto, non poteva (e non può) essere opposto il giudicato”.

Il Tar, pertanto, avrebbe errato nel ritenere che gli effetti del giudicato formatosi con la pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza n. 5407/2018) “siano estendibili anche nei confronti delle odierne appellanti, mai ritualmente evocate in giudizio (come peraltro affermato dallo stesso Collegio che ha evidenziato la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del primo giudizio, effettuata presso la sede del Comune di Reggio”.

7.2. Nel merito, censurano la decisione perché erroneamente il Tar avrebbe ritenuto il Sindaco, quale “funzionario delegato”, titolare di un’autonoma sfera di diritti e obblighi.

La tesi dell’autonoma soggettività giuridica si fonderebbe su elementi fattuali e circostanze (autonomo capitolo di contabilità statale) inconferenti.

Il rapporto instaurato tra il Comune e lo Stato sarebbe riferibile ad un mero finanziamento concesso ex lege all’Ente locale. L’impegno della contabilità statale sarebbe limitato al pagamento delle opere concretamente eseguite;
nulla potrebbe richiedersi al Ministero neppure in ordine a contenziosi che, direttamente o indirettamente, concernano i contratti stipulati tra l’Ente locale e le imprese appaltatrici delle opere.

L’attuazione del suddetto intervento è stata disciplinata con specifiche convenzioni sottoscritte dall’Amministrazione centrale erogatrice dei fondi. In particolare, con la Convenzione prot. n. 365 del 14 dicembre 1996 approvata con D.P.C.M. 262 del 6 agosto 1998, sono state disciplinate le modalità di erogazione da parte dell’Amministrazione Centrale delle risorse necessarie per l’attuazione dell’intervento e le obbligazioni assunte dal Comune di Reggio Calabria per dare piena e regolare attuazione all’intervento.

L'art. 4, all'ultimo capoverso, della Convenzione specifica che “l’Ente convenzionato (Comune) agirà in nome e per conto proprio ed è pertanto responsabile di qualsiasi danno che i terzi subiscano in dipendenza dell'esecuzione dei lavori e delle attività connesse, e non potrà quindi pretendere di rivalersi nei confronti del Dipartimento”.

7.3. In subordine, gli appellanti deducono erronea applicazione alla fattispecie dei principi in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da illecito derivante dalla occupazione illegittima dei fondi, per non avere il Tar limitato la condanna risarcitoria al quinquennio antecedente la proposizione del ricorso, quale primo atto interruttivo della prescrizione medesima.

8. Si sono costituiti il Sig. P S e il Comune di Reggio Calabria.

9. Con ordinanza n. 02766/2021, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare di sospensione degli effetti della sentenza impugnata “ai soli fini della sollecita trattazione del merito ad un’udienza pubblica”.

10. Controparti hanno prodotto memorie conclusive, rispettivamente, in date 7 ottobre e 16 novembre 2021.

Con ordinanza n. 426/2022, la Sezione “resa edotta del fatto che uno dei componenti del collegio, il quale in data odierna ha partecipato alla discussione della causa, aveva previamente segnalato presso la Segreteria della Sezione l’opportunità di astenersi dal decidere la causa per avere svolto, in passato, attività di consulenza in favore di una delle parti del giudizio, e che per mero errore è risultato essere ancora parte del collegio decidente (…) valutata l’opportunità di non decidere immediatamente l’appello” ha rimesso “al Presidente della Sezione la fissazione di un’ulteriore udienza pubblica per la decisione definitiva della causa”.

11. All’udienza del 7 aprile 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

12. Con un primo ordine di rilievi, gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui è stato opposto ad essi il giudicato formatosi con la pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza n. 5407/2018) assumendone la estraneità al medesimo.

13. Il motivo è infondato.

13.1. L’estraneità al prefato giudizio degli appellanti (giudizio conclusosi con la sentenza n. 5407/2018) non inficia la decisione del Tar poiché il giudice di prime cure, nel dichiarare il difetto di legittimazione passiva del Comune di Reggio Calabria, ha esaminato esclusivamente la posizione processuale di tale soggetto, senza toccare minimamente, né pregiudicare, la posizione degli istanti.

13.2. Il TAR ha soltanto dato atto che in ragione della sentenza n. 5407/2018, divenuta cosa giudicata, non era possibile ritenere legittimato passivo del giudizio il Comune di Reggio Calabria non potendo mettere in discussione il ruolo processuale di tale soggetto rispetto alla domanda formulata dal ricorrente.

14. Tanto chiarito, il Collegio, nel procedere all’esame dei restanti motivi di gravame, dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020 con motivazione anche su esclusione profili revocatori);
del resto vanno dichiarate inammissibili le censure proposte in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 comma 1 c.p.a., ovvero in memorie, attesa la natura illustrativa delle stesse (cfr . ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 2319 del 2020).

15. L’appello è fondato solo in parte, avuto riguardo alla parziale prescrizione del diritto di credito al risarcimento dei danni da occupazione temporanea illegittima.

16. Procedendo nell’ordine dei rilievi censori, il motivo di ricorso col quale si contesta in capo al Sindaco la titolarità di un’autonoma sfera di diritti e obblighi è infondato.

17. Il sindaco di Reggio Calabria è stato nominato (con decreto del Segretario generale della P.C.M. del 4 agosto 1994) funzionario delegato per la spesa relativa all’affidamento in appalto di alcune opere ricomprese negli interventi di cui agli artt. 2 e 3 del decreto legge n. 16 del 1989, convertito dalla legge 5 luglio 1989, n. 246.

L’attività esercitata dal sindaco, per la quale è motivo di causa, è stata, dunque, posta in essere nella qualità di funzionario delegato del Ministero delle infrastrutture;
pertanto, quale delegato del Ministero delle Infrastrutture per attuare gli interventi previsti dal decreto legge n. 166 del 1989, tale attività non è in alcun modo ascrivibile al Comune, rimasto estraneo alla delega conferita al sindaco dall'autorità statale (Cons. Stato, sez. V, n. 02358/2015).

La Sezione non ravvede motivi per cui discostarsi dall’indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato secondo il quale, nella fattispecie per cui è causa, il Sindaco di Reggio Calabria risulta avere agito non come tale bensì, come funzionario delegato del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’ambito degli interventi di cui al “decreto Reggio”.

Come chiarito nella sentenza n. 5407/2018, tali interventi:

- sono dichiarati ex lege di “preminente interesse nazionale” (art. 1, comma 1);

- sono finanziati con risorse statali (art. 1, comma 2), costituite da una “apposita contabilità speciale da istituire presso la tesoreria provinciale dello Stato in Rona, avente autonomia contabile ed amministrativa ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041” (art. 5, comma 3);

- sono previamente individuati da un apposito comitato, costituito dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, dal Presidente della Regione Calabria, dal Presidente della Provincia di Reggio Calabria e dal Sindaco di Reggio Calabria (art. 1, comma 3), le cui deliberazioni sono vincolanti per tutti “i soggetti competenti alla realizzazione degli interventi … tenuti ad adottare gli atti necessari alla loro realizzazione nei tempi indicati nel programma medesimo” (art. 3, commi 1 e 2);

- sono approvati in esito ad una “apposita conferenza, che acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali, territoriali, paesaggistiche e culturali … l’approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto, per ciascun soggetto partecipante alla conferenza, gli atti d'intesa, le concessioni, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta, i pareri e le valutazioni previsti dalle leggi statali e regionali, eccezione fatta per quelli concernenti la materia paesaggistica, ambientale, storico-monumentale ed antisismica”;
peraltro, “in caso di mancata approvazione da parte di uno o più soggetti tenuti a partecipare alla conferenza, su motivata richiesta del soggetto competente alla realizzazione dell'intervento o dell'opera, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i problemi delle aree urbane, nel rispetto delle norme a tutela delle zone sismiche, dei valori ambientali, paesaggistici, culturali e storico-monumentali, nonché della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri produce gli stessi effetti” dell’approvazione in sede di conferenza (art. 4);

- “nei casi in cui i soggetti competenti non provvedano nei termini prefissati”, possono essere attuati in via sostitutiva dal Presidente del Consiglio dei Ministri “direttamente o a mezzo di propri delegati”, ove l’Ente deputato rimanga inadempiente pur dopo la ricezione di apposita diffida (art. 5, comma 2);
per gli interventi più urgenti la potestà sostitutiva del Presidente del Consiglio dei Ministri non richiede neppure la previa diffida, essendo in tal caso sufficiente il mero decorso di novanta giorni dalla “data di effettiva disponibilità delle somme attribuite dal comitato” (art. 2, comma 4);

- “per l’individuazione del delegato non sussiste vincolo soggettivo o funzionale, rimanendo libera la scelta del Ministro delle infrastrutture dei trasporti”;

-pertanto, il “decreto Reggio” disciplina interventi di interesse statale, finanziati con risorse statali, deliberati in sede centrale ed attuati da un soggetto delegato liberamente individuato dal Ministro (non necessariamente, peraltro, nella persona del Sindaco di Reggio Calabria), con potere sostitutivo in capo al Ministro stesso;

- tale conclusione è coerente con l’assetto complessivo del “decreto Reggio”: gli eventuali danni arrecati nel corso della relativa attuazione, infatti, debbono gravare sull’apposita contabilità speciale (statale), non sull’ordinaria contabilità (locale) del Comune di Reggio Calabria.

18. Può ulteriormente soggiungersi, a confutazione delle censure di parte appellante, che:

-la delega di cui trattasi è intersoggettiva di funzioni amministrative di spettanza statale - siccome rispondenti tali funzioni agli interessi nazionali – esercitate dal soggetto delegato in virtù di un atto di legge, senza che venga in rilievo, nella circostanza, la qualità di Ufficiale di Governo rientrando piuttosto lo strumento utilizzato nella tematica più generale dei rapporti organizzatori della pubblica amministrazione;

- trattandosi di delega di funzioni amministrative, l’ambito di rilevanza e incidenza, sia dei compiti che delle responsabilità, non riduce la stessa a un mero un rapporto interno di finanziamento;

- tanto trova conferma nello stesso decreto legge 8 maggio 1989, n. 166 che, all’articolo 3, attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei Ministri un ruolo attivo e propulsivo nella individuazione degli interventi e delle opere da finanziare nonché nella predisposizione del programma di risanamento e sviluppo dell’area urbana di Reggio Calabria, contenente l’elenco degli interventi da realizzare;

- la convenzione rep. 365 del 14 febbraio 1996 (e le successive) ha inteso regolare esclusivamente il rapporto di provvista finanziaria tra la Presidenza del Consiglio dei Ministeri e il Comune di Reggio Calabria, senza che le relative clausole pattizie (rilevanti inter partes, nell’ambito del rapporto interno tra i contraenti) abbiano potuto comportare l’immutazione soggettiva nella titolarità della funzione amministrativa delegata.

19. Il primo motivo di appello s’appalesa, dunque, infondato.

20. L’appellante ha censurato, in via subordinata, la sentenza impugnata per non avere fatto corretta applicazione dei principi in tema prescrizione del diritto.

20.a. Va innanzitutto chiarito che la fattispecie in esame realizza una ipotesi di “occupazione abusiva”.

La giurisprudenza – superando le passate definizioni di occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva, accessione invertita, ecc. -, è oggi concorde nel ritenere che in tale fattispecie vi rientri qualunque situazione originaria (apprensione del bene diretta da parte della P.A. senza alcuna previa attivazione di procedure ablatorie) o sopravvenuta (a seguito di declaratoria di illegittimità di procedure espropriative, ovvero di inefficacia delle stesse) di acquisizione della disponibilità materiale di immobili da parte della mano pubblica.

20.b. Dalla stessa giurisprudenza è possibile evincere che gli effetti conseguenti alle condotte materiali ascrivibili al genus della occupazione abusiva implicano che:

a) si tratta di illecito permanente rientrante nel genus dell’art. 2043 c.c.;

b) v’è impossibilità per la P.A. di acquistare coattivamente alcun diritto sul bene oggetto di occupazione abusiva;

c) la prescrizione dell’azione risarcitoria e restitutoria è quinquennale;

d) il termine di prescrizione decorre:

d1) dalla proposizione della domanda avente come causa petendi l’occupazione abusiva (risarcitoria per equivalente della perdita della proprietà sostanziale, ovvero restitutoria);

d2) dalla singola annualità, per la domanda risarcitoria per equivalente della perdita del godimento con la conseguenza che la prescrizione estingue il diritto al risarcimento da mancato godimento del bene, per gli anni precedenti al quinquennio antecedente la messa in mora (per l’applicazione concreta del principio: C.g.a., n. 255 del 2019;
Cons. Stato, sez. IV, n. 5262 del 2017;
sez. IV, n. 5084 del 2017;
sez. IV, n. 4636 del 2016);

e) è necessario che sia accordata piena effettività all’accoglimento della domanda di restituzione del bene da intendersi quale prioritario strumento di ripristino della legalità violata e di soddisfazione dell’interesse sostanziale del titolare (Cass. civ., sez. un., n. 29466 del 2019);

f) tuttavia, sia la domanda restitutoria (intesa quale azione reale petitoria e reipersecutoria, ex art. 948 c.c.), sia la domanda di risarcimento del danno in forma specifica (intesa quale azione personale e obbligatoria, ex art. 2058 c.c., attraverso cui ottenere rimessione in pristino e restituzione), sia quella proposta ex artt. 31 e 117 c.p.a. (avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sulla istanza di provvedere ex art. 42-bis, T.U. espr.), sono precluse (alle parti e ai loro eredi o aventi causa) dal giudicato formatosi su una sentenza che abbia accertato il perfezionamento della fattispecie della occupazione acquisitiva (Cons. Stato, Ad. plen., n. 6 del 2021);
affinché si verifichi tale effetto preclusivo, è sufficiente che dall’interpretazione del giudicato si possa enucleare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie dell’occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto (nella specie il giudicato aveva ritenuto prescritto il diritto al risarcimento del danno per equivalente monetario, danno derivante per l’appunto da una fattispecie della occupazione acquisitiva, Cons. Stato, Ad. plen., n. 6 del 2021).

21. Orbene, parte appellante sostiene che nella specie il Tar avrebbe fatto mal governo dei suesposti principi in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da occupazione temporanea illegittima.

22. Il motivo è fondato

23. L’impugnata pronuncia è, in parte qua, non conforme al pacifico orientamento della giurisprudenza relativo alla natura permanente dell’illecita occupazione e al conseguente rinnovarsi de die in diem del dies a quo del termine di prescrizione.

24. Come affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 30 aprile 2015, n. 71), delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenze 19 gennaio 2015, n. 735, 29 ottobre 2015, n. 22096, e 25 luglio 2016, n. 15283), dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 9 febbraio 2016, n. 2) e del Consiglio di Stato (cfr ex plurimis , sez..IV, 7 novembre 2016, n. 4636), il quadro che ne risulta – ricostruito alla luce dei principi elaborati dalla Corte di Strasburgo – è nel senso che, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c., con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sulla occupazione contra ius, ovvero dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene.

25. Applicando le suesposte coordinate, deve accertarsi, per le ragioni che si diranno, la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla illegittima occupazione dei beni immobili per il periodo anteriore al quinquennio precedente la data di notifica del ricorso n. 36 del 2013 proposto innanzi al Tar per la Calabria dai signori G S e P S.

26. Sul punto, il Collegio osserva che il ricorso introduttivo del primo giudizio fu notificato al sindaco, anche quale funzionario delegato, presso la casa comunale (e non presso l’Avvocatura dello Stato), ragion per cui venne dichiarato processualmente inammissibile (Cons. Stato, sentenza n. 5407/2018).

27. Ebbene, tale ricorso può comunque valere come atto stragiudiziale di messa in mora ai fini della interruzione della prescrizione del diritto al risarcimento del danno (da abusiva occupazione dei beni immobili illegittimamente appresi dal sindaco nella predetta qualità).

28. Tale atto, infatti, per quanto inefficace a radicare correttamente il rapporto processuale, non può, tuttavia, essere considerato ut non esset. Ciò in quanto, per la sua efficacia ex art. 1219, primo comma, Cod. civ. si richiede semplicemente che la richiesta sia fatta per iscritto, e sia comunque pervenuta al destinatario.

29. Nel caso di specie, il ricorso conteneva la descrizione del credito vantato e la precisa intimazione ad adempierlo;
tale intimazione è stata recapitata al sindaco (mora ex persona) nella specificata qualità di commissario delegato, da costui ricevuta presso il proprio luogo di lavoro (casa comunale) quale sede (anche) di esercizio della funzione delegata;
l’effetto stragiudiziale che ne è derivato è stato, dunque, quello di interrompere la prescrizione.

30. Per le ragioni che precedono, l’appello è solo in parte fondato, nei sensi e limiti appena sopra chiariti in odine alla decorrenza della prescrizione del diritto, e in questi precisi limiti deve essere accolto con la conseguente riforma, in parte qua, della sentenza impugnata.

31. La complessità e parziale novità della questione giustificano la compensazione delle spese processuali relative al doppio grado di giudizio.

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