Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-22, n. 202100663

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-22, n. 202100663
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100663
Data del deposito : 22 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2021

N. 00663/2021REG.PROV.COLL.

N. 03677/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3677 del 2020, proposto da
Ministero dell'Istruzione e Ufficio Scolastico Regionale Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

E A, rappresentata e difesa dall'avvocato A R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 01604/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di E A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021 il Cons. Diego Sabatino e rilevato che l'udienza si svolge ai sensi dell'art.4, comma 1, del Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020 e dell'art.25,comma2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft teams", come previsto dalla circolare n.6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3677 del 2020, Ministero dell'Istruzione e Ufficio Scolastico Regionale Lombardia propongono appello avverso la sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 01604/2020, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da E A per l'annullamento

dei provvedimento del’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, Direzione Generale, numero di protocollo 3272 notificato in data 04.11.2019 a mezzo posta elettronica, a mezzo del quale l’Amministrazione resistente ha comunicato la l’esclusione di parte ricorrente dalla Graduatoria di merito D.D. 85/2018 per la classe di concorso A046 e A018, nonché delle relative graduatorie;

- nonché dell’Avviso n. 5636 del 02.04.2019 a firma del Direttore Generale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca pubblicato sul sito istituzionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in data 02.04.2019 con nota

m_pi.AOODGSOV.REGISTRUO UFFICIALE.U.0005636 nonché di ogni altro atto presupposto conseguente o comunque connesso;

- e per la declaratoria in via cautelare mediante qualsiasi provvedimento cautelare ritenuto opportuno

- del diritto del ricorrente alla riammissione alla procedura concorsuale indetta con DDG 85/2018;

- della conseguente validità dei titoli di abilitazione all’insegnamento sia per la specifica classe di concorso materia sia per classi di concorso sostegno, conseguiti all’esito di percorsi abilitanti seguiti da parte istante presso le Università rumene ed il cui percorso è stato ritenuto valido – dall’autorità competente rumena - per l’esercizio della professione di docente in Romania anche ai fini del concorso indetto con DDG 85/2018;

- del diritto del ricorrente ad ottenere il riconoscimento dei titoli di abilitazione conseguiti nello Stato membro dell’Unione Europea.

- Per la condanna in forma specifica delle Amministrazioni intimate al reinserimento del ricorrente nelle graduatorie regionali di merito ovvero alla riammissione del ricorrente al concorso indetto con DDG 85/2018.

- Con riserva di agire in separato giudizio per il risarcimento di tutti i danni.

Il giudice di primo grado ha così riassunto i fatti di causa:

“1. Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti indicati in ricorso nella parte in cui determinavano l’esclusione di parte ricorrente dalla procedura in oggetto.

Si costituiva l’amministrazione chiedendo rigettarsi il ricorso.

Il ricorso veniva dunque deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, dovendosi riconoscere dovuto il riconoscimento del titolo vantato, conseguito successivamente alla laurea italiana.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure.

Nel giudizio di appello, si è costituita la parte appellata, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.


DIRITTO

1. - In via preliminare, occorre evidenziare come il presente contenzioso, segmento di una vicenda seriale che accomuna una pluralità di interessati, riguardi fondamentalmente due diversi atti dell’amministrazione.

In primo luogo, viene gravata la nota n. 5636 del 2 aprile 2019 a firma del Direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, relativa ai titoli denominati “Programului de studii psihopedagogice, Nivelul I e Nivelul II” conseguiti da cittadini italiani in Romania. Nella detta nota si afferma che i titoli così acquisiti non soddisfano i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della Direttiva 2005/36/CE e successive modifiche, e si precisa che detta lettura è conseguente alla posizione espressa dal corrispondente ministero rumeno che ha affermato che “l’attestato di conformità degli studi con le disposizioni della direttiva 2005/36/Ce sul riconoscimento delle qualifiche professionali per i cittadini che hanno studiato in Romania, al fine di svolgere attività didattiche all’estero, può rilasciato al richiedente, solo nel caso in cui quest’ultimo ha conseguito in Romania sia studi di istruzione superiore/post secondaria sia studi universitari”.

In secondo luogo, viene in rilievo, per ognuno dei ricorrenti in prime cure, il provvedimento individuale dove, facendo applicazione della suddetta nota n. 5636, viene respinta l’istanza di riconoscimento del titolo conseguito presentata della parte interessata, ossia l’originaria parte ricorrente, impedendogli conseguentemente la partecipazione alle procedure selettive di interesse.

2. - In relazione al primo degli atti appena citati, che ha un contenuto complesso, comprendente i profili di riconoscimento del titolo sia ai fini dell’abilitazione all’insegnamento che ai fini del sostegno, questa Sezione ha avuto già modo di esprimersi, con sentenze nn. 1198, 1521 e 1522 del 2020, dove si è già rimarcato il corto circuito logico derivante dalla impostazione seguita dal Ministero che, accedendo alla posizione valevole per lo stato romeno, dove ben può escludersi la rilevanza della formazione in Italia ai fini dell’abilitazione all’insegnamento in quella nazione, fondamentalmente si finiva per escludere la rilevanza delle lauree italiane nell’ambito del territorio nazionale.

Con le citate sentenze, pertanto, rimarcata l’erroneità della mera trasposizione, in ambito nazionale, di osservazioni valevoli unicamente per lo stato estero, si è al contrario individuato il corretto percorso argomentativo da seguire, imponendo al Ministero di procedere “alla verifica che, per il rilascio del titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (così, Cons. Stato, VI, 17 febbraio 2020 n. 1198).

3. - Seguendo la stessa linea argomentativa, a cui va data continuità anche nel caso in esame, possono essere ripetute le osservazioni fatte proprie dalle sentenze di questa Sezione evocate come precedenti, che hanno rilevato come l’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che la p.a., quando esamina una domanda di partecipazione proposta da un cittadino di tale Stato membro, subordini tale partecipazione al possesso dei diplomi richiesti dalla normativa di detto Stato membro o al riconoscimento dell'equipollenza accademica di un diploma di master rilasciato dall'università di un altro Stato membro, senza prendere in considerazione l'insieme dei diplomi, certificati e altri titoli nonché l'esperienza professionale pertinente dell'interessato, effettuando un confronto tra le qualifiche professionali attestate da questi ultimi e quelle richieste da detta normativa (CGUE, II, 6 ottobre 2015, n.298).

In tale ottica, le norme della direttiva 2005/36/CE , relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, devono essere interpretate nel senso che impongono ad uno Stato membro di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione previsti da tale direttiva e rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che "la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno” (CGUE, III , 6 dicembre 2018 , n. 675).

In dettaglio, per ciò che rileva nel caso di specie, va altresì richiamato l’art. 13 della direttiva 2013/55/Ue, che ha modificato la predetta direttiva 2005/36, rubricato condizioni di riconoscimento: “1. Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio. Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro”. A propria volta il successivo comma 3 statuisce: “3. Lo Stato membro ospitante accetta il livello attestato ai sensi dell’articolo 11 dallo Stato membro di origine nonché il certificato mediante il quale lo Stato membro di origine attesta che la formazione e l’istruzione regolamentata o la formazione professionale con una struttura particolare di cui all’articolo 11, lettera c), punto ii), è di livello equivalente a quello previsto all’articolo 11, lettera c), punto i).”

Pertanto, a fronte della sussistenza in capo all’originario ricorrente sia del titolo di studio richiesto (ossia la laurea conseguita in Italia, ex sé rilevante, senza necessità di mutuo riconoscimento reciproco), sia della qualificazione abilitante all’insegnamento, conseguita presso un paese europeo, i presupposti per il contestato diniego non possono fondarsi sull’automatismo indicato dal Ministero che dovrà invece pronunciarsi in termini concreti, tramite la verifica della formazione conseguita, come sopra ricordato.

4. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa.

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