Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-12-14, n. 202108327

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-12-14, n. 202108327
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108327
Data del deposito : 14 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/12/2021

N. 08327/2021REG.PROV.COLL.

N. 03378/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3378 del 2020, proposto dalla signora L A, rappresentata e difesa dall’avvocato F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la società Gobbi 1842 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E V e G L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

nei confronti

- l’Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- le società Maria S.r.l., Red S.r.l., Gestifin S.p.a. e Immobiliare La Torre S.r.l., non costituite in giudizio;
- i signori D P e F D S, rappresentati e difesi dagli avvocati F V, Maurizio Ruben e Mara Bolzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F V in Milano, via Cappuccio, n. 12;
- il signor Felice A, rappresentato e difeso dagli avvocati F V, Davide Paleologo e Silvia Lotti Catarsi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F V in Milano, via Cappuccio, n. 12;

per la riforma

della sentenza n. 533 del 20 marzo 2020 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. III, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Gobbi 1842 S.r.l., dell’Agenzia delle entrate e dei signori D P, F D S e Felice A;

Visti gli appelli incidentali dei signori D P, F D S e Felice A;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2021 il consigliere A V;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Collegio intende premettere la ricostruzione dei fatti, richiamando testualmente quanto riportato nella ordinanza di questa Sezione n. 7514 del 30 novembre 2020, puntuale al riguardo:

1. La Gobbi 1842, ricorrente in I grado, è una società commerciale, la quale gestisce una gioielleria a Milano, in corso Vittorio Emanuele II 15, in un immobile datole in locazione dalla proprietaria, Maria S.r.l., i cui soci di maggioranza erano in origine i controinteressati, appellante L A e appellante incidentale Felice A.

2. Nel corso del 2015, la Gobbi 1842, interessata ad acquistare l’immobile in questione, sede storica della propria attività, avviava trattative in tal senso con la società proprietaria e con i consorti A, soci di essa. Le trattative però non andavano a buon fine, in quanto questi ultimi comunicavano di avere ritenuto più conveniente realizzare il valore delle loro quote cedendole ad altri soggetti, ovvero gli altri controinteressati appellanti incidentali D P e F D S, nonché le altre due società intimate indicate in epigrafe, non costituite, sempre facenti capo a costoro.

3. A seguito di questi fatti, fra la Gobbi 1842, la Maria S.r.l. e gli altri soggetti di cui ora si dirà, sono state instaurate due cause civili.

3.1 La prima è la causa 36896/2017 R.G. Tribunale di Milano, promossa dalla Maria S.r.l. contro la Gobbi 1842, con i consorti A come terzi chiamati in causa, per ottenere il rilascio per finita locazione dell’immobile in questione.

3.2 La seconda è la causa 18485/2018 R.G. Tribunale di Milano, promossa dalla Gobbi 1842 nei confronti della Maria S.r.l., dei consorti A precedenti soci e degli attuali soci P e D S, per sentir dichiarare il proprio diritto di prelazione ed esercitare il riscatto ai sensi degli artt. 38 e ss. della l. 27 luglio 1978 n.392. In sintesi estrema, la tesi sostenuta dalla Gobbi 1842 in questo giudizio è quella per cui la cessione delle quote dai consorti A ai nuovi soci P e D S simulerebbe una vendita, così realizzata allo scopo di eludere il diritto di prelazione e di riscatto del conduttore di immobile commerciale.

4. Allo scopo di sostenere le proprie ragioni, in particolare nella citata causa 18485/2018 la Gobbi 1842 ha quindi presentato il giorno 20 febbraio 2019 all’Agenzia delle entrate intimata appellata un’istanza di accesso, al fine di ottenere copia di alcuni documenti relativi alla posizione fiscale dei controinteressati predetti e produrli appunto nel giudizio civile indicato. Per la precisione, la società ha elencato gli atti notarili o di dottore commercialista, specificamente indicati, con i quali sono state apparentemente compiute le cessioni delle quote della Maria S.r.l. dai consorti A a F D S e a D P, nonché da F D S alle società Red S.r.l. e alla Immobiliare La Torre S.r.l., atti dei quali all’evidenza dispone. Ha poi chiesto, in primo luogo, per ciascuno di questi atti: a) l’accesso alla copia dei “movimenti bancari” ovvero degli assegni bancari, in questo caso specificamente indicati, con i quali è stato eseguito il pagamento delle quote;
b) l’accesso al quadro pertinente della dichiarazione dei redditi del cedente le quote, in cui questi avrebbe dovuto dichiarare il reddito corrispondente;
c) l’accesso al documento, modello F24 o altro, da cui risulta il pagamento della corrispondente imposta sostitutiva dovuta sulla cessione. Ciò posto, per due degli atti di cessione, ovvero per le cessioni 25 giugno 2010 (doc. 11 ricorrente appellata nel foliario 10 giugno 2020) e 30 ottobre 2015 (doc. 14 ricorrente appellata nel foliario 10 giugno 2020), ha evidenziato che l’atto stesso, per il pagamento delle quote, faceva riferimento a non meglio precisati precedenti accordi fra le parti, e ne ha chiesto quindi copia, ove registrati (fatti storici non contestati, si vedano comunque il doc. 5 in I grado ricorrente appellata, copia dell’istanza, e la sentenza di I grado).

5. Per chiarezza, si ricordano le norme in base alle quali l’Agenzia delle entrate può astrattamente detenere i documenti del tipo indicato dalla società istante.

5.1 Per gli atti relativi alla cessione delle quote, ove registrati, si applica l’art. 18 del T.U. Imposta di registro 26 aprile 1986 n.131, per cui “L'ufficio del registro”, ora notoriamente assorbito appunto dall’Agenzia delle entrate, “conserva gli originali e le copie” degli atti presentati per la registrazione e ne rilascia copia nei casi consentiti dalla legge, in particolare ove si possa esercitare il diritto di accesso.

5.2 I “movimenti bancari” rientrano nella previsione dell’art. 7 comma 6 del D.P.R. 29 settembre 1973 n.605, per cui: “Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario … sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria … l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale”.

5.3 Per chiarezza, si ricorda che la natura di documenti soggetti al diritto di accesso dei documenti relativi alle operazioni comunicate all’anagrafe tributaria ai sensi del citato art. 7 D.P.R. 605/1973 non è controversa in causa, e comunque è stata affermata dalla giurisprudenza di questo Consiglio, in quanto si tratta di atti utilizzabili dall'Amministrazione finanziaria per l'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche se non formati da essa: in tal senso, per tutte C.d.S. A.P. 25 settembre 2020 n.19, ma già negli stessi termini C.d.S. sez. IV 14 maggio 2014 n.2472.

5.4 Per i modelli di dichiarazione ai fini dell’imposta sui redditi e delle imposte sostitutive, l’art. 3 commi 1 e 12 del D.P.R. 22 luglio 1998 n.322 dispone in modo espresso che essi vadano presentati all’Agenzia.

5.5 Allo stesso modo dispongono infine per i modelli di versamento F24 l’art. 17 del d. lgs. 8 luglio 1997 n.241 e i provvedimenti di esso attuativi che di volta in volta l’Agenzia emana.

6. Parallelamente, la Gobbi 1842 nel contenzioso civile di cui si è detto ha chiesto in via istruttoria l’acquisizione degli stessi documenti, e non la ha ottenuta, nei termini ora descritti.

6.1 Nella causa 36896/2017 R.G. Tribunale di Milano, la Gobbi 1842, ivi convenuta in I grado, si è limitata a chiedere l’esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. ai notai roganti gli atti di cessione delle quote delle copie dei titoli di pagamento, che ragionevolmente coincidono con i “movimenti bancari” di cui si è detto sopra. L’istanza è stata respinta in I grado – si veda la sentenza T. Milano 2 settembre 2019 n.6670 (doc. 10 appellante principale, copia di essa);
è stata riproposta nell’atto di appello (doc. 18 appellante principale);
è stata respinta anche nella sentenza di appello – A. Milano 21 agosto 2020 n.1733 (doc. 24 appellante principale).

6.2 Nella causa 18485/2018 R.G. Tribunale di Milano, la Gobbi 1842 ha invece richiesto nei confronti dell’Agenzia l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. di tutta la documentazione sopra indicata, non nel ricorso introduttivo (doc. 11 appellante principale), ma in una separata istanza (doc. 13 appellante principale). L’istanza in questione è stata respinta in I grado con ordinanza del Giudice 7 giugno 2019, che ha definito la documentazione “irrilevante” ai fini del decidere e l’istanza stessa “tardiva” nonché “irrituale” (doc. 14 appellante principale, ordinanza citata). L’istanza in questione è stata riproposta nel contesto di un reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c. (doc. 15 appellante principale) e respinta sia nella decisione del reclamo, ordinanza 16 agosto 2019 (doc. 16 appellante principale), sia nella sentenza di I grado T. Milano 6 novembre 2019 n.10108 (doc. 17 appellante principale). Consta che contro questa sentenza la Gobbi 1842 abbia proposto appello, pendente al n.96/2020 R.G. Appello Milano, anche se i dettagli delle domande proposte in quella sede qui non sono noti (v. replica Gobbi 1842 18 settembre 2020, fatto non contestato).

7. Nell’ambito del procedimento amministrativo, con il provvedimento comunicato il giorno 21 marzo 2019 (doc. 4 in I grado ricorrente appellata), l’Agenzia ha negato l’accesso, ed ha ribadito il diniego con il provvedimento comunicato il giorno 11 giugno 2019 (doc. 2 in I grado ricorrente appellata), successivo ad un invito della Commissione ministeriale per l’accesso (doc. 3 in I grado ricorrente appellata), adita dalla società affittuaria dopo il primo diniego, la quale invece riteneva l’accesso dovuto, e ciò nei termini ora spiegati.

7.1 Nella motivazione del provvedimento 11 giugno 2019, l’Agenzia richiama anzitutto quanto affermato a sostegno del proprio precedente diniego 21 marzo 2019. Cita quindi precedenti di questo Giudice – le sentenze sez. IV 13 luglio 2017 n.3461 e 14 maggio 2014 n.2472- nonché del TAR Lombardia Milano, e afferma che la possibilità di acquisire al di fuori del processo documenti amministrativi dei quali una delle parti intenda avvalersi in giudizio costituisce un’elusione non consentita delle norme sull’acquisizione delle prove ed una lesione del diritto di difesa dell’altra parte. In questo caso, sempre secondo il provvedimento impugnato, l’accesso ad un documento si potrebbe ritenere “indispensabile” ai fini della difesa solo quando fosse impossibile acquisirlo per mezzo di strumenti processuali tipici già previsti dall’ordinamento. Nei casi diversi, invece, non si potrebbe affermare che l’accesso sia “strumentale” alla tutela di alcuna posizione giuridica soggettiva, perché le regole che tutelano una posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio sarebbero altre, quelle appunto che disciplinano l’acquisizione della prova nel processo, in questo caso nel processo civile (doc. 2 in I grado ricorrente appellata, cit.).

7.2 Sempre nel provvedimento 11 giugno 2019, l’Agenzia ritiene che le motivazioni appena esposte abbiano carattere assorbente;
aggiunge però quanto segue. In primo luogo, afferma che i documenti a lei trasmessi “nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali di vigilanza e controllo in materia finanziaria e tributaria” sarebbero “sottratti all’accesso per ragioni di tutela della riservatezza del soggetto cui afferiscono”, e quindi potrebbero in generale essere resi accessibili solo “in presenza di un rapporto di stretta indispensabilità dei documenti richiesti per l’esercizio del diritto di difesa”, rapporto che nella specie ritiene insussistente, “tenuto conto che le esigenze difensive risultano adeguatamente tutelate dalle norme processuali che regolano i giudizi instaurati”.

7.3 In subordine, l’Agenzia aggiunge che tratterebbe comunque di un’istanza esplorativa, come tale non accoglibile, perché finalizzata non ad accedere a specifici documenti, ma a verificare se essi esistano oppure no (v. sempre doc 2 in I grado ricorrente appellata, cit.).

8. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso presentato dalla società affittuaria contro tale diniego, con la motivazione di seguito riassunta.

8.1 In primo luogo, il TAR, ha dato atto del contrasto giurisprudenziale in quel momento esistente sul punto, e dell’ordinanza di questa IV Sezione 4 febbraio 2020 n.888 che aveva rimesso all’Adunanza plenaria la relativa questione;
ha però ritenuto di condividere senz’altro la tesi dell’applicabilità in ogni caso delle norme sull’accesso anche alle istanze presentate in pendenza di una causa civile, relative a documenti da produrre in quella sede.

8.2 Ciò posto, il TAR ha affermato in generale che l’amministrazione non potrebbe valutare l’effettiva utilità dei documenti richiestile, ma dovrebbe soltanto “verificare l’attinenza fra la tale documentazione e l’interesse che l’istanza intende tutelare”, e che allo stesso modo il Giudice amministrativo non potrebbe “verificare in che modo la parte intenda utilizzare nel processo civile la documentazione oggetto dell’istanza di accesso, rimanendo tale profilo riservato alla valutazione del titolare dell’interesse, unico soggetto competente a definire le proprie strategie di difesa”.

8.3 Nel caso di specie, sempre secondo il TAR, non sarebbe “contestabile che la documentazione richiesta … abbia attinenza con l’interesse” tutelato “nel giudizio civile promosso al fine di accertare il carattere simulato delle cessioni di quote”, e quindi ciò basterebbe ad affermare “la sussistenza di un interesse concreto ed attuale ad accedere agli atti”.

8.4 Tanto premesso, il TAR prende in esame il bilanciamento degli interessi coinvolti. In ordine logico, dà atto di condividere l’orientamento giurisprudenziale per cui anche le comunicazioni relative ai rapporti finanziari di cui al citato art. 7 del D.P.R. 605/1973 costituiscono documenti ai fini delle norme sul diritto di accesso. In tali termini, afferma allora che l’interesse alla difesa della parte istante prevale sull’interesse alla riservatezza delle persone cui i documenti si riferiscono, e che trattandosi di dati di natura economica, non vi è l’esigenza di evitare la divulgazione di dati sensibili o giudiziari. Esclude infine che l’istanza sia generica, perché non obbliga ad alcuna particolare attività di elaborazione o estrapolazione dei dati.

9. Contro questa sentenza, ha proposto appello principale L A, ed hanno proposto appello incidentale sia l’Agenzia, sia Felice A che i nuovi soci D P e F D S;
tutti costoro hanno chiesto che la sentenza di I grado sia riformata e che il diritto all’accesso agli atti della società affittuaria venga riconosciuto insussistente.

2. Ciò considerato in punto di fatto, va rilevato che la Sezione, con l’ordinanza n. 7514 del 30 novembre 2020, ha deferito all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato la questione concernente la ricognizione specifica dei poteri di valutazione dell’istanza di accesso difensivo da parte dell’amministrazione e, conseguentemente, da parte del giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso ex art. 116 c.p.a.

3. L’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 4 del 18 marzo 2021, ha affermato i principi di diritto di cui infra ed ha restituito gli atti alla Sezione remittente per la prosecuzione del giudizio.

3.1. In seguito all’ordinanza presidenziale n. 695 del 14 aprile 2021, finalizzata ad acquisire dalle parti una manifestazione di persistenza dell’interesse alla definizione del giudizio, i signori L A, Felice A, D P e F D S e la società Gobbi 1842, con rispettive memorie, hanno dichiarato di avere ancora interesse al giudizio.

3.2. Le parti hanno infine affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

In particolare:

a ) l’appellante principale e gli appellanti incidentali signori Felice A e P e D S hanno rilevato, con riferimento all’istanza de qua , l’insussistenza dei presupposti della strumentalità, vista l’irrilevanza ai fini dei giudizi civili dei documenti richiesti, e di concretezza e attualità, considerato lo stato avanzato di tali giudizi (Corte di Cassazione) e il sindacato di irrilevanza degli stessi già espresso nella sede di merito;

b ) la società Gobbi 1842 ha evidenziato che le informazioni e i documenti oggetto di richiesta di accesso non sono soltanto specifiche e puntuali ma evidentemente strumentali e funzionali al diritto di difesa (art. 24 Cost.) ed ha altresì rilevato che le eccezioni degli appellanti volte ad effettuare un giudizio prognostico circa l’adeguatezza e l’utilità della documentazione rispetto alle ragioni difensive della società siano state sostanzialmente censurate con il secondo principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria.

3.3. Con memoria del 29 ottobre 2021 la società appellata ha infine replicato alle avverse deduzioni.

4. Alla camera di consiglio dell’11 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. Gli appelli (principale e incidentali) sono infondati e devono pertanto essere respinti.

In ragione dell’infondatezza degli appelli nel merito può prescindersi dall’esame delle eccezioni di:

a ) inammissibilità dei documenti depositata dalla società Gobbi 1842 in vista dell’udienza del 2 luglio 2020, non essendo rilevanti ai fini del decidere;

b ) acquiescienza degli appellanti nei confronti di alcuni capi della impugnata sentenza.

6. Con un primo motivo sia l’appellante principale che gli appellanti incidentali sostengono che, nel caso presente, non sussisterebbe il diritto all’accesso, dovendosi applicare soltanto la normativa del codice di procedura civile sull’acquisizione delle prove, che com’è noto per emettere un ordine di esibizione di documenti prevede presupposti diversi e più restrittivi, e comunque lo sottopone al controllo del giudice.

6.1. La censura è infondata.

6.2. Al riguardo, il Collegio rileva, ribadendo quanto già espresso dalla Sezione nell’ordinanza n. 7514/2020 e dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 4/2021, che la stessa Adunanza plenaria nelle sentenze nn. 19, 20 e 21 del 25 settembre 2020:

a ) ha stabilito il principio di diritto per cui “ l’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ. ”;

b ) l’art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990 configura l’accesso difensivo come fattispecie autonoma, strumentale all’esercizio del diritto di difesa in giudizio, sebbene si possa prescindere dalla pendenza attuale di una causa;

c ) invero l’accesso difensivo e i poteri processuali di acquisizione probatoria sono istituti essenzialmente diversi, ponendosi il primo come strumento complementare, e non alternativo, all’acquisizione processuale, da ciò dovendo conseguire che l’accesso non è precluso nel momento in cui il giudice della causa pendente abbia respinto richieste istruttorie con lo stesso contenuto.

6.3. Sulla base di tali considerazioni deve pertanto essere escluso che la attuale pendenza di un giudizio civile, quindi la concreta esperibilità degli strumenti processuali volti all’acquisizione di prove, precluda in astratto l’esercizio del diritto di accesso, anche nell’ipotesi in cui il giudice di tale giudizio, come nel caso in esame, abbia respinto la richiesta di esibizione (per irrilevanza e tardività) con una decisione non ancora passata in giudicato.

7. Con il secondo motivo gli appellanti sostengono che i presupposti per l’accesso comunque non sarebbero dimostrati, in quanto la società Gobbi 1842 non avrebbe chiarito in alcun modo come la documentazione richiesta potrebbe essere utilizzata per dimostrare l’asserito carattere simulato del trasferimento delle quote della società Maria S.r.l. In particolare gli appellanti criticano la sentenza di primo grado nella parte in cui ha affermato, asseritamente in modo apodittico, la sussistenza di un collegamento tra i documenti richiesti e la prova della pretesa simulazione del negozio, senza tuttavia spiegare perché le deduzioni della società Gobbi 1842 avrebbero consentito di superare nel giudizio amministrativo un giudizio di irrilevanza già formulato dal giudice ordinario nei processi pendenti. Allo stesso modo l’impugnata sentenza sarebbe errata laddove ha considerato sussistenti i requisiti di concretezza ed attualità dell’interesse ad accedere agli atti affermato dall’istante.

7.1. Alla luce dei principi di diritto enunciati dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 4 del 18 marzo 2021 si appalesa l’infondatezza della censura all’esame.

7.2. Al riguardo, si osserva che l’Adunanza Plenaria, al punto 20.4 della citata sentenza, ha affermato in sintesi i seguenti principi di diritto:

a) in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare;

b) la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990 ”.

7.2.1. Al contempo, l’Adunanza Plenaria, nel restituire la causa alla Sezione rimettente affinché valuti se la sentenza impugnata si sia attenuta ai principi di cui si è detto ”, ha precisato che a tali fini dovrà tenersi conto che “nel caso di specie, da un lato, la domanda di accesso, che consta di 25 pagine, aveva ad oggetto documentazione intesa a dimostrare nel giudizio avanti al Tribunale di Milano e, poi, avanti alla Corte d’Appello di Milano la presunta simulazione anche relativa della vendita dell’immobile oggetto di locazione, “mascherata” da vendita delle quote societarie, e che dall’altro le statuizioni del giudice civile sfavorevoli a Gobbi 1842 s.r.l., tutte successive all’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado, non risultano allo stato essere passate in giudicato ”.

7.3. Dall’esame dell’istanza di accesso agli atti inviata a mezzo PEC, in data 20 febbraio 2019, dalla società Gobbi 1942 S.r.l. all’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Milano, Ufficio Territoriale di Milano 1 e all’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale della Lombardia emerge chiaramente la strumentalità dei documenti rispetto alla finalità espressa nel giudizio civile di dimostrare il carattere simulato del trasferimento delle quote della società Maria S.r.l.

Invero, la società istante esponeva, con dovizia di particolari e facendo riferimento al procedimento di riscatto radicato dalla stessa ditta nei confronti della società Maria S.r.l., dei nuovi e dei vecchi soci della stessa, come l’interesse ad ottenere visione e copia dei documenti e delle informazioni elencate nell’istanza fosse finalizzato ad ottenere l’accertamento della natura simulata o comunque in frode alla legge del trasferimento immobiliare effettuato mediante la cessione di quote ed il conseguente riscatto ex art. 39 l. n. 392/1978 e, pertanto, a dimostrare che il trasferimento delle quote di Maria S.r.l. rappresenta una mera “veste” del trasferimento immobiliare.

7.3.1. La società Gobbi 1942 S.r.l. pertanto chiariva come tale operazione, a suo avviso, avrebbe avuto l’obiettivo:

a ) di ridurre drasticamente l’impatto fiscale che avrebbe generato il trasferimento immobiliare se fosse stato fatto in modo tradizionale, anziché mediante la cessione del veicolo societario;

b ) di evitare cioè, stante il valore storico dello stesso, il generarsi di una elevata plusvalenza imponibile ai fini IRES e IRAP in capo alla società Maria S.r.l.;

c ) di evitare la tracciabilità dei passaggi di denaro, che in effetti nella maggior parte dei casi non vengono indicati nonostante l’art. 35, comma 22, d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248 (modificato dall’art. 1, comma 48, legge 27 dicembre 2006, n. 296), imponga la tracciabilità dei pagamenti per le cessioni immobiliari, non anche per le partecipazioni societarie;

d ) di regolare così, ed evidentemente, altri e diversi rapporti, a dire il vero non chiari e non palesati ma richiamati nelle singole cessioni in luogo della normale modalità di pagamento.

7.3.2. Invero, secondo la società Gobbi 1842:

a ) “ laddove le dichiarazioni dei redditi dei soci alienanti le rispettive quote, con particolare riferimento ai quadri RN e RT, non recassero indicazione delle plusvalenze o degli incassi relativi alle compravendite dagli stessi dichiarate e prodotte nei giudizi civili fra le parti, se ne desumerebbe la simulazione delle compravendite medesime [peraltro dichiarazioni oggetto di richiesta non generica ma specifica di ostensione all’Agenzia delle Entrate limitatamente ai periodi d’imposta interessati: dichiarazione Unico PF 2016 per il periodo d’imposta 2015 e dichiarazione Unico PF 2011 per il periodo d’imposta 2010] ”;

b ) “ ad analoghe conclusioni si perverrebbe anche con riferimento ai pagamenti dei corrispettivi indicati negli atti di cessione-quote, dei quali parimenti, Gobbi 1842 S.r.l. ha fatto richiesta puntuale e specifica (tutt’altro che esplorativa), facenti quasi sempre rinvio, come si può osservare, a separate o indeterminate modalità solutorie, conseguendone che qualora anche di essi non vi fosse traccia, sarebbe confermata, anche in tal caso, la natura simulata delle cessioni di quote in commento ”;

c ) pertanto, “ ove fosse provato che le cessioni di quote hanno in realtà realizzato una cessione dell’immobile “vestita” da cessione quote societarie, la stessa Gobbi 1842 S.r.l. sarebbe stata pretermessa ed avrebbe pieno titolo di esercitare il diritto di prelazione ex art. 38 e il relativo riscatto ai sensi dell’art. 39 L. 392/1978 ”.

7.4. In conclusione, è quindi evidente che la società Gobbi 1842 S.r.l. ha richiesto la documentazione di tipo economico e fiscale con l’obiettivo di evincere se effettivamente vi fosse traccia dei pagamenti paventati così come delle conseguenze fiscali degli stessi. Ciò in quanto la prova della mancata corresponsione del prezzo pattuito, ad esempio laddove il pagamento del prezzo delle compravendite fosse stato effettuato a mezzo di assegni bancari mai incassati, ovvero la non congruità del prezzo costituiscono elementi fondamentali al fine di qualificare come simulato un contratto.

7.5. Del resto, stante la pendenza del giudizio civile, altresì non vi sono dubbi in ordine alla sussistenza dei caratteri di concretezza ed attualità dell’interesse all’accesso, al riguardo non rilevando, in ragione di quanto esposto sub § 6.3 e sub § 7.2, l’asserita impossibilità di produzione dei documenti nel giudizio civile in ragione delle preclusioni processuali proprie del grado di giudizio. Parimenti, sulla base di quanto affermato dall’Adunanza plenaria nella citata sentenza n. 4 del 2021 nel secondo principio di diritto di cui al § 7.2, non spetta a questo giudice amministrativo effettuare ulteriori valutazioni sulla rilevanza dei documenti richiesti ai fini della decisione del giudizio civile instaurato, ciò spettando esclusivamente all’autorità giudiziaria investita della questione.

8. Con il terzo motivo gli appellanti deducono che in ogni caso l’accesso dovrebbe essere negato, avendo ad oggetto documenti afferenti a dati sensibili.

8.1. La censura non è fondata, in ragione di quanto sul punto già espresso dall’Adunanza plenaria, ai punti 19.2 e 19.3 della sentenza n. 4 del 18 marzo 2021.

Invero, si osserva che nel caso di specie “ non vengono in rilievo né i “dati sensibili” quali definiti dall’art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio e, cioè, dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, né i dati “giudiziari” di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, né i dati cc.dd. supersensibili di cui all’art. 60 del d. lgs. n. 196 del 2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona), bensì i dati personali rientranti nella tutela della riservatezza cd. finanziaria ed economica della parte controinteressata ”.

Da ciò consegue che, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza.

9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

10. La particolare complessità delle questioni controverse giustifica l’integrale compensazione delle spese del grado di giudizio.

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