Consiglio di Stato, sez. C, parere definitivo 2023-09-27, n. 202301230

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. C, parere definitivo 2023-09-27, n. 202301230
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301230
Data del deposito : 27 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00977/2023 AFFARE

Numero 01230/2023 e data 27/09/2023 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 12 settembre 2023




NUMERO AFFARE

00977/2023

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti


schema di regolamento recante l’” Organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell’organismo indipendente di valutazione della performance ”;

LA SEZIONE

Vista la nota 23 agosto 2023, prot. n. 30273, con la quale il Capo Ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Grasso;


1. Con nota 23 agosto 2023, prot. 30273, il Capo Ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante “ Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ”.

Alla richiesta di parere risulta allegata:

a ) la “ relazione illustrativa ”, munita del visto del Ministro, con richiesta di trasmissione al Consiglio di Stato;

b ) lo schema di regolamento, munito della “bollinatura” del Ragioniere Generale dello Stato;

c ) il testo di una diversa “ relazione illustrativa ”, peraltro di incerta imputazione e a destinatario non definito, priva di sottoscrizione, ancorché parimenti munita di “bollinatura”;

d ) l’” analisi tecnico-normativa ”, priva di sottoscrizione e non “bollinata”;

d ) la “ relazione tecnico-finanziaria ”, corredata da positiva verifica del Ragioniere Generale dello Stato, con allegate tabelle;

e ) la nota del Capo Ufficio legislativo, Capo del Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, attestante l’esenzione dall’AIR, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lett. h ), del d.P.C.m. 15 settembre 2017, n. 169;

f ) la nota in data 20 luglio 2023, sottoscritta – d’ordine del Ministro – dal Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero per la pubblica amministrazione, recante espressione di concerto allo schema di regolamento;

g ) la nota in data 11 agosto 2023, sottoscritta – d’ordine del Ministro e per delega del Capo dell’ufficio legislativo del Ministero dell’economia e delle finanze – dal Direttore generale dell’Ufficio, recante espressione di concerto allo schema di regolamento.

La documentazione trasmessa allude, altresì, ad una nota prot. 7611 dell’11 agosto 2023 del Dipartimento per gli affari giuridici legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si assume allegata ma di fatto non trasmessa, con la quale sarebbe stato inoltrato all’Ufficio legislativo lo schema di regolamento approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 3 agosto 2023, munito del visto del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato .

2. Riferisce il Ministero che l’adozione di un nuovo regolamento di organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro, nonché dell’Organismo indipendente di valutazione della performance e della Struttura tecnica permanente per la valutazione della performance si è resa necessaria nella prospettiva di adeguare a “ criteri di maggiore funzionalità ” l’attuale assetto organizzativo.

Finalità principale dell’intervento sarebbe, in particolare, quella di consentire, da una parte, il “ coordinato ed integrato esercizio delle funzioni di supporto e di raccordo tra l’Organo politico e le strutture ministeriali ” e, dall’altra, un “ efficace esercizio delle funzioni di valutazione ”.

La “ necessità di razionalizzazione ” opererebbe, con ciò, nell’ottica di garantire un “ sinergico svolgimento delle funzioni di direzione attribuite all’Organo politico, di elaborazione delle politiche pubbliche e delle connesse attività di comunicazione ”.

Riprendendo, a tal fine, i “ principali contenuti ” del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2020, n. 191, recante il vigente regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, il nuovo schema provvederebbe al relativo aggiornamento, introducendo novità che, rispetto al precedente impianto organizzativo, sarebbero “ funzionali ad assicurare una più efficace ed efficiente gestione delle competenze degli Uffici ”, tenendo conto “ dell’esperienza maturata nel corso del triennio successivo all’entrata in vigore del precedente regolamento ”.

3.- L’esame dello schema sollecita talune osservazioni di carattere preliminare.

3.1.- Rileva, anzitutto, la Sezione che la richiesta di parere risulta inoltrata (con nota 23 agosto 2023, prot. 30273) dal Capo Ufficio legislativo del Ministero.

Si tratta, in sé, di modalità irrituale, posto che l’articolo 36 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444, con disposizione di carattere generale, prevede che “ le comunicazioni al Consiglio di Stato, per averne parere, sono fatte mediante richiesta del ministro sopra relazione del capo di servizio contenente i fatti e le questioni specifiche sulle quali si propone di consultare il Consiglio ” (cfr., sul punto, Cons. Stato, sez. I, n. 1239/2021 e Id., n. 63/2019).

Nondimeno, la Sezione prende atto, come sostanzialmente idonea allo scopo, della avvenuta sottoscrizione, per presa visione, dello schema di parere ad opera del Ministro, recante in calce espressa autorizzazione alla relativa trasmissione per le prescritte finalità consultive.

3.2.- Ancora in via preliminare, si osserva che la richiesta di parere è accompagnata dalla trasmissione degli “ atti di concerto ”, resi: a ) per il Ministro della pubblica amministrazione, d’ordine dello stesso, dal Capo dell’Ufficio legislativo; b ) per il Ministro dell’economia e delle finanze, d’ordine dello stesso al Capo dell’ufficio legislativo e per delega di quest’ultimo, dal Direttore generale dell’ufficio.

Sul punto, desta perplessità, sotto un profilo formale, la circostanza che il concerto non sia stato, in entrambi i casi, espresso dal Ministro (o al più, d’ordine di quest’ultimo, dal Capo di gabinetto) al quale compete la responsabilità della valutazione e della valorizzazione comparativa delle esigenze e degli interessi del dicastero di competenza, a confronto delle opzioni organizzative espresse dal Ministero concertante. Nel secondo caso, per giunta, risulta violato il principio per cui delegatus delegare non potest , avendo il Capo dell’ufficio legislativo a sua volta incaricato il Direttore generale dell’ufficio.

Peraltro, la questione non si pone (solo) in termini meramente formali.

Importa, invero, rimarcare, in termini generali, la rilevanza (non formale, appunto) di tale significativo momento codecisionale , in ordine al quale la Sezione ha in più occasioni affermato, sotto un profilo dogmatico (da ultimo, cfr. il parere n. 1083 del 3 agosto 2023), che nella relativa manifestazione è implicita (come fatto palese anche dall’etimologia, che evoca un confronto contestuale ) la discussione, il confronto tra plurime volontà, che trovano una composizione proprio a seguito ed in virtù del concerto stesso, in un momento in cui la volontà definitiva non sia stata ancora formata.

In tale prospettiva, il “ concerto ” esprime – in ordine alla proposta elaborata, in via preliminare, dall’autorità concertante – una adesione sostanziale , conseguente al concreto apprezzamento di compatibilità degli interessi pubblici a confronto (anche di ordine organizzativo ed infrastrutturale), che abilita del resto alla formulazione di eventuali suggerimenti e alla elaborazione di proposte di modifica o di integrazione: sicché non a caso, nel conflitto, è prevista la composizione in sede di Consiglio dei ministri (cfr. articolo 5, comma 2 lettera c-bis ) legge 23 agosto 1988, n. 400).

Per tal via – pur con l’elevato tasso di politicità e l’ampia discrezionalità che connota l’attività di concertazione a livello ministeriale – la sua manifestazione, ancorché non integri un atto unitario e formalmente complesso, ma si atteggi a mero modulo procedimentale, realizza una effettiva compartecipazione alla elaborazione del provvedimento o dell’atto, per la quale l’autorità concertata esprime sulla proposta elaborata dall’autorità concertante una effettiva valutazione di compatibilità con gli interessi di cui è portatrice, con ciò realizzandosi una forma di concorso nel volere che è, ad un tempo, sostanziale codeterminazione del voluto . Di tal che – benché rientri nell’ordine del possibile che l’autorità concertata nulla abbia da osservare sullo schema di atto – è bene rimarcare che si tratta pur sempre di un caso limite, che non può valere a ridurre il concerto – svilendone importanza, senso e funzione – a mera e vacua formula di stile .

In analoghe situazioni, del resto, la Sezione non ha omesso di evidenziare che neppure l’approvazione in Consiglio dei Ministri con la mera presenza , senza osservazioni, dei Ministeri concertanti è, come tale, sufficiente a integrare la fattispecie, che sollecita piuttosto l’adozione di un atto d’assenso formale (con riguardo alla necessaria previa acquisizione del concerto ministeriale, si vedano i pareri 1° giugno 2018, n. 1450;
7 ottobre 2016, n. 2059;
6 ottobre 2015, n. 2750;
1° settembre 2015, n. 2473;
18 novembre 2011, n. 4228;
8 giugno 2010, n. 2598;
1° giugno 2010, n. 2527).

Ne discende, in termini generali, che il concerto non può essere surrogato: a ) né da un mero e “secco” nulla-osta , con il quale il Ministero concertante (o addirittura una struttura semplicemente delegata) si limiti, con formula essenzialmente negativa , ad escludere la mera sussistenza di ragioni preclusive alla decisione della autorità procedente; b ) né da una (postuma) “ approvazione ”, in cui la volontà – espressa nell’atto da approvare – risulta già formata, sicché chi approva ben può essere portatore di un interesse diverso rispetto a chi ha compiuto l’atto produttivo di effetti giuridici.

Con l’ulteriore precisazione, da ultimo, che il concerto ministeriale – costituendo l’atto con cui il Ministro si rende partecipe dell’iniziativa politica, concorrendo ad assumerne la responsabilità – non può che riguardare il provvedimento nel suo complesso e può essere manifestato dal Ministro, oppure da altro soggetto soltanto per espresso incarico, delega o ordine del Ministro stesso .

Ciò posto, la Sezione ritiene, pur con le rimarcate perplessità e senza soprassedere in ordine alla espressione del richiesto parere, di sollecitare, comunque, il Ministero richiedente ad acquisire, sia pure a posteriori , un formale concerto espresso dal Ministro della pubblica amministrazione e dal Ministro dell’economia e delle finanze.

3.3.- Sempre in via preliminare, osserva la Sezione che il preambolo dello schema di regolamento in esame si limita ad evocare, in termini generici e vaghi, l’avvenuta “ informativa ” delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, all’uopo evidenziando che l’amministrazione “ ha informato le Organizzazioni sindacali rappresentative con nota nella riunione del 14 luglio 2023 ”.

La formula è alquanto malcerta e non chiarisce i termini e modalità dell’effettivo coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Premesso che, come in altre occasioni ribadito dalla Sezione, è, sul punto, necessario inserire, quanto meno, i riferimenti delle date in cui si sono svolti gli incontri con le associazioni predette, non è chiaro se la comunicazione sia stata inoltrata, come necessario, prima della riunione del 14 luglio 2023 ed in vista della stessa, ovvero – come sembra suggerire l’ambiguo tratto letterale – l’informativa sia stata resa proprio nella riunione in questione.

All’uopo, importa rammentare:

a ) che la definizione dell’” organizzazione degli uffici ” postula la “ previa informazione sindacale , ove prevista nei contratti collettivi nazionali ” (articolo 6, comma 1 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in relazione all’articolo 40, comma 1;
cfr., altresì, l’articolo 19 legge 15 marzo 1997, n. 59, la cui applicazione è imposta dall’espresso richiamo operato dall’articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300);

b ) che – a mente dell’articolo 4, comma 5 del vigente “ Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Funzioni Centrali per il periodo 2019-2021 ”, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – la relativa informazione deve essere garantita “ almeno 5 giorni prima dell’adozione degli atti ”, in guisa tale da consentire la effettiva conoscenza ed il concreto esame delle questioni trattate (cfr. articolo 4, comma 2 CCNL cit.).

Ne discende l’opportunità di integrare, relativamente al preambolo, lo schema di regolamento, in guisa da evocare, con sufficiente precisione e puntualità , le modalità anche temporali del coinvolgimento informativo delle organizzazioni sindacali, evidenziando i termini della relativa interlocuzione, anche con l’allegazione di eventuali osservazioni e/o proposte ivi emerse o formulate.

In ogni caso, non essendo stati trasmessi, con la richiesta di parere, i verbali della o delle riunioni con le associazioni sindacali, la Sezione non è stata posta in condizioni di verificare se le associazioni in questione abbiano svolto osservazioni e se tali osservazioni sono state poi prese o meno in considerazione.

3.4.- Si osserva, ancora, che l’approvazione del regolamento deve essere preceduta (giusta l’articolo 17, comma 2 della l. n. 400/1988, per questa parte non derogata dall’articolo 13 del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173) dalla preventiva deliberazione del Consiglio dei ministri, che, nel preambolo dello schema trasmesso, si assume avvenuta nella riunione del 3 agosto 2023.

Con la richiesta di parere non è stata, tuttavia, trasmessa – ai fini delle relative verifiche – l’attestazione del sottosegretario di Stato, tenuto, nella qualità di “ segretario del Consiglio ”, alla cura della “ verbalizzazione ” ed alla “ conservazione del registro delle deliberazioni ” (cfr. articolo 4, comma 2 legge n. 400/1988).

Pur senza sospendere l’espressione del parere, si sollecita il Ministero a curare la relativa acquisizione, con verifica di regolarità della scansione procedimentale.

3.5.- La Sezione non può omettere, ancora, di evidenziare che la “ relazione ” predisposta per chiarire ed illustrare, nei tratti essenziali e qualificanti, i termini , le modalità e le ragioni della prefigurata “ organizzazione ” e “ disciplina ” degli uffici (cfr. articolo 17, comma 4- bis legge 23 agosto 1988, n. 400) risulta formulata, nel suo complesso, con tratto esplicativo scarno e sintetico, ed in termini piuttosto apodittici che realmente “illustrativi”, in quanto meramente ripetitivi, o sostanzialmente riproduttivi, del testo dello schema normativo elaborato.

Sul punto, si richiama, in via generale, quanto più volte segnalato (ad es. con i pareri nn. 2213/2018 e 2862/2019) circa l’esigenza che le relazioni illustrative “ diano compiutamente conto delle finalità dei provvedimenti normativi, nonché degli strumenti e dei meccanismi giuridici approntati per conseguirle ”.

Ciò non al fine di svolgere un sindacato sull’eventuale nucleo discrezionale “puro” delle scelte normative-organizzative dell’amministrazione. Al riguardo vale la pena di ribadire che il merito in senso “tradizionale”, a seguito della formulazione, ben nota, dell’art.1 (attuale) della legge n. 241 del 1990 – e, in verità, sviluppando in logica coerenza le previsioni dell’art. 97 della Costituzione (già di per sé sufficientemente precettivo in materia giuridico-organizzativa) – è stato progressivamente, per così dire, assorbito nell’ambito del principio di legalità dell’azione ammnistrativa;
e ciò mediante clausole, di indubbia valenza sul piano del riscontro della legittimità, quali quelle di economicità , efficacia , imparzialità e, in complemento dei “ principi dell’ordinamento comunitario ”, quella di “ proporzionalità ”, nelle sue varie declinazioni ( idoneità dei mezzi rispetto allo scopo perseguito, necessarietà ponderata delle scelte nel senso della minor onerosità da preferire, ed, infine, adeguatezza , che ha il ruolo di guida nella comparazione tra interesse legale, legalmente tipizzato, principalmente perseguito e l’insieme delle altre posizioni giuridicamente protette modificate o, comunque, coinvolte in questo perseguimento).

Dunque, in particolare, l’organizzazione pubblica si fonda sulle previsioni fondamentali di una Costituzione ( rigida , cioè limitatamente “disponibile” anche per il Legislatore in sede di procedimento di revisione costituzionale), sicché – anche attraverso le consequenziali irradiazioni sulle leggi ordinarie, proprie della materia organizzativa, delle clausole costituzionali e di quelle cui al citato art. 1 della legge generale sull’azione amministrativa – si perviene ad un quadro dello “ Stato di diritto ” (costituzionale), per cui l’attività, anche normativa, di strutturazione ed articolazione dei “ pubblici uffici ”, risulta ormai oggetto di un complesso sistematico (anche di livello comunitario) di norme primarie sufficientemente dettagliate, al punto da costituire dei veri e propri parametri legali.

Questo Consiglio, dunque, in via di opinamento sull’osservanza dell’intero quadro della descritta sfera di legalità, è chiamato a valutare la coerenza logica interna, la “ qualità sostanziale ”, e la connessa proporzionalità delle soluzioni normative predisposte rispetto agli obiettivi dichiarati dal “ titolo ” – norma formalmente e materialmente primaria – che, all’interno della sistematica costituzionale e legislativa di settore, legittima l’adozione dell’atto regolamentare (Cons. Stato, n. 2213 del 2018;
Cons. Stato, n. 2862 del 2019).

Siffatta esigenza, sotto il profilo formale , fonda, del resto, sulla necessaria completezza e specificità della relazione che deve accompagnare la richiesta di parere (cfr., di nuovo, articolo 36 r.d. n. 444/1942), avuto segnato riguardo – relativamente ai regolamenti preordinati alla organizzazione e disciplina degli uffici – alla necessità di una puntuale e circostanziata verifica del rispetto dei criteri di razionalità organizzativa imposti dall’articolo 17, comma 4- bis legge n. 400 cit. e dall’articolo 4 decreto legislativo n. 300/1999.

Le, già rimarcate, esigenze di razionalità, coerenza , adeguatezza ed efficienza dell’assetto interno del Ministero, imposte dal principio di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, nella sua primaria e ribadita rilevanza organizzativa – devono, invero, orientare l’organizzazione e il riordino degli uffici, ai sensi dell’articolo 17, comma 4- bis legge n. 400/1988 e degli articoli 1 della legge n. 241/1990 e 2 del decreto legislativo n. 165/2001, espressamente richiamati dall’articolo 4, comma 3 del decreto legislativo n. 300/1999.

Si allude, in particolare:

a ) alla necessità di orientare la analitica definizione dell’assetto organizzativo alla (preliminare ed accurata) individuazione delle “ funzioni omogenee ” di pertinenza del Ministero (cfr. articolo 17, comma 4- bis , lettera b ) l. cit.), in guisa da evitare le “ duplicazioni funzionali ” tra diverse direzioni od uffici, rifuggendo dalla logica (che marca una vera e propria inversione metodologica, sotto il profilo allocativo) di attribuzione dei “ compiti ” e dei “ programmi di attività ” quale mero corollario della istituzione dell’organo (cfr. articolo 2, comma 1, lettera a ) decreto legislativo n. 165 cit.);

b ) alla chiara distinzione tra strutture “ con funzioni finali ” e strutture “ con funzioni strumentali ”, evitando che a diverse direzioni sia attribuita, senza il necessario momento di coordinamento e con effetto di moltiplicazione, una attività di varia ed irrelata elaborazione di programmi ed obiettivi;

c ) alla doverosa garanzia di “ flessibilità ”, che eviti il rischio di confusione che si annida – specialmente in presenza di una istituzione incrementale, a tratti marcata, di nuovi organi ed uffici, destinati ad innestarsi sulla situazione preesistente – nella pura e semplice elencazione cumulativa di attribuzioni, sottratta ad un vaglio di intellegibile coerenza, adeguatezza e proporzionalità;

d ) alla puntuale perimetrazione delle “ competenze di supporto ” rimesse, in via esclusiva, agli “ uffici di diretta collaborazione ” (cfr. articolo 17, comma 4- bis lettera a ) l. n. 400 cit.), con puntuale indicazione delle modalità di “ raccordo ” tra amministrazione e “ direzione politica ” e di “ collegamento delle attività degli uffici ” (cfr. articolo 2, comma 1 lettera c ) decreto legislativo n. 165 cit.);

e ) ad una ragionata “ verifica ” (di là dagli impatti oggetto di prospettica e programmatica valutazione periodica a posteriori ) della potenziale incidenza delle opzioni organizzative sui “ risultati ” complessivamente attesi in ordine alla attività amministrativa orientata all’esercizio delle funzioni (articolo 17, comma 4- bis , lettera c ) legge 400 cit.).

3.6.- Ancora in via preliminare, osserva la Sezione che, sotto un profilo di ordine formale, l’approvazione del regolamento di organizzazione con procedura semplificata e con la forma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si inscrive, in effetti, in una ormai consolidata linea di tendenza che, incidendo sul complessivo sistema delle fonti, registra una sostanziale fuga del procedimento ordinario stabilito dall’articolo 17, commi 2 e 4- bis della legge n. 400 del 1988 e dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999, i quali prevedono regolamenti governativi di delegificazione, emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Si tratta di tendenza che, per quanto beninteso avallata dalle disposizioni normative di rango primario (che peraltro, con la loro reiterata concatenazione, hanno di fatto sortito l’effetto di trasformare l’eccezione in regola, finendo per incidere sul sistema delle fonti ), non va esente da perplessità.

Come è noto, la Costituzione riserva alla legge l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri (art. 95, terzo comma, Cost.). Si tratta, per consolidato intendimento, di una riserva di legge relativa, la quale, come tale, non esclude, nell’ambito della “cornice” delineata dalla fonte legislativa, il ricorso a fonti non legislative.

L’organizzazione interna dei ministeri è, infatti, disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, e segnatamente dal decreto legislativo n. 300 del 1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi del richiamato articolo 17, comma 4- bis della legge n. 400/1988 (in tal senso, con previsione generale, l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 300/1999).

L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è, poi, demandata al ministro, che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (articolo 17, comma 4- bis , lettera e ) della legge n. 400/1988 e articolo 4, comma 4 del decreto legislativo n. 300/1999).

Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, l’assetto ordinario delle fonti ministeriali (articolo 7 del decreto legislativo n. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex articolo 17, comma 4- bis della legge n. 400 cit..

A fronte di tale quadro, negli ultimi anni il legislatore ha fatto ricorso a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale mediante l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali, anche per finalità di spending review , o di singoli dicasteri. Tali modalità sono state sempre autorizzate – in correlazione alla dichiarata attitudine derogatoria – in via transitoria (da ultimo, con riferimento allo schema in esame, con l’articolo 1, comma 5 decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112).

Appare, allora, evidente che, per effetto del succedersi cadenzato delle reiterate disposizioni derogatorie, si è finito per stabilizzare, trasformandolo in regola, un regime formale (e procedimentale) alternativo a quello ordinario, al segno che pressoché tutti i regolamenti di organizzazione dei Ministeri hanno assunto, all’attualità, la forma del d.P.C.M..

Le maggiori criticità, in una prospettiva di sistema, si incentrano, come è chiaro:

a ) sotto un profilo sostanziale, sulla sistematica sottrazione delle scelte organizzative dell’amministrazione centrale al preventivo vaglio delle Commissioni parlamentari, che – se poteva trovare giustificazione, in via di semplificazione, nelle situazioni di ridimensionamento delle piante organiche e dell’assetto degli uffici e di riduzione delle risorse finanziarie – pone complessi problemi nei più recenti casi, tra cui quello in esame, in cui l’assetto organizzativo è strutturato con esito incrementale ed è correlativamente prevista una necessaria provvista economica e personale, il cui controllo finisce per essere sottratto al vaglio parlamentare e, in definitiva, al circuito democratico;

b ) sotto un profilo formale, sulla obiettiva incertezza indotta nel (ben ordinato) sistema delle fonti.

Per il primo aspetto, non può non rimarcarsi che – sia pure in piana conformità a previsioni di rango normativo primario e pur prendendo atto della sussistenza della copertura finanziaria, validata dalla bollinatura del Ragioniere generale dello Stato – l’effetto incrementativo sugli assetti organizzativi (anche in termine di risorse umane, reali e finanziarie) risulta significativo.

Sotto il secondo aspetto, giova richiamare il parere della Sezione n. 1375/2021, formulato sullo schema di d.P.R. recante modifiche al regolamento di organizzazione degli uffici centrali del Ministero dell’interno, che – avuto riguardo alla diuturna stagione derogatoria e transitoria dei d.P.C.m, di organizzazione dei Ministeri – ha rimarcato le difficoltà derivanti dalla concatenazione di due diverse fonti di regolazione in questa materia (il regolamento governativo emanato con d.P.R. secondo lo schema ordinario e il d.P.C.m. di organizzazione, utilizzato in via eccezionale e provvisoria) evidenziando l'opportunità di ricondurre le norme dei d.P.C.M. nell'alveo della fonte ordinaria del regolamento governativo, anche per mero recepimento testuale e senza la necessità di modificazioni nel contenuto, quando non dovuto a norme di legge sopravvenute o a esigenze di coordinamento.

Più in generale, la Sezione, ricordando che la semplificazione dell’ordinamento passa anche attraverso la stabilità della fonte individuata in via ordinaria per l’intervento normativo di volta in volta interessato, auspica l’avvio di una riflessione sistemica e generale per favorire un atteggiamento uniforme sulla questione per tutti i Ministeri. A tal fine ritiene opportuno trasmettere il presente parere al Presidente del Consiglio dei Ministri e al DAGL, per le valutazioni di competenza.

Vale, ancora, soggiungere che la descritta semplificazione procedimentale realizza, in concreto, una deroga implicita alla previsione dell’articolo 1, comma 1 lettera ii ) della legge 12 gennaio 1991, n. 13, che prevede l’emanazione con decreto del Presidente della Repubblica di “ tutti gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione del Consiglio dei Ministri ”: il che si pone in contrasto con il principio (articolo 1, comma 2 l. cit.) che ogni modifica, integrazione, sostituzione o abrogazione del tassativo elenco degli atti “ di competenza del Presidente della Repubblica ” debba operare “ in modo espresso ”, e non implicito o surrettizio.

3.7.- In correlazione al profilo da ultimo evidenziato, la Sezione prende atto, relativamente alla esenzione dall’analisi di impatto della regolazione (AIR), della circostanza che il Ministero ha indirizzato una nota al DAGL nella quale ha asserito che “ Nonostante la forma, l'atto si sostanzia in un regolamento di organizzazione, a norma dell'art. 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988 ”.

In proposito, si rammenta che nella “ Guida all'analisi e alla verifica dell'impatto della regolamentazione ”, adottata con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 2018, tra le cause di esclusione dall'AIR si fa riferimento ai “ provvedimenti di organizzazione degli uffici e di riordino ” (paragrafo 4.2.1, lettera h), omettendo qualsiasi riferimento alla forma dei medesimi provvedimenti, e si conclude nel senso che, in considerazione del suo contenuto di natura prettamente organizzativa, la relativa elaborazione rientri nella fattispecie di esclusione prevista dall'articolo 6, comma 1, lettera h ), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 settembre 2017, n. 169. La nota, inoltre, è positivamente vistata dal Capo del DAGL.

Per tal via, il procedimento seguito appare formalmente corretto, alla luce di quanto disposto dall’articolo 6 del d.P.C.m. 15 settembre 2017, n. 169, “ Regolamento recante disciplina sull'analisi dell'impatto della regolamentazione, la verifica dell'impatto della regolamentazione e la consultazione ai fini dell’esenzione dall’AIR ”, ai sensi del quale spetta, appunto, al DAGL, come occorso nella vicenda in esame, verificare la sussistenza di una delle cause di esclusione indicate dal comma 1 dello stesso articolo.

Cionondimeno, a prescindere dal dato formale per cui il d.P.C.m. citato indica, fra i casi di esclusione dall’AIR (che il tenore del comma 3 induce a interpretare tassativamente, apparendo opinabile quanto indicato nella successiva direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri) i “ provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 17, commi 4-bis e 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400 ”, mentre lo schema in esame è un d.P.C.m., adottato ai sensi dell’art. 13 del citato decreto-legge n. 173 del 2022, la Sezione ritiene di osservare, in linea generale, quanto segue.

Scopo dell’AIR, come è noto, è fornire al decisore “ un supporto informativo in merito all’opportunità e ai contenuti dell'intervento normativo ”. Come tale, essa “ è riservata ad iniziative normative di impatto significativo su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni ” (articolo 2, comma 3, d.P.C.M. cit.). L’esenzione per i regolamenti di organizzazione dei Ministeri di cui al citato articolo 17, comma 4- bis , della legge n. 400 del 1988 è giustificata sull’assunto – normativamente cristallizzato nel suddetto articolo 6 del d.P.C.m., ma di per sé opinabile – che le modalità secondo le quali vengono organizzati i ministeri, con l’allocazione di funzioni e competenze e la conseguente articolazione delle strutture, siano destinate ad avere impatto limitato o nullo su cittadini e imprese.

Orbene, la incisività, ampiezza e frequenza degli interventi di riordino dei ministeri che si vanno succedendo, insieme alla progressiva costante crescita delle funzioni e dei compiti accollati alle pubbliche amministrazioni – anche per il vistoso incremento dei carichi di provenienza eurounitaria – con le correlate problematiche di allocazione nelle strutture organizzative e articolazione di queste e con fenomeni di sovraccarichi, frammentazione e scoordinamento, inducono a sollecitare l’opportunità di ripensare i termini della predetta esenzione.

L’AIR ben potrebbe, del resto, rappresentare lo strumento mediante il quale l’amministrazione sarebbe chiamata a rendere esplicita la ratio di decisioni organizzative che troppo spesso, nelle relazioni illustrative di accompagnamento agli strumenti di riordino, vengono giustificate (come è occorso osservare supra anche nel caso in esame) con argomentazioni troppo generiche, quando non meramente apodittiche.

4.- Tanto premesso, passando all’esame del testo, si svolgono le seguenti considerazioni, segnalando solo le parti che necessitano di essere riviste.

4.1.- Relativamente al “ preambolo ”, la Sezione ha già avuto modo di chiarire, in diverse occasioni, che scopo di quest’ultimo è quello di rendere intellegibile, anche ai non esperti, l’oggetto del regolamento e la “base giuridica” che lo giustifica.

Per tale ragione, si suggerisce, innanzitutto, di riesaminare le fonti citate per verificarne la pertinenza col regolamento in esame, allo scopo di stabilire se lasciare ciascun riferimento normativo o se espungerlo dal testo.

Qualora il Ministero dovesse scegliere di mantenere alcuni dei (o tutti i) riferimenti, le migliori pratiche di redazione dei testi normativi suggeriscono di trovare un criterio per l’elencazione delle fonti. L’amministrazione – dopo l’indicazione delle norme di legge che giustificano l’adozione del regolamento – potrà decidere di inserire prima le fonti aventi rango legislativo e poi quelle di rango regolamentare oppure citare le diverse fonti in ragione dell’attinenza ad un determinato profilo, purché ci sia un criterio coerente.

Il “ Vista ” che precede l’inciso “ in particolare, l'articolo 7 del citato decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ” va sostituto con “ Visto ”, con il corretto accordo.

4.2.- Il Capo I riguarda la disciplina degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro e si compone di 11 articoli.

4.2.1.- L’articolo 1 detta le definizioni relative agli Uffici di diretta collaborazione.

La formulazione è pressoché coincidente con quella dell’articolo 1 del vigente d.P.C.M., fatta salva una non inopportuna inversione tra le lettere c ) ed e ).

Inoltre, “ vice Ministro ” viene sostituito, con l’uso della maiuscola, da “ Vice Ministro ”. In realtà, pur in mancanza di direttive e di orientamenti precisi ed uniformi sul punto e con la consapevolezza che si tratta di un discorso di ordine generale, va notato l’uso insistito, specie se reiterato e concentrato, della maiuscola reverenziale dovrebbe essere limitato ai casi essenziali. Così, a dispetto di qualche (a tratti curiosa) ambiguità nel corpo dello stesso ordito normativo, l’art. 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che rappresenta la base normativa di riferimento per la individuazione degli organi di governo, suggerisce l’uso della minuscola.

In generale, appare congruo, anche per il prosieguo scrivere Ministro (ma: Presidente del Consiglio dei ministri ) e vice Ministro . Meglio ancora sarebbe l’univerbazione “ viceministro ”, alla stessa stregua di “ sottosegretario ”: nel qual caso si potrà scrivere, quando fosse opportuno l’uso della maiuscola, “ Viceministro ”.

4.2.2.- L’articolo 2 reca la composizione degli Uffici di diretta collaborazione di cui si avvale il Ministro per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico ad esso attribuite dagli articoli 4 e 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Il comma 1è formulato in termini non armonici. Appare preferibile scomporlo in due distinti commi, del seguente tenore:

1.- Il presente regolamento disciplina l’organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione, di cui il Ministro si avvale per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico.

2.- Gli Uffici di diretta collaborazione svolgono attività di supporto e di raccordo tra il Ministro e il Ministero, collaborando alla definizione degli obiettivi, all’elaborazione delle politiche pubbliche, alla valutazione della relativa attuazione ed alle connesse attività di comunicazione ”.


Al comma 3, sono individuati per elencazione gli Uffici di diretta collaborazione: l'Ufficio di Gabinetto, la Segreteria del Ministro, l'Ufficio Legislativo, la Segreteria Tecnica del Ministro, l’Ufficio del Consigliere diplomatico, l'Ufficio Stampa, le Segreterie dei Vice Ministri e le Segreterie dei Sottosegretari di Stato.

Rispetto al precedente regolamento, all’articolo 2, comma 3, alla lettera e ), si inserisce espressamente l’Ufficio del Consigliere diplomatico tra gli Uffici di diretta collaborazione. Rimangono invariate le funzioni, le attribuzioni e le modalità di nomina, disciplinate al successivo articolo 7.

Anche in tal caso, l’uso delle maiuscole appare particolarmente insistito: si scriverà preferibilmente “Ufficio legislativo” e non “Ufficio Legislativo”;
“Segreteria tecnica” e non “Segreteria Tecnica”;
“Ufficio stampa” e non “Ufficio Stampa”. Per “Vice Ministri”, v. supra , in relazione alle osservazioni formulate per l’articolo 1. C, invece, “Consigliere diplomatico”.

Il comma 5, di nuova introduzione, si limita a precisare, con disposizione non incongrua, che le Segreterie dei vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato operano alle dirette dipendenze dei rispettivi vice Ministri e Sottosegretari di Stato.

4.2.3.- L’articolo 3 definisce le competenze dell’Ufficio di Gabinetto e del Capo di Gabinetto, il quale, per lo svolgimento delle proprie funzioni, può avvalersi di due vice Capi di Gabinetto in analogia a quanto già previsto a legislazione vigente.

Al comma 5 dell’articolo in esame è confermata la possibilità del Ministro di nominare, su proposta del Capo di Gabinetto, sentito il Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, un ulteriore vice Capo di Gabinetto per le materie di competenza delle Capitanerie di porto.

Si segnata, rispetto alla formulazione del corrispondente articolo del d.P.C.M. n. 191 del 2020, che la scelta del Capo di Gabinetto può avvenire non più tra “ professori universitari di ruolo ”, ma solo tra “ professori universitari ordinari ”.

Si prevede, ex novo , che il Vice Capo di Gabinetto del Corpo delle Capitanerie di Porto, in particolare, esercita le funzioni di comandante di corpo per il personale militare appartenente al Corpo delle capitanerie di porto impiegato presso gli Uffici di diretta collaborazione e le strutture ubicate presso la sede centrale del Ministero, sovraintende alle relative attività e ne garantisce il coordinamento, tenendo conto degli indirizzi resi dal Ministro e dal Capo di Gabinetto.

Si prevede, ancora, che all'Ufficio di Gabinetto è assegnato un dirigente con incarico dirigenziale di livello generale, a supporto del Capo di Gabinetto, nell’ambito del contingente complessivo delle posizioni dirigenziali di livello generale previsto dal regolamento di organizzazione del Ministero.

Al comma 3, la definizione dell’organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione è affidata al Capo di Gabinetto non più “ d’intesa ”, ma solo “ sentiti ” i responsabili di questi ultimi. Si tratta di una previsione non inopportuna, che esclude la necessità di un vero e proprio atto di assenso, rendendo bensì necessario ma anche sufficiente il coinvolgimento dei responsabili degli uffici.

Sul punto, giova evidenziare che la designazione (prevista come facoltativa) di un secondo vice capo di Gabinetto, scelto tra gli ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto, può portare per un verso – trattandosi di soggetto addetto anche all’ufficio del personale militare assegnato al ministero – ad una commistione, non chiara, con funzioni propriamente gestionali, non di diretta collaborazione e ad una sovrapposizione, per altro verso, alle funzioni di Comandante generale.

4.2.4.- Gli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 definiscono, rispettivamente, le competenze della Segreteria del Ministro, dell’Ufficio legislativo, della Segreteria tecnica del Ministro, dell’Ufficio del Consigliere diplomatico e dell’Ufficio stampa, nonché i criteri di scelta e di nomina dei rispettivi Responsabili. Come anticipato, l’articolo 7 prevede nell’ambito dell’Ufficio di Gabinetto la figura del Consigliere diplomatico, dettandone la relativa disciplina in punto di competenze, criteri di nomina e decadenza automatica qualora non confermato entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. Per le ragioni illustrate in premessa, all’articolo 8, comma 4 si prevede che il Ministro possa nominare un portavoce, anche esterno all'amministrazione ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 giugno 2000, n. 150, nell’ambito delle attività e delle funzioni dell’Ufficio stampa.

Si segnalano modifiche minime.

All’articolo 5, comma 2, la cura dei rapporti politici del Ministro è subordinata, con precisazione non incongrua, al “ mandato ” di quest’ultimo.

Con l’ultimo periodo del comma 4, l’Ufficiale superiore addetto alla Segreteria del Ministro è espressamente sottratto alla disciplina dell’ufficio personale militare e analisi.

All’articolo 5, comma 1 lettera d) è preferibile sostituire “ formazione o attuazione ” con “ formazione e attuazione ”, come nella vigente e più precisa formulazione.

Alla lettera e ) è opportuno il riferimento ai rapporti con il Consiglio di Stato.

Alla lettera g ) è da sopprimere l’inciso “ nella gestione del contenzioso ”.

Alla lettera h ) l’avverbio “ esclusivamente ” è ridondante e può essere soppresso.

Al comma 2 la scelta del Capo dell’Ufficio legislativo è stata estesa all’ambito degli avvocati del libero foro.

Al comma 3, la nomina, con decreto del Ministro, del Capo dell’Ufficio legislativo è viene, rispetto alla formulazione vigente, subordinata all’intesa del Capo di Gabinetto. Può essere utile valutare la sostituzione dell’intesa con la previsione della previa audizione.

L’articolo 6 affida alla Segreteria tecnica le attività di programmazione infrastrutturale e trasportistica e l’allocazione delle relative risorse finanziarie, in raccordo con la Struttura tecnica di missione di cui all'articolo 223, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, e con gli Uffici del Ministero, sulla base degli indirizzi e delle direttive del Ministro.

L’art. 7 disciplina, con autonoma previsione, l’Ufficio del Consigliere diplomatico, che opera nell’ambito dell’Ufficio di gabinetto.

In proposito, non appare ben articolata, né chiaramente coordinata, la previsione della facoltà di revoca, da parte del Ministro, con il meccanismo della mancata conferma, che vanno tenuti distinti, trattandosi di fattispecie diverse.

Inoltre, la locuzione “ da parte del Ministro per il venir meno del rapporto fiduciario ” deve essere sostituita con quella maggiormente corretta “ dal Ministro qualora venga meno il rapporto fiduciario ”. Si invita il Ministero ad adeguare nel senso ora detto tutte le espressioni simili utilizzate nello schema di regolamento.

Al comma 1, sostituire “ presso ” con “ agli” .

L’articolo 8 introduce la possibilità di nomina di un portavoce del Ministro.

Al comma 1, inserire “stampa” dopo “Ufficio”. Sopprimere, nell’ultimo periodo, “ del Ministro ”.

4.2.5.- L’articolo 9 definisce le competenze delle Segreterie dei Vice Ministri e delle Segreterie dei Sottosegretari di Stato, fissandone il contingente di personale in sette unità ciascuna da considerarsi aggiuntive rispetto al complessivo contingente di personale assegnato agli Uffici di diretta collaborazione di cui al successivo articolo 10.

Sul punto, si segnala, come in altra occasione già evidenziato, che la possibilità di scelta tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione dovrebbe essere subordinata alla verifica di una adeguata, se non propriamente “ elevata ” professionalità, attestata da apposito curriculum vitae .

4.2.6.- L’articolo 10 riprende sostanzialmente quanto previsto dall’articolo 9 del precedente regolamento di organizzazione di cui al citato d.P.C.m. 20 dicembre 2020, n. 191, confermando il contingente di personale complessivamente assegnato in centoquaranta unità – ad eccezione del personale delle segreterie dei Vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato e di quello addetto ai servizi di supporto a carattere generale necessari per l'attività degli Uffici di diretta collaborazione.

È previsto un aumento da 7 a 10 unità del limite massimo dei collaboratori nelle materie inerenti alle funzioni del Ministero, con particolare riferimento a quelle concernenti l’informazione, la comunicazione istituzionale ed i social media, nonché quelle giuridico-amministrative ed economiche, anche a supporto delle attività delegate ai Vice Ministri ovvero ai Sottosegretari di Stato.

Al comma 3 dell’articolo 10 viene, inoltre, specificato che, nel sopradetto contingente complessivo delle 140 unità, è compreso anche l’incarico dirigenziale di livello generale a supporto del Capo di Gabinetto, di cui all’articolo 3, comma 6, nonché, per lo svolgimento di funzioni attinenti ai compiti di diretta collaborazione, specifici incarichi di livello dirigenziale non generale in numero non superiore a cinque, ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 2001, n. 165. Tali incarichi possono essere attribuiti dal Capo di Gabinetto anche ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001;
in tal caso essi concorrono a determinare il limite degli incarichi conferibili a tale titolo nell'ambito della dotazione organica del Ministero e nei limiti consentiti dagli atti di individuazione dei posti di funzione di livello dirigenziale non generale del Ministero.

Il comma 1 non è scritto con precisione (“ dipendenti da inserire nel decreto ”).

Al comma 3, sostituire “ entro il contingente ” con “ nel contingente ”.

Il periodo, dopo “ nonché” è da riformulare in modo corretto.

4.2.7.- L’articolo 11 individua il trattamento economico onnicomprensivo del Capo di Gabinetto, del Capo dell’Ufficio Legislativo, del Capo della Segreteria tecnica del Ministro, del Consigliere diplomatico, del Capo della Segreteria del Ministro, del Segretario particolare del Ministro, del Capo della Segreteria del vice Ministro, del Capo della Segreteria del Sottosegretario di Stato, del vice Capo dell'Ufficio Legislativo qualora estraneo alla pubblica amministrazione, del Capo dell’Ufficio Stampa, dei collaboratori, degli esperti ovvero dei consulenti di particolare professionalità o specializzazione di cui all’articolo 10, comma 2, del personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato e dei dirigenti di ruolo assegnati agli Uffici di diretta collaborazione.

Il Capo II disciplina l’Organismo indipendente di valutazione della performance e si compone di 3 articoli.

L’articolo 12 fissa i compiti dell’Organismo, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 14, comma 4, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonché all’articolo 1, comma 1, lettera d) e comma 2, lettera a) e all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.

Al comma 1, ad finem , sopprimere “ delle infrastrutture e dei trasporti ”.

L’articolo 13 reca la disciplina dell’Organismo, stabilendone le modalità di nomina dei componenti, la durata dell’incarico e i compensi, specificando che lo stesso può essere costituito quale organo monocratico ovvero collegiale.

Sul punto, si osserva come sia opportuno, in via di principio, riservare immediatamente e direttamente alla fonte regolamentare l’opzione tra la costituzione dell’organismo in forma monocratica ovvero collegiale, piuttosto che rimandare ad una futura determinazione.

L’articolo 14 detta la disciplina relativa alla Struttura tecnica permanente per la misurazione della performance , avente funzioni di supporto per lo svolgimento delle attività dell’Organismo.

Il Capo III detta alcune disposizioni comuni e finali.

L’articolo 15 precisa che gli Uffici di diretta collaborazione e l’Organismo indipendente di valutazione della performance devono essere qualificati come due separati centri di costo, seppur appartenenti ad un unico Centro di responsabilità, e stabilisce la titolarità del Capo di Gabinetto nella gestione delle risorse iscritte in bilancio da utilizzare per il funzionamento del predetto Centro di responsabilità.

L’articolo 16 reca la clausola di invarianza finanziaria e dispone l’abrogazione del precedente regolamento di organizzazione di cui al citato d.P.C.m. 20 dicembre 2020, n. 191.

Per la prima, si segnala l’incongrua formulazione nel senso dall’attuazione del regolamento “ non devono derivare ” nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, che va sostituita dall’inciso “ non derivano ”.

All’articolo 16, comma 3, va espunta la virgola dopo “ n. 191 ”.

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