Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-02-20, n. 201901191

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-02-20, n. 201901191
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901191
Data del deposito : 20 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2019

N. 01191/2019REG.PROV.COLL.

N. 01165/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1165 del 2013, proposto da
A B in proprio e quale ex Rappresentante della Soc. Rema S.r.l., A C in proprio e quale ex Amministratore della Soc. Rema S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F D S, A M, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio, 15;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01231/2012, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia in sanatoria


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 29 gennaio 2019 il Cons. S S e uditi per le parti gli avvocati Vittorio Chierroni per delega dell'avv. A P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato in data 08.02.2013, il Sig. Bernardo A ed il Sig. Carlo A, in proprio e quale rappresentante della Società Rema s.r.l., hanno proposto appello avverso la sentenza n. 1231 del 21.06.2012 con cui il T.A.R. Toscana aveva respinto il ricorso n. 1843/96 proposto dal medesimo avverso il diniego di condono prot. n. 15694/96 del 23.03.1996, relativo ad opere abusive realizzate sito in Firenze, Viale Galilei. Il 31.03.1995, il Sig. Carlo A, in qualità di socio della Società RE.MA s.r.l., presentava un’istanza di condono edilizio (Pos. C/7271), per un intervento abusivo realizzato in Firenze, Viale Galilei n. 2, consistente nella realizzazione di un ampliamento dei locali al piano seminterrato dell’edificio esistente mediante apertura di una porta nel muro perimetrale ed asportazione del materiale di riporto per una superficie abusiva di mq. 25. Le predette opere venivano dichiarate come ultimate nei mesi di ottobre – dicembre 1993. Con provvedimento n. 317/96 del 23.03.1996 l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Firenze respingeva l’istanza di condono presentata dal Sig. Bernardo A, “poiché le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria in quanto determinano un ampliamento in contrasto con quanto disposto dall’art. 338 comma 1 del T.U.LL.SS. approvato con R.D. 1265/34”.

Avverso il diniego è stato proposto il ricorso dinanzi al Tar Toscana R.G. 1843/96 respinto con sentenza n. 1231 del 3.07.2012.

2. Com’è noto, l’art. 338 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie R.D. n. 1265 del 27 luglio 1934, che prevede il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti entro il raggio di 200 metri intorno ai cimiteri, è preposto a tutela sia di intuibili esigenze sanitarie, che della sacralità del luogo, ponendo nell’area interessata un vincolo di inedificabilità assoluta.

Il vincolo di inedificabilità previsto dalla disposizione cit. deve considerarsi di carattere assoluto e tale da imporsi anche su contrastanti previsioni del piano regolatore generale non consentendo - pertanto - di allocare all'interno della fascia di rispetto, né edifici destinati alla residenza, né altre opere non precarie comunque incompatibili con i molteplici interessi sopra menzionati che tale fascia intende tutelare. Il divieto vale anche per i manufatti interrati, in relazione alle predette finalità di tutela igienico-sanitaria.

Tuttavia, con l’art. 28 della L.166/2002 sono state previste alcune deroghe per gli edifici esistenti situati all’interno di queste fasce, consentendo per essi alcune tipologie d’intervento di recupero, quali manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, ammettendosi interventi di ampliamento nella misura massima del 10 per cento ed il cambio di destinazione d’uso.

3. In primo luogo gli appellanti sostengono, con il primo motivo di appello, che nel giudizio sia venuta meno la materia del contendere, in relazione all’avvenuto rilascio delle concessioni in sanatoria n. 99/98 del 15.04.98 e n. 659/2003, ottenute dagli A per il medesimo immobile e riguardanti la riorganizzazione funzionale interna e lievi modifiche al prospetto ed alle sistemazioni esterne.

Sulla base dei documenti prodotti in data 19.12.2018, gli stessi appellanti ricordano di avere presentato al Comune appellato un’integrazione dell’originaria istanza di sanatoria S/37918, già presentata in data 17.7.1986 e a tutt’oggi non ancora definita.

Al riguardo la sezione rileva che i provvedimenti di sanatoria indicati nella relazione tecnica riguardano effettivamente gli stessi interventi compiuti nel manufatto ed oggetto dell’ istanza respinta con i provvedimenti qui impugnati. Si tratta in particolare delle concessioni in sanatoria n. 659/2003 e n. 226/2006, adottate nel presupposto ed a seguito della legge n. 166/2002, che aveva reso possibili ampliamenti nel limite del 10% (della superficie o del volume) di immobili situati in una zona di rispetto cimiteriale, quale quello di cui si discute.

In sostanza, le concessioni in sanatoria adottate post 2002 non potevano non ritenersi implicitamente adottate anche in revoca del precedente diniego, essendo ormai mutato in misura rilevante il quadro normativo, soprattutto con riferimento al caso in questione.

Va comunque rilevato che la superficie ed il volume oggetto dell’istanza di sanatoria in questione e di quelle successive, esistevano ante 31 dic.1993 anche se non utilizzati, e l’intervento di cui si discute è consistito nel riaprirli e renderli utilizzabili, senza ampliamento della sagoma dell’edificio originario, od occupazione di un’area soggetta a vincolo cimiteriale.

Il che evidentemente conferma che il precedente originario diniego di sanatoria oggetto di questo giudizio deve ritenersi ormai implicitamente annullato e superato dalle successive concessioni in sanatoria, con conseguente venir meno della materia del contendere.

Le spese di giudizio debbono dunque essere compensate, in ragione del complessivo esito della controversia.

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