Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-12-20, n. 201206583

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-12-20, n. 201206583
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206583
Data del deposito : 20 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01881/2012 REG.RIC.

N. 06583/2012REG.PROV.COLL.

N. 01881/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1881 del 2012, proposto da:
E &
M Finance s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , Aieri s.r.l., , in persona del legale rappresentante pro tempore , Ecofinance s.r.l., , in persona del legale rappresentante pro tempore , Greggio Group Int. Silver Network s.a., in persona del legale rappresentante pro tempore R M, L S, Z S, tutti rappresentati e difesi dall'avv. M M, con domicilio eletto presso M M in Roma, via Nicolò Porpora, 16;

contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Banca d’Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. Stefania Ceci, Monica Marcucci, Nicola De Giorgi, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Banca D'Italia in Roma, via Nazionale, 91;

nei confronti di

Banca Mb Spa in L.C.A.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 09557/2011, resa tra le parti, concernente revoca autorizzazione attività bancaria - risarcimento danni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'economia e delle finanze e della Banca d’Italia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2012 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Molè, Ceci, Marcucci, De Giorgi e l’avvocato dello Stato Lumetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia all’esame riguarda le vicende e lo stato di crisi della Banca MB s.p.a e l’impugnativa, mossa con ricorso e successivi motivi aggiunti, dei relativi provvedimenti – prima di amministrazione straordinaria, poi di proroga della stessa ed infine di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria e di liquidazione coatta amministrativa – assunti dalle competenti autorità ministeriali e di vigilanza nell’arco di tempo che va dal giugno 2009 al maggio 2011.

2.Gli appellanti indicati in epigrafe (azionisti della Banca suddetta) hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, 5 dicembre 2012, n. 9557 che, in primo grado, ha respinto tutti i ricorsi.

3. Si sono costituiti in giudizio sia la Banca d’Italia, sia il Ministero dell’economia e delle finanze chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Alla pubblica udienza del 13 novembre 2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Con un primo motivo articolato di appello, i ricorrenti ripropongono i primi otto motivi del ricorso introduttivo di primo grado, criticando il capo della sentenza di primo grado che ha respinto la domanda di annullamento del provvedimento ministeriale (e della relativa proposta formulata dalla Banca d’Italia) di sottoposizione della Banca MB ad amministrazione straordinaria.

4.1. Gli appellanti assumono, innanzitutto, che la proposta di amministrazione straordinaria adottata dalla Banca d’Italia sarebbe in contraddizione con la precedente nota n. 572590 del 10 giugno 2009 di avvio del procedimento sanzionatorio amministrativo.

I ricorrenti, in particolare, sostengono che il rapporto di autonomia e distinzione che intercorre fra il provvedimento di amministrazione straordinaria e quello di avvio del procedimento preordinato all’irrogazione di sanzioni amministrative postulerebbe l’accertamento di differenti violazioni da porre a base dell’uno e dell’altro, e che, nel caso di specie, invece, le stesse irregolarità sono state reiterate nella proposta di amministrazione straordinaria. Di qui l’ipotizzata contraddittorietà della manifestazione di volontà della Banca d’Italia nella proposta di amministrazione straordinaria in quanto asseritamente incongruente rispetto alla precedenti valutazioni compiute con l’avvio del procedimento sanzionatorio.

Il motivo è infondato in quanto, ferma restando la differente natura e finalità dei due procedimenti (quello sanzionatorio a carico degli esponenti aziendali ai sensi dell’art. 144 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 ( Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia : di seguito: TUB), e quello di amministrazione straordinaria di cui all’art. 70 del medesimo decreto legislativo), possono certamente verificarsi delle situazioni in cui le stesse irregolarità e carenze gestionali integrano, per un verso, la fattispecie di illecito amministrativo con riferimento agli esponenti aziendali di esse responsabili, e, per altro verso, i presupposti per l’adozione di una misura straordinaria di carattere gestionale nei confronti della banca ai sensi dell’art. 70 del TUB.

Non è quindi né anomalo né contraddittorio che i due procedimenti vengano contemporaneamente avviati e che, pertanto, le relative note di avvio procedimentale, abbiano contenuti parzialmente comuni.

4.2. Con un secondo motivo di ricorso gli appellanti lamentano che la proposta di amministrazione straordinaria farebbe riferimento a meri rischi di liquidità e non già ad una situazione di illiquidità conclamata e che, comunque, i suddetti rischi sarebbero basati su “supposizioni” contraddette “dai risultati finanziari conseguiti, indici della capacità di produzione di liquidità”.

Il motivo non merita accoglimento.

La Banca d’Italia, con valutazione motivata ed immune da vizi logici, ha riscontrato che l’espansione incontrollata degli impieghi, frutto della politica gestionale della Banca MB, aveva esposto la Banca medesima a notevoli tensioni sul piano della liquidità.

Nella proposta di amministrazione straordinaria a sostengo di questa conclusione si evidenzia, in particolare, che il notevole sviluppo degli impieghi aveva esposto la Banca a rischi di liquidità di difficile gestione per la strutturale dipendenza della provvista interbancaria, la concentrazione della raccolta, le difficoltà incontrate nel reperimento di risorse liquide, l’acquisizione di fondi con modalità non rispettose della disciplina in materia di antiriciclaggio.

A riprova ciò, la proposta di amministrazione straordinaria sottolinea che a fine del 2008 la raccolta complessiva, parti a 395 milioni di euro, risulta provenire solo per il 60% da clientela e, per la restante parte, da banche.

Ancora, nella proposta di amministrazione straordinaria si mette in luce come il mancato rinnovo a fine 2008 di certificati di deposito per 36 milioni di euro avesse generato un urgente fabbisogno finanziario che – a seguito dell’insufficiente sottoscrizione di un prestito obbligazionario emesso dalla banca – è stato fronteggiato solo grazie al reperimento di fondi presso banche di San Marino, per un totale complessivo di circa 42 milioni di euro.

L’esigenza di acquisire urgentemente tale provvista ha ulteriormente determinato la violazione delle disposizioni sulla “adeguata verifica” dettata dal d.lgs. n. 231 del 2007, per contrastare il riciclaggio, tanto che solo in corso di ispezione la Banca MB ha avviato la raccolta delle informazioni richieste a tal fine dalla legge

Ancora, la proposta di amministrazione straordinaria rileva che l’ultimo aumento di capitale del 2008 è risultato in parte finanziato dalla stessa banca, che ha acquistato un buon numero di azioni proprie.

Sulla base di queste puntuali circostanze, è senz’altro logica e motiva la conclusione cui la proposta di amministrazione straordinaria è giunta quando ha ritenuto difficilmente realizzabili le misure di intervento previste nel piano di emergenza per la liquidità ( Contingence Liquidity Plan ), predisposto dalla Banca nell’ottobre del 2008, che prevedeva l’acquisizione di risorse dai soci per 30 milioni di euro e smobilizzi di credito per 45 milioni di euro.

4.3. Non sono fondati neanche i motivi che, per negare l’esistenza degli evidenziati rischi di liquidità, valorizzano i risultati finanziari asseritamente conseguiti nel frattempo dalla Banca MB.

In primo luogo, la positività dei risultati è in gran parte smentita ancora una volta da puntuali rilievi contenuti nella proposta di amministrazione straordinaria, in cui si evidenzia che la redditività della Banca MB nel 2008 è rimasta ampiamente negativa, con una perdita ante imposta di euro 7,4 milioni, e che i consistenti ricavi del 2008 risultano avere una natura straordinaria ed essere difficilmente ripetibili.

In ogni caso,anche il positivo andamento finanziario della banca MB (in termini di crescita del margine di interesse e delle commissioni, di diminuzione dei costi e delle perdite) non vale ad elidere il riscontrato rischio di liquidità di MB, atteso che una banca può al tempo stesso avere una buona situazione reddituale, ma essere comunque esposto al rischio di liquidità.

Nel caso specifico, in capo a MB è stato riscontrato un rischio di liquidità strutturale determinato dal significativo disallineamento fra impieghi e raccolta.

La Banca d’Italia ha puntualmente evidenziato gli elementi di criticità che determinavano il rischio di liquidità, dovuto, da un lato, alla forte concentrazione degli impieghi (ai maggiori 50 clienti faceva capo il 70% dell’erogato, con un importo medio negli affidamento di circa 6 milioni di euro;
le esposizioni verso soci e soggetti collegati si attestavano, a fine del 2008, ad almeno un terzo dell’erogato;
il 65% circa dell’utilizzo si riferiva a controparti operanti nel settore immobiliare;
il 95% circa delle erogazioni era rappresentato da aperture di credito in conto corrente), e, dall’altro lato, alla rilevante dipendenza della Banca dalla provvista interbancaria a breve termine, che rendeva abnorme il rapporto tra impieghi e raccolta da clientela e dalla difficoltà di reperimento di altre risorse liquide.

4.4. Gli analitici e documentati rilievi contenuti sopra richiamati valgono senz’altro a respingere anche il quarto motivo del ricorso di primo grado, con cui si denuncia genericamente eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, nonché per travisamento dei fatti e per genericità ed indeterminatezza delle contestazioni formulate.

4.5. Ugualmente infondato è il quinto motivo del ricorso di primo grado riproposto in appello, volto a contestare i rilievi formulati dalla Banca d’Italia con riferimento all’operazione di cessione di crediti intervenuta tra MB e la filiale italiana della Maple Bank GmbH.

In particolare, l’operazione in esame è quella attraverso la quale la filiale italiana della Maple Bank ha ceduto pro soluto alla Banca la quasi totalità del proprio portafoglio di crediti (per un valore di 58 milioni di euro, corrispondenti al 67,4 % del patrimonio di vigilanza della cessionaria). La banca MB ha contestualmente rilevata dalla MAple Bank il team , composto da quattro risorse, che gestiva tali finanziamenti.

La Banca d’Italia, con riferimento a questa operazione, ha rilevato che essa costituiva una cessione in blocco di rapporti giuridici e che, pertanto, superando il limite del 10% del patrimonio di vigilanza della Banca MB, avrebbe dovuto essere sottoposta alla previa autorizzazione della Banca d’Italia.

Pure sotto questo profilo, il provvedimento impugnato è immune da censure, anche in ordine alla qualificazione della operazione in esame in termini di cessione in blocco di rapporti giuridici. Come correttamente rilevato dalla Banca d’Italia, i crediti ceduti presentavano sicuri elementi distintivi di aggregazione: alla banca MB era stata trasferita la quasi totalità del portafoglio crediti facente capo alla Filiale italiana di Maple Bank, costituito da crediti aventi tutti identica natura commerciale e destinazione a favore di imprese industriali, senza che vi fosse alcuna forma di selezione dei singoli rapporti da parte della cessionaria;
inoltre, a riprova del carattere unitario dell’operazione, depone la circostanza che la Banca MB nell’occasione riceveva dalla banca cedente anche un finanziamento di 60 milioni di euro (da rimborsare in due anni in tre tranches da 20 milioni di euro, in nessun modo connesse ai rimborsi dei singoli crediti ceduti), che le consentiva di regolare la complessiva operazione.

Si tratta di riscontri puntuali e circostanziati, che le generiche controdeduzioni degli istanti non valgono a superare.

4.6. Ugualmente non meritano censura le conclusioni cui la Banca d’Italia è giunta in ordine alla violazione dell’art. 2358 Cod. civ. in relazione all’utilizzo di finanziamenti concessi da Banca MB per l’acquisto di azioni di nuova emissione della banca medesima. E’, invero, del tutto inverosimile, al di là delle generiche contestazioni degli odierni appellanti, che la banca MB non fosse a conoscenza della destinazione delle somme messe a disposizione dei proprio clienti (fra i quali anche alcuni dei suoi soci) per importi molto ingenti e utilizzate per sottoscrivere l’aumento di capitale della banca rimasto inoptato. Del resto, se così davvero fosse, risulterebbe ulteriormente confermato che l’erogazione del credito da parte di MB avveniva al di fuori di ogni controllo e senza alcun vaglio del merito dell’operazione finanziata.

4.7. Il sesto e il settimo motivo del ricorso di primo grado riproposti in appello che contestano la genericità e l’indeterminatezza delle contestazioni formulate nei confronti della Banca MB si rivelano infondati, atteso che le contestazioni formulate dalla Banca d’Italia nei confronti di MB sono tutt’alto che generiche: esse, al contrario, si rivelano precise e dettagliate, fra l’altro avvalorate da specifici riferimenti a singole operazioni, di volta in volta, ritenute anomale e irregolari.

4.8. Infondato è anche l’ottavo motivo di ricorso di primo grado con cui si contesta che al momento della proposta di amministrazione straordinaria le violazioni della procedura di “adeguata verifica” di cui al d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 erano state superate, perché MB aveva già spontaneamente proceduto ad adeguarsi. Al riguardo è sufficiente evidenziare che, come risulta, dagli atti che è solo dopo l’avvio del procedura ispettiva che MB si è attivata per richiedere ai propri clienti le informazioni prescritte dalla citata normativa antiriciclaggio. All’inizio del procedimento ispettivo quelle violazioni sussistevano e correttamente, quindi, sono state valorizzate dall’autorità di vigilanza.

4.9. Infondato è anche il nono motivo di ricorso con cui si lamenta il difetto di motivazione del decreto ministeriale, che, nel disporre l’amministrazione straordinaria, avrebbe acriticamente recepito la proposta formulata dalla Banca d’Italia.

Come correttamente rileva il Tribunale amministrativo regionale, il Ministero non ha un obbligo di autonoma motivazione quando intende recepire la proposto della Banca d’Italia (specifica motivazione che sarebbe invece necessaria ove intendesse discostarsi dalle conclusioni dell’autorità di vigilanza), potendo, in caso di condivisione, limitarsi ad una motivazione per relationem , come previsto in via generale dall’art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241.

4.10. Infondato è anche il decimo motivo di ricorso, atteso che l’esonero della comunicazione di avvio del procedimento teso all’adozione del provvedimento di scioglimento degli organi di amministrazione e controllo di una banca è previsto direttamente dall’art. 70, comma 3, TUB, norma di legge speciale e successiva rispetto all’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Generiche e infondate sono pure le censure con cui si contesta la violazione del principio di proporzionalità atteso che le gravi irregolarità gestionali riscontrate (di cui si è già dato atto) erano certamente tali fa giustificare, anche in un’ottica di proporzionalità, l’adozione del provvedimento adottato.

Tale gravità del resto non è attenuata dagli interventi posti in essere da MB per provi rimedio, atteso che, come la proposta della Banca d’Italia puntualmente rileva, tali iniziativa non erano in grado di modificare il quadro emerso dagli accertamenti ispettivi e non davano luogo ad alcuna attendibile aspettative di un effettivo e tempestivo superamento delle rilevanti criticità aziendali.

5. L’appello è infondato anche nella parte in cui contesta il capo della la sentenza di primo che ha respinto i motivi aggiunti diretti ad ottenere l’annullamento del successivo provvedimento di proroga della procedura di amministrazione straordinaria.

Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto nel merito il ricorso proposto mediante motivi aggiunti, ritenendo di prescindere dall’eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata dalla Banca d’Italia.

Tale eccezione, ora riproposta dall’autorità di vigilanza con memoria difensiva, deve, ad avviso del Collegio, essere esaminata in via pregiudiziale, dovendo verifica circa tempestiva dell’impugnazione precedere l’esame del merito.

5.1. L’eccezione è fondata in quanto il provvedimento di proroga adottato dal Ministro dell’Economia il 7 luglio 2010 è stato pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (così come previsto dall’art. 70, comma 4, TUB) n. 187 del 12 agosto 2010. Da questo momento decorreva il termine per impugnare, atteso che l’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm. (che per tale specifico profilo, riproduce la previsione del previgente art. 21 legge 6 dicembre 1971, n. 1034) prevede che il termine per impugnare decorre “dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.

I motivi aggiunti sono stati notificati solo in data 4 gennaio 2011, ben al di là, quindi, della scadenza del termine di decadenza di sessanta giorni previsto per la proposizione del ricorso.

I motivi aggiunti avverso il decreto ministeriale di proroga. devono, quindi, essere dichiarati irricevibili per tardività.

6. L’appello è infondato anche nella parte in cui contesta il capo della sentenza di primo grado che ha respinto i secondo motivi aggiunti con cui è stato impugnato il decreto del 5 maggio 2011 n. 424 del Ministro dell’Economia e delle Finanze di revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria di Banca MB in a.s. e di collocazione della stessa in liquidazione coatta amministrativa ai sensi degli artt. 80, commi 1 e 2, e 99 TUB, nonché la disposizione del Direttore generale della Banca d’Italia con la quale sono stati nominati il Commissario liquidatore ed i componenti del Comitato di sorveglianza ed infine la nota della Banca d’Italia del 7 aprile 2001, prot. n. 0306052/11 con la quale è stata proposta al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’adozione del provvedimento di cui sopra.

Non risulta in alcun modo provato, nonostante le generiche contestazioni mosse a tal profilo dagli appellanti, che l’impossibilità di risanamento che ha portato alla liquidazione coatta amministrativa sia imputabile alla scorretta gestione dei commissari (che, secondo gli appellanti, non avrebbero posto mano a riforme strutturali od a qualsivoglia iniziativa di tipo imprenditoriale).

Tale assunto è smentito dalle numerose iniziative intraprese dai Commissari per il risanamento, che dimostra, come correttamente rilevato sul punto dalla sentenza di primo grado, che la gestione commissariale si è orientata nella prospettiva di una gestione liquidatoria solo una volta esauriti i tentativi, risultati vani, di riequilibrio della crisi aziendale e in considerazione dell’impossibilità di restituzione dell’azienda ad una gestione ordinaria.

Al contrario di quanto sostengono gli appellanti, i presupposti assunti alla base del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa sono stati correttamente rilevati nel provvedimento impugnato e si sostanziano nella sopra richiamata impossibilità di restituzione dell’azienda alla gestione ordinaria, impossibilità da ascriversi alle responsabilità degli ex organi di vertice della banca e alle gravi e numerose irregolarità gestionali sopra richiamate.

7. Infine l’appello va respinto anche nella parte in cui contesta il capo della sentenza che ha respinto la richiesta di risarcimento del danno avanzata nei confronti dei commissari.

A tal riguardo è sufficiente rilevare che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 72, comma 9 TUB che richiede l’autorizzazione della Banca d’Italia ai fini della procedibilità dell’azione risarcitoria, oltre che manifestamente infondata (alla luce delle considerazioni, che in tale sede si intende ribadire, già espresse da questo Consiglio di Stato nelle sentenze della Sesta Sezione 17 ottobre 2005, n. 5819 e 4 giugno 2005, n. 2945), risulta, ancor prima irrilevante, atteso che i ricorrenti omettono di fornire qualsiasi indicazione specifica (al di là del generico riferimento a imprecisate violazioni di doveri di vigilanza) in ordine alla condotta negligente dei commissari e all’eventuale rapporto di causalità tra la condotta medesima e il danno asseritamente subito.

8. In definitiva, alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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