Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-02, n. 201908206

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-02, n. 201908206
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908206
Data del deposito : 2 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/12/2019

N. 08206/2019REG.PROV.COLL.

N. 08980/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 8980 del 2009, proposto dal sig. M C, rappresentato e difeso dall'avvocato A S e con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M L in Roma, via Ludovisi n. 50;

contro

il Comune di Vico Equense, non costituito nel presente giudizio d’appello;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 8944/2008, resa tra le parti e concernente diniego di condono edilizio e acquisizione gratuita al patrimonio comunale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 il Cons. G L;

Nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto d’appello notificato al Comune di Vico Equense il 14 ottobre 2009 e depositato l’11 novembre 2009 il sig. M C ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 8344 del 17 luglio 2008, la quale, compensando le spese, si è pronunciata sui seguenti due ricorsi, entrambi proposti dall’attuale appellante e relativi alla disciplina edilizia di interventi di ristrutturazione sulla proprietà sita alla via Belvedere n. 31, realizzati in assenza dei necessari titoli abilitativi, e - riferisce l’appellante - avvenuti entro sagoma e finalizzati sostanzialmente a riunificare funzionalmente un immobile principale (definito in appello come “ vetusto fabbricato rurale edificato in epoca remota, ovvero in data anteriore al 1 luglio 1967, e regolarmente riportato al N.C.T. al foglio di mappa n. 8, sub particella 167 e 1113 ”) con altro immobile (definito in appello come adiacente “ comodo rurale, mai censito, ma esistente da moltissimi anni, così come si evince dalle dichiarazioni giurate dei terzi - indipendenti - allegate alla produzione di parte ricorrente nel giudizio di primo grado ”);

- il ricorso n 1774/2007, proposto per l’annullamento, con gli atti connessi, del provvedimento n. 443 in data 4 gennaio 2007, con la quale è stata respinta la richiesta di permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, presentata dal ricorrente in data 6 novembre 2006 per le seguenti opere abusive relative alla proprietà sita alla suddetta via Belvedere n. 31 e già oggetto dell'ordinanza di demolizione n. 267 in data 25 maggio 2004: “ realizzazione di un manufatto in blocchi di lapilcemento, in aderenza ad un preesistente e vetusto edificio in pietra calcarea. Le dimensioni interne risultano pari a mt 6,80 x 5,60, il piano terra risulta essere costituito da un unico ambiente, all'interno del locale è allocato un bagno. Il primo livello, suddiviso da due camere ed un bagno, trova accesso attraverso una passerella esterna. L'intero manufatto risulta essere completo di infissi esterni, pavimentato e dotato di impianto idrico e elettrico, oltre alla presenza di diversi componenti di arredo. Le pareti esterne risultano prive di intonaco ”;

- il ricorso n. 2386/2007, proposto per l’annullamento, con gli atti connessi, del provvedimento n. 4043 in data 8 febbraio 2007, con il quale è stata disposta l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle suddette opere abusive relative alla proprietà sita alla via Belvedere n. 31 e già oggetto della citata ordinanza di demolizione n. 267 in data 25 maggio 2004.

La sentenza si è così pronunciata:

- ha riunito i ricorsi;

- ha respinto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso n. 1774/2007 per difetto di interesse, formulata dal Comune sul presupposto della tardività delle domande d’accertamento della compatibilità paesistica e di permesso di costruire in sanatoria presentate dal ricorrente;

- ha respinto nel merito quel ricorso n. 1774/2007 avverso il diniego di sanatoria;

- ha invece accolto il ricorso n. 2386/2007 avverso l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

L’appello contesta la pronuncia del T nella sola parte relativa al diniego di permesso di costruire in sanatoria, e denuncia:

1) Violazione di legge;
violazione e falsa applicazione dell’art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004;
violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del Regolamento edilizio;
violazione dell'autonomia regolamentare;
errore di diritto;
errata motivazione;
errore essenziale nella qualificazione del fatto;
errore nell'interpretazioni delle norme;
errore nella gerarchia delle fonti;

2) Violazione del giusto procedimento;
violazione e falsa applicazione del vigente Regolamento edilizio;
violazione dell’art. 13 del suddetto Regolamento.

3) Eccesso di potere per mancata comparazione degli interessi pubblici con quelli del privato.

Il Comune di Vico Equense non si è costituito.

In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 15 dicembre 2014 parte appellante ha depositato, in data 25 maggio 2015, domanda di fissazione d’udienza.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 22 ottobre 2019.

DIRITTO

L’appello è non è fondato.

1.1– L’appellante contesta in primo luogo il rilievo del T secondo il quale: " l'opera oggetto di contestazione, seppure si volesse ritenere (sulla scorta delle due dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà allegate al ricorso) che la realizzazione di tale manufatto non debba essere qualificato come nuova costruzione (ai sensi dell'art. 3 comma 1, lett. e, D.P.R. 38012001), bensì come demolizione e successiva ricostruzione di due preesistenti e vetusti manufatti, non verrebbe meno l'evidenziato contrasto con l'art. 25 delle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G. del Comune di Vico Equense, specie in considerazione del fatto che il ricorrente non ha offerto alcun elemento di prova da cui possa desumersi che la ricostruzione dei due preesistenti manufatti non ha comportato la realizzazione di nuovi volumi e superfici" poiché "l'art. 25 delle norme tecniche di attuazione consente soltanto lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e consolidamento statico di preesistenti edifici e sancisce un tassativo divieto di incremento delle volumetrie e delle superfici esistenti ".

Ma le relative censure sono infondate.

In effetti, come rilevato dal T, nessuna prova è stata prodotta dall’appellante per contestare il notevole incremento di volumetria sanzionato dall’ordine di demolizione n. 267 del 25 maggio 2004 nonché indicato nella memoria comunale depositata nel giudizio di primo grado in data 12 giugno 2007: “ realizzazione di un manufatto in blocchi di lapilcemento, in aderenza ad un preesistente e vetusto edificio in pietra calcarea. Le dimensioni interne risultano pari a mt 6,80 x 5,60, il piano terra risulta essere costituito da un unico ambiente, all'interno del locale è allocato un bagno. Il primo livello, suddiviso da due camere ed un bagno, trova accesso attraverso una passerella esterna. L'intero manufatto risulta essere completo di infissi esterni, pavimentato e dotato di impianto idrico e elettrico, oltre alla presenza di diversi componenti di arredo. Le pareti esterne risultano prive di intonaco ".

A fronte delle precise contestazioni di rilevante aumento volumetrico prospettate all’appellante in sede amministrativa e giudiziale la semplice allegazione di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, rilasciate da due residenti nel Comune ed aventi contenuto generico (“ il comodo rurale adiacente il fabbricato del sig. M C in Vico Equense, loc. Belvedere, alla via Belvedere n. 31 è esistente da tempo immemore e sicuramente prima dell'anno 1967 ”) non era sufficiente: l’istante aveva l’onere di contrastare adeguatamente il chiaro addebito edilizio dell’Amministrazione, il che non è avvenuto in primo grado, né invero è avvenuto in questa sede.

Correttamente, dunque, il T ha rilevato l’assenza di elementi di prova da cui potesse presumersi che la ricostruzione dei due preesistenti manufatti non aveva comportato la realizzazione di nuovi volumi e superfici.

L’appello non contesta che l’aumento di volumetria escluderebbe nella fattispecie la doppia conformità di cui all’articolo 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ma afferma: “ se l'intervento realizzato dal ricorrente è quello che egli afferma e dimostra, esso è perfettamente compatibile con lo strumento urbanistico locale nonché con la normativa nazionale in materia di interventi edilizi ”. Manca però, ed è mancata anche in primo grado, la dovuta dimostrazione che l’abuso in argomento non ha concretato aumento di volumetria.

Né era onere dell’Amministrazione o del T disporre un’istruttoria in proposito, poiché le allegazioni del Comune circa l’aumento di volumetria erano sufficientemente prospettate, ed era onere di chi affermava, a contrario , la doppia conformità dell’abuso darne dimostrazione, in applicazione del principio generale di cui all’articolo 2697 del codice civile.

1.2 - La successiva censura d’appello contesta il T laddove esso ha ritenuto irrilevante la circostanza che l'Amministrazione aveva adottato il diniego di sanatoria senza aver previamente provveduto sulla precedente domanda, presentata dal ricorrente in data 31 gennaio 2005, d’accertamento della compatibilità paesistica ai sensi dell'art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e dell'art. 1, commi 37 e ss., della 15 dicembre 2004, n. 308;
ed afferma che era obbligo del Comune procedere prima all’esame dell’istanza d’accertamento di conformità paesaggistica e poi eventualmente procedere all’esame dell’istanza di sanatoria edilizia ai sensi dell’articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001;
sostenendo altresì che l’abuso realizzato è perfettamente compatibile con la normativa in materia di conformità paesaggistica, in quanto sottratto alla portata restrittiva dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42/2004 e rientrante nelle ipotesi di sanabilità per conformità paesaggistica di cui al successivo articolo 167, commi 4 e 5.

L’assunto è infondato, poiché anche una eventuale, ma non dimostrata, compatibilità paesaggistica dell’abuso non ne avrebbe comportato la sanatoria ai sensi del citato articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001, il quale richiede lo specifico presupposto, diverso dalla conformità paesaggistica, della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso sia al momento della presentazione della domanda.

Pure con riferimento all’asserita conformità paesaggistica l’appello aggiunge: ” […] in applicazione dei principi costituzionali e fondamentali sull'autonomia statutaria e regolamentare dei Comuni, introdotti a seguito della riforma del Titolo V" della Carta Costituzionale, nonché di quelli specifici introdotti dalla normativa statale di principio contenuta nel D. P.R. n. 380/2001, con la Del. Consiliare n. 21del2004, la Città di Vico Equense ha adottato il Nuovo Regolamento edilizio adeguando nei contenuti il precedente e recependo le sopravvenute disposizioni normative introdotte sia dalla Regione Campania che dalla Normativa statale di riferimento . Il Regolamento Edilizio costituisce norma di riferimento ed espressione dell'Autonomia comunale non disapplicabile da parte del Funzionario dello stesso Ente .”.

Ma si tratta di rilievi generici e dunque inammissibili, poiché - anche a voler prescindere dall’irrilevanza della tematica paesaggistica sulla necessaria doppia conformità edilizia ai fini della sanatoria ex articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001 – non specificano quale sia l’incidenza della normativa statale e comunale sull’asserita conformità paesaggistica dell’abuso.

1.3 - Da ultimo l’appello rileva la mancata comparazione tra l'interesse pubblico all’eliminazione dell'eventuale sola eccedenza dell'opera e quello del privato alla conservazione del manufatto, che l’appello riferisce riportato nel P.R.G. ed esistente da prima dell'imposizione dell'obbligo di munirsi della licenza edilizia per le edificazioni fuori dai centri abitati.

Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.

Esso è inammissibile perché non reca censure alla sentenza appellata ma ripete senza aggiunte un motivo del ricorso di primo grado già disatteso dal T.

Il motivo peraltro è anche infondato perché, come correttamente rilevato dal T, la sanatoria prevista dal più volte citato articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001 non prevede l’esercizio di valutazione discrezionale da parte del Comune ma demanda a quest’ultimo di valutare se l’abuso sia egualmente conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso e a quella vigente al momento della presentazione della domanda.

2. - L’appello va dunque respinto.

Nulla per le spese, non essendovi costituzione avversaria.

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