Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-04-02, n. 202102734

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-04-02, n. 202102734
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102734
Data del deposito : 2 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/04/2021

N. 02734/2021REG.PROV.COLL.

N. 06836/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6836 del 2017, proposto da
Associazione Teatrale Abruzzese e Molisana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, viale delle Milizie n. 1;

contro

Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) n. 00079/2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati F C e dello Stato Giorgio Santini, in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 25 Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, l’Associazione Teatrale Abruzzese e Molisana (per brevità, anche ATAM o Associazione) appella la sentenza n. 79 del 2017, con cui il T Abruzzo, L’Aquila, ha rigettato il ricorso di prime cure, diretto ad ottenere la condanna della Regione Abruzzo al risarcimento dei danni asseritamente subiti dal ricorrente per effetto di condotte provvedimentali illegittime ascritte in capo all’ente regionale.

In particolare, secondo quanto dedotto in appello:

- ATAM è un soggetto titolare di personalità giuridica autonoma, avente come fine la distribuzione, promozione e formazione del pubblico, riconosciuto ai sensi dell’art. 14 del decreto MIBAC del 12 novembre 2007, operante nelle Regioni Abruzzo e Molise, inserito dall’art. 5 L.R. n. 5/99 tra i soggetti, operanti nel settore del Teatro di Prosa, aventi diritto al sostegno finanziario della Regione Abruzzo;

- in particolare, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 14 e 15 L.R. n. 5/99, il contributo dovuto dall’ente regionale viene corrisposto a titolo di acconto, in misura dell’80%, sulla base delle uscite del bilancio consuntivo dell’anno precedente, nonché a titolo di conguaglio, per l’ulteriore 20%, sulla base delle perdite dell’anno di riferimento;

- con nota n. 13372 del 19.1.2012 il dirigente del servizio Politiche Culturali della G.R.A ha comunicato all’Associazione che, all’esito delle attività svolte dal Nucleo di Verifica nelle sedute del 15 e del 28 novembre 2011, nonché del 18 gennaio 2012, avuto riguardo al conto consuntivo relativo all’annualità 2010, era stata accertata l’impossibilità di procedere alla liquidazione del contributo per l’anno 2011 ai sensi della L.R. n. 5/1999, essendo emerso, per il periodo in considerazione, un utile (e non dunque perdite) di esercizio;

- l’ATAM ha, quindi, proposto un primo ricorso dinnanzi al T Abruzzo (n.r.g. 206/2012, integrato da successivi motivi aggiunti), domandando l’annullamento del diniego di contributo e dei connessi atti;

- nel corso del giudizio il T ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare, sulla base della documentazione contabile in atti, le circostanze di fatto contestate dalla ricorrente, con specifico riferimento all’eventuale ricomprensione tra i costi relativi al bilancio 2010 presentato dall’Associazione, di voci già coperte e comprese tra quelle finanziate dal

FESR

2009-2010;

- il T, sulla base delle risultanze dell’istruttoria disposta, con sentenza n. 47/2015 ha accolto le censure svolte dalla ricorrente, in considerazione dell’assorbente ragione per cui, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione, da un lato, l’Atam nel bilancio 2010 aveva provveduto a detrarre dal conto economico presentato le componenti negative coperte dal contributo POR FESR, dall’altro, il risultato di esercizio conseguito in relazione al bilancio 2010, al netto costi relativi al bilancio 2010 già coperti e compresi tra quelli finanziati dal POR-

FESR

2009-2010, si era chiuso in perdita;

- a fronte della condotta inottemperante della Regione, che aveva omesso di eseguire il giudicato di annullamento, astenendosi dal pagamento del contributo dovuto, l’ATAM ha proposto ricorso per l’ottemperanza, finalizzato ad ottenere la determinazione e l’erogazione del contributo regionale per l’annualità 2011;

- in pendenza del giudizio di ottemperanza la Regione ha assunto una determina di riconoscimento di € 91.000,00 a favore di ATAM;

- il T ha definito il giudizio di ottemperanza, limitandosi a dare atto dell’avvenuto pagamento del contribuito e rilevando che ogni questione relativa alla corretta quantificazione operata dalla Regione avrebbe dovuto essere devoluta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria;

- con successivo ricorso l’ATAM ha proposto dinnanzi al T Abruzzo una domanda risarcitoria contro la Regione Abruzzo, per ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto del provvedimento dirigenziale annullato dalla sentenza n. 47/2015 cit.;

- il primo giudice ha rigettato il ricorso.

2. In particolare, alla stregua di quanto emergente dalla sentenza di primo grado, il T ha rilevato che:

-l’illegittimità del diniego di contributo, acclarata con la sentenza n.47/2015, aveva comportato, come del pari accertato con il giudizio di ottemperanza proposto e definito, solo la mancata disponibilità dell’importo poi riconosciuto, rimanendo tuttora aperta la controversia, non definita, su ulteriori poste attive non ancora riconosciute e non direttamente riconoscibili nel (o dal) provvedimento (di diniego) impugnato;

- la mancata disponibilità di ulteriori somme non discendeva dal provvedimento di diniego illegittimo, ma, a tutto voler concedere, e dando per scontata la quantificazione operata da parte ricorrente, dalla mancata corresponsione di detto importo in epoca successiva, per effetto della carenza di atti (successivi o ulteriori) di impegno (la cui illegittimità parte ricorrente in alcun modo aveva fatto valere innanzi al TAR), ovvero in ragione del mancato adempimento di obblighi oramai consolidati ricadenti sull’Amministrazione e pienamente definiti nell’ an e nel quantum ;
con la precisazione che, in tale ultima ipotesi, le conseguenze negative ulteriori avrebbero dovuto essere dedotte innanzi ad altro Giudice;

- in ogni caso, l’incertezza dell’ammontare del pregiudizio patrimoniale dato dal minore contributo complessivamente erogato non consentiva neppure di verificare l’esatta incidenza della mancata riscossione tempestiva delle dette poste attive (se non limitatamente al contributo effettivamente poi riconosciuto e pari a circa euro 92.000,00) sulle lamentate conseguenze negative;
non essendo revocabile in dubbio che, sul piano meramente oggettivo, l’entità del preteso credito non riscosso non era affatto neutra sul patrimonio del creditore e sulle eventuali conseguenze ulteriori;

- posto che, allo stato, l’importo certo di cui ATAM non aveva avuto disponibilità per effetto dell’illegittimo provvedimento di diniego impugnato era limitato ai detti 92.000,00 euro, doveva in conseguenza concludersi che difettava la prova, incombente sull’attore/ricorrente, che era stata proprio tale mancata disponibilità (di euro 92.000.000) a “determinare” le lamentate conseguenze negative;
occorrendo che il creditore dimostrasse che la mancata disponibilità di quella posta era stata l’unica causa del conseguente dissesto;
tenuto conto, peraltro, di un’attività continuata negli anni successivi (con l’assunzione, volontaria, di altri impegni, nonostante le oggettive difficoltà di cassa) e della disponibilità di altre cospicue poste attive (i contributi ministeriali ottenuti fino al 2012);

- tale prova non era stata fornita dal ricorrente, né avrebbe potuto disporsi una CTU, che non avrebbe avuto la funzione di quantificare un danno già accertato nell’ an ma appunto di accertare causalmente proprio l’ an del danno, ossia se, dalle richiamate evenienze e solo in conseguenza di queste, fosse stato prodotto un danno risarcibile in capo ad ATAM;

- a fronte di interessi c.d. pretensivi, quali quelli rilevanti nella fattispecie, la necessità dell’intermediazione amministrativa ai fini dell’attribuzione del bene della vita poneva a carico del privato l’onere, da assolvere in base al principio dispositivo, di dimostrare la spettanza del bene in questione, ossia di acclarare che, ove l’amministrazione si fosse comportata legittimamente, avrebbe dovuto riconoscergli non solo il bene appetito, ma anche, ove proponesse una domanda risarcitoria relativa ai danni “ulteriori”, reintegrarlo delle altre utilità che solo e proprio la mancata disponibilità del bene “primario” aveva fatto mancare;

- nel caso di specie, era problematico individuare finanche l’entità della mancata erogazione economica, costituente l’asserita causa del declino della ricorrente;
comunque, l’Associazione non aveva neanche dimostrato che, utilizzando i contributi pubblici (e le altre contribuzioni) percepiti successivamente per la copertura dei debiti poi specificamente contestati dall’Amministrazione MIBACT (il saldo alle compagnie ospitanti), non avrebbe comunque evitato il dissesto;
con il che restava indimostrato, appunto, che il contributo denegato sarebbe stato l’unica origine delle non altrimenti evitabili conseguenze dannose prodotte;

- inoltre, nella specie, il danno lamentato da parte ricorrente non costituiva affatto la realizzazione di un rischio specifico creato dall’antecedente rappresentato dalla condotta illecita dell’Autorità;
né il lamentato pregiudizio poteva essere giustificatamente ricollegato alla condotta dell’Amministrazione sotto il profilo del c.d. “scopo della norma violata”.

- difettava, altresì, il requisito della prevedibilità del danno (operante in materia, dovendo ricondursi la responsabilità dell’Amministrazione alla disciplina di cui all’art. 1218 c.c.), non risultando provato, e neppure in alcun modo allegato, che, al momento del dovuto adempimento (o, come nel caso, della mancata erogazione del contributo), la situazione di insolvenza della creditrice fosse conosciuta o conoscibile dalla debitrice (l’Amministrazione);

- infine, non poteva configurarsi, sul piano soggettivo, neanche il dolo dell’Amministrazione, tenuto conto che il ruolo assunto dal nucleo di verifica, valorizzato dal ricorrente per la prova dell’elemento soggettivo dell’illecito, era risultato irrilevante ai fini causali e inutilizzabile ai fini dell’integrazione della fattispecie dolosa in funzione dell’ampliamento del perimetro dei danni risarcibili ex art. 1225 c.c. anche a quelli non prevedibili;
pure la circostanza per cui la Regione avesse immediatamente distribuito le risorse liberate dal mancato contributo concesso ad ATAM agli altri organismi concorrenti costituiva un’evenienza del tutto ordinaria in ipotesi di esecutività del provvedimento non sospeso.

3. Il ricorrente in prime cure ha proposto appello avverso la sentenza pronunciata dal T, censurandone l’erroneità con l’articolazione di due complessivi motivi di impugnazione, incentrati sulla “ sulla responsabilità della Regione e sul conseguente diritto di Atam al risarcimento del danno, nonché sulla violazione e non corretta applicazione da parte del T degli articoli 64 e 39 c.p.a. e dell’art. 115 c.p.c .”, nonché “sul quantum ”.

4. La Regione intimata si è costituita in giudizio, al fine di resistere all’appello.

5. Le parti hanno argomentato a sostegno delle rispettive conclusioni con il deposito di memorie conclusionali. L’appellante ha depositato anche repliche alle avverse deduzioni.

6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 17 dicembre 2020.

DIRITTO

1. L’appello censura la sentenza di prime cure, per avere negato la sussistenza di una responsabilità civile della Regione intimata, nonché ripropone le difese di primo grado in ordine al quantum asseritamente dovuto dalla Regione a titolo risarcitorio.

Al riguardo, ATAM, nel contestare l’erroneità della sentenza pronunciata dal T, deduce che:

- la fattispecie non potrebbe essere ricondotta alla responsabilità contrattuale da inadempimento delle obbligazioni, non potendosi configurare in termini contrattuali il rapporto tra la Regione e l’Atam;

- l’illecito ascritto alla Regione, pertanto, dovrebbe essere ricondotto allo schema della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., con conseguente emersione dell’obbligazione risarcitoria a fronte dell’annullamento di un atto illegittimo e in presenza dell’elemento soggettivo della colpa in capo all’Amministrazione;
elementi riscontrabili nel caso di specie;

- in particolare, l’illegittimità del provvedimento sarebbe stata accertata con sentenza passata in giudicato, così come dovrebbe ritenersi incontrovertibile il diritto dell’Associazione alla percezione del contributo negato dalla Regione;

- il diniego di contributo avrebbe procurato “ conseguenze deflagranti sull’equilibrio finanziario di ATAM ”, che aveva sempre operato anche avvalendosi di contributi pubblici attribuiti dalla Regione e dal Ministero dei beni e delle attività culturali;

- nella specie, la mancata disponibilità, nell’esercizio 2012 del contributo ingiustamente denegato dalla Regione, avrebbe determinato l’impossibilità: a) di pagare per intero le compagnie ospitate nell’anno 2011 e, quindi, di ottenere dal Ministero il saldo del contributo relativo a tale annualità, per € 116.047,80;
b) di pagare per intero le compagnie ospitate nell’anno 2012 e, quindi, di ottenere dal Ministero il saldo del contributo relativo a tale annualità, per € 130.045,60;
c) di ottenere il contributo ministeriale per l’anno 2013 in misura pari a quella riconosciuta per gli anni precedenti, corrispondente ad € 580.000,00 circa, avendo ricevuto l’Associazione un contributo di € 250.000,00 per l’anno 2013, sempre in ragione del mancato integrale pagamento delle compagnie ospitate per gli anni 2011-2012;

- lo stesso T Abruzzo con sentenza n. 667/14, nel respingere il ricorso proposto dall’Associazione avverso il provvedimento ministeriale con cui veniva assegnato il contributo per l’anno 2013 in misura inferiore rispetto a quella riconosciuta negli anni precedenti, avrebbe ritenuto legittimo l’operato statale in ragione della irregolarità gestionale, correlata al mancato integrale pagamento delle compagnie ospitate;

- sempre il Ministero con decreto n. 2222 del 19.12.2014 ha negato l’assegnazione del contributo per l’anno 2014, assumendo una decisione, comunque, contestata in sede giurisdizionale;

- per effetto della privazione dei contributi ministeriale e regionale ATAM si sarebbe trovata costretta ad interrompere la propria attività, non potendo presentare neppure domanda al Ministero per la concessione del contributo per il triennio 2015-2017;

- i fatti a sostegno della domanda risarcitoria, inoltre, non sarebbero stati specificatamente contestati dalla Regione, sicché avrebbero dovuto ritenersi pacifici ai sensi del combinato disposto degli artt. 64, comma 2, c.p.a., 115 c.p.c. e 39 c.p.a.;
con conseguente necessità di ritenere inoppugnabile la circostanza per cui l’Associazione aveva effettivamente subito le conseguenze dannose in esame;

- il T avrebbe anche svalutato il rilievo operato in prime cure, per cui l’Associazione, in forza dei contributi ricevuti, presentava una situazione economica di assoluta regolarità, figurando al primo posto degli organismi teatrali di cui all’art. 14 D.M. MIBACT del 12.11.2007, anche nel primo triennio successivo al sisma del 2009, che aveva danneggiato le sedi utilizzate per le manifestazioni teatrali;
per l’effetto, la situazione di pareggio di bilancio non si era avuta nell’esercizio 2012 solo per la mancata concessione del contributo relativo all’anno 2011, che aveva impedito di coprire interamente le spese delle compagnie teatrali ospitate;

- il disavanzo economico nel 2012, pari ad € 250.000,00, si era elevato ad oltre € 570.000,00 nel 2013, il che aveva determinato la necessaria riduzione degli spettacoli, l’impossibilità di avvalersi delle migliori compagnie teatrali, la negazione dei contributi ministeriali per il 2014 e il 2015, nonché la cessazione dell’attività dopo il 2015, con il licenziamento di tutti i dipendenti, la cessazione dei rapporti di collaborazione e la ricezione della notificazione degli atti giudiziari prevenuti dopo l’aprile 2012, aventi ad oggetto crediti che l’Associazione non era stata in condizione di adempiere per via dell’illegittimo diniego di contributo per l’anno 2012;

- nella specie ricorrerebbe anche la colpa dell’Amministrazione, come desumibile dall’istituzione nel 2011 di un nuovo nucleo di verifica al fine di svolgere un controllo di merito e qualitativo non consentito dalla L.R. n. 5/1999, che non ammetteva alcun controllo della spesa rendicontata;
né sarebbero stati acquisiti in atti i verbali delle sedute nelle quali tale nucleo aveva esaminato la documentazione prodotta dagli altri organismi che avevano chiesto ed ottenuto l’ammissione al contributo regionale, né vi sarebbero atti concernenti la convocazione a tale fine del N.I.V. stesso, con la conseguenza che tale nucleo avrebbe operato solo nei confronti della ricorrente, travisando i dati di bilancio e affermando che l’Associazione avrebbe duplicato le perdite, illazioni smentite dalla CTU acquisita al giudizio definito con sentenza n. 47/2015 cit.;

- la sussistenza di una volontà lesiva ascrivibile in capo alla Regione dovrebbe desumersi, altresì, dall’adozione delle determinazioni con cui l’Amministrazione regionale, appena due giorni dopo la notifica del ricorso, ha provveduto a ripartire tra gli altri quattro organismi istanti le somme residuate per effetto dell’esclusione dell’ATAM dai contributi per l’anno 2011;
condotta illegittima, non avendo la Regione ancora ricevuto i rendiconti per l’anno 2011 degli organismi beneficiati dalla elargizione;

- in ogni caso, la colpa dell’Amministrazione sarebbe quella rimarcata dal T nella sentenza n. 47/2015 cit., per avere la Regione negato il contributo per erroneità dei presupposti e per difetto di istruttoria;

- il T avrebbe anche errato nell’ascrivere in capo all’Atam la prova del fatto che, in caso di tempestiva ricezione del contributo negato dalla Regione, Atam avrebbe evitato il dissesto, tenuto conto che l’Associazione, fruendo dei contributi pubblici aveva sempre chiuso in pareggio o in attivo la gestione contabile, quando, il venire meno del contributo regionale per l’anno 2011 aveva determinato, nell’arco di tre anni, la cessazione dell’attività;

- non sarebbe neanche rilevante stabilire l’effettivo ammontare del contributo regionale dovuto ad Atam, tenuto conto che, anche prendendo in considerazione l’importo di € 92.000,00, ove tale somma fosse stata tempestivamente corrisposta, l’Associazione avrebbe pagato le spettanze delle Compagnie ospitate nel 2011 (il cui debito ammontava ad € 110.000), in tale modo chiudendo l’esercizio senza perdite.

In punto di quantum debeatur , l’Associazione rileva che i danni prodotti dalla Regione, oggetto della richiesta risarcitoria, potrebbero determinarsi anche in ragione dei costi da sopportare per ripristinare l’operatività dell’associazione, quantificabili in almeno 10 milioni di euro, con un mancato guadagno corrispondente ad almeno 1 milione di euro per ciascun anno di inoperatività, pari ai ricavi prodotti dall’attività dell’Associazione.

Al riguardo, l’appellante ha chiesto l’ammissione di una consulenza tecnica per determinare l’ammontare del danno effettivamente subito, da parametrare non agli utili di esercizio, ma al complessivo volume di affari, derivante dalla somma dei contributi pubblici e dei ricavi dall’attività svolta dalla ricorrente. La determinazione del quantum debeatur potrebbe, inoltre, essere operata, secondo quanto dedotto in appello, in via equitativa da questo Consiglio.

2. In quanto preliminari rispetto alla corretta quantificazione degli importi asseritamente dovuti dall’ente regionale, occorre soffermarsi, in via prioritaria, sull’integrazione, sotto il profilo soggettivo e oggettivo, di un illecito civile ascrivibile in capo alla Regione, oltre che sulla sussistenza di conseguenze dannose correlate al diniego di contributo regionale per cui è causa.

3. In materia di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione la parte che affermi di avere subito un danno in conseguenza dell’altrui condotta lesiva è, tenuta ad allegare e provare puntualmente gli elementi costitutivi dell’illecito e le conseguenze pregiudizievoli subite (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2020, n. 6394).

In particolare, l’illecito civile ascrivibile all’Amministrazione nell’esercizio dell’attività autoritativa, quale quella rilevante nell’odierna sede processuale, richiede:

- sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l’evento dannoso (o c.d. “danno-evento”) derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. “danno-conseguenza”), suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3);

- sul piano soggettivo l’integrazione del coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell'amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358).

Sul piano probatorio, l’accertamento del nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo – c.d. “causalità materiale” – impone, inoltre, di verificare “ se l’attività illegittima dell’Amministrazione abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento ” (Consiglio di Stato, sez. II, 25 maggio 2020, n. 3318).

Trattasi di un giudizio da svolgere in applicazione della teoria condizionalistica, governata dalla regola probatoria del “più probabile che non” e temperata in applicazione dei principi della causalità adeguata.

In particolare, occorre procedere ad un giudizio controfattuale, volto a stabilire “ se, eliminando o, nell’illecito omissivo, aggiungendo quella determinata condotta, l’evento si sarebbe ugualmente verificato, e, una volta risolto positivamente tale scrutinio, un secondo stadio richiede di verificare, con un giudizio di prognosi ex ante, l’esistenza di condotte idonee - secondo il criterio del “più probabile che non” - a cagionare quel determinato evento.

Sicché l’esito positivo del predetto giudizio - riconducibile alla teoria della causalità adeguata - accerta definitivamente l’efficienza causale dell’atto illegittimo rispetto all’evento di danno, che va esclusa qualora emergano fatti o circostanze che abbiano reso da sole impossibili il perseguimento del bene della vita determinando autonomamente l’effetto lesivo (Cons. Stato, VI, 29 maggio 2014, n. 2792)” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 luglio 2019, n. 4790).

Positivamente definito lo scrutinio in ordine alla causalità materiale, a fronte d’un evento dannoso causalmente riconducibile alla condotta illecita, occorre verificare la sussistenza di conseguenze dannose, da accertare secondo un (distinto) regime di causalità giuridica che ne prefigura la ristorabilità solo in quanto si atteggino, secondo un canone di normalità e adeguatezza causale, ad esito immediato e diretto della lesione del bene della vita ai sensi degli artt. 1223 e 2056 Cod. civ. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 4 agosto 2015, n. 3854).

4. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, è possibile soffermarsi sul caso di specie, verificando se possa ascriversi in capo alla Regione appellata un illecito civile, fonte dell’obbligazione risarcitoria, completo nei suoi elementi costitutivi, rilevanti tanto sul piano oggettivo che su quello soggettivo.

5. In primo luogo, si deve dare atto che nel caso in esame risulta accertata con sentenza passata in giudicato la sussistenza di una condotta provvedimentale illegittima.

Il T Abruzzo, difatti, con sentenza n. 47/2015 ha annullato il provvedimento regionale attraverso il quale, relativamente al conto consuntivo annualità 2010 prodotto dall’Atam, era stata rilevata l’impossibilità di procedere alla liquidazione del contributo previsto dalla Legge regionale 5/1999 per l’anno 2011.

In particolare, il giudice di primo grado, sulla base delle risultanze di apposita consulenza tecnica d’ufficio, ha rilevato che:

- l’Atam nel bilancio 2010 aveva provveduto a detrarre dal conto economico presentato le componenti negative coperte dal contributo POR FESR;

-il risultato di esercizio conseguito dall’Atam in relazione al bilancio 2010, al netto costi relativi al bilancio 2010 già coperti e compresi tra quelli finanziati dal POR-

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