Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-12, n. 201505163

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-12, n. 201505163
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505163
Data del deposito : 12 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00295/2015 REG.RIC.

N. 05163/2015REG.PROV.COLL.

N. 00295/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 295 del 2015, proposto da:
S.I.R. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Giampaolo Cortellazzo-Wiel, A P, A M, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Via Federico Confalonieri 5;

contro

Iris Spa Isontina Reti Integrate Servizi, Isontina Ambiente Srl A S.U. (già Ambiente Newco Srl A S.U.), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avv. R F, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Vinicio Martini e Beatrice Croppo, con elezione di domicilio presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Friuli -Venezia Giulia in Roma, piazza Colonna 355;
Comune di Cormons, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti Ino Pupulin, Giovanni Meineri, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, Via Salaria n. 162;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia n. 00244/2014, resa tra le parti, concernente accertamento diritto ad ottenere il risarcimento danni per espropriazione dei beni e ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Iris Spa Isontina Reti Integrate Servizi e di Isontina Ambiente Srl A S.U. (Già Ambiente Newco Srl A S.U.) nonché di Regione friuli Venezia Giulia e Comune di Cormons;

Visto il ricorso in appello incidentale proposto dal Comune di Cormons, rappresentato e difeso dal’avv. Ino Pupulin, con elezione di domicilio presso l’avv. Giovanni Meineri, in Roma, via Salaria n.162;

Visto il ricorso in appello incidentale proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso dagli avv.ti Vinicio Martini, Beatrice Croppo, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Friuli in Roma, piazza Colonna 355;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2015 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati Cortellazzo, Manzi, Fusco, Martini e Giovanni Meineri (su dichiarata delega dell’avv. Pupulin);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società S.I.R. s.r.l. (in seguito SIR) esercente l’attività di gestione del ciclo dei rifiuti, ivi compresi la gestione e allestimento di discariche, acquisiva nel 1996 alcuni terreni adiacenti alla discarica sita in Comune di Cormons loc. Pecol dei Lupi in previsione di un ampliamento della stessa e in quello stesso anno il Consorzio Intercomunale Servizi Ambientali (CISA) con delibera n.53 del 30/4/1996 approvava un progetto di ampliamento di detta discarica che andava ad interessare anche i suoli di proprietà dell’attuale appellante per una superficie complessiva di 8.932 mq..

Per la realizzazione della progettata opera veniva quindi attivato il procedimento ablatorio e gli immobili in questione erano occupati in via di urgenza con provvedimento del Sindaco di Cormons;
quindi con decreto del 21 luglio 1999 venne disposto l’esproprio delle aree necessarie all’ampliamento della discarica.

La Società suindicata impugnava il provvedimento di proroga dell’occupazione nonché quello di esproprio con due ricorsi giurisdizionali che venivano respinti dal TAR Friuli Venezia Giulia con sentenze nn.879/2002 e 880/2002, pronunce che venivano riformate in appello dal Consiglio di Stato con sentenze nn.4176 e 4177 del 2010.

Intanto, nelle more della vicenda giudiziaria, si avevano dei mutamenti di carattere soggettivo nell’organismo che gestiva il servizio pubblico della gestione del ciclo dei rifiuti e precisamente accadeva che:

il Consorzio CISA si trasformava in Azienda Multiservizi Isontina- AMI spa - che a sua volta si trasformava in Isontina Reti Integrate e Servizi (I.R.I.S. spa), divenendo poi Ambiente Newco srl che, infine, cambiava denominazione in Isontina Ambiente srl, società allo stato intestataria dei beni espropriati.

SIR dopo aver inutilmente chiesto con relativa diffida il ristoro dei danni derivanti dall’acquisizione dei propri terreni e dallo sfruttamento del giacimento del materiale di cava, proponeva ricorso al T del Friuli-Venezia Giulia per l’accoglimento delle seguenti domande:

1) accertamento del diritto ala restituzione previa remissione in pristino, dei beni espropriati e occupati in via d’urgenza;
2) accertamento del diritto della società ricorrente al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla indisponibilità dei beni dalla data della sottrazione a quella della restituzione;
3) condanna della Società proprietaria dei beni e dell’espropriante, in solido tra loro, per quanto di ragione, alla restituzione degli stessi, previa restituzione in pristino stato, sia per le condizioni del suolo che del sottosuolo e al pagamento dei danni patrimoniali conseguenti alla indisponibilità degli stessi dalla data dell’apprensione sino a quella della restituzione, quantificati in euro 17.067.373,86.

In quella sede la ricorrente chiedeva disporsi in via istruttoria verificazione e/o consulenza tecnica/ contabile volta a determinare il valore del suolo e del sottosuolo relativi ai beni oggetto dell’esproprio nonché l’utilità retraibile dalla gestione della discarica allestita sui terreni espropriati proporzionalmente all’estensione degli stessi.

L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.244/2014 accoglieva nei limiti di cui in motivazione il proposto gravame e in particolare così statuiva:

dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Società IRIS;

accertava la legittimazione passiva di Isontina Ambiente quanto alla domanda di restituzione e remissione in pristino dei beni illegittimamente occupati ed espropriati nonchè la legittimazione passiva del Comune di Cormons e della Regione relativamente alle domande risarcitorie;

condannava il Comune suindicato e la Regione pro quota a quantificare e risarcire a SIR i danni in relazione al valore agricolo dei terreni di sua proprietà.

Tanto premesso la Società SIR ha impugnato con l’appello all’esame la sentenza n.244/2014 in relazione ad alcune statuizioni in essa contenute e precisamente i capi del decisum riguardanti l’estromissione dal giudizio di IRIS e la indicazione del criterio per il calcolo del danno da risarcire, questioni che il primo giudice, ad avviso di SIR, avrebbe definito erroneamente

Più specificatamente parte appellante sostiene in primo luogo che IRIS è da considerarsi responsabile del debito risarcitorio quale soggetto che ha conferito il ramo d’azienda nella partecipata Newco srl e che ha avviato ogni attività esecutiva per la discarica, avvantaggiandosi della gestione della stessa, sicchè essa rimane obbligata nei confronti dei terzi, e quindi nei confronti di SIR.

Relativamente alla seconda questione sollevata, quella del criterio della determinazione del valore delle aree per la quantificazione del risarcimento, il T avrebbe erroneamente omesso di indagare o rivalutare la situazione effettiva delle aree e delle utilità ritratte dalla P.A. con l’illegittima apprensione del bene.

In particolare, sostiene sempre l’appellante, per la determinazione del valore delle aree di SIR occupate per la realizzazione della discarica, ai fini della quantificazione del danno risarcibile si devono utilizzare altri, specifici parametri di valutazione di cui il primo giudice non ha tenuto conto, senza motivare alcunché e senza dare seguito alle richieste istruttorie all’uopo avanzate.

Ai fini del quantum risarcitorio parte appellante include il ristoro da corrispondersi a titolo di indisponibilità e mancata gestione della discarica facendo valere l’utile della gestione sottratto alla SIR con l’esproprio, indicato precipuamente nella somma complessiva di euro 17.067.373,86.

Inoltre con riferimento alla pretesa risarcitoria rivendicata in relazione al valore dei terreni, SIR rivendica il diritto al risarcimento per danno non patrimoniale pari al 10% del valore del terreno e per danno da indisponibilità del terreno stesso del 5% su base annua per un totale complessivo di euro 3.242.800,55.

L’appellante chiede quindi, che questo Consiglio di Stato, in riforma dell’impugnata sentenza provveda a liquidare il risarcimento nelle misure sopraindicate e infine formula domanda di provvedimenti istruttori volti all’acquisizione di atti relativi alla realizzazione della discarica Col dei Lupi instando altresì affinchè questo giudice di appello, sempre in via istruttoria, disponga verificazione e/o consulenza tecnico-contabile volta:

1) a descrivere la condizione attuale delle aree espropriate tanto al suolo che al sottosuolo e a individuare le modalità di ripristino;

2) a determinare il valore del suolo e del sottosuolo relativi ai beni oggetto dell’esproprio;

3) a fissare l’utilità retraibile dalla gestione della discarica allestita sui terreni espropriati proporzionalmente alla estensione degli stessi.


Peraltro la richiesta di incombenti istruttori sub specie di verificazione e/o consulenza tecnica è stata avanzata in via incidentale in sede di giudizio cautelare appositamente attivato dalla parte appellante e questa Sezione pronunciando al riguardo, con ordinanza n.573 del 4/2/2015 rigettava l’istanza cautelare in questione sul rilievo che “la domanda incidentale presuppone una delibazione da assumersi nella sede di disamina e definizione del giudizio di merito qui instaurato”.

La Regione Friuli Venezia Giulia ha proposto appello incidentale e contestualmente memoria difensiva.

Col proposto gravame la Regione rileva il difetto di legittimazione passiva posto che SIR avrebbe inteso proporre la sua azione esclusivamente nei confronti di IRIS spa e Isontina Ambiente quali soggetti obbligati alla restituzione dei beni e al risarcimento e tenuto conto che il ricorso era stato notificato alla Regione solo per fini conoscitivi.

L’Amministrazione regionale deduce poi i seguenti mezzi d’impugnazione:

1) Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.;

2) Contraddittorietà della motivazione;

3) Ulteriore contraddittorietà ed insufficienza della motivazione.

Quanto all’appello principale, la Regione contesta l’ammissibilità e/o comunque la fondatezza delle richieste avanzate dalla Sir, escludendo peraltro, in ogni caso, relativamente alla valutazione delle aree ai fini risarcitori che i terreni abbiano vocazione a cava, come peraltro già sancito dal giudice ordinario in connesse controversie e chiede siano rigettate le richieste istruttorie pure avanzate dall’appellante principale.

Anche il Comune di Cormons propone appello incidentale nei confronti della sentenza n. 244/2014 nella parte in cui il primo giudice ha accertato la responsabilità del Comune e lo ha condannato al risarcimento del danno.

In particolare, l’accertamento della responsabilità aquiliana dell’Amministrazione comunale è da ritenersi errata per i seguenti motivi:

Violazione del principio del carattere personale della responsabilità per fatto illecito di cui all’art.2043 codice civile, violazione delle disposizioni in ordine alla legittimazione passiva;
difetto di motivazione;

Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.;
contraddittorietà;

Violazione dell’art. 2043 codice civile sotto altro profilo.

L’appellante incidentale ha comunque concluso affinchè il gravame proposto da Sir sia rigettato.

Le parti hanno poi prodotto a sostegno delle rispettive tesi apposite memorie difensive, anche in replica.

All’udienza pubblica del 28 aprile 2015 la causa viene introitata per la definitiva decisione.

DIRITTO

L’appello principale proposto da SIR si rivela infondato, così come non meritano positivo apprezzamento gli appelli incidentali proposti rispettivamente dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Cormons.

Quanto al primo gravame SIR si duole della impugnata sentenza relativamente a due statuizioni rese dal primo giudice in ordine a:

1) l’estromissione dal giudizio della Società IRIS;

il modo di determinazione del danno patrimoniale e non patrimoniale di cui sono stati onerati la Regione FVG e il Comune di Cormons (e quindi la determinazione del criterio di calcolo del danno da risarcire).

Relativamente al punto del decisum indicato sub 1) parte appellante sostiene che IRIS quale soggetto avente causa di CISA, poi divenuto Ami, in quanto soggetto che richiese l’esproprio e realizzò la discarica è tenuto agli obblighi risarcitori derivanti dalla accertata illegittimità degli atti espropriativi e che la predetta Società non può essere mandata esente da responsabilità risarcitoria per il fatto che ha conferito il ramo “Ambiente”alla Società Ambiente Nweco (cui è poi succeduta la Isontina Ambiente srl), in ragione della regola civilistica di solidarietà tra conferente e conferitario relativamente alle obbligazioni verso i terzi creditori.

L’assunto difensivo non appare condivisibile.

In primo luogo va rilevato che IRIS non può certamente identificarsi come soggetto passivo della avanzata domanda restitutoria, risultando proprietaria e detentrice delle aree di cui si rivendica la restituzione unicamente la Isontina Ambiente srl e cioè la Società risultante l’ultimo anello della complessa sequela di trasformazione dei soggetti preposti alla titolarità e gestione della discarica di rifiuti Pecol dei Lupi: è evidente che non può chiedersi ad un soggetto la restituzione di beni di cui il medesimo non ha più la titolarità e neppure la disponibilità, in ragione di avvenuto subentro in detto rapporto di altro soggetto.

Anche con riferimento alla domanda risarcitoria (intesa come richiesta di ristoro dei danni patrimoniali e non) va dichiarata l’estromissione di IRIS per le ragioni di seguito sinteticamente indicate:

i soggetti che si sono succeduti nella proprietà e gestione della discarica de qua (inizialmente CISA, poi AMI, quindi IRIS, ancora Ambiente Nweco, infine Isontina Ambiente) sono bensì società di diritto privato costituite tuttavia con capitale pubblico e alle quali hanno aderito i vari enti locali disseminati sul territorio friulano interessato. Quindi, come acutamente già sottolineato dal T, ancorchè società di diritto privato, le stesse si identificano come soggetti di mano pubblica e se così è, avuto riguardo alla natura sostanziale dell’“organismo” si può fare riferimento alle regole vigenti in tema di successione tra gli enti per cui è nell’ultimo soggetto subentrato nella “catena di trasformazione” sopra indicata e cioè la Isontina Ambiente srl che vanno ricondotti tutti i rapporti attivi e passivi ad essa trasmessi da Nweco Ambiente e prima ancora da IRIS.

Va poi considerato che la domanda risarcitoria trova origine dalla accertata illegittima adozione dei provvedimenti di occupazione ed espropriazione dei terreni di proprietà della SIR (assunti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Cormons) come sancita dalle pronunzie di questo Consiglio di Stato nn. 4176 e 4177 del 2010, atti che attengono ad una procedura ablatoria che si è conclusa nel 1997, mentre IRIS veniva costituita a seguito di trasformazione da AMI con atto notarile del 29 aprile 2003 e gestiva la discarica in questione per il periodo 2003- 2010 e quindi ha operato in epoca successiva agli accadimenti giudicati illegittimamente posti in essere dai soggetti istituzionali rappresentati dalla Regione e Comune di Cormons.

La regola civilistica dell’estensione delle obbligazioni dal conferente al conferitario non può trovare applicazione non solo per i motivi di cui sub a) e b), ma anche perché all’epoca della illegittima “ adprehensio ” dei beni di IRIS alcuna obbligazione sussisteva in capo ad IRIS nei confronti di terzi soggetti.

Conclusivamente, sul punto deve darsi atto, disattendendosi le censure all’uopo dedotte dall’appellante SIR, della esattezza del capo della sentenza impugnata con cui viene affermata la estraneità di IRIS dall’obbligo di risarcire i danni patrimoniali e non (oltreché da quello di restituzione dei beni e ripristino dello stato dei luoghi).

Ciò premesso si può passare all’esame della questione nodale dell’appello principale costituita dalla misura del risarcimento del danno conseguente alla illegittima apprensione dei terreni della SIR.

Il TAR nella sua decisione nel riconoscere l’obbligo della Regione e del Comune di Cormons a risarcire danni patrimoniali e non patrimoniali consequenziali all’illegittima occupazione e espropriazione dei terreni ha stabilito che il calcolo degli stessi deve essere effettuato “con solo riferimento al valore agricolo dei terreni stessi” e ha disatteso la domanda di risarcimento avanzata dalla Società ricorrente ancorata alla destinazione dei terreni ad attività di cava e all’ampliamento della discarica.

Parte appellante critica il criterio di quantificazione indicato dal primo giudice e invoca l’applicazione di altri parametri ai fini della determinazione del quantum da risarcire “per indisponibilità del bene illegittimamente espropriato”.

In particolare secondo parte appellante ai fini in esame il valore delle aree de quibus va rapportato a tre diversi parametri di utilizzo costituiti da:

a) come aree agricole (vigneto);

b) come aventi una potenzialità estrattiva per la presenza di materiale litoide;

c) come aree da destinare all’ampliamento della discarica.

Il TAR avrebbe immotivatamente obliterato i criteri di cui ai punti b) e c) ed erroneamente disatteso le richieste istruttorie pure al riguardo avanzate dalla Società interessata.

La tesi di parte appellante non merita positivo apprezzamento.

L’art.35 comma 2 del Dlgs. 31 marzo 1998 n.80 poi sostanzialmente trasfuso nell’art. 34 comma 4 c.p.a. consente al giudice amministrativo di procedere alla individuazione dei criteri per la liquidazione del danno, essendo preclusa una condanna generica limitata all’ an debeatur (Cons Stato Sez. IV n. 2102/2011; idem n. 3876/2010)

Ciò detto, ai fini la quantificazione del danno risarcibile derivante alle aree qui in rilievo per effetto della occupazione ablatoria, il criterio fondamentale cui rapportare la determinazione del ristoro patrimoniale è quello di tener presente il valore venale del bene come desumibile al momento della sottoposizione dei beni alla procedura espropriativa rivelatasi illegittimamente posta in essere (Cons Stato Sez. IV 2/12/2013 n. 5735;
Cass. I Sez. Civ. 4/6/2010 n. 13615), in relazione alla qualificazione e natura del bene irregolarmente appreso.

L’applicazione di siffatto parametro di valutazione si pone in perfetta consonanza con i principi che informano l’attività espropriativa della P.A. a fronte della quale il diritto al giusto indennizzo da parte del titolare dei diritti dominicali esistenti sul suolo ablato deve essere rapportato necessariamente al valore degli immobili come desunto dal loro stato e dalla condizione esistenti al tempo dell’espropriazione.

Sulla scorta di tale regula iuris la pretesa fatta valere da parte appellante di tener conto ai fini della determinazione del quantum risarcitorio dei parametri volti ad evidenziare una potenzialità estrattiva e una sottesa finalità a discarica dei terreni de quibus non appare fondata perché articolata su una ricostruzione del valore del bene basata unicamente su supposte vocazioni e future destinazioni di aree che invece al momento dell’avvenuta acquisizione hanno natura e consistenza di terreni agricoli, in parte adibiti a vigneto, in parte ad altre colture arboree e in parte ancora incolti.

Invero, il bene, quanto alla determinazione del suo valore, una volta sottoposto a procedura ablatoria deve essere rapportato alla natura e classificazione del bene stesso, non potendo rilevare come nel caso di specie aspetti tipologici mai in concreto assunti e neppure una capacità di sfruttamento produttivo in ragione di un previsto ampliamento di una discarica.

La condizione all’epoca dei suoli in questione era agricola ed è questo il paramento cui rapportarsi per il valore del bene da porre a base della quantificazione del danno risarcibile.

E, d’altra parte, la natura e destinazione dei terreni de quibus come suoli agricoli sono rilevabili dalla documentazione versata in causa nonché da elementi di cognizione e di prova di significativa rilevanza se è vero che:

a) in sede di giudizio davanti al giudice ordinario instaurato per la fissazione dell’indennità espropriativa la Corte di Appello di Trieste con sentenza n. 356/2001, poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 27800/2005 aveva cura di statuire che: “è dato fattuale accertato che al momento dell’occupazione i terreni oblati erano coltivati a vigneto e non vi era in essere una cava di materiale litoide né risulta essere mai esistita in loco… come accertato dal consulente...”;

b) la commissione provinciale per la determinazione dei valori agricoli ed indennità espropriativa relativamente alle non accettate indennità provvisorie di esproprio degli immobili per l’ampliamento della discarica verificava che “i terreni interessati sono pianeggianti, agricoli, coltivati a vite e seminativo” e che dal punto di vista urbanistico le aree erano incluse nelle zone E4 e E5, di interesse agricolo.

La condizione delle aree all’epoca in cui le stesse sono state illegittimamente apprese era dunque dal punto di vista fattuale e urbanistico quella proprio dei terreni agricoli ed è a questa qualificazione che occorre fare riferimento per determinare il quantum del danno risarcibile per indisponibilità dei terreni illegittimamente espropriati.

Conclusivamente, occorre dare atto che il diverso parametro di valore invocato dalla parte appellante, di tipo commerciale, collegato da parte appellante alla natura a cava dei terreni de quibus e a un utilizzo delle aree ad ampliamento della discarica, costituisce unicamente una deduzione basata su una potenziale vocazione dei suoli a fronte invece di una configurazione, caratterizzazione e destinazione delle aree che al momento dell’occupazione e acquisizione delle stesse identificano specificatamente terreni agricoli.

Le domande prodotte in giudizio, quella restitutoria e quella risarcitoria sia nell’ an che nel quantum sono state dunque correttamente definite dal primo giudice così come corretta è l’indicazione dei soggetti obbligati al ristoro patrimoniale e non patrimoniale, la Regione Friuli Venezia Giulia e il Comune di Cormons e cioè le Amministrazioni territoriali che gli atti dichiarati illegittimi hanno posto in essere in conseguenza: le osservazioni e rese statuizioni del T, appaiono, come sopra evidenziato, immuni dalle censure dedotte in appello.

Quanto sin qui osservato conduce conseguentemente a disattendere la richiesta di incombenti istruttori volti ad acquisire gli atti relativi alla realizzazione della discarica, in particolare al progetto di ampliamento, così come non può condividersi la domanda di una verificazione e/o consulenza tecnica in ordine alla “condizione attuale” delle aree espropriate, atteso che la domanda istruttoria complessivamente articolata dalla parte appellante si pone oggettivamente al di fuori del perimetro di accoglibilità del petitum fatto valere nei due gradi del giudizio.

L’appello di SIR, in quanto infondato, va respinto.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art.112 c.p.c. in aderenza la principio sostanziale tra il chiesto e il pronunciato.

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Si può passare all’esame dell’appello incidentale proposto dalla Regione Friuli Venezia Giulia con cui l’Ente eccepisce con i primi due motivi sostanzialmente il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla pretesa risarcitoria rivendicata e riconosciuta (nei limiti) in capo a SIR.

I motivi posti a sostegno di tale gravame sono prima ancora che infondati, del tutto inconsistenti, se non meramente pretestuosi e in ogni caso confliggono con i principi processuali cui si informa la giustizia amministrativa

E’ veramente singolare la tesi sostenuta dalla parte appellante incidentale che deduce la sua estraneità dal giudizio per il fatto che l’originaria ricorrente SIR abbia notificato il ricorso solo “nei confronti” e non contro la Regione.

Invero, la Regione è stata chiamata a tutti gli effetti in giudizio e non esiste nel campo del diritto processuale amministrativo che una notificazione di un gravame giurisdizionale avvenga ai soli fini di “notiziazione”, a nulla rilevando altresì che l’Amministrazione regionale abbia volontariamente deciso di non costituirsi in giudizio, rinunciando così a svolgere in quella sede le relative difese.

La controversia di primo grado è stata correttamente instaurata a cura della parte interessata fra i vari soggetti contraddittori coinvolti nella vicenda e della validità dei presupposti processuali va dato atto.

Inoltre è il caso di aggiungere che una volta validamente instaurato il rapporto processuale, la individuazione dei soggetti cui imputare la condotta causativa di danno risarcibile è rimessa unicamente all’organo giudicante, risultando del tutto irrilevante la prospettazione in tali sensi formulata dalla parte ricorrente (a riprova che il TAR ha – correttamente – disatteso l’imputabilità ad IRIS dell’obbligazione risarcitoria pure propugnata da SIR, riconducendola in capo alla Regione e al Comune di Cormons).

Invero, la responsabilità ex art.2043 causativa di danno ingiusto suscettibile di ristoro patrimoniale e non patrimoniale è stata fondatamente collegata alla gestione del procedimento amministrativo di occupazione ed espropriazione delle aree, con consequenziale individuazione dei soggetti passivi dell’azione risarcitoria in capo alla Regione e al Comune di Cormons (puntualmente evocati in giudizio) e cioè a carico delle Amministrazioni adottanti le determinazioni occupative ed espropriative rivelatisi illegittime.

Prive di fondamento e non comprensibili appaiono quindi le censure di violazione dell’art.112 c.p.c. nonchè di contraddittorietà e difetto di motivazione dedotte avverso la impugnata sentenza.

L’appellante incidentale lamenta poi il fatto che il TAR nello stabilire la restituzione delle aree abbia omesso di effettuare ai fini risarcitori la deduzione delle somme dovute per la detenzione dell’area.

E’ evidente che parte appellante incidentale ha scambiato i ruoli dei soggetti interessati: la Società occupante non è SIR che è il soggetto proprietario dei beni illegittimamente appresi, potendo eventualmente la Regione rivendicare il tantundem dovuto per la detenzione de qua unicamente da Isontina Ambiente, ma trattasi di un rapporto diverso, tra soggetti diversi (Regione e Isontina ambiente) che in questa sede non viene in rilievo. Quindi la sentenza resiste ad ogni critica avanzata dalla Regione.

Rimane da esaminare l’appello incidentale proposto dal Comune di Cormons che al pari di quello della Regione non ha fondamento.

Il TAR, come già accennato, ha deciso la condanna del predetto ente locale al risarcimento dei danni per il periodo relativo all’avvenuta proroga dell’occupazione d’urgenza disposta con ordinanza sindacale n.42/1999: il Comune di Cormons eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, perché sarebbe sostanzialmente estraneo al rapporto espropriativo.

Al contrario il Collegio è dell’avviso che la responsabilità passibile di risarcimento è imputabile al Comune sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo (sia pure nei limiti del breve periodo di proroga dell’occupazione) posto che:

con l’atto di proroga dell’occupazione si pone in essere il protrarsi dello spossessamento del beni posti nella disponibilità del soggetto (SIR) titolare del diritto reale di godimento dei beni stessi ed è evidente che l’esercizio illegittimo del potere di impossessamento della aree da parte dell’Ente procedente (Comune) una volta accertato, appare passibile di condanna a rifondere alla parte interessata i relativi danni sia pure per il limitato periodo di efficacia della proroga in questione;

il decreto di occupazione è parte integrante della procedura espropriativa costituendo com’è noto un sub procedimento avente sue precise caratteristiche e specifici effetti, sicchè della illegittima adozione del provvedimento non può non risponderne, sussistendone i presupposti, anche ai fini risarcitori, l’autorità che l’ha adottato (il Sindaco di Cormons).

Quanto al secondo mezzo d’impugnazione, anche questo basato sulla distinzione tra “ricorso contro” e “ricorso nei confronti di”, vale quanto in precedenza osservato circa la assoluta inconsistenza della doglianza.

Privo di fondamento è anche il terzo mezzo di gravame con cui si eccepisce la non riferibilità del danno ad una condotta dolosa o colposa del Comune.

Invero nell’accertata illegittimità dell’atto di che trattasi si ravvisano gli estremi di una condotta contra legem costituita dall’avvenuta adozione di un provvedimento che in sé confligge con le regole della imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art.97 costituzione, nel che, come da pacifico orientamento giurisprudenziale, possono ravvisarsi gli estremi di un comportamento suscettibile di danno ingiusto, come tale risarcibile.

I due appelli incidentali vanno dunque respinti, in quanto infondati.

Anche per questi due gravami vale quanto già precisato per l’appello principale e cioè che ogni altra questione ivi adombrata e non trattata deve ritenersi non rilevante e comunque inidonea a far mutare le prese conclusioni.

Avuto riguardo agli esiti processuali della controversia complessivamente qui instaurata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

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