Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-05-15, n. 201903143

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-05-15, n. 201903143
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903143
Data del deposito : 15 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/05/2019

N. 03143/2019REG.PROV.COLL.

N. 02547/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2547 del 2016, proposto da
Enel Distribuzione S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati B B, M Y e C T, con domicilio eletto presso lo studio M Y in Roma, via Cavour, n. 305;

contro

Comune di Rapallo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M G, A G e Gianluca Contaldi, con domicilio eletto presso lo studio Gianluca Contaldi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 63;

nei confronti

I.C.A. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Alessio Foligno, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Torquato Taramelli, 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 1034/2015, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rapallo e di I.C.A. S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2018 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Fabio Cintioli, in sostituzione dell'avv. Toscano, Francesco Goria, su delega dell'avv. Yeuillaz, e Gianluca Contaldi;


LETTO il ricorso, notificato nei tempi e nelle forme di rito, con il quale Enel Distribuzione s.p.a. impugnava la sentenza, meglio distinta in epigrafe, con la quale il TAR Liguria aveva dichiarato inammissibile, per ritenuta tardività, il ricorso proposto avverso il regolamento comunale per la disciplina del canone concessorio non ricognitorio, approvato dal Comune di Rapallo con delibera commissariale n. 23 dell’8 aprile 2014 ed integrata da successiva deliberazione tariffaria, nella parte in cui aveva inteso assoggettare al pagamento del ridetto canone anche le concessioni in uso delle infrastrutture di proprietà comunale, del sottosuolo e del suolo pubblico o soggetto a servitù pubblica, preordinate alla realizzazione e gestione di condutture sotterranee per la distribuzione di acqua potabile, gas, energia elettrica, linee telefoniche sotterranee, intercapedini, manufatti e simili, contenitori sotterranei di cavi, condutture e linee elettriche e telefoniche;

CONSIDERATO che, a sostegno del gravame, l’appellante:

a ) assume che, vertendosi in tema di impugnativa di atti di natura regolamentare ad attitudine non immediatamente lesiva, il termine per la relativa impugnazione avrebbe dovuto farsi decorrere dalla adozione dei relativi atti applicativi e non dalla pubblicazione;

b ) reitera, in prospettiva devolutiva, le ragioni di plurime doglianze rimaste assorbite in prime cure, complessivamente intese ad argomentare la non assoggettabilità al canone per cui è causa (alla stregua della normativa di cui all’art. 27 del codice della strada e del relativo regolamento applicativo) delle occupazioni di sottosuolo non idonee, in quanto tali, a limitare, modulare e condizionare la generale fruizione dei beni pubblici, tanto più in un contesto concessorio, per il quale il regime del canone sarebbe stato integralmente ed esaustivamente disciplinato in sede convenzionale;

LETTE le memorie difensive del Comune di Rapallo e di I.C.A., concessionario per la riscossione;

RITENUTO che l’appello risulti senz’altro fondato, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale maturato in subiecta materia , dal quale non sussistono ragioni per discostarsi ed al quale è, per tal via, lecito fare, nei sensi delle considerazioni che seguono, complessivo ed esplicativo richiamo;

CONSIDERATO, in particolare:

a ) che, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, il regolamento comunale impugnato, coerentemente con il suo nomen juris , ha indubbiamente contenuto normativo, in quanto individua, con previsioni generali e astratte, le tipologie di concessioni sottoposte al canone concessorio non ricognitorio, i relativi presupposti applicativi e i criteri di quantificazione del canone: per tal via, è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere (cfr., in analoga fattispecie, Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071), con il che la sentenza appellata deve essere riformata, trascorrendo alla delibazione nel merito delle articolate ragioni di doglianza;

b ) che, a tal fine, per condiviso intendimento, va considerato che, per un verso, l’articolo 27 del Codice della strada va essenzialmente letto alla luce del principio generale posto dall’articolo 1 (vale a dire come corpo normativo inteso alla sicurezza delle persone nella circolazione stradale, rispetto al quale le sue norme sono evidentemente serventi), e, per altro verso, che l’articolo stesso fonda la legittimità dell’imposizione del canone non ricognitorio su un provvedimento di autorizzazione o di concessione dell’uso singolare della risorsa pubblica - la sede stradale - (in tal senso, ex multis , Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2017, n. 5147);

c ) che, sulla esposta premessa, l’insieme delle disposizioni del Titolo II (Della costruzione e tutela delle strade) di quel Codice (per come espressamente richiamate dal ridetto articolo 27) dimostra che le concessioni e le autorizzazioni che giustificano l’imposizione del canone non ricognitorio di cui all’articolo 27 sono caratterizzate dal tratto comune – riferibile in ultimo alla libera e sicura circolazione delle persone sulle strade – di sottrarre in tutto o in parte l’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo;

d ) che, per tal via, condizione a un tempo necessaria e sufficiente per giustificare l’imposizione del canone ricognitorio sia rappresentata dal rilascio di un titolo che abilita a un uso singolare della risorsa pubblica , limitandone o comunque condizionandone in modo apprezzabile il pieno utilizzo (il che tipicamente occorre nelle ipotesi: d1 ) di autorizzazione all’occupazione della sede stradale anche con “ veicoli, baracche, tende e simili ” (art. 20); d2 ) di autorizzazione o concessione all’esecuzione di “ opere o depositi e aprire cantieri stradali, anche temporanei, sulle strade e loro pertinenze, nonché sulle relative fasce di rispetto e sulle aree di visibilità ” (art. 21); d3) di autorizzazione alla realizzazione di “ nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, [ovvero di] nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato ”, ovvero ancora di “ passi carrabili ” (art. 22);

e ) che, per contro, nei casi di “ attraversamento ed uso della sede stradale ” prefigurati all’art. 25 (che si riferisce alla realizzazione od effettuazione, previa rilascio di concessione, di “ corsi d'acqua, condutture idriche, linee elettriche e di telecomunicazione, sia aeree che in cavo sotterraneo, sottopassi e soprappassi, teleferiche di qualsiasi specie, gasdotti, serbatoi di combustibili liquidi, o con altri impianti ed opere, che possono comunque interessare la proprietà stradale ”, per i quali vige la prescrizione generale secondo cui le relative opere “ devono, per quanto possibile, essere realizzate in modo tale che il loro uso e la loro manutenzione non intralci la circolazione dei veicoli sulle strade, garantendo l'accessibilità delle fasce di pertinenza della strada ”), la pretesa al il riconoscimento di un canone concessorio si fonda non già su un qualunque utilizzo della sede stradale (nonché dello spazio soprastante e sottostante ad essa), bensì su un utilizzo singolare , che incida, come tale, in modo significativo sull’uso pubblico della risorsa viaria;

f ) che, del resto, il fatto che il codice abbia operato un espresso richiamo alla sola “ sede stradale ” ( id est : alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo) depone nel senso che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico;
ma non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo (quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati) che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione;

g ) che, per tal via, deve, in generale, essere esclusa (con la ovvia eccezione del tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscano la piena fruizione della sede stradale) la legittimità dell’imposizione, da parte dell’ente locale, di un canone a fronte della posa, in prossimità della sede stradale, di infrastrutture pubbliche cc. dd. “ a rete ”, come quelle che rilevano ai fini del presente giudizio;

RITENUTO, in definitiva, che, nel caso che ne occupa, il regolamento comunale impugnato in primo grado risulta in radice contrastante con il richiamato paradigma normativo, in quanto consente l’imposizione del canone patrimoniale non ricognitorio anche in ipotesi in cui tale imposizione non risulti in alcun modo correlata, nei descritti sensi, con l’‘utilizzo singolare’ della risorsa stradale;

CONSIDERATO, peraltro, che, in ordine agli avvisi di pagamento pure impugnati, la sentenza gravata appare corretta, nella parte in cui ha statuito il difetto di giurisdizione (cfr. Cass., sez. un., 18 dicembre 2002, n. 18052);.

RITENUTO, per tal via, che l’appello debba essere, nei sensi chiariti, accolto, con riforma della sentenza impugnata ed annullamento degli atti impugnati;

CONSIDERATO che sussistono giustificate ragioni per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite;

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