Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-12, n. 202303693
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Pubblicato il 12/04/2023
N. 03693/2023REG.PROV.COLL.
N. 09997/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9997 del 2021, proposto da
B G, rappresentato e difeso dall'avvocato L B A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Capri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 05550/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Capri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2023 il Cons. Roberta Ravasio;
Dato atto che nessuno è comparso per le parti costituite, che anno chiesto il passaggio della causa in decisione senza discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’appellante è proprietario di diverse unità immobiliari site nel Comune di Capri, tra le quali anche i fondi censiti in Catasto al foglio n. 3, p.lle n° 284 (variata nel 2012 in p.lla n. 1262), 348, 345, 574, 571, 551, 765, nonché n. 1355, subb. 1 e 2.
2. I precedenti proprietari della particella n. 284 avevano ottenuto l’autorizzazione paesaggistica n. 100/83 e la concessione edilizia n. 136/83 per un intervento edilizio di “ ristrutturazione di manufatto esistente e realizzazione di piccolo incremento volumetrico ”, concessione che è stata successivamente volturata al sig. G a seguito del trasferimento della proprietà in suo favore, nell’ottobre 1984.
3. Nel corso del tempo l’appellante ha chiesto e ottenuto, sempre con riferimento al fabbricato esistente sulla particella 284, vari ulteriori titoli edilizi, e relative autorizzazioni paesaggistiche (nel 1985, 1988, 1989, 1990 e 1991).
4. Nel 1992 il Comune adottava le prime ordinanze di demolizione - n. 160 e 161 - per alcuni abusi edilizi che, in sostanza, avevano trasformato il rustico originariamente esistente in una villa residenziale in difformità dai titoli di assenso rilasciati.
5. Negli anni successivi l’appellante proseguiva l’attività edilizia illecita, che veniva perseguita con svariate ordinanze di demolizione, cui ha fatto seguito la presentazione di una istanza di condono ai sensi della L. 724/94, e due istanze di sanatoria ai sensi dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001.
6. Oggetto del presente giudizio è l’ordinanza di demolizione n. 120 del 5 ottobre 2018 la quale, facendo seguito a sopralluoghi eseguiti il 17 e 19 settembre 2018, ha ordinato la demolizione di una serie di abusi commessi sui vari fondi di proprietà del sig. G, oltre che su proprietà di terzi.
6.1. Riassuntivamente, gli abusi edilizi si sono compendiati:
- sulla particella n. 284: realizzazione di una villa totalmente abusiva, della superficie di 218 mq. con ulteriori ampliamenti, una dependance di circa 19 mq, consistenti opere di sistemazione esterna, un locale deposito;
- sulla particella n. 348: realizzazione di due locali deposito, di 19 e 15 mq;
- sulla particella n. 574: un locale serra o deposito e opere di sistemazione esterna;
- sulla particella n. 551: realizzazione di una villetta, successivamente ampliata, di circa 55 mq., locale deposito/serra, opere di sistemazione esterna;
- sulla particella n. 1355: realizzazione di un fabbricato abitativo su due piani, ciascuno di circa 40 mq., con annessi cantina, bagno, locali tecnici e locale deposito;
- su proprietà di terzi: realizzazione di terrazzamenti, viali cementificati, posa di tubazioni per sottoservizi a vista, in collegamento con la particella n. 551.
7. Tale provvedimento è stato impugnato dal sig. G innanzi al TAR per la Campania, per i seguenti motivi:
- il fabbricato principale non sarebbe integralmente abusivo, stante la esistenza di titoli abilitativi (autorizzazione paesaggistica e concessione del 1990, oltre ad una serie di autorizzazioni per opere minori), e la pendenza della domanda di condono del 1995;invero, il diniego di condono e di sanatoria del 2007 afferirebbe solo alle opere accertate presso l’abitazione secondaria con verbale del 23 aprile 2007 e non concernerebbe in alcun modo alle opere di superficie utile residenziale mq 107,90 eseguite in ampliamento del fabbricato principale ed oggetto della domanda di condono prot. 3151/95;
- quanto alle opere eseguite sulla p.lla n. 1355, sub 1 e 2, si tratterebbe di opere interne all’originario manufatto di mq 44, che non avrebbe subito alcuna rilevante modifica esterna;
- quanto alle opere eseguite sulle p.lle nn. 348, 574 e 551, si tratterebbe di interventi edilizi privi di rilevanza, sia urbanistica, sia paesaggistica, non essendo visibili da punti di osservazione esterna aperti al pubblico;
- parte delle opere di cui si è ingiunta la demolizione sarebbero state eseguite all’interno di fondi di proprietà di terzi;
- la pendenza, in parte qua , della domanda di condono (per ampliamento della abitazione principale) precluderebbe l’esercizio dei poteri repressivi, esplicati nella fattispecie anche in guisa contraddittoria, perché obnubilanti la esistenza di validi titoli abilitativi che hanno consentito, nel tempo, la costruzione del fabbricato principale con l’annessa area cortilizia;
- vi sarebbe riconducibilità di buona parte delle opere nel novero di quelle contemplate dal cd. “glossario dell’edilizia libera”;
- sussisterebbe la carenza di motivazione in ordine all'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi considerato anche il lungo lasso di tempo trascorso, con correlata lesione del legittimo affidamento in tal guisa ingenerato nel ricorrente;
- sussisterebbe, altresì, la violazione dell'art. 7 l. 241/1990 e del giusto procedimento, stante la lesione delle prerogative procedimentali riveniente dalla omessa comunicazione di avvio del procedimento.
7.1 Nel corso del giudizio di primo grado, con memoria depositata il 30 giugno 2021, il sig. G eccepiva anche la nullità dell’ordinanza impugnata in quanto finalizzata alla demolizione di opere insistenti su fondo assoggettato a sequestro penale, ex art. 321 c.p.p., come da decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Napoli del 26 luglio 2019.
8. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR per la Campania ha respinto il ricorso.
8.1. Dopo aver qualificato come motivi aggiunti, inammissibili e tardivi, le difese veicolate con la memoria notificata il 30 giugno 2021, il TAR ha ritenuto di non poter dichiarare, d’ufficio, la nullità della impugnata ordinanza.
8.2. Nel merito il TAR ha ritenuto:
- quanto agli abusi commessi sulla particella n. 284, che gli interventi edilizi realizzati nel corso degli anni dal sig. G hanno indotto una tale trasformazione radicale dei luoghi da non potersi più riconoscere l’esistenza del fabbricato di cui ai titoli edilizi, e paesaggistici, rilasciati nel corso del tempo, ed alle istanze per il rilascio di sanatoria ex L. n. 724/94 e art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, peraltro già respinte con provvedimenti del Comune del 17 ottobre 2007;
- considerazioni simili valgono quanto agli abusi commessi sulla particella n. 1355, essendo stato anche qui posto in essere un radicale stravolgimento dello stato dei luoghi, non potendosi riconoscere, negli abusi contestati con l’ordinanza del 2018, opere riconducibili a quelle poste a fondamento della domanda di sanatoria o assentite con precedenti titoli edilizi;
- quanto alle opere sulle particelle 348, 574 e 551, sono state realizzate in assenza di titolo, non potendo assumere rilevanza, per la natura dei manufatti, la DIA in sanatoria presentata dal G il 21 giugno 2006;
- quanto alle opere realizzate sui fondi di terzi, il TAR ha rilevato che la natura ancillare delle opere ivi realizzate, rispetto a quelle realizzate sul mapp. 551, ne denuncia l’ascrivibilità al sig. G, al quale è stata correttamente indirizzata l’ordinanza di demolizione in qualità di responsabile;
- che nessun legittimo affidamento può essere invocato dal sig. G e che il provvedimento impugnato risultava correttamente e sufficientemente motivato con il riferimento alla realizzazione di opere non assistite dal necessario titolo edilizio, tale da rendere la decisione assunta necessitata e vincolata.
9. Il sig. G ha proposto appello.
10. In giudizio si è costituito il Comune di Capri, che ha insistito per la reiezione del gravame.
11. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2023.
DIRITTO
12. Con il primo motivo d’appello il sig. G ripropone la questione della nullità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 21 septies della L. n. 241/90, in ragione del fatto che le opere oggetto di demolizione insistono su un’area sottoposta a sequestro penale.
12.1. Il TAR ha ritenuto la domanda tardivamente introdotta in giudizio e non possibile una pronuncia ex officio .
12.2. Si può prescindere dalla disamina delle questioni processuali, sulla base delle quali il TAR ha ritenuto di non poter prendere in considerazione quanto prospettato nella memoria del sig. G notificata il 30 giugno 2021, essendo la prospettazione dell’appellante comunque infondata nel merito.
12.3. Il Collegio ritiene infatti di ribadire l’orientamento recentemente espresso nella pronuncia di questa Sezione n. 4393 dell’8 giugno 2021, secondo cui la sussistenza di un sequestro penale sul bene oggetto dell’ordine di demolizione non determina l’illegittimità né la nullità di quest’ultimo, ma solo l’inefficacia di esso fino al momento in cui il sequestro penale non venga revocato o perda, per altre ragioni, validità. La ricordata pronuncia - alla quale si rinvia per maggiori dettagli - ha ricordato che sul punto si sono formati tre orientamenti: un primo che ritiene che l’esistenza del sequestro penale non sia di ostacolo all’ottemperanza all’ordine di demolizione, sussistendo la possibilità, per l’interessato, di chiedere il dissequestro;un secondo orientamento che ha, invece, ritenuto che il sequestro sia cagione di nullità dell’ordine di demolizione;e un terzo orientamento, cui ha aderito la Sezione, che ha invece ritenuto che il vincolo penale non incida sulla validità dell’atto, traducendosi solo in una causa di sospensione della relativa efficacia, perdurante quanto l’operatività del sequestro, sicché al venir meno di esso l’ordine di demolizione riprende automaticamente efficacia senza che sia necessario reiterarlo.
12.4. Peraltro va anche rilevato che non è neppure certo che l’area fosse sotto sequestro prima della adozione della ordinanza di demolizione in parola, posto che: un sequestro, con riferimento a opere realizzate in difformità dalla c.e. n. 290/90, è stato disposto nel 1992 e si può presumere che abbia perso efficacia;il sequestro di cui al provvedimento del GIP presso il Tribunale di Napoli è stato disposto in epoca posteriore all’ordinanza impugnata, ovvero il 30 giugno 2019, quindi non può aver generato una patologia genetica dell’ordine di demolizione emesso nel 2018.
12.5. Alla luce delle considerazioni che precedono il primo motivo d’appello va respinto.
13. Con il secondo motivo l’appellante deduce che il TAR sarebbe incorso nell’omesso esame di punti decisivi della controversia: la censura sostanzialmente ripropone i motivi già articolati in primo grado, riassuntivamente indicati al paragrafo 7 e deve essere respinta per le ragioni che in appresso si vanno a illustrare, che replicano agli argomenti posti a fondamento dell’atto d’appello, seguendo il medesimo ordine di questi ultimi.
13.1. Abusi edilizi esistenti sulla particella n. 284.
13.1.1. Va precisato che, secondo quanto risulta dai vari atti autorizzativi rilasciati dal Comune di Capri, in origine era stata assentita la realizzazione di un piccolo fabbricato a un solo piano fuori terra, di circa 54 mc totali di volumetria, con sottostante cisterna interrata (c.e. 1983).
13.1.2. Tale fabbricato è stato fatto oggetto di successivi interventi, regolarmente autorizzati, ufficialmente consistenti in: “ variante per nuova distribuzione di volumi con ampliamento ”;“ formazione di n. 3 archi in pietrame calcareo a faccia vista sul prospetto dell’abitazione e per il prolungamento muro alle spalle dell’abitazione ”; “ realizzazione pergolato con struttura in ferro e soprastante copertura in elementi gregati ”; “ posa in opera di tegole sulla copertura esistente ”; “ realizzazione parete in pietra faccia vista a prolungamento della facciata del fabbricato ”; “ realizzazione controsoffittatura a maggiore protezione dello spazio porticato ”;“ trasformazione di cisterna in cantina con scala di accesso e portichetto ”; “ nuova sistemazione esterna e realizzazione muro di contenimento ”.
13.1.3. Non v’è motivo per credere che i modesti interventi descritti nei citati atti autorizzativi comprendessero anche gli interventi in concreto realizzati, i quali - come si evince dalle fotografie allegate al verbale di sopralluogo del 17 settembre 2018 – ritraggono un ampio fabbricato residenziale su due piani, tutto ricoperto di pietra a vista, della superficie di circa 220 mq., intorno alla quale è stata realizzata una ampia corte pavimentata, camminamenti e un muro di cinta all’interno del quale sono state realizzate delle nicchie in serie.
13.1.4. Il ricorrente, in particolare, non ha dimostrato, anche con l’ausilio di una perizia di parte, che lo stato attuale derivi dagli interventi edilizi realizzati con i titoli sopra citati e costituisca un mero sviluppo del fabbricato originario. Anzi, l’appellante sostiene che lo stato attuale sia il frutto di opere realizzate in difformità dalla c.e. rilasciata nel 1990, di cui il Comune aveva ordinato la demolizione con ordinanze nn. 160 e 161 del 1990, per le quali il sig. G ha poi presentato istanza di condono in data 27 febbraio 1995, che però è stata respinta con provvedimento del Comune del 17 ottobre 2007. A tali opere abusive se ne sono aggiunte altre, accertate dal Comune con verbale del 25 giugno 2006, consistenti in un manufatto ad uso tavernetta di circa 30 mq., realizzato con pali squadrati in legno, chiusure laterali in legno e copertura in lamiera: per tali opere è stata presentata l’istanza di sanatoria ex art. 36 del 21 giugno 2006, che non risulta essere stata formalmente esitata e sulla quale si è pertanto formato il silenzio-rigetto previsto dall’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001.
13.1.5. Va soggiunto che in data 23 aprile 2007 veniva ancora accertata, sul mapp. 284, la realizzazione di un appartamento completamente abusivo della superficie di circa 75 mq., e che il 20 ottobre 2007 veniva accertata la realizzazione di un nuovo manufatto della superficie di circa 40 mq. a parziale sostituzione di una parte pericolante dell’appartamento accertato il 23 aprile 2007. In mancanza di evidenza contraria, e non essendo tale manufatto descritto specificamente nell’ordinanza di demolizione, si presume che l’appartamento sia stato sostanzialmente inglobato nella villa “principale” esistente sul mapp. 284. Di tali opere il Comune ha ordinato la demolizione con ordinanze del 23 maggio 2007 e del 2 ottobre 2007. Il G ha presentato, (i) il 20 agosto 2007 una istanza di sanatoria ex artt. 36 e 37 del D.P.R. n. 380/2001, riferita ad opere realizzate sul mapp. 765 e consistenti in “ cambio di destinazione d’uso di porzione di fabbricato esistente e ampliamento di locali non residenziali ”: l’istanza contiene un riferimento alla ordinanza di demolizione del 23 maggio 2007 ed è stata riscontrata negativamente dal Comune con provvedimento del 17 ottobre 2007, che pure fa riferimento alla ordinanza di demolizione del 23 maggio 2007;(ii) il 27 dicembre 2007 altra istanza di sanatoria riferita a opere insistenti sul mapp. 765 e consistenti in “ ampliamento di locale ad uso residenziale all’unità abitativa esistente ”: l’istanza contiene un riferimento alla ordinanza di demolizione del 2 ottobre 2007 e non risulta sia mai stata riscontrata formalmente.
13.1.6. Da quanto sopra si deduce che gli abusi in parola, sanzionati con le ordinanze del 23 maggio e del 2 ottobre 2007, sono stati considerati dal Comune come insistenti sul mapp. 284 e sostanzialmente inglobati nella villa “principale”: tale deduzione è coerente con le ragioni poste a fondamento del diniego opposto alla istanza di sanatoria del 20 agosto 2007, che fanno riferimento alla circostanza che le opere costituivano ampliamento delle opere abusive di cui era stato chiesto nel 1995, con domanda non ancora esitata, il condono edilizio, che appunto si riferiva ad abusi edilizi commessi sul mapp. 284, che hanno “creato” la villa.
13.1.7. Come già precisato, le opere indicate al paragrafo che precede sono state indicate dall’appellante, nella istanza di sanatoria, come insistenti sul mapp. 765. In ogni caso si tratta di opere realizzate in assenza di preventivo permesso di costruire e che neppure in parte sono state legittimate, a seguito del rigetto della istanza di sanatoria presentata il 20 agosto 2007 nonché a seguito della formazione, sulla istanza di sanatoria del 27 dicembre 2007, del silenzio-rigetto previsto dall’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001.
13.1.8. Come ha rilevato anche il primo giudice, tutta la serie di interventi edilizi realizzati nel corso del tempo hanno portato ad uno stravolgimento completo dello stato dei luoghi, il fabbricato originario non è più riconoscibile e l’appellante non ha dimostrato in maniera adeguata che il nucleo originariamente assentito ancora esiste, è individuabile, ha mantenuto l’originaria destinazione e potrebbe essere “riportato alla luce” una volta demolite le opere abusive, tutte non sanate.
13.1.9. Conseguentemente, non si ravvisano vizi sostanziali nell’ordine di demolizione della villa “principale” esistente sul mapp. 284.
13.2. Abusi commessi sulla particella n. 765.
13.2.1. L’ordinanza di demolizione non cita il mapp. 765 tra quelli interessati da opere abusive e, come argomentato nei paragrafi che precedono, l’appellante ha presentato due istanze di sanatoria per abusi commessi sul mapp. 765, che il Comune ha riferito al mapp. 284.
13.2.2. Che siano state realizzate sul mapp. 284 o 765, si tratta comunque di opere interamente realizzate senza preventivo titolo edilizio, e le istanze di sanatoria presentate dall’appellante con riferimento alle stesse debbono intendersi respinte, per i motivi già indicati: si richiama, a tale proposito, la circostanza che i citati dinieghi di sanatoria (espresso quello di cui al provvedimento del 17 ottobre 2007, e tacito quello sulla istanza del 27 dicembre 2007) non risultano essere stati annullati in via di autotutela o giurisdizionale.
13.2.3. In definitiva, l’intero complesso di opere realizzate che l’appellante sostiene essere state effettuate sul mapp. 765 risultano abusive e non legittimate.
13.3. Abusi commessi sulle particelle 348, 345, 574 e 571.
13.3.1. Si tratta di opere che si sono compendiate, nel complesso, in 3 locali a uso deposito, una vasta zona pavimentata, una villetta, non assistiti da preventivi titoli edilizi né legittimati da successiva sanatoria, peraltro mai richiesta.
13.3.2. L’unica difesa dell’appellante, sul punto, si esprime nell’affermazione che si tratta di opere urbanisticamente e paesaggisticamente irrilevanti, non essendo visibili da punti di osservazione esterni alla proprietà: tale rilievo è assolutamente inconferente, atteso che ciò che determina la rilevanza urbanistica e paesaggistica di un manufatto è la trasformazione indotta nel territorio. Difatti, il D.P.R. n. 380/2001, all’art. 3, comma 1, lett. e.1), specifica che “ sono comunque da considerarsi “nuove costruzioni “ la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente ”, salvo che non possa trattarsi di opere pertinenziali: ciò che, però, nella specie deve escludersi, atteso che la nozione di “pertinenza”, ai fini urbanistici, implica che il manufatto abbia dimensioni estremamente limitate, tali da non potervi includere manufatti che – come quelli in esame – hanno una superficie superiore a 19/20 mq., e dovendosi in radice escludere che possa considerarsi “pertinenza” urbanistica un unità immobiliare ad uso abitativo.
13.4. Opere abusive realizzate su proprietà di terzi.
13.4.1. Sul punto l’appellante eccepisce nuovamente di non essere passivamente legittimato, evidenziando che l’ordinanza impugnata non si fonderebbe, contrariamente a quanto affermato dal TAR, sulla circostanza che l’appellante ne sia l’autore.
13.4.2. L’ordinanza impugnata, al punto 18, riferisce che le opere insistenti sui fondi di terzi (una zona pavimentata, terrazzamenti e viali in cemento per circa 200 mt.) sono “ tese a raggiungere la particella n. 551 ”. L’ordinanza specifica, inoltre, che il sig. G è proprietario dell’immobile nonché “ committente delle opere abusive ”. E’ quindi evidente che il Comune ha ordinato al sig. G la rimozione anche delle opere in questione, avendolo ritenuto responsabile.
13.4.3. Ciò precisato, il TAR non si è affatto sostituito all’amministrazione né ha integrato il provvedimento impugnato, essendosi limitato a esprimere una valutazione circa la correttezza della affermazione di responsabilità del sig. G in relazione alle opere rinvenute sulla proprietà di terzi. Il TAR, in particolare, con ragionamento logico, ha ritenuto provata la responsabilità dell’appellante sul rilievo che le opere in questione servono il mapp. 551, integrando una servitù apparente.
13.4.4. Inconferenti, rispetto al motivo in esame, sono poi le censure rivolte dall’appellante alla sentenza impugnata, siccome il TAR si sarebbe sostituito all’Amministrazione nella valutazione delle domande di sanatoria: queste ultime, infatti, riguardano altri manufatti, insistenti sul mapp. 284. Ad ogni modo va ribadito che una di esse è stata espressamente respinta, su altre due si è formato il silenzio-rigetto previsto dalla legge;il condono del 1995 è stato, parimenti, respinto con il provvedimento del 17 ottobre 2007. Si tratta di constatazioni fattuali, che non implicano alcun apprezzamento.
13.5. A conclusione dell’esame del secondo motivo d’appello, il sig. G evidenzia che il TAR non avrebbe esaminato la relazione tecnica a firma dell’ing. B T, alla quale sarebbero allegati tutti i tioli abilitativi: tale relazione tecnica, tuttavia, non risulta depositata, né in primo grado né nel corso del presente giudizio d’appello.
13.6. Alla luce delle considerazioni che precedono va respinto il secondo motivo d’appello, dovendosi pervenire alla conclusione che l’appellante non ha dimostrato che le singole opere abusive, di cui è stata ordinata la demolizione con l’atto impugnato, fossero assistite da titoli edilizi rilasciati in via preventiva, in sanatoria o su condono.
14. Con il terzo e quarto dei motivi d’appello, il sig. G contesta le statuizioni con cui il TAR ha respinto le censure di carattere procedimentale, in relazione alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, nonché quelle di difetto di motivazione.
14.1. Sul punto il Collegio non può che condividere le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice. L’ordinanza di demolizione costituisce un atto doveroso e dal contenuto strettamente vincolato e la sua adozione è obbligatoria qualora venga riscontrata la realizzazione di opere edilizie che avrebbero richiesto il permesso di costruire. La motivazione dell’ordine in questione, dunque, può dirsi sufficiente stante la descrizione delle opere abusive ed i motivi della loro abusività. La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017 ha, poi, definitivamente chiarito che, trattandosi di provvedimento vincolato, è invece del tutto superflua la comparazione dell’interesse pubblico con quello del privato, anche qualora sia passato un considerevole lasso di tempo dalla realizzazione degli abusi (Cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 20/07/2022, n.,6373: “ L'ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione;né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l'interessato non può dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi .”).
14.2. Quanto alla mancata comunicazione, all’appellante, dell’avvio di procedimento, trattasi di violazione procedimentale irrilevante, atteso che, per i motivi indicati al paragrafo che precede, il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un contenuto diverso: anche nel corso del giudizio, del resto, l’appellante non è stato in grado di dimostrare la legittimità delle opere realizzate, ragione per cui non restava al Comune altra possibilità se non l’ordine di demolizione.
14.3. Ciò consente di applicare l’art. 21 octies della L. 241/90, che non consente di far luogo ad annullamento giudiziale del provvedimento in relazione alla violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, quando sia palese che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un diverso contenuto.
15. In definitiva, l’appello va respinto.
16. le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.