Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-02-28, n. 201700913

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-02-28, n. 201700913
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700913
Data del deposito : 28 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2017

N. 00913/2017REG.PROV.COLL.

N. 07498/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 7498/2006 RG, proposto dai sigg. R e F P e dalla sig.ra M S, rappresentati e difesi dall'avv. F C, con domicilio eletto in Roma, via Cicerone n. 49, presso l’avv. Bzios;

contro

il Ministero dell'economia e delle finanze – MEF, in persona del Ministro pro tempore ed il CIPE, non costituiti nel presente giudizio;

nei confronti di

Società agricola jonica – SAJ, Azienda agricola f.lli Ancona di G, O e M A, Agrigest di Fuina Berardino &
C. s.n.c., Nico Frui s.c.a.r.l., Società agricola Antrace s.r.l., Antonio Vito Ancona, Fabio Tomacelli Filomarino e Società agricola G di Berardino Fuina &
C. s.n.c., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - sezione III -bis , n. 6181 del 16 agosto 2005, resa tra le parti e concernente il riconoscimento della qualifica di zone agricole svantaggiate ai terreni attorei;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 20 dicembre 2016 il Cons. S M R e udito, per gli appellanti, l’avv. Monica Basta (su delega di F. Calculli);

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. I sigg. R e F P e la sig.ra M S dichiarano d’essere proprietari di taluni terreni agricoli non montani e non collinari, siti nei territori comunali di Pisticci (MT) e di Bernalda (MT).

In tal loro qualità ed insieme a proprietari agricoli con aree site in altri Comuni, essi chiesero alla Regione Basilicata, per l’ulteriore inoltro all’allora Ministero del bilancio e della p.e. (ora, MEF), il riconoscimento di zone agricole svantaggiate – ZAS per i territori comunali in questione, ai sensi della Dir. n. 75/268/CEE, allo scopo di godere delle apposite agevolazioni contributive (contributi agricoli unificati – CAU) e fiscali. La Regione riconobbe la qualifica ZAS anche per i territori di Pisticci e Bernalda e diede corso alla procedura trasmettendo gli atti all’allora Ministero dell’agricoltura, che espresse parere favorevole e, a sua volta, li inoltrò alla CEE. Quest’ultima, in esito al relativo procedimento, accolse detta richiesta regionale, a decorrere dal 1° gennaio 1988, in forza delle decisioni n. 89/251/CEE del 13 dicembre 1988 (per i territori da agevolare ex art. 3, § 4 della dir. n. 268) e n. 89/252/CEE del successivo giorno 20 (per i territori da agevolare ai sensi del § 5).

2. Il Ministero dell’agricoltura, nel recepire dette decisioni, diede disposizioni alla Regione affinché riconoscesse le agevolazioni per le ZAS così riconosciute, con esclusione, però, dello sgravio CAU.

Dopo un’interlocuzione con la Regione e varie vicissitudini, il Ministero, con nota del 9 febbraio 1990, diede parere favorevole al riconoscimento CEE delle sole ZAS individuate ai sensi dell’art. 3, § 4) della direttiva n. 268, poiché tal norma, a suo dire, avrebbe disposto soltanto a favore delle aree di montagna e di collina, mentre per il riconoscimento ai sensi del § 5), tale disposizione aveva ad oggetto le aree di pianura, non delimitabili ai fini agevolativi. Ma solo con nota prot. n. 18253 del 13 settembre 1990, il Ministero cambiò avviso, esprimendo parere favorevole pure per le aree riconosciute ex art. 3, § 5) della direttiva.

Sennonché la vicenda, pur sottoposta all’esame del Ministero del bilancio, non fu portata al CIPE, neppure dopo che, nell’ottobre del 1992, la Regione gliene avesse sollecitato l’accoglimento.

3. A causa di ciò, il sig. P e consorti proposero al Ministero un’istanza circostanziata per ottenere l’invocato riconoscimento di ZAS.

Con nota del 28 novembre 1997, il Ministero precisò al sig. P e consorti che: I) le ZAS furono soltanto quelle identificate ai sensi dell’art. 15 della l. 27 dicembre 1977 n. 984 e delle indicazioni di cui al piano agricolo nazionale previsto dal precedente art. 3;
II) il CIPE, con la delibera del 21 dicembre, invitò il Ministero stesso a non proporre ulteriori ampliamenti delle ZAS delimitate ai sensi del citato art. 15, in attesa d’una nuova classificazione;
III) l’art. 2, c. 2 del Dlg 16 aprile 1997 n. 146 dispose la nuova classificazione delle ZAS in base alla quale distribuire, con effetto dal 1° gennaio 2000, il complesso delle agevolazioni contributive in agricoltura ex art. 2, c. 27 della l. 24 dicembre 1993 n. 537 e s.m.i.;
IV) per le norme vigenti, sarebbe stato possibile riconoscere sgravi CAU solamente a quei Comuni classificati svantaggiati ai sensi dello stesso art. 15, che non contemplava provvidenze per le aree di pianura.

4. Avverso tal statuizione insorsero allora il sig. P e consorti avanti al T.a.r. Lazio, col ricorso n. 1227/98 RG, deducendo:

a) l’illegittimo riferimento ministeriale al solo criterio altimetrico, già ripudiato da C. cost. n. 350 del 1985, quale criterio discriminante delle agevolazioni in parola e del resto smentito dal CIPE per alcuni territori bisognosi di aiuto, pur se pianeggianti;

b) in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 della l. 984/1977.

4.1. Con sentenza n. 6181 del 16 agosto 2005, l’adito T.a.r. respinse la pretesa attorea.

4.2. Appellarono quindi il sig. P e consorti, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza gravata sotto due articolati gruppi di censure, più una censura d’illegittimità derivata, oltre alle questioni d’illegittimità costituzionale e di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. Pur se ritualmente intimate, nessuna delle altre parti s’è costituita nel presente giudizio.

4.3. Alla pubblica udienza del 20 dicembre 2016, su conforme richiesta di parte appellante, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

5. Il T.a.r. rigettò l’impugnazione attorea, poiché è vero che la Corte costituzionale (cfr. 30 dicembre 1985 n. 370) aveva reputato illegittima l’esclusione dei territori montani siti ad una quota inferiore a m 700 s.l.m. dall’esenzione dei CAU, ma gli odierni appellanti erano titolari di terreni di pianura, con caratteristiche diverse e non assimilabili a quelli montani e collinari.

5.1. Quanto statuito dal T.a.r. è immune da mende, giacché i terreni di pianura, quantunque situati in una ZAS, in linea di massima non presentano quelle oggettive difficoltà di coltura riconoscibili di regola per i terreni montani e collinari, tali, quindi, da giustificare un trattamento differenziato dell’obbligo contributivo CAU.

5.2. Conviene ricostruire sinteticamente il quadro delle norme e dei principi che costituiscono il micro ordinamento di settore, non senza evidenziare, fin d’ora, che può escludersi che veramente la Corte abbia ripudiato tout court un criterio se non altimetrico, certo localizzativo dell’area agricola per la quale s’invoca l’agevolazione.

Invero, la differenziata attitudine contributiva, il cui riconoscimento è rimesso alla prudente, ma discrezionale volizione del legislatore, discende dalla tipologia dell’area alla quale la agevolazione si rivolge, anche sotto il profilo localizzativo. A tal riguardo, gli artt. 17/19 del regol. n. 91/2328/CEE (sul miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie, coevo ai fatti di causa) previde una facoltà discrezionale per gli Stati membri circa l’individuazione delle ZAS, non per forza coincidenti con i terreni agricoli in zone montane, non importa se sopra o sotto i m 700 s.l.m. Non è allora chi non veda come la gestione dell’attività agricola in aree montane, al di là di siffatta altimetria in cui ciascuna area si collochi, sia in sé ictu oculi condizionata da molteplici fattori (climatici, logistici, lavorativi, di reperimento di materie prime, ecc.) non per forza riscontrabili in altri contesti locali, tranne in casi di evidente marginalità o disagio, per i quali scatta il sistema comunitario d’incentivazione.

Sicché la sentenza n. 370/1985, cui gli appellanti fecero riferimento fin dal primo mezzo del ricorso al T.a.r., è malamente invocata in questo giudizio. Essa non escluse che la corresponsione dei CAU, ove non collegata al mero criterio altimetrico, potesse esser altrimenti regolata ed è inopponibile al buon governo delle ZAS, per le quali vige una puntuale disciplina, dettata dalla l. 984/1977. Questa fissa i pertinenti e specifici criteri di zonizzazione, con la relativa indicazione per i singoli territori delle cause di preminente depressione atte a giustificare gli interventi agevolativi.

Ma v’è di più: la sentenza n. 370/1985 dichiarò sì l'illegittimità costituzionale dell’art. 8 della l. 25 luglio 1952 n. 991 e dell’art. 7 del DL 23 dicembre 1977 n. 942 (conv. modif. dalla l. 27 febbraio 1978 n. 41), nelle parti in cui non previdero l'esenzione dal pagamento dei CAU anche per i terreni compresi in territori montani siti ad altitudine inferiore a m 700. Ma essa non esplicò alcun’efficacia (diretta o indiretta) nei confronti delle aziende situate nelle ZAS delimitate ai sensi dell'art. 15 della l. 984/1977. Infatti, la stessa Corte (con successiva sentenza n. 254 del 18 maggio 1989) evidenziò l'autonomia del sistema di interventi agevolativi nelle ZAS, tenendo conto altresì che il rinvio alla disciplina del d.l. n. 942/1977, operato per i terreni ubicati in queste zone dall'art. 13, u.c. del DL 29 luglio 1981 n. 402 (conv. modif. dalla l. 26 settembre 1981 n. 537), non ha carattere formale, bensì recettizio e materiale. Sicché il delineato sistema di interventi per le ZAS, già in base alla normativa nazionale, si presenta omogeneo e sufficientemente razionale, senza che su di esso possano incidere in via automatica differenti principi che propriamente attengono invece ai territori montani (cfr. così Cass., sez. lav., 15 marzo 1995 n. 2997;
id., 11 aprile 2001 n. 5437;
id., 18 luglio 2002 n. 10471;
id., 2 maggio 2007 n. 10110).

6. La Corte costituzionale tornò una seconda volta (cfr. C. cost., 23 luglio 1992 n. 354) sul senso ed i limiti della sentenza n. 370/1985, di cui se n’era nuovamente chiesta l’applicazione degli effetti anche con riferimento alle ZAS delimitate ai sensi del ripetuto art. 15 della l. 984/1977, sempre ai ben noti fini dell’esenzione dai CAU.

La Corte s’oppose all’asserita irrazionalità di una disciplina diversificata, sul piano dei contributi previdenziali, tra territori montani e ZAS, in pretesa contrasto con le prescrizioni della direttiva n. 268. Al riguardo, la Corte affermò che la corresponsione e l'ammontare dei CAU potessero esser variamente regolati nel contesto di agevolazioni distinte, che tenessero conto delle diverse cause e delle caratteristiche specifiche di depressione. E ciò per la piena autonomia delle agevolazione a favore delle aree montane, rispetto al «… sistema di interventi per le zone agricole svantaggiate (che) riveste aspetti distintivi di originale connotazione, rientrante in un "unicum" normativo sufficientemente razionale per gli effetti che ne derivano ...». Per contro, la disciplina comunitaria ha finalità specifiche, proprie garanzie procedurali, tipiche previsioni di aiuto all'agricoltura in zone che hanno connotazioni diverse (zone di montagna, zone minacciate di spopolamento e nelle quali è necessario conservare l'ambiente naturale, zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici), per le cui caratteristiche, che non sono necessariamente coincidenti con i territori montani previsti dalla legge statale, può variare il contenuto degli aiuti.

In presenza di fattispecie non omogenee e al di là dal rilievo che la direttiva n. 268 può assumere, il richiamo ad essa non consente comunque di farne discendere un’assimilazione dei terreni qualificati di montagna dalla legge statale (per ottenere l’esenzione dai CAU) alle zone svantaggiate previste dalle norme comunitarie, sì da costruire in via interpretativa, cioè ben oltre il dato legislativo, una categoria (forzatamente) unitaria da così tanto differenti ed autonome qualificazioni giuridiche. Non va inoltre sottaciuta la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (cfr. C. giust. UE, V, 22 ottobre 1998 – cause n. 9/97 e n. 118/97) che già a suo tempo precisò che gli artt. 17 e 18 del regol. n. 2328 e l’art. 1 della dir. n. 75/268/CEE (sull’agricoltura di montagna e di talune ZAS), tra l’altro, non ostano a che gli Stati membri a stabilire, con scelta discrezionale, le condizioni complementari o limitative per assegnare l’indennità a favore delle ZAS.

A tal riguardo, in tempi non lontani la giurisprudenza amministrativa (cfr. CGA, 14 settembre 2009 n. 793), rese noto che l’art. 17 del regol. n. 950/97 (sul miglioramento dell’efficienza delle strutture agricole, abrogato dall’art. 55 del regol. n. 99/1257/CE) sostituì la dir. n. 75/268/CEE e consentì agli Stati membri d’istituire un regime di aiuti destinati ad incentivare le attività agricole e a migliorare il reddito degli agricoltori nelle ZAS. Tale norma è stata interpretata dalla Corte di giustizia delle comunità europee privilegiando l’elemento soggettivo ( aiuto al reddito ) rispetto al fine di assicurare il proseguimento dell’attività agricola, ferma la facoltà (art. 18, § 2) degli Stati membri di stabilire condizioni complementari o limitative per concedere l'indennità compensativa, pure ai fini della salvaguardia ambientale. Pertanto, l’art. 17 va inteso nel senso che esso abbia conferito agli Stati membri la facoltà anche di concedere o di rifiutare il pagamento di una indennità compensativa (p. es., in presenza di una pensione d’anzianità a favore dell’imprenditore agricola) o sgravi contributivi (p. es., dai CAU), modulando tali agevolazioni a seconda dell’effettiva intensità del disagio accertato (art. 19).

È solo da soggiungere che il combinato disposto degli artt. 36 e 39, § 1) del regol n. 2005/1698/CE (vigente al tempo in cui fu proposto il presente appello) previde l’indennità compensativa «… per tutto il territorio secondo le specifiche esigenze …».

7. Ciò posto, com’è noto, col ricorso in epigrafe è riemerso l'intero thema decidendum del giudizio di primo grado ed il perimetro del giudizio d’appello è circoscritto dalle censure ritualmente poste in quella sede. Quindi, per miglior semplicità e per comodità espositiva, saranno direttamente prese in esame le censure poste a sostegno del ricorso proposto in prime cure, per rigettarle.

7.1. Assodata la profonda differenza tra il regime delle ZAS e quelle del regime incentivante l’attività agricola nelle zone montane, più volte ribadita in giurisprudenza, non ha gran senso la deduzione sulla pretesa erroneità (del T.a.r.), laddove non considerò che il rinvio operato dall’art. 9, c. 5 della l. 11 marzo 1988 n. 67 all’art. 15 della l. 984/1977 non escludesse di per sé solo le aree agricole di pianura dalla delimitazione delle ZAS. Tutto ciò non è che un falso problema, perché spetta agli Stati membri di stabilire se ed in qual misura individuare quali (ed in qual misura) attività e quali soggetti debbano ricevere le agevolazioni previste dalla normativa comunitaria a favore dell’agricoltura. Va rilevato che l’appellante molto insiste sulle aree di pianura quali elementi determinanti per ottenere la delimitazione ex art. 15 della l. 984/1977, in tal modo replicando al contrario quel nocivo criterio altimetrico espunto da tempo dalla giurisprudenza costituzionale. In realtà, la normativa europea, appunto perché va oltre la tutela delle aree montane, dà facoltà agli Stati membri d’individuare le specifiche esigenze territoriali da tutelare, al di là della pianura o della collina, ma senza dover per forza identificare il disagio in un dato territorio anziché un altro.

Alla stregua delle su esposte considerazioni risulta manifestamente infondata la sollevata questione di illegittimità costituzionale del ripetuto art. 15, stante i chiarissimi precedenti contrari alla tesi attorea.

Del pari, non v’è necessità d’un rinvio pregiudiziale interpretativo di quest’ultimo alla Corte di giustizia UE. Com’è noto, in quanto il relativo obbligo, sancito dall'art. 267, c. 3 del Trattato UE, non sussiste allorquando la questione non può influire sull'esito della causa o è identica ad altra già decisa in via pregiudiziale, o ancora se la corretta applicazione del diritto comunitario s'impone con tale evidenza da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare in concreto alla vicenda contenziosa (cfr. così Cons. St., V, 7 novembre 2012 n. 5649;
id., 23 ottobre 2013 n. 5131). Nella specie, in disparte i precedenti interpretativi della Corte sulla normativa europea, la direttiva e le decisioni invocate dall’appellante in alcun modo fondano un obbligo per gli Stati membri nei sensi da lui auspicati. Si deve perciò dar atto dell’irrilevanza della questione, perché la direttiva n. 268 si limita ad affidare agli Stati membri poteri di intervento discrezionali, escludendo che si tratti di aiuti di Stato. A più forte ragione la vigente normativa, ben più moderna della citata direttiva, già prevede una messe di incentivazioni per tutti i settori sensibili dell’agricoltura e della zootecnia, la cui regolazione concreta è rimessa alla discrezionalità dello Stato membro, anche per quanto attiene alla rigorosa valutazione di quali e quante risorse debbano esser poste a fronte d’un disagio effettivo (essendo implicate pure ineludibili ragioni di stabilità di bilancio), da accertare per soggetti e non per masse (leggasi, per tutte le aree di pianura).

8. In definitiva, l’appello va rigettato, ma nulla si dispone per le spese di lite, ché le parti intimate non vi si son costituite. Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. e che gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

La presente decisione rileva, infine, pure agli effetti di cui all’art.2, c. 2- quinquies della l. 24 marzo 2001 n. 89, in quanto il gravame si rivela manifestamente infondato.

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