Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-03-20, n. 201901839

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-03-20, n. 201901839
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901839
Data del deposito : 20 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2019

N. 01839/2019REG.PROV.COLL.

N. 08696/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8696 del 2016, proposto da
Diaverum Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F M e L L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A B in Roma, via Monte Santo n. 25;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso la Delegazione di Rappresentanza della Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 36;
Azienda Sanitaria Locale LE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato V A Pappalepore, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonia De Angelis in Roma, via Portuense n. 104;

nei confronti

Comune di Copertino, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda), n. 00987/2016, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dell’Azienda Sanitaria Locale LE;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati F M per sé e su delega di L L, M G e V A Pappalepore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. Puglia, Sezione staccata di Lecce, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dall’odierna appellante, titolare di centri di dialisi operanti nella Regione Puglia, avverso la nota prot. n. 2015/0066049 del 28.4.2015, a firma del Direttore Generale della ASL Lecce, con la quale, per un verso, si comunicava che “si può procedere al rimborso al 100% di n. 8736 prestazioni annuali […], applicando, per le prestazioni in eccesso rispetto a tale rapporto, la regressione tariffaria nella misura del 30%”, per altro verso, si ribadiva che non poteva essere corrisposta la remunerazione prevista per le prestazioni contrassegnate con la lett. H) del d.m. in data 22 luglio 1996 (“Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe”).

La domanda (cumulativa) di annullamento concerneva altresì la nota a firma del Dirigente del Servizio Programmazione Assistenza Ospedaliera Specialistica e Accreditamento prot. AOO 151/000 14898 del 24.4.2015, con la quale la Regione Puglia aveva negato il parere di compatibilità di cui all’art. 7, comma 1, l.r. n. 8/2004 ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’ampliamento del centro dialisi gestito dalla appellante in Copertino (LE) alla via Mameli n. 22.

In particolare, il giudice di primo grado, richiamata la vigenza nel processo amministrativo del divieto di cumulo meramente soggettivo, alla luce dei principi affermati dalla Adunanza Plenaria con la sentenza n. 5 del 27 aprile 2015, ha rilevato che “nel caso in esame, violando i principi fin qui richiamati, la ricorrente censurava atti di soggetti diversi, fra di loro non connessi sul piano procedimentale e/o funzionale: quelli riferibili alla Azienda Sanitaria Locale, difatti, erano relativi alla remunerazione delle prestazioni svolte dalla società, mentre quelli della Regione Puglia concernevano l’autorizzazione all’ampliamento del Centro dialisi di Copertino”.

Mediante i motivi di appello, la società appellante contesta, in primo luogo, la correttezza della statuizione di inammissibilità recata dalla sentenza appellata, evidenziando che i provvedimenti impugnati incidono, nella loro complessità effettuale, sulla definizione dei contenuti negoziali del rapporto di convenzionamento esistente con la ASL Lecce ed, in ultima analisi, sulle pretese remunerative di cui è titolare, così come azionate in giudizio;
in subordine, allega che il giudice di primo grado, in presenza di un ricorso oggettivamente cumulativo ipoteticamente inammissibile, avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito sulla domanda principale;
insiste, infine, per il riconoscimento della fondatezza delle deduzioni formulate in primo grado, che ripropone nella presente fase di appello, invocando le consequenziali statuizioni satisfattive del giudice adito.

Si sono costituite, per resistere all’appello ed eccepirne anche l’inammissibilità, le Amministrazioni appellate (Regione Puglia ed ASL Lecce), da cui promanano i provvedimenti gravati in primo grado.

Tanto premesso, deve essere preliminarmente esaminata la deduzione della ASL intesa a sostenere l’estraneità della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, avendo essa ad oggetto – nella prospettazione fatta dalla parte resistente – la posizione di diritto soggettivo della appellante alla remunerazione delle prestazioni erogate secondo i termini asseritamente sanciti dalla convenzione regolante i suoi rapporti con l’Amministrazione sanitaria.

Premesso che, per costante giurisprudenza (tra le cui ultime manifestazioni si veda Cassazione civile, Sez. Un., n. 21524 del 15 settembre 2017), “sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie, nell’ambito di quelle relative a concessioni di pubblici servizi, concernenti "indennità, canoni o altri corrispettivi" (art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm.;
già L. n. 1034 del 1971, art. 5 dopo la modifica apportata dalla L. n. 205 del 2000, art. 7 e la successiva dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004) nelle quali venga in rilievo non l’esistenza od il contenuto della concessione o l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione sul rapporto concessionario o sulla determinazione delle suddette controprestazioni (nel qual caso la giurisdizione spetterebbe al giudice amministrativo), ma solo l’effettiva debenza dei corrispettivi stessi in favore del concessionario, secondo un rapporto paritario di contenuto meramente patrimoniale, nella contrapposizione delle situazioni giuridiche soggettive obbligo/pretesa”, deve osservarsi che, a radicare la giurisdizione amministrativa in ordine alla presente controversia alla stregua dei criteri citati, sovviene l’inerenza della res dubia , oggetto della contrapposte allegazioni delle parti (consacrate in primo luogo, ex latere administrationis , nei provvedimenti impugnati in primo grado), alla definizione contenutistica del rapporto di convenzionamento, ergo al numero delle prestazioni erogabili suscettibili di generare in capo alla parte appellante, in quanto corrispondenti al fabbisogno programmato, il correlativo diritto alla remunerazione piena (non intaccata, cioè, dal previsto meccanismo di regressione tariffaria).

La proposta eccezione di difetto di giurisdizione deve quindi essere disattesa.

E’ infondata, allo stesso modo, l’eccezione di inammissibilità dell’appello articolata dalle parti resistenti ed intesa a sostenere che, lamentando la parte appellante il mancato esercizio da parte del giudice di primo grado del potere di circoscrivere la controversia, per ipotesi introdotta con ricorso cumulativo inammissibile, alla cognizione del solo provvedimento impugnato principaliter , essa avrebbe operato una irrituale mutatio libelli , in violazione del divieto di ius novorum in grado di appello.

Basti osservare che, come si dirà a breve, il ricorso di primo grado deve essere considerato, nella sua complessiva articolazione petitoria, come ammissibile, nonostante la pluralità dei provvedimenti che ne costituiscono oggetto: ciò consente di prescindere da ogni valutazione della ammissibilità (e della fondatezza) della suindicata deduzione limitatrice della parte appellante e della sua eventuale incidenza innovatrice sulla res iudicanda , così come delimitata in primo grado.

Infondata, altresì, è l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, formulata dalla ASL Lecce sulla scorta, da un lato, della dedotta tardività dell’impugnazione delle delibere di D.G. n. 109/2013, 1377/2013, 1451/2014 e 2125/2014, la cui conoscenza in capo alla controparte si evincerebbe già dalla nota a sua firma del 19 dicembre 2014, dall’altro lato, della sua carenza di interesse in relazione alla contestazione della nota della ASL del 28 aprile 2015 e della delibera del D.G. n. 394/2015, in quanto meramente confermative delle suindicate (ed asseritamente ormai inoppugnabili) deliberazioni.

Deve premettersi che le delibere del D.G. della ASL Lecce, che la parte resistente sostiene tardivamente impugnate dalla parte appellante, hanno contenuto meramente liquidatorio del quantum spettante alla società appellante a titolo di remunerazione per le prestazioni di dialisi erogate nei periodi di riferimento (ovvero: per la delibera n. 109 del 24 gennaio 2013, il secondo semestre dell’anno 2011;
per la delibera n. 1377 dell’8 agosto 2013, l’anno 2012;
per la delibera n. 1451 del 9 settembre 2014, l’anno 2013;
per la delibera n. 2125 del 1° dicembre 2014, il primo semestre dell’anno 2014): tanto sul duplice presupposto, sinteticamente in esse esplicitato, che le prestazioni contrassegnate con la lettera H, di cui all’art. 1 del D.M. 22/7/1996, “alla luce delle precisazioni rese in merito dalla Regione Puglia con note prot. AOO/151 del 19 settembre 2012 n. 9898 e prot. AOO/151 n. 1264 del 26 novembre 2012, saranno remunerate nei limiti delle tariffe ridotte contrassegnate con codici 39.95.Z (emodialisi bicarbonato e membrane molto biocompatibili) e 39.95.6 (emodiafiltrazione ad assistenza limitata)” e che “in attuazione della l.r. n. 4/2010, occorre fare riferimento al rapporto ottimale di 3,5 pazienti per posti rene autorizzati per n. 3 trattamenti settimanali”, per cui, essendo la Diaverum Italia s.r.l. autorizzata per n. 16 posti rene, si può procedere al rimborso al 100% di n.

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