Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-13, n. 201903111

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-13, n. 201903111
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903111
Data del deposito : 13 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/05/2019

N. 03111/2019REG.PROV.COLL.

N. 08106/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8106 del 2018, proposto da:
GENERAL LOGISTICS SYSTEMS ITALY SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A L, M M, R Z, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A L in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 20;

contro

AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI, MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, pressi i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

SARDEGNA SERVIZI ESPRESSI SRL, GRUPPO EXECUTIVE SOCIETÀ CONSORTILE A RL, GESTIONE SERVIZI AZIENDALI SOCIETÀ COOPERATIVA, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma – sez. III n. 8151 del 2018;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Lirosi Antonio e Davide Di Giorgio dell’Avvocatura dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.‒ In punto di fatto va premesso quanto segue:

- la società General Logistics Systems Italy s.p.a. (di seguito “GLS”) è una delle società attraverso cui General Logistics System BV, appartenente al Royal Mail Group, fornisce servizi di corriere espresso in 41 Paesi europei;

- la società ‒ titolare di autorizzazione generale per l’esercizio dei servizi postali ‒ detiene, in Italia, i diritti di utilizzazione dell’omonimo marchio, rivestendo la qualifica di affiliante (franchisor) del network di corrieri espressi esercenti l’attività di autotrasporto sotto il marchio GLS;

- gli affiliati (franchisees) al gruppo (in numero allo stato di 57) sono imprenditori autonomi e indipendenti che hanno stipulato con GLS singoli contratti di franchising con licenza di marchio GLS (“Affiliati”) e che, fra gli affiliati, rientra

GLS

Enterprise s.r.l. (“

GLS

Enterprise”), totalmente partecipata da GLS;

- con ispezione avvenuta presso la sede di GLS nei giorni 15 e 16 dicembre del 2015, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito “l’Autorità”) ha avviato una verifica sull’attività svolta da GLS nonché sui suoi rapporti con le imprese GESC,

GLS

Enterprise e gli affiliati;

- da tale attività è emerso che GLS, GESC, i 56 affiliati, nonché terzi operatori non affiliati, di cui si avvalgono alcuni affiliati, agirebbero come «componenti di un unitario centro di organizzazione imprenditoriale per l’offerta al pubblico di servizi di corriere espresso» sottoposto al «totale controllo dello Stato di GLS;

- l’Autorità ha contestato alla società appellante le seguenti condotte:

i) l’aver affidato, nell’ambito del Gruppo GLS, l’attività di smistamento degli invii postali alla società controllata GESC, non munita, fino alla data del 18 marzo 2016, di autorizzazione generale (di cui agli artt. 6 del D.lgs. 261/99 e 8 del Regolamento Titoli);

ii) l’avere affiliato, nell’ambito del Gruppo GLS, due società (

MB

Express e Sardegna Splendida Veloce) non munite di autorizzazione generale;

iii) l’avere coinvolto, tramite alcune delle società proprie affiliate, operatori terzi (non affiliati GLS) non muniti di autorizzazione generale, a cui è stata affidata parte delle attività connesse alla fornitura di servizi postali;

- secondo l’Autorità, le clausole del Contratto e del Regolamento «inequivocabilmente attribuiscono a GLS il ruolo di società capogruppo, dotata di penetranti poteri di direzione e di coordinamento» degli affiliati i quali, «pur essendo soggetti giuridici distinti, solo entro certi limiti sono in grado di determinare autonomamente le modalità di gestione dell’attività»;
stante tali «poteri decisori e di controllo», GLS avrebbe dovuto doverosamente assicurare che tutte le imprese coinvolte nel Network «siano in regola con le prescrizioni della normativa di settore in materia di titoli abilitativi all’esercizio di attività postale»;

- su queste basi, in data 2 marzo 2017, l’Autorità ha accertato la violazione da parte di GLS «degli obblighi inerenti all’autorizzazione generale per le 21 fattispecie» indicate nel Provvedimento con applicazione, «per ciascuna di esse», della sanzione amministrativa di cui all’art. 21, comma 7, del d.lgs. n. 261 del 99 per un totale di € 193.000,00;

- l’Autorità ha altresì diffidato GLS, ai sensi dell’art. 21, comma 7- ter , del d.lgs. n. 261 del 1999, «dal porre in essere ulteriori comportamenti in violazione degli obblighi inerenti l’autorizzazione generale, mantenendo in essere, oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento, rapporti di affiliazione con società non abilitate all’esercizio dell’attività postale, ovvero con società che, per l’erogazione dei servizi postali a marchio GLS, si avvalgono di operatori terzi privi di titolo ad esercitare l’attività postale».

1.1.‒ GLS ha impugnato innanzi al T.a.r. la predetta sanzione, sollevando le seguenti censure:

i ) il provvedimento muoverebbe dall’erroneo presupposto che anche i servizi di corriere espresso, in quanto «servizi postali a valore aggiunto» ex art. 1, comma 1, lettera i ), del Regolamento Titoli, siano sottoposti al regime dell’autorizzazione generale di cui agli artt. 6 del d.lgs. n. 261 del 1999 e 8 del Regolamento Titoli, ciò in contrasto con la direttiva 97/67/CE;

ii ) il provvedimento non indicherebbe il titolo giuridico e gli elementi oggettivi in base ai quali GLS dovrebbe rispondere per violazioni commesse da soggetti terzi, in violazione dei principi generali di legalità, tassatività e personalità della responsabilità dettati in materia sanzionatoria dall’art. 6 della legge n. 689 del 1981;

iii ) in presenza di soggetti dotati di indipendenza giuridica ed economica, che svolgono il servizio postale in modo autonomo, l’Autorità avrebbe dovuto sanzionare esclusivamente i diretti responsabili del mancato possesso del titolo;

iv ) le previsioni contrattuali, in quanto rilevanti solo inter partes, non potrebbero essere elevate al rango di obblighi passibili di sanzione amministrativa in caso di loro violazione;

v ) poiché la legge n. 129 del 2004 riconosce l’affiliazione commerciale come un contratto, comunque denominato, fra soggetti giuridici «economicamente e giuridicamente indipendenti», GLS non potrebbe rispondere per violazioni commesse da soggetti terzi anche estranei al franchising;

vi ) nessuna norma consentirebbe all’Autorità di diffidare e irrogare la sanzione che è stata applicata;

vii) in via subordinata, la sanzione irrogata in merito alla mancanza del titolo da parte di GESC sarebbe eccessiva e sproporzionata.

2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza 19 luglio 2018, n. 8151, ha respinto integralmente il ricorso.

3.‒ Avverso la predetta sentenza ha quindi proposto appello la società General Logistics Systems Italy s.p.a., riproponendo nella sostanza le medesime censure proposte in primo grado, sia pure adattate all’impianto motivazione della sentenza gravata.

4.‒ Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed il Ministero dello sviluppo economico.

5.‒ All’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.‒ Il primo motivo di appello ‒ incentrato sulla violazione della direttiva 97/67/CE ‒ è infondato.

1.1.‒ Lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari ‒ in precedenza sottratto alle norme di concorrenza e caratterizzato dalla presenza di monopoli legali verticalmente integrati ‒ è stato avviato dall’Unione europea con la direttiva 97/67/CE (modificata con la direttiva 2008/6/CE), imponendo agli Stati membri l’abolizione (in via «progressiva e controllata») di qualsiasi forma di monopolio, di riserva e di diritti speciali nel settore.

In base all’art. 1, comma 1, del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 ‒ recante l’attuazione della predetta direttiva 97/67/CE e per il miglioramento della qualità del servizio ‒ la fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l’esercizio della rete postale pubblica costituiscono attività di preminente interesse generale. Su queste basi, vengono prefigurati diversi livelli di regolazione: sono previste attività in principio liberalizzate ma in relazione alle quali, per la particolare configurazione che presenta la realtà dei fattori del mercato con i relativi effetti, è necessario garantire il carattere comunque universale del servizio (art. 3 del d.lgs. n. 261 del 1999);
sono previste attività liberalizzate che non richiedono l’imposizione di specifici obblighi di servizio pubblico (art. 6);
era prevista una riserva legale di attività per “esigenze di ordine pubblico” con riferimento alle attività di notificazione, a mezzo posta, di atti giudiziari e di atti di accertamento della violazione del Codice della strada, la quale è però venuta meno, ai sensi dell’art. 1, comma 57, della legge 4 agosto 2017, n. 124, a decorrere dal 10 settembre 2017.

1.2.– L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 97/67 consente agli Stati membri di assoggettare le imprese del settore postale ad autorizzazioni generali per i servizi che esulano dall’ambito di applicazione del servizio universale, mentre il paragrafo 2, primo comma, del suddetto articolo, prevede la facoltà per gli Stati membri di introdurre procedure di autorizzazione per i servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale. Inoltre, l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della citata direttiva, elenca gli obblighi ai quali può essere subordinato il rilascio di autorizzazione, senza che sia possibile dedurre dal suo disposto a quale categoria di autorizzazioni – quelle relative a tutti i servizi postali o quelle che riguardano solo i servizi che rientrano nell’ambito del servizio universale – si riferisce tale comma (cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 16 novembre 2016, in C‑2/15). L’articolo 2, punto 19, della medesima direttiva, prima di elencare dette esigenze in modo tassativo, le definisce come motivi di interesse generale e di natura non economica che possono portare uno Stato membro ad imporre condizioni in materia di fornitura di servizi postali.

Sennonché, la normativa interna di attuazione, all’art. 6 del decreto-legislativo n. 261 del 1999, sembrava imporre, indistintamente e automaticamente, alle imprese che offrono servizi postali esulanti dal servizio universale di disporre di una autorizzazione generale – definita dall’art. 1, comma 2, lettera q ), dello stesso decreto-legislativo come: « ogni autorizzazione che non richiede al fornitore di un servizio postale interessato di ottenere una esplicita decisione da parte dell'amministrazione competente prima dell'esercizio dei diritti derivanti dall’autorizzazione, indipendentemente dal fatto che questa sia regolata da una licenza per categoria o da norme di legge generali e che sia prevista o meno per essa una procedura di registrazione o di dichiarazione » –, senza che fosse previamente verificata la necessità di un’autorizzazione del genere al fine di garantire il rispetto di almeno una fra le esigenze essenziali. I dubbi di compatibilità con il diritto europeo suscitati dalla formulazione della disposizione sono stati tuttavia fugati dalla Corte di Giustizia.

1.3.‒ In primo luogo, la Corte di Giustizia, con sentenza 31 maggio 2018, in C-259/16 e C-260/16, ha confermato la legittimità dell’inquadramento del servizio di «corriere espresso» nell’ambito dei servizi postali, ai sensi della direttiva 97/67/CE e la sottoposizione di tale attività all’autorizzazione generale. Infatti, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto fornito ai clienti, per il quale essi accettano di pagare di più (in tal senso, la sentenza 15 giugno 2017, in C-368/15), è dirimente constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67. La circostanza, quindi, che detti servizi apportino, eventualmente, un valore aggiunto non è tale da far venir meno la loro qualità di «servizi postali», ai sensi della menzionata disposizione.

1.4.– Sotto altro profilo, la stessa Corte di Giustizia ha rilevato che la normativa nazionale italiana, la quale impone alle imprese (non solo di autotrasporto e di spedizione, ma anche) di corriere espresso di disporre di un’autorizzazione generale per la fornitura di servizi postali, è giustificata da due esigenze essenziali elencate all’articolo 2, punto 19, della direttiva 97/67, e segnatamente: il rispetto delle condizioni di lavoro e dei sistemi previdenziali (come si desume dagli artt. 6, comma 3, e 18- bis del decreto legislativo n. 261 del 1999, e dagli artt. 10 e 11, comma 1, lettera b, del regolamento in materia di titoli abilitativi) e la riservatezza della corrispondenza (come si desume dall’articolo 10, comma 8, del regolamento in materia di titoli abilitativi).

1.5.– Sulla scorta degli elementi ermeneutici forniti dalla stessa Corte di Giustizia, deve altresì ritenersi che la normativa italiana, oltre che giustificata dalle predette esigenze essenziali, neppure eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito, anche tenuto conto che l’autorizzazione generale è considerata come concessa 45 giorni dopo la ricezione, da parte delle autorità competenti, dell’istanza dell’impresa interessata. L’appellante, del resto, non indica con precisione quali siano gli obblighi imposti dalla normativa in discussione nei procedimenti principali che potrebbero risultare sproporzionati, tranne quello relativo al finanziamento del servizio universale.

2.‒ Con il secondo ordine di censure ‒ che in sostanza ripropongono il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso di primo grado, da trattarsi congiuntamente attesa la loro connessione argomentativa ‒, l’appellante sostiene che a GLS non potrebbe essere imputata alcuna responsabilità giuridica per le attività dei terzi (quale è la mancanza del titolo autorizzativo) per omessa vigilanza sul rispetto, da parte degli operatori affiliati, della normativa di settore in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’attività postale. Le imprese che fanno parte del gruppo GLS sono soggetti autonomi e indipendenti, godendo di libertà imprenditoriale nella gestione dell’attività, per la quale devono, pertanto, munirsi di un proprio titolo abilitativo, cosicché sarebbe necessario imputare ogni condotta soltanto in capo al soggetto direttamente responsabile.

Viene inoltre dedotto che, a prescindere dalla qualificazione del network in termini di franchising (come sostenuto dall’appellante) ovvero di gruppo societario (come preteso dall’Autorità), nessuna responsabilità potrebbe esserle attribuita per l’omesso possesso del titolo abilitativo da parte di terzi, in ragione dei principi in materia di sanzioni amministrative e della precipua normativa adottata dall’Autorità in materia di titoli abilitativi. Si aggiunge che gli asseriti oneri di vigilanza e controllo in capo a GLS sarebbero stati fatti discendere da mere facoltà contrattuali, laddove un tale compito sarebbe spettato unicamente all’Autorità preposta al controllo dei titoli abilitativi.

2.1.‒ Va premesso che non sono contestate tra le parti le seguenti risultanze istruttorie:

- fino al 18 marzo 2016 il consorzio GESC, che nell’ambito del gruppo risultava preposto (secondo quanto riportato nel verbale dell'ispezione del l5 e 16 dicembre 2015) all’attività di smistamento dei pacchi e della corrispondenza anche provenienti e/o diretti dall’estero, ed era legata a GLS da un contratto di affitto d’azienda stipulato, non possedeva il prescritto titolo abilitativo;

- la mancanza del titolo abilitativo da parte delle società affiliate

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