Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-03, n. 201805669

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-03, n. 201805669
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805669
Data del deposito : 3 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/10/2018

N. 05669/2018REG.PROV.COLL.

N. 02954/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2954 del 2012, proposto dai signori:
L C e T C, rappresentati e difesi dagli avvocati P C e M R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M R in Roma, piazza Adriana, 11;

contro

il Comune di Roccantica, non costituito in giudizio;

per l’annullamento ovvero la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione I quater , 8 novembre 2011 n.8572, resa fra le parti, la quale ha respinto il ricorso n.8268/2011 R.G. proposto per l’annullamento:

a) dell’ordinanza 16 luglio 2011 n.13, notificata il successivo 20 luglio 2011, con la quale il Responsabile del servizio tecnico del Comune di Roccantica ha ingiunto ai ricorrenti quali usufruttuario e nuda proprietaria la demolizione in quanto abusive di opere realizzate in via Finocchietto al numero 1, nell’abitazione distinta al catasto comunale al foglio 8 particella 416, consistenti in: 1) vano tecnico al piano interrato realizzato in muratura portante di tufo e pietrame, con copertura piana in laterocemento, di dimensioni di circa mt.

1.20 x 5,90 x 2,35 di altezza;
2) ampliamento indicato come A, costituito da un portico esterno in legno con copertura di lamiera ondulata, delle dimensioni di mt. 3,95 x 1,85 e altezza minima di mt. 2,15 e massima di mt. 2.35, all’interno della fascia di rispetto di 20 metri della strada provinciale 48;
3) ampliamento indicato come B, costituito da una cucina in muratura come sopra, con copertura in onduline poggiante su travi di legno, delle dimensioni di mt. 2,90 x 2.35 e altezza minima di mt. 2,15 e massima di mt. 2.35, all’interno della fascia di rispetto predetta;
4) ampliamento indicato come C, costituito da un soggiorno in muratura come sopra, con copertura in onduline poggiante su travi di legno, delle dimensioni di mt.

3.00 x 3.20 e altezza minima di mt. 2,15 e massima di mt. 2.55, parzialmente all’interno della fascia di rispetto predetta;
5) ampliamento indicato come D, costituito da camera da letto con piccolo wc, delle dimensioni di mt. 4,25 x 4,60 e altezza minima di mt. 2,15 e massima di mt. 2.55, pure parzialmente all’interno della fascia di rispetto predetta;

b) del rapporto di servizio 14 luglio 2011 prot. n.1886;

e di tutti gli atti presupposti, connessi, ovvero consequenziali;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 settembre 2018 il Cons. F G S e udito per la parte ricorrente appellante l’avvocato A T per delega dell'avv. P C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il 14 luglio 2011, personale del servizio tecnico del Comune intimato appellato eseguiva un sopralluogo presso l’abitazione che si trova a Roccantica, in via Finocchietto al numero 1, di cui i ricorrenti appellanti sono rispettivamente l’usufruttuario e la nuda proprietaria, e rilevava la realizzazione delle opere meglio descritte in epigrafe, in sintesi estrema una serie di stanze ed un portico annessi all’edificio preesistente, senza titolo edilizio alcuno.

Di conseguenza, con l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, il Comune ne ordinava la demolizione e la rimessione in pristino;
nella motivazione, dava atto anzitutto dell’esistenza di una serie di titoli edilizi relativi all’immobile in questione, ovvero una concessione edilizia 22 giugno 1989 n.6 rilasciata per costruire una veranda, due autorizzazioni, 12 aprile 1990 n.7 e 5 maggio 1998 n.8, relative rispettivamente ad una rintonacatura e alla realizzazione di un caminetto, e una denuncia di inizio attività – DIA 5 marzo 2011 prot. n.650, relativa all’adeguamento delle fognature;
descriveva poi le opere rilevate e dava atto della loro realizzazione in assenza ovvero in difformità dai titoli, nonché del fatto che esse insistono in area urbana, in zona sottoposta a vincolo sismico e all’interno della fascia di rispetto della S.P. 48 (doc. 7 in I grado ricorrenti appellanti, ordinanza citata).

Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto contro tale ordinanza, ritenendo in sintesi estrema che le opere in questione integrino un abuso edilizio soggetto a demolizione, e che la possibilità di cd fiscalizzazione dell’abuso, ovvero di evitare la demolizione stessa versando la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 34 del. T.U. 6 giugno 2001 n.380 rilevi non quando si tratta di emettere la relativa ingiunzione, ma solo in un secondo momento, quando l’ingiunzione non sia ottemperata.

Contro tale sentenza, l’usufruttuario e la proprietaria hanno proposto impugnazione, con appello che contiene tre motivi:

- con il primo di essi, deducono violazione dell’art. 31 T.U. 380/2001 quanto alle stanze aggiuntive di cui si è detto, che a loro avviso costituiscono opere liberamente realizzabili e comunque non necessiterebbero di permesso di costruire sì da non dover essere demolite;

- con il secondo motivo, deducono parimenti violazione dell’art. 31 T.U. 380/2001 in ordine al vano tecnico, e criticano la sentenza impugnata per non essersi, a loro avviso, pronunciata sul punto;

- con il terzo motivo, deducono infine violazione dell’art. 34 T.U. 380/2001 quanto alla mancata fiscalizzazione dell’abuso.

L’amministrazione comunale non si è costituita.

Con ordinanza 30 maggio 2012 n.2070, la Sezione ha respinto la domanda cautelare e alla pubblica udienza del giorno 25 settembre 2018, ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2. Il primo ed il secondo motivo, che riguardano la natura intrinseca delle opere realizzate, vanno esaminati congiuntamente e risultano entrambi infondati in fatto.

2.1 I ricorrenti appellanti, in sintesi estrema, sostengono che le opere per cui è causa sarebbero legittimamente realizzate, o per lo meno non sarebbero passibili di demolizione anche se prive di titolo edilizio, con un ragionamento che le considera come indipendenti e separate l’una dall’altra, ragionamento che però non va condiviso. La semplice descrizione delle opere, riportata in epigrafe e contenuta nel provvedimento impugnato (doc. 7 in I grado ricorrenti appellanti) porta però ad una conclusione contraria, dato che le stesse rappresentano un tutto unitario, ovvero nella sostanza un ampliamento dell’originaria abitazione, realizzato evidentemente per una maggior comodità di chi vi risiedeva.

2.2 Ciò posto, in primo luogo tale ampliamento, che non è certo di misura trascurabile perché comprende tre stanze ed accessori, avrebbe dovuto essere assentito con un permesso di costruire, dato che si tratta di una nuova costruzione la quale aumenta il carico urbanistico. In secondo luogo, esso non si può ritenere assentito da alcuno dei titoli edilizi che nel corso del tempo l’interessato ha ottenuto dal Comune: esso non è certo riconducibile ad una veranda, o ad abbellimenti e manutenzioni come la costruzione di un caminetto ovvero il rifacimento di intonaco e fognature. Di conseguenza, è passibile di demolizione, come nuova costruzione appunto priva di permesso di costruire.

3. Anche il terzo motivo è infondato.

Ai sensi dell’art. 34 comma 2 del T.U edilizia, “ Quando la demolizione ” di un edificio residenziale in parte abusivo “ non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione… ” ed opera così la citata fiscalizzazione dell’abuso, sanandolo senza demolire.

In primo luogo, va però considerato che la norma si applica ai casi di costruzione difforme da un permesso di costruire effettivamente rilasciato, e non al caso in cui il permesso manchi del tutto: così C.d.S. sez. VI 1 giugno 2016 n.2325, relativa proprio ad un ampliamento non assentito da un titolo. Nel caso presente, è allora per lo meno dubbio che le tre stanze e accessori di cui si è detto si possano considerare realizzate in parziale difformità dal titolo 22 giugno 1989 n.6, relativo a qualcosa di completamente diverso, come una veranda.

Ciò posto, quand’anche così fosse, secondo la giurisprudenza di questo Giudice, per tutte sez. VI 12 aprile 2013 n.2001, l’apprezzamento di cui alla norma non si pone come necessario presupposto dell’ordinanza di demolizione, che quindi è legittimamente adottata anche senza, come avvenuto in questo caso, valutare preventivamente la possibilità o impossibilità della demolizione parziale, che andrà invece valutata nella fase successiva, di esecuzione del provvedimento demolitorio.

L’appello va di conseguenza respinto.

4. Nulla per spese, dato che l’amministrazione intimata appellata non si è costituita.

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